N. 129 - Settembre 2018
(CLX)
Le ragioni del piano marshall
gli
stati
uniti
e l’european
recovery
Program
di
Antonio
Coppola
Le
ragioni
che
spinsero
gli
Stati
Uniti
d’America,
alla
fine
della
seconda
guerra
mondiale,
a
intervenire
attivamente
nelle
politiche
di
ricostruzione
dell’Europa
attraverso
l’European
Recovery
Program
(ERP),
il
piano
per
la
ripresa
europea,
noto
come
Piano
Marshall
(dal
nome
del
Segretario
di
Stato
americano
George
Marshall),
sono
diverse
e se
alcune
di
esse
sono
complementari,
altre
sembrano
quasi
contraddirsi
ed
escludersi
a
vicenda.
Nel
complesso
queste
innumerevoli
ragioni
possono
essere
ricondotte
a
tre
macro
categorie
e
affondano
le
proprie
motivazioni
in
tre
sfere
d’interesse
differenti
ovvero
la
sfera
Economica,
quella
strategico-militare
e
quella
geopolitica.
Tra
le
ragioni
più
note
e
comunemente
accettate
possiamo
incontrare
la
paura
di
una
deriva
sovietica
dell’Europa,
dovuta
al
fatto
che
il
vecchio
continente,
una
volta
finita
la
guerra,
era
fortemente
impoverito
e
indebolito
e di
conseguenza
si
presentava
come
un
terreno
fertile
per
l’espansionismo
sovietico,
in
quanto
il
socialismo
reale,
per
diverse
ragioni,
trova
terreno
fertile
dove
ci
sono
pochi
soldi
e
molta
fame
e
dove
l’unica
alternativa
alla
fame
è
altra
fame.
Di
conseguenza,
intervenire
in
Europa
cercando
di
creare
"benessere
e
ricchezza"
era
un
modo
per
frenare
sul
nascere
i
rischi
legati
a
detta
deriva
– non
dimentichiamoci
che
il
1948
oltre
a
essere
l’anno
in
cui
inizia
ufficialmente
il
piano
Marshall
è
anche
quello in
cui si
fa
iniziare
la
guerra
fredda
– e
per
soddisfare
la
necessità di
esportare
i
propri
prodotti
agricoli
e
industriali
che
rischiavano
di
saturare
il
mercato
interno.
Dalla
seconda
metà
circa
del
secolo XIX
il
settore
produttivo
deve
fare
i
conti
con
un
rischio
costante
che
è la
sovrapproduzione,
il
primo
esempio
di
crisi
economiche
di
"tipo
moderno"
lo
abbiamo
incontrato
nell’ultimo
quarto
del
secolo
XIX,
ed è
stato
uno
dei
fattori
di
turbamento,
per
non
dire
il
principale
fattore
che
avrebbe
portato
l’Europa
nella
Grande
Guerra.
Questo
tipo
di
crisi
economiche,
agricole
e
industriali,
legate
alla
sovrapproduzione
sono
qualcosa
di
paradossale
e
difficile
da
capire,
perché
a
differenza
del
passato,
quando
le
crisi
erano
esclusivamente
di
sottoproduzione,
qui
abbiamo
il
fenomeno
opposto,
c’è
troppa
merce
in
circolazione.
I
mercati
sono
saturi
e di
conseguenza
il
valore
delle
merci
si
abbassa
enormemente,
così
tanto
da
scendere
al
di
sotto
dei
costi
di
produzione,
costi
che
sono
calcolati
sommando
il
valore
delle
materie
prime,
il
salario
dei
lavoratori
e il
profitto
degli
imprenditori
e se
il
profitto
è
zero
e il
costo
delle
materie
prime
e
dei
lavoratori
è
superiore
al
prezzo
di
vendita,
l’imprenditore
va
in
perdita
e se
l’imprenditore
va
in
perdita
allora
non
può
pagare
i
propri
dipendenti,
che
quindi
non
possono
acquistare
merci
che
continuano
ad
accumularsi
nei
magazzini
avviando
un
circolo
vizioso
in
cui,
per
assurdo,
c’è
un
enorme
disponibilità
di
merci
che
non
possono
essere
acquistate.
Tornando
al
secondo
dopoguerra,
gli
USA
sono
la
prima
potenza
mondiale
per
quanto
riguarda
le
produzioni
agricole
e
industriali,
le
produzioni
superano
abbondantemente
la
domanda
americana,
e
dall’altra
parte
c’è
un
Europa
che,
a
causa
della
guerra,
ha
visto
la
quasi
completa
distruzione
del
proprio
settore
produttivo
e
quindi
in
Europa
c’è
una
fortissima
domanda,
che
il
solo
mercato
europeo
non
può
soddisfare.
Per
evitare
che
il
mercato
interno
degli
USA
"esploda"
avviando
una
crisi
di
sovrapproduzione
e
contemporaneamente
che
l’Europa
sprofondi
in
una
crisi
di
sottoproduzione,
l’Europa
viene
utilizzata
come
valvola
di
sfogo
per
il
mercato
americano,
in
cui
dirottare
le
eccedenze
produttive.
Nel
lungo
periodo
inoltre,
aiutando
l’Europa
a
rialzarsi,
e
creando
in
Europa
un
economia
complementare
a
quella
americana,
c’è
la
possibilità
per
i
due
continenti
di
lavorare
in
sinergia
e
quindi
di
intrecciare
i
flussi
commerciali
per
garante
ad
entrambi,
ma
soprattutto
agli
USA,
un
partner
commerciale
ricco
è in
grado
di
acquistare
l’eccedenza
delle
produzioni
statunitensi
con
l’effetto
di
produrre
“benessere”
e
ricchezza
sia
per
l’il
vecchio
continente
sia
per
gli
USA.
Restando
sul
piano
economico,
un'Europa
distrutta
era
un'Europa da
ricostruire,
il
business
della
ricostruzione,
il
business
dell’edilizia
garantiva
la
circolazione
di
molto
denaro
e
garantiva
enormi
guadagni,
soprattutto
alle
compagnie
statunitensi
che
sarebbero
riuscite
a
garantirsi
i
vari
appalti
di
bonifica,
ricostruzione
e
rifornimento
di
materiale
edile
e
macchinari,
di
conseguenza,
aiutare
l’Europa
a
rialzarsi
avrebbe
portato
vantaggi
economici
anche
agli
stessi
americani.
Il
terzo
motivo
è
quello
forse
meno
amato
dalla
maggior
parte
degli
storici
italiani,
mentre
è
molto
presente
in
alcune
correnti
storiografiche
americane.
Facciamo
ora
un
passo
in
avanti,
molti
studiosi
americani
per
quanto
riguarda
istituzioni
e
relazioni
internazionali
ripetono
spesso
che
“gli
Europei
sono
degli
idealisti”,
perché
più
di
chiunque
altro
al
mondo
credono
nell’integrazione
delle
nazioni
e
nelle
istituzioni
internazionali
e
sovranazionali
come
l’ONU
e
l’Unione
Europea,
e
pure,
nel
1948
gli
americani
furono
forse
più
idealisti
degli
stessi
europei.
Al
di
là
degli
interessi
e
delle
ragioni
economiche
o
politiche
che
coinvolgevano
prevalentemente
la
classe
dirigente
ed
una
minima
parte
della
popolazione
americana,
alla
maggior
parte
degli
americani
non
importava
nulla
o
quasi
nulla
delle
grandi
manovre
economiche
e
degli
effetti
reali
dell’espansionismo
sovietico,
la
maggior
parte
della
popolazione
americana
era
costituita
da
persone
normali
i
cui
interessi
reali
erano
arrivare
a
fine
mese,
pagare
le
tasse
e le
rate
del
mutuo
alla
banca
per
non
perdere
la
casa
o la
fattoria.
C’è,
a
tal
proposito,
una
quantità
enorme
di
letteratura
che
ci
parla
della
vita
quotidiana
degli
americani
degli
anni
compresi
tra
il
1948
e il
1952.
In
teoria,
a
questi
americani,
cosa
stesse
succedendo
in
Europa
e
quale
che
fosse
il
destino
del
vecchio
continente,
dal
quale
i
loro
antenati
erano
emigrati
diverse
generazioni
prima,
fondamentalmente
non
importava,
non
era
un
loro
problema
e
pure,
gli
americani
scelsero
comunque
di
aiutare
gli
europei
e lo
fecero
indipendentemente
delle
grandi
questioni
politiche
ed
economiche.
Il
popolo
americano
aveva
in
larga
parte
sostenuto
lo
sforzo
bellico
nella
convinzione
che,
combattendo
contro
la
Germania
Nazista,
si
stesse
combattendo
contro
l’incarnazione
stessa
del
male
e
una
volta
finita
la
guerra,
avevano
continuato
a
credere
nelle
operazioni
e
negli
interventi
delle
proprie
forze
armate
all’estero
e
credevano
realmente
che
prendersi
cura
dei
loro
lontani
cugini
d’oltreoceano
fosse
semplicemente
la
cosa
più
giusta
da
fare.
Questo
idealismo
americano
è
ampiamente
trattato
in
una
quantità
infinita
di
volumi
ed è
un
tema
che
riaffiora
ogni
volta
che
gli
USA
si
lasciano
coinvolgere
in
questioni
estere
in
cui,
apparentemente
non
avrebbero
ragione
di
intervenire
e
per
completezza
va
detto
che,
la
classe
politica
più
volte
negli
ultimi
settant’anni
è
stata
accusata
dai
critici
che
si
riconoscono
nel
realismo
politico,
di
mentire
al
popolo
americano
e
approfittare
del
loro
idealismo
per
giustificare
operazioni
che
nel
profondo,
a
volte
neanche
tanto
profondo,
nascondevano
interessi
di
natura
politica
o
economica,
e
l’esempio
dell’ERP
non
è
estraneo
a
questa
visione.
In
conclusione,
cercando
di
dare
una
risposta
il
più
completa
possibile
alla
domanda
“perché
gli
USA
si
impegnarono
tanto
per
la
ricostruzione
postbellica
dell’Europa,
cosa
ci
guadagnarono
nel
farlo?”,
possiamo
dire
che,
le
innumerevoli
la
ragioni
che
spinsero
gli
USA
a
intervenire
attivamente
nella
ricostruzione
postbellica
dell’Europa,
spaziano
da
ragioni
geopolitiche
a
ragioni
puramente
economiche
a
ragioni
eriche
e
morali.
Per
alcuni
americani
aiutare
gli
europei
era
semplicemente
la
cosa
giusta
da
fare,
mentre
altri
semplicemente
si
sentivano
in
colpa
per
essere
stati
in
qualche
modo
partecipi
alla
distruzione
dell’Europa
attraverso
i
bombardamenti.
Per
alcuni,
infine, aiutare
gli
europei
era
la
scelta
economicamente
più
conveniente
e
per
altri
era
qualcosa
di
necessario
per
frenare
il
temuto
espansionismo
sovietico.
Per
altri
ancora
era
una
pessima
idea.