N. 82 - Ottobre 2014
(CXIII)
UN RAGAZZO D’ORO
padrI E figli, giovani e lavoro
di Giovanna D'Arbitrio
Il
film
di
Pupi
Avati
“Un
Ragazzo
d’Oro”,
inizia
con
un
flashback
in
bianco
e
nero
in
cui
un
padre
incoraggia
il
figlio
a
superare
un
ostacolo,
poiché
“insieme
loro
due
sono
imbattibili”:
è
una
scena
che
riaffiora
talvolta
nei
ricordi
di
Davide
Bias
(R.
Scamarcio).
Purtroppo
i
tempi
cambiano
e
trasformano
le
persone:
ora
Davide
non
stima
più
il
padre,
Achille,
anzi
lo
disprezza
per
aver
tradito
il
sogno
di
diventare
uno
scrittore,
diventando
uno
sceneggiatore
di
volgari
B
movies.
Anche
Davide
ama
la
scrittura,
ma
non
riuscendo
a
scrivere
un
libro,
si
accontenta
di
comporre
racconti
brevi
che
nessun
editore
vuole.
Combatte
insoddisfazione
e
disagio
esistenziale
con
psicofarmaci,
l’aiuto
di
Silvia
(C.
Capotondi),
la
sua
ragazza,
e
dell’
anziana
madre
(G.
Ralli).
Quando
suo
padre
muore
all'improvviso
in
un
incidente
automobilistico,
dalle
indagini
emerge
che
probabilmente
si è
suicidato.
Davide
è
sconvolto
e
cerca
di
capire
chi
fosse
veramente
l'uomo
che
per
anni
aveva
tanto
disprezzato.
Al
funerale
incontra
Ludovica
(S.
Stone),
un’
affascinante
amica
del
padre:
ella
lo
prega
di
cercare
un
libro
che
Achille
stava
scrivendo
per
affidarlo
alla
casa
editrice
da
lei
diretta.
Una
ricerca
frenetica,
senza
un
attimo
di
tregua
e
senza
aiuto
di
farmaci,
condurrà
Davide
alla
verità,
ma
anche
al
tracollo
emotivo:
chiuso
nello
studio
paterno,
si
pettina
e si
veste
come
lui,
rivive
le
sue
abitudini,
il
suo
lavoro,
i
suoi
amori
e
alla
fine
scopre
dagli
scritti
di
suo
padre
sul
computer
che
egli
non
aveva
mai
smesso
di
amarlo
e
che
era
stato
vittima
di
avidi
cineasti
i
quali
alteravano
le
sue
sceneggiature
per
far
film
di
cassetta.
Non
trovando
il
libro
segnalato
da
Ludovica,
comincia
a
scrivere
un’autobiografia
del
padre
e ne
consegna
via
via
a
Ludovica
i
capitoli
fingendo
di
trovarli
sul
computer
:
riuscirà
così
a
scrivere
un
libro
di
cui
il
padre
risulterà
autore
e
che
avrà
grande
successo,
rivalutando
l’
immagine
paterna.
Purtroppo
insieme
ai
sentimenti
e
alla
vena
creativa,
anche
l’alienazione
riesploderà
in
lui
con
tutta
la
sua
forza.
Ricoverato
in
una
casa
di
cura,
sceglierà
di
restarvi
per
il
resto
della
sua
vita:
gli
basta
aver
dimostrato
di
essere
un
bravo
scrittore
e
nello
stesso
tempo
di
aver
ritrovato
il
suo
amore
di
bambino
per
quel
padre
che
gli
ripeteva
spesso
“insieme
saremo
imbattibili”.
Rifiuta
una
società
focalizzata
su
potere
e
denaro
che
distrugge
sentimenti
e
veri
talenti
umani,
genera
incomunicabilità
e
instabilità
psichica,
premia
mediocrità
e
volgarità:
là
paradossalmente
tra
i
matti
egli
ritroverà
il
suo
equilibrio
nella
rassicurante
routine
di
un
contesto
privo
di
sterili
competizioni.
Una
conclusione
amara
che
colpisce
lo
spettatore
in
attesa
di
un
“happy
ending”.
In
un’intervista
il
regista
ha
ammesso
gli
elementi
autobiografici
presenti
nel
film
(suo
padre
è
morto
in
un
incidente
stradale)
e
poi
ha
affermato:
- Le
storie
che
porto
al
cinema
provengono
molto
spesso
dalla
vita
vissuta.
Ci
sono
molti
figli
che
si
sentono
ingiustamente
eredi,
depositari
di
questo
ruolo
ingrato,
chiamati
a
compensare
le
figure
paterne,
a
risarcirle
per
i
riconoscimenti
che
non
avevano
avuto
in
vita
e
molto
spesso
si
ritrovano
ridicolizzati
da
questa
condizione
patetica
dettata
da
un
eccesso
di
ammirazione
e di
sudditanza
che
forse
certi
genitori
non
avrebbero
meritato.
Il
nostro
film
si
pone
questo
bellissimo
interrogativo:
credi
che
tuo
padre
avrebbe
fatto
per
te
la
stessa
cosa
che
tu
hai
fatto
per
lui?
Così
questo
ragazzo
regala
la
propria
vita
a un
padre
che
per
lui
non
fece
nulla:
si
tratta
di
un
atto
d’amore
totale
che
giustifica
pienamente
la
definizione
di
“ragazzo
d’oro”.
Un
po’
deludenti
tali
affermazioni
da
parte
del
regista,
poiché
in
qualche
modo
sminuiscono
il
suo
film
che
al
di
là
del
rapporto
padre-figlio
si
presta
ad
altre
riflessioni,
come
la
rivalutazione
dei
sentimenti
contro
l’aridità
di
una
società
che
distrugge
valori
essenziali,
rapporti
umani,
vera
cultura
(padre
e
figlio
ne
sono
entrambi
vittime).
Tanti
giovani
oggi
vivono
il
dramma
di
Davide
(spesso
insieme
ai
genitori):
senza
il
riconoscimento
delle
loro
capacità
e
competenze,
costretti
ad
accettare
lavori
di
ripiego
che
non
rispettano
le
loro
attitudini
(o
addirittura
senza
un
lavoro!),
cadono
in
depressione
e si
chiudono
in
se
stessi.