RIFLESSIONI
Sul tema della diversità
LEGGENDO LA RAGAZZA BLU
di Giovanna D'Arbitrio
Kim Michele Richardson,
scrittrice americana di successo,
nata nel 1957 in Kentucky dove vive
con la sua famiglia, è autrice di
numerosi bestseller, come Liar’s
Bench, GodPretty in the Tobacco
Field, The Sisters of Glass Ferry
and The Book Woman of Troublesome
Creek . Nel suo libro “La
Ragazza Blu” ha raccontato la
storia vera del Popolo Blu
del Kentucky dove fu riscontrata per
la prima volta una rara alterazione
genetica che colora la pelle di blu.
Il libro ha avuto un grande successo
a livello internazionale e ottenuto
molti riconoscimenti letterari, sia
per stile e contenuto particolare ,
sia per il tema della “diversità”
oggi di grande attualità, sempre al
centro di molti dibattiti, film,
libri e quant’altro. Senz’altro
l’abitudine a stabilire cosa è
“normale”, tipica della storia
dell’umanità, spinge a incrementare
comportamenti negativi verso la
diversità (di vario tipo fisica,
psichica, linguistica, ambientale,
socio-economica, di genere, ecc.)
perché i suoi caratteri distintivi
non rientrano nei canoni ritenuti
normali.
Senz’altro “La Ragazza Blu”
sollecita significative riflessioni
sul suddetto tema ed ecco
come viene presentato dalla Casa
Editrice Pienogiorno : “Cussy
Mary Carter ha diciannove anni, è
intelligente, indipendente, con
un'insaziabile sete di sapere. E ha
la pelle blu: ultima testimone di un
popolo, realmente esistito, che
superstizioni e maldicenze hanno
segregato nelle zone più impervie
dei monti Appalachi. Nei giorni più
difficili, cerca conforto nel suo
cuscino come da una carezza. Ne ha
ricavato la federa dal vestito che
sua madre le aveva cucito quando era
bambina.
Diceva che il blu della stoffa
avrebbe fatto sembrare la sua pelle
più bianca; un po' meno colorata,
almeno. Con sua madre tutto sembrava
più leggero, anche gli sguardi
feroci della gente, anche
l'isolamento in cui la sua famiglia
deve vivere a causa di una rara
alterazione genetica che rende
l'epidermide di un blu cielo, pronto
a scurirsi a ogni emozione.
Ma Cussy, detta Bluette, non ha
ereditato dai suoi avi solo il suo
colore. Sa leggere, cosa rara su
quei monti negli anni Trenta della
Grande Depressione, e ancor più per
una donna. E orgogliosa,
determinata, e curiosa di imparare
ogni cosa. Per questo è stata subito
entusiasta di aderire all'innovativo
progetto che Eleanor Roosevelt ha
istituito per diffondere la lettura.
A dorso di un mulo, il suo compito è
portare libri e giornali nelle zone
più remote e disagiate. Non solo un
impiego, di più: una missione,
perché per molti quelli sono gli
unici spiragli di luce in una vita
di lotta e sopraffazione.
Nonostante crudeli pregiudizi,
nonostante suo padre, che pure la
ama profondamente, per proteggerla
cerchi di affibbiarle un marito
qualsiasi, nonostante il fanatico
predicatore Frazier le dia la caccia
per purificarla a forza dal suo
peccato blu, Cussy non smette di
bramare e difendere la libertà che
la cultura e il suo lavoro le danno.
E nemmeno di combattere per il suo
riscatto, la sua indipendenza, il
vero amore che sente di meritare”,
La pluripremiata autrice in
un’intervista ha affermato di
essersi imbattuta anni fa nelle
storie degli eroici bibliotecari
degli anni della Grande Depressione
e nel Popolo Blu del Kentucky, una
popolazione a cui un’alterazione
genetica aveva colorato la pelle di
un blu cielo, pronto a scurirsi
maggiormente a ogni emozione.
La metemoglobinemia congenita, così
viene chiamata l’alterazione della
pelle blu, fu rilevata per la prima
volta nel 1820 nella famiglia Fugate
di Troublesome Creek, nel Kentucky.
In effetti il francese Martin Fugate
aveva sposato una kentuckiana
portatrice del gene, per cui la
coppia generò quattro figli blu che
purtroppo vennero discriminati
perfino più dei neri residenti in
zona.
Come l’ autrice ha raccontato, lei
stessa ha sperimentato povertà,
sofferenze e discriminazione sulla
sua pelle trascorrendo i suoi primi
dieci anni di vita in un
orfanotrofio rurale del Kentucky e
poi data in affido a varie famiglie
fino a ritrovarsi senza una casa
all’età di quattordici anni.
“Capisco bene le persone
emarginate e provo grande empatia
per Cussy Mary e la sua famiglia-
ha affermato- e anche per
chiunque abbia dovuto o debba
vedersela con i pregiudizi e le
avversità. Ricordo un’estate
solitaria, stavo da una famiglia
affidataria e andai per la prima
volta in una biblioteca e scelsi un
libro. La bibliotecaria si accostò e
mi disse tranquillamente: “Solo uno?
Hai l’aria più intelligente di così,
e scommetto che riusciamo a
trovartene più di uno”. Mise le mani
sotto il bancone, tirò fuori un
sacchetto di carta marrone, lo aprì
e me lo porse, poi mi accompagnò
lungo scaffali pieni di libri
magnifici.
Ero sconvolta di poter prendere
più di un libro, figurarsi un
sacchetto pieno, e rimasi colpita
dalla sua compassione, gentilezza e
saggezza. Gli uomini e le donne dei
libri sono ancore di salvezza per
così tante persone, ci danno risorse
vigorose per aiutarci a diventare
forti. È una forza, quella della
parola scritta, che rischiamo di
dare per scontata, eppure è così
potente, taumaturgica, a volte
rivoluzionaria (…) Cussy in fondo è
l’emblema di ogni esclusione, e di
ogni emancipazione, di ogni
riscatto. Uno dei passaggi del
romanzo a cui sono affezionata è
quando una delle protagoniste prende
la mano di Cussy, nonostante conosca
bene le conseguenze di essere amica
di una Blu, e dice una verità
semplicissima: ‘Alle nostre mani non
importa se sono di colore diverso”.
Ci sembra giusto concludere con le
parole di Tiziano Terzani:
“Solo se riusciremo a vedere
l’universo come un tutt’uno, in cui
ogni parte riflette la totalità e in
cui la grande bellezza sta nella sua
diversità, cominceremo a capire chi
siamo e dove stiamo”.