arte
LA SCUOLA DI
ATENE DI RAFFAELLO
Il significato dei
triangoli nella “tavoletta” di Euclide
di Simonetta
Valtieri
Tutti conoscono la Scuola di Atene
di Raffaello nella Stanza della
Segnatura del palazzo Vaticano,
anche perché “usatissima” in molti spot
e pubblicità. Nell’affresco è
raffigurato un grande “tempio” (che
rimanda al nuovo San Pietro di
Bramante), dove si muovono filosofi e
sapienti appartenenti a secoli e a paesi
diversi, ai
quali è riconosciuto il contributo dato
allo sviluppo del pensiero e della
scienza, che Raffaello “mischia” e in
alcuni casi “identifica” con personaggi
a lui contemporanei per affinità di
ingegno: ad esempio, Platone ha la
fisionomia di Leonardo, Euclide quella
di Bramante, Eraclito somiglia a
Michelangelo.
Chi si interessa di storia dell’arte
conosce il significato sotteso alla
composizione, ma non quello dei segni
geometrici sulla “tavoletta” in primo
piano a destra dell’affresco, su cui
Euclide punta il compasso, che risaltano
come disegnati in gesso sul fondo scuro
di una lavagna: essi indicano il
“metodo” usato da Raffaello per
disegnare in prospettiva l’architettura
dipinta nella Scuola di Atene.
Va considerato che La Scuola di Atene
è stata affrescata nella Stanza
della Segnatura (1508-1511)
dell’appartamento papale, il primo
lavoro affrontato da Raffaello al suo
arrivo a Roma, dove, alla corte di
Giulio II, aveva trovato quel clima
culturale umanistico – nel quale il
mondo antico era ancora in armonia con
la spiritualità cristiana – che
identifica con quanto rappresenta in
questa sua opera, affermando l’attualità
degli antichi sapienti nel mondo
rinascimentale. Nelle Stanze
successive, dipinte sotto i pontificati
di Leone X e Clemente VII, prevarranno
temi ecclesiastici e
storico-celebrativi, perché il clima
culturale cambierà nell’arco di pochi
anni, con i mutamenti politici e
religiosi provocati dalla Riforma
luterana.
Nella Scuola di Atene, che
possiamo definire l’ultimo “manifesto”
dell’Umanesimo maturo, Raffaello colloca
in posizione dominante e affiancati i
due maggiori filosofi dell’antichità,
Platone e Aristotele, che tengono nelle
loro mani sinistre due opere con cui
hanno diffuso le loro dottrine, il
Timeo e l’Etica. È noto che
Platone con l’altro braccio alzato e la
mano puntata verso il cielo indica il
movimento del pensiero dal sensibile
all’ideale e che Aristotele, con il
braccio orizzontale e il palmo della
mano rivolta verso terra, rappresenta
l’indagine sistematica del mondo nelle
sue forme concrete. Ma siamo ancora in
un clima culturale dove tra
i due filosofi
“prevale” Platone. Infatti il punto di
fuga della prospettiva dell’intera
composizione cade sul Timeo,
testo in cui il filosofo riafferma,
riprendendola da Pitagora,
l’integrazione dei rapporti “armonici”
con il mondo materiale, che si offriva
all’ideologia rinascimentale come nodo
risolutivo nella corrispondenza tra
micro e macrocosmo.
.
Platone e Aristotele
Raffaello raffigura Pitagora, con la
“tavoletta” delle armonie musicali, in
primo piano a sinistra, e in posizione
simmetrica a destra, Euclide, che punta
il compasso sulla ‘tavoletta’ con i
disegni geometrici. L’intera
composizione pone l’accento
sulle figure di
Platone,
Pitagora
ed Euclide – circondati da gruppi di
persone –
collegate
tra di loro in un triangolo ideale,
che si ripropone negli
oggetti di loro pertinenza: il
Timeo
e le
due
“tavolette” dipinte in
primo piano alle due estremità
dell’affresco. Il contenuto del Timeo
ha consentito di comprendere la
relazione esistente tra le due
“tavolette”, cioè tra i rapporti
musicali e le proporzioni
dell’architettura dipinta nella
Scuola di Atene.
A Pitagora si fa risalire la scoperta
che il suono di una corda vibrante varia
con la sua lunghezza. Infatti se due
corde, una doppia dell’altra, vibrano
alle stesse condizioni, il suono della
più corta sarà di un’ottava (diapason)
più alto di quella più lunga; se le
lunghezze delle due corde sono in
relazione di 2:3, la differenza
dell’altezza di suono è di una quinta
(diapente); e se la relazione
delle lunghezze è di 3:4, la differenza
dell’altezza di tono è di una quarta
(diatessaron). I numeri di base
sono i primi quattro numeri (1, 2, 3,
4), la somma dei quali è il 10, numero
sacro e “madre dell’universo”, la
tetractys pitagorica, comunemente
raffigurata come sovrapposizione a
piramide dei primi quattro numeri, che
formano un triangolo iscrivibile in un
quadrato.
Anche Platone nel Timeo,
rifacendosi a Pitagora, considera
l’armonia e l’ordine del cosmo contenuti
in questi primi quattro numeri e nei
loro quadrati e cubi, e gli intervalli
della scala musicale determinati da tre
medi proporzionali corrispondenti a tre
proporzioni: la geometrica,
l’aritmetica, e l’armonica. La
progressione geometrica costituisce le
ottave e i medi aritmetici e
armonici determinano rispettivamente le
quinte e le quarte. Il
numero viene elevato a principio
universale ed esteso dall’ordine
aritmetico a quello geometrico e infine
all’ordine fisico: così l’espressione
spaziale dell’1 è il punto, del 2 la
linea (delimitata da due punti), del 3
la superficie, del 4 il solido.
Ma i numeri, considerati il principio di
tutte le cose, non sono tanto importanti
in se stessi, quanto nei loro rapporti.
Infatti l’armonia non si raggiunge con
l’accordo di due toni, ma solo tramite
consonanze inequali, la quinta e
la quarta, rappresentate da due
proporzioni diverse, 2:3 e 3:4, che
insieme danno l’ottava (1:2), il
cui rapporto è ottenuto eliminando il
medio proporzionale 3, cioè 2:3:3:4 =
2:4 = 1:2.
Nella Scuola di Atene, tutto
questo viene “riassunto” da Raffaello
nella tavoletta dipinta accanto a
Pitagora: vi compaiono i numeri (romani)
che indicano i rapporti degli intervalli
musicali (segnati dagli archi che li
collegano), spiegati con le parole
greche: diatessaron, diapente
e diapason; e dalla parte opposta
su un arco che collega due numeri è
scritto epogloon (tono maggiore).
.
Pitagora
Per gli architetti rinascimentali, nel
proporzionare gli edifici, i medi
proporzionali determinanti le armonie
musicali hanno avuto un ruolo molto
importante, perché gli intervalli non
erano solo teorici, ma coincidevano con
le più importanti misure di
un’architettura. Intorno al 1450 Leon
Battista Alberti aveva trattato dei tre
medi proporzionali in una maniera più
facilmente accessibile agli architetti;
ed è significativo che durante la
costruzione del suo tempio Malatestiano
a Rimini, egli ammonisca Matteo de Pasti
perché, alterando la proporzione dei
pilastri “si discorda tutta quella
musica”.
Se i rapporti matematici rivelati da
Pitagora, – determinanti l’armonia del
mondo in tutte le sue espressioni –
acquisirono particolare importanza nel
Quattrocento, già Boezio all’inizio del
VI secolo aveva scritto una storia delle
armonie musicali di Pitagora ampiamente
diffusa nel Medioevo, a cui farà
riferimento Franchino Gaffurio che,
riferendosi al filosofo platonico
Filolao per il quale l’armonia deriva
dalla “unificazione della composita
molteplicità e accordo del discorde”,
in una incisione del suo Theorica
musice (1492), lo rappresenta in
concerto con Pitagora, con flauti di
diverse lunghezze, nei
rapporti di quarta,
quinta ed ottava.
L’analogia tra accordi udibili e
proporzioni visibili, oltre a
testimoniare l’armonica struttura di
tutto il creato, serviva a dare dignità
alle arti della pittura, scultura e
architettura, considerate arti manuali e
quindi escluse dalla classificazione di
scienze. Solo l’aritmetica, la
geometria, l’astronomia e la musica
appartenevano al quadrivium, che
comprendeva l’applicazione della
matematica allo studio del cosmo e al
campo della musica; gli artisti
rinascimentali erano coscienti che se la
prospettiva veniva codificata in leggi,
essa avrebbe acquistato la dignità di
disciplina autonoma.
È stato necessario spiegare il
significato della “tavoletta” musicale
dipinta da Raffaello nella Scuola di
Atene accanto a Pitagora, per poter
comprendere il suo rapporto con l’altra
“tavoletta”,
su
cui Euclide – con le sembianze di
Bramante – appare in procinto di usare
il compasso, e dove compaiono disegnati
due triangoli intersecati che formano
una “stella”, dalla cui linea centrale
di intersezione partono due rette
oblique.
.
Euclide
L’operazione effettuata per collegare
tra loro le due “tavolette” ha avuto
come punto di partenza il passaggio
concettualedallo
spazio di un’architettura reale (nelle
tre dimensioni) al piano bidimensionale
dell’architettura dipinta sulla
superficie dell’affresco, proporzionata
nelle distanze prospettiche.
Partendo dai tre assi cartesiani per
rappresentare lo spazio (profondità,
larghezza, altezza), sono state loro
assegnate le misure di 1, 2 e 4, che
stanno tra di loro nel rapporto armonico
di un’ottava = 1:2 (diapson),
legando così la musica allo spazio (e
quindi alle proporzioni
dell’architettura).
Per arrivare alla bidimensionalità della
pittura, è stata proiettata su un piano
frontale (quindi sull’asse verticale
dell’altezza), la misura relativa alla
profondità (=1) ribaltando poi il
grafico sia di lato che in basso. Unendo
tutti i punti si sono formati due
triangoli di base 4, iscrivibili
ciascuno in un quadrato (che rimandano
alla tetraktis pitagorica);
proseguendo i loro lati obliqui della
misura di 1, essi si intersecano
portando l’altezza di ciascun triangolo
a 5,
venendo così a definire la “stella” che
compare disegnata sulla ‘tavoletta’
geometrica.
Inserendo il vertice del triangolo
inferiore della “stella” (coincidente
con punto di fuga della prospettiva) in
corrispondenza del Timeo di
Platone, è possibile costruire in
prospettiva l’architettura della
Scuola di Atene, individuando il
dimensionamento delle sue parti
fondamentali, a partire dalla profondità
della volta a botte in primo piano,
quella del vano centrale coperto con
cupola e della seconda volta a botte.
.
Schematizzazione della costruzione dei
"punti di fuga" che definiscono la
prospettiva
Le due rette oblique parallele suggerite
dal disegno della “tavoletta”
geometrica, attraverso l’uso del
compasso, consentono di ottenere
ulteriori punti che definiscono l’intera
composizione architettonica in
prospettiva, modulata tramite lunghezze
in rapporto armonico tra di loro,
essendo i due triangoli della “stella”
derivati dai rapporti musicali della
“tavoletta” di Pitagora.
Arrivato a Roma poco più che ventenne,
Raffaello non doveva avere molta
esperienza in affreschi grandi come
quelli delle Stanze vaticane, e
disegnare con il metodo tradizionale in
prospettiva l’architettura del “tempio”
della Scuola di Atene – in un
campo pittorico di 8,14 metri sulla
parete della Stanza della Segnatura,
larga 10,60 metri
–
rappresentava un problema, perché non
c’era lo spazio necessario per collocare
il punto di distanza.
Il problema viene risolto con il
procedimento che Raffaello indica nei
disegni sulla “tavoletta” geometrica.
Nella definizione della “stella”
scaturita dall’intersezione di due
triangoli di proporzioni armoniche, può
essere stato aiutato da Bramante, gran
perito nelle costruzioni prospettiche;
l’averlo raffigurato come Euclide, che
opera con il compasso sui triangoli
della ‘tavoletta’, può essere
considerato il riconoscimento
dell’invenzione di questo metodo
“pratico”.
Le indicazioni del procedimento adottato
appaiono “ostentate” da Raffaello nella
“tavoletta” geometrica, ma a distanza di
secoli è stato complesso decifrarne il
significato, e lo si è potuto fare solo
cercando di “entrare” nella cultura
neoplatonica.
La Scuola di Atene costituisce
una testimonianza delle implicazioni e
dei teoremi caratterizzanti la cultura
umanistica, quando bisognava essere
iniziati ai “segreti” e ai simboli per
poter far parte della complessa sfera
intellettuale di quel periodo.
Riferimenti bibliografici:
E. Bentivoglio, G. Bentivoglio, S.
Valtieri, Raffaello pittore e
architetto a Roma (1508-1520), GB
EditoriA, Roma 2020. |