N. 48 - Dicembre 2011
(LXXIX)
Kypros-Kibris: la miopia del presente
Le radici del problema cipriota - parte II
di Lawrence M.F. Sudbury
Dopo la condanna dell'invasione turca di Cipro del 1975, l'ONU, tramite il suo Segretario generale, tentò di mediare tra le parti ottenendo come risultato la ripresa dei colloqui inter-comunitari ciprioti nella riunione di Vienna del 17-20 febbraio 1976: la parte greco-cipriota fissò come punti chiave di discussione la competenza territoriale e quella costituzionale delle pretese turche presentando, sei settimane dopo, proposte dettagliate su tali aspetti e indicando le aree della regione occupata che avrebbero dovuto essere restituite al legittimo governo di Nicosia, mentre la parte turca, che tentava unicamente di guadagnare tempo per rafforzare la sua presenza sull'isola, a parte introdurre ex-novo, per bocca del suo leader Rauf Denktash, una proposta confederativa, respinse ogni richiesta greca insistendo sulla necessità di accettazione da parte del governo della "nuova realtà" creata con l'invasione e l'espulsione forzata delle popolazioni indigene come base e condizione per i negoziati.
A
questo
punto,
il
governo
cipriota
non
ebbe
altra
alternativa
che
fare
di
nuovo
ricorso
all'Assemblea
generale
delle
Nazioni
Unite,
la
quale,
nel
novembre
1976,
adottò
con
maggioranza
schiacciante
una
risoluzione
che
ribadiva
pieno
sostegno
alla
sovranità,
all'indipendenza,
all'integrità
territoriale
e al
non
allineamento
di
Cipro
chiedendo
la
cessazione
di
ogni
ingerenza
straniera
nei
suoi
affari
e
auspicando
che
il
Consiglio
di
Sicurezza
considerasse
le
misure
necessarie
per
l'attuazione
delle
precedenti
risoluzioni
ONU.
Le
richieste
dell’Assemblea
Generale
di
ripresa
dei
negoziati
portarono
alla
risoluzione
32/15
del
1977,
ma
di
fronte
al
rifiuto
della
parte
turco-cipriota
di
onorare
l'impegno
che
aveva
formalmente
assunto
ai
colloqui
di
Vienna
di
presentare
proposte
concrete
su
tutti
gli
aspetti
del
problema
di
Cipro
il
Segretario
generale
dell'ONU
si
rifiutò
di
convocare
un
nuovo
round
di
colloqui.
Nel
frattempo,
nel
gennaio
1977,
il
signor
Denktash
aveva
chiesto
di
incontrare
l’ex
Presidente
della
Repubblica,
Arcivescovo
Makarios,
nella
sua
qualità
di
leader
della
comunità
turco-cipriota
e
Makarios
aveva
accettato
tale
incontro
che
si
sarebbe
dovuto
tenere
sotto
l'egida
delle
Nazioni
Unite:
il
27
gennaio
1977
e il
12
febbraio
1977,
alla
presenza
del
Segretario
Generale
delle
Nazioni
Unite
de
Cuellar
Denktash
e
Makarios
decisero,
dunque,
per
una
ripresa
dei
colloqui
a
Vienna
alla
fine
di
marzo,
preceduta
da
consultazioni
di
un
rappresentante
speciale
del
Segretario
generale
stesso
con
le
due
parti
in
causa.
Durante
tali
consultazioni
furono
date
assicurazioni
da
parte
turco-cipriota
che
a
Vienna
il
governo
di
Famagosta
avrebbe
significativamente
negoziato
eventuali
proposte
greco-cipriote
ma,
alla
riapertura
dei
colloqui,
il
rappresentante
turco
si
limitò
a
rileggere
lo
stesso
documento
che
il
signor
Denktash
aveva
letto
nel
1976
e
che
conteneva
solo
principi
generali
senza
che
alcuna
proposta
territoriale
o
alcun
commento
sulle
proposte
federali
greche
venissero
avanzate.
Dopo
l'atteggiamento
negativo
della
parte
turco-cipriota,
i
colloqui
rimasero
in
sospeso
per
quasi
un
anno,
fino
a
che,
nel
gennaio
del
1978,
il
Segretario
generale
dell'ONU
avvio
consultazioni
con
le
due
parti
a
Cipro
e
con
Ankara,
ottenendo
la
promessa
che
la
parte
turco-cipriota
avrebbe
presentato
a
lui
personalmente
proposte
concrete
e di
merito
sia
sugli
aspetti
costituzionali
che
su
quelli
territoriali.
Le
tanto
attese
proposte
arrivarono,
dopo
un
ritardo
di
tre
mesi,
nell'aprile
1978,
senza,
tuttavia,
fornire
alcuna
base
per
negoziati
significativi:
dal
punto
di
vista
costituzionale
le
proposte
turche
erano
in
contrasto
con
gli
obblighi
di
presentare
proposte
per
la
creazione
di
uno
stato
federale
prevedendo
la
partizione
con
la
costituzione
di
due
Stati
separati
con
diritto
di
firmare
trattati
distinti
con
altri
Paesi,
con
ciascuno
una
propria
assemblea
legislativa,
una
banca
centrale
e
una
forza
di
difesa,
mentre
una
possibile
assemblea
federale,
nella
quale
sarebbero
state
ugualmente
rappresentate
entrambe
le
comunità
(nonostante
la
loro
sproporzione
numerica),
avrebbe
avuto
poteri
molto
limitati;
per
quanto
riguarda
l'aspetto
territoriale
le
proposte
turco
non
contenevano
alcun
impegno
a
rinunciare
a
qualsiasi
area
occupata
dalle
forze
turche
ma
suggerivano
unicamente
alcune
aree
da
cui
le
forze
di
occupazione
turca
avrebbero
potuto
ritirarsi
(solo
poco
più
dell'1%
di
tutta
l'area
dell'isola),
mentre
”Varosha”,
la
nuova
città
di
Famagosta,
sarebbe
rimasta
sotto
il
controllo
turco-cipriota
e
solo
un
piccolo
numero
di
proprietari
di
hotel
e di
altri
imprenditori
(non
più
di
5000)
avrebbero
avuto
il
permesso
di
tornare
in
una
enclave
greca
della
città
per
gestire
i
loro
affari
(più
che
altro
perché
i
turco-ciprioti
potessero
utilizzare
l'esperienza
greco-cipriota
nel
settore
turistico
per
rilanciare
il
suo
sfruttamento
per
mano
turca).
Ovviamente
le
proposte
turche
furono
respinte
dalla
parte
greco-cipriota
e il
Segretario
generale
dell'ONU
confermò
in
un
comunicato
che
il
divario
tra
le
due
parti
era
ancora
molto
ampio.
Comunque,
come
ulteriore
contributo
agli
sforzi
di
pace,
l'allora
Presidente
della
Repubblica
di
Cipro,
Sig.
Spyros
Kyprianou,
propose
ugualmente
la
smilitarizzazione
e il
disarmo
totale
dell'isola
e la
creazione
di
una
forza
congiunta
greco-cipriota
e
turca
di
polizia
sotto
la
direzione
e il
controllo
di
una
forza
di
polizia
internazionale
delle
Nazioni
Unite.
Tale
proposta,
pur
applaudita
in
tutto
il
mondo,
fu
rifiutata
totalmente
dalla
leadership
turco-cipriota
e il
problema
di
Cipro
raggiunse
un
punto
morto
chiaramente
dovuto
all’
intransigenza
turca.
Dopo
una
pausa
di
due
anni
nei
colloqui,
Kyprianou
e
Denktash
si
riunirono
nuovamente
sotto
la
presidenza
del
Segretario
generale
dell'ONU
il
18 e
19
maggio
1979
e
raggiunsero
un
accordo
su
un
programma
in
10
punti
che
delineava
nuove
procedure
per
i
negoziati:
l'elemento
chiave
dell'accordo
era
che
la
base
per
i
colloqui
fosse
data
dalle
linee
guida
Makarios-Denktash
del
febbraio
1977
e
dalle
risoluzioni
delle
Nazioni
Unite.
In
base
allo
stesso
accordo,
le
due
parti
convennero
di
dare
priorità
al
reinsediamento
di
Varosha
sotto
l'egida
dell'ONU,
con
colloqui
sul
reinsediamento
che
sarebbero
iniziati
in
contemporanea
con
le
discussioni
sui
problemi
costituzionali
e
territoriali,
senza
aspettare
un
accordo
su
altri
aspetti
del
problema
di
Cipro,
con
la
"smilitarizzazione
di
Cipro"
e
con
la
continuazione
ad
oltranza
dei
negoziati.
Subito
dopo
i
colloqui,
però,
l'interlocutore
turco-cipriota
chiese
che
la
parte
greco-cipriota
accettasse
in
anticipo
l'idea
di
uno
"stato
bizonale",
nonostante
il
fatto
che
le
linee
guida
avessero
previsto
un
"sistema
bicomunitario
federale".
In
un'intervista
al
giornale
turco-cipriota
“Olay”
(16.7.79),
il
signor
Denktash
diede
la
sua
definizione
del
termine
"bizonale"
affermando
che
"Il
significato
di
bizonale
è
che
io
rappresento
uno
stato
che
ha
come
territorio
uno
dei
due
Stati
federati,
sono
sovrano
su
molte
cose
all'interno
di
tale
territorio
e la
mia
sovranità
è
assoluta…”.
I 10
punti
vennero
poi
nuovamente
violati
dalla
parte
turco-cipriota
quando
il
suo
negoziatore
rifiutò
di
dare
la
priorità
alla
questione
Varosha,
mentre
i
colloqui
venivano
ulteriormente
sabotati
dall’EVKAF,
un
trust
religioso
turco-cipriota,
che
affermava
che
la
maggior
parte
delle
proprietà
greche
di
Varosha
appartenevano
originariamente
al
Pascià
durante
la
dominazione
ottomana
e
dovevano,
dunque,
essere
ereditate
dall’EVKAF
stesso
e su
questa
base
intentò
causa
contro
i
legittimi
proprietari,
ottenendo
dalla
Corte
distrettuale
di
Famagosta
che
il
rientro
greco
a
Varosha
non
venisse
discusso
nei
colloqui
fino
alla
risoluzione
della
questione
della
proprietà.
Nel
novembre
del
1979,
l'Assemblea
generale
dell'ONU
approvò
la
risoluzione
34/30
esprimendo
sostegno
per
i
“10
punti”
e
chiedendo
l'urgente
ripresa
dei
colloqui
sotto
l'egida
del
Segretario
delle
Nazioni
Unite
ma
il
lato
turco-cipriota
rifiutò
di
ritornare
al
tavolo
dei
negoziati
e
minacciò,
invece,
di
dichiarare
uno
stato
indipendente
nella
parte
dell'isola
sotto
occupazione.
Nel
tentativo
di
sbloccare
la
situazione
il
Segretario
generale
delle
Nazioni
Unite
propose
varie
"formule"
alternative
per
la
ripresa
dei
colloqui
ma
solo
la
concessione
per
la
parte
turco-cipriota
che
qualunque
dichiarazione
congiunta
avrebbe
contenuto
riferimenti
alla
"bizonalità"
trovò
il
consenso,
il 6
giugno
1980,
del
governo
di
Famagosta,
consenso,
per
altro,
ritirato
già
il
giorno
seguente
dal
signor
Denktash.
Il 9
agosto,
comunque,
sotto
la
presidenza
del
rappresentante
speciale
ONU
a
Cipro,
signor
Hugo
Gobbi,
Ioannides
per
la
parte
greco-cipriota
e
Onan
per
la
comunità
turca
si
incontrarono
per
discutere
nuovamente
su
punti
quali
il
reinsediamento
a
Varosha
dai
suoi
abitanti
greco-ciprioti
sotto
l'egida
dell'ONU,
misure
concrete
per
promuovere
la
fiducia
reciproca
e le
questioni
costituzionali
e
territoriali.
La
componente
greca,
durante
questa
nuova
tornata
di
colloqui,
concentrò
le
proprie
richieste
sulla
soluzione
federale
del
problema
di
Cipro
e
sull’idea
di
un’articolazione
statale
divisa
in
due
parti
(una
amministrata
dai
greco-ciprioti
e
l'altra
dai
turco-ciprioti,
accogliendo
così
il
concetto
di
bizonalità)
senza
confini
tra
regioni
e
con
un
governo
centrale
con
poteri
sufficienti
per
garantire
l’unità
dello
Stato.
La
parte
turca,
a
questo
punto,
dichiarò
apertamente,
per
bocca
del
professor
Soysal,
di
progettare
una
"confederazione"
di
"due
Stati
indipendenti"
(nonostante
il
fatto
che
tale
concetto
andasse
contro
ogni
accordo
precedente)
e
che
in
questo
senso
andava
inteso
il
termine
“bizonale”
e
propose
per
Varosha
un’area
di
reinsediamento
piccolissima
e
senza
sbocco
sul
mare
(che,
per
altro,
sarebbe
rimasta
sotto
il
controllo
turco-cipriota).
Ciò
portò
all’ennesimo
blocco
dei
negoziati,
che
ripresero
solo
nell’agosto
1981,
quando
la
parte
turco-cipriota
presentò
quelle
che
definì
proposte
globali
per
la
soluzione
del
problema
di
Cipro
e
che
comprendevano
la
restituzione
del
2,6%
del
territorio
occupato
e il
permesso
per
solo
circa
31.000
rifugiati
di
tornare
alle
loro
case
ma
che
non
mostravano
sostanziali
mutamenti
in
relazione
all’assetto
costituzionale.
Dopo
una
nuova
sospensione
del
dialogo,
il
Segretario
generale
ONU
riprese
colloqui
esplorativi
informali
ma
apparve
ancora
una
volta
chiaro
che
la
leadership
turco-cipriota,
eseguendo
gli
ordini
della
Turchia,
avrebbe
continuato
a
mantenere
un
atteggiamento
intransigente,
con
una
situazione
aggravata
dalle
minacce
turche
di
compiere
azioni
militari
contro
il
Governo
di
Nicosia
con
il
pretesto
che
alcuni
membri
di
organizzazioni
per
la
liberazione
armena
venivano
ospitati
a
Cipro
(cosa
risultata
falsa
a
seguito
di
indagini
svolte
dall’UNFICYP).
In
considerazione
della
mancanza
di
progressi
nei
colloqui
e
della
minaccia
grave
per
la
sicurezza
dei
greco-ciprioti,
il
Governo
cipriota
ritenne
di
non
aver
altra
scelta
se
non
quella
di
internazionalizzare
la
questione
di
Cipro
riproponendo
ancora
una
volta
il
caso
alle
Nazioni
Unite.
Seguì
un
incontro
tra
l'allora
Presidente
Kyprianou
e il
Segretario
generale
dell'ONU
de
Cuellar,
a
Parigi
il
24
aprile
1983
e la
convocazione,
due
settimane
dopo,
dell'Assemblea
generale
delle
Nazioni
Unite
che
votò
con
una
maggioranza
schiacciante
una
risoluzione
molto
forte
su
Cipro
(37/253),
sponsorizzata
anche
dal
Gruppo
di
contatto
dei
Paesi
Non
Allineati
e da
12
altri
Paesi.
Con
tale
risoluzione
si
esigeva
il
ritiro
immediato
di
tutte
le
truppe
di
occupazione
dall'isola
come
base
essenziale
per
una
soluzione
rapida
e
reciprocamente
accettabile
del
problema
cipriota
e si
invitavano
pressantemente
le
parti
interessate
ad
astenersi
da
qualsiasi
azione
unilaterale
che
potesse
influenzare
negativamente
le
prospettive
di
una
soluzione
giusta
e
duratura
e da
qualsiasi
azione
che
violasse
l'indipendenza,
l'unità,
la
sovranità
e
l'integrità
territoriale
di
Cipro.
La
reazione
della
parte
turco-cipriota
al
verdetto
della
stragrande
maggioranza
delle
Nazioni
del
mondo
fu,
semplicemente,
quella
di
introdurre
la
lira
turca
come
moneta
a
corso
legale
nella
zona
occupata
e di
andare
avanti
con
la
creazione
di
una
"Banca
centrale",
come
un
ulteriore
passo
per
l'attuazione
costante
della
politica
di
Ankara
di
annettere
la
parte
settentrionale
dell'isola
alla
Turchia.
A
complicare
le
cose,
l'"Assemblea
Legislativa"
dei
territori
occupati
votò
il
17
giugno
1983
a
favore
di
una
"risoluzione"
per
tenere
un
"referendum"
sulla
dichiarazione
di
uno
stato
separato
nella
parte
settentrionale
turca
dell'isola.
La
"risoluzione"
in
questione
affermava,
tra
l'altro,
che
"il
popolo
turco
di
Cipro
ha
il
diritto
esclusivo
di
autodeterminazione"
e
che
i
Turchi
avevano
"il
diritto
di
amministrare
se
stessi
nel
proprio
suolo".
La
comunità
internazionale
espresse
una
forte
opposizione
a
questa
mossa
ritenendo
che
sottolineare
l'autodeterminazione
per
comunità
etniche
o
gruppi
all'interno
dei
confini
di
Stati
sovrani
indipendenti
potesse
significare
la
frammentazione
e lo
smembramento
di
un
gran
numero
di
Paesi.
Seguirono
nuovi
passi
da
parte
di
de
Cuellar,
che
arrivò
a
proporre
al
governo
cipriota
la
rinuncia
alla
sua
sovranità
su
tutto
il
territorio
della
Repubblica
e il
riconoscimento
della
comunità
turco-cipriota
come
popolo
separato
e
autonomo,
proposta
che
venne
accettata,
il
30
settembre
1983,
dal
presidente
Kyprianou
ma
che
venne
rifiutata
esplicitamente
da
Rauf
Denktash,
che,
però,
propose
una
nuova
serie
d’incontri.
Nel
frattempo
l'Assemblea
parlamentare
del
Consiglio
d'Europa
aveva
rifiutato
di
accettare
"deputati"
dal
regime
illegale
di
Denktash
e,
come
conseguenza,
questi
aveva
chiesto
che
i
due
deputati
rappresentati
di
Cipro
nell'Assemblea
venissero
ritirati.
Il
14
novembre
1983
il
rappresentante
ONU
Mr.
Gobbi
tornò
a
Cipro
con
nuove
proposte
di
de
Cuellar
ma
il
risultato
fu
che
il
giorno
successivo
Denktash
proclamò
la
nascita
di
uno
"stato"
separato
chiamato
"Repubblica
turca
di
Cipro
del
Nord"
("TRNC").
Mentre
la
Turchia
mostrava
finta
sorpresa
per
questa
mossa
secessionista,
per
poi
immediatamente
riconoscere
il
"nuovo
stato"
e
promettergli
assistenza,
tutte
le
altre
Nazioni
definirono
questo
atto
illecito
e
non
riconobbero
la
nuova
entità
politica.
I
governi
di
Cipro,
Grecia
e
Gran
Bretagna
congiuntamente
richiesero
una
sessione
di
emergenza
del
Consiglio
di
Sicurezza
dell'ONU
che,
il
18
novembre
1983,
adottò
la
risoluzione
541/1983
che,
tra
l'altro,
deplorava
la
dichiarazione
della
presunta
secessione
di
una
parte
della
Repubblica
di
Cipro,
considerava
tale
dichiarazione
legalmente
non
valida
e
chiedeva
il
suo
ritiro,
con
13
voti
favorevoli
(tra
cui
tutti
e
cinque
i
membri
permanenti)
a
uno
(il
Pakistan)
e
con
un'astensione
(Giordania).
Anche
i
vertici
del
Commonwealth,
riuniti
nella
Conferenza
di
Nuova
Delhi,
nel
comunicato
finale
rilasciato
il
29
novembre
1983,
condannarono
la
dichiarazione
di
uno
stato
secessionista
e
approvarono
pienamente
il
Consiglio
di
sicurezza
dell'ONU
decidendo
di
istituire
uno
speciale
gruppo
di
azione
di
cinque
Nazioni
(Australia,
Guyana,
India,
Nigeria
e
Zambia)
"per
contribuire
a
garantire
la
conformità
con
la
risoluzione
541
del
Consiglio
di
sicurezza"
e
lavorare
con
le
Nazioni
Unite
per
cercare
di
risolvere
la
crisi
di
Cipro.
Nonostante
il
clima
negativo
creatosi
con
la
dichiarazione
del
pseudo-stato,
il
Presidente
greco-cipriota
Kyprianou
presentò,
in
data
11
gennaio
1984,
al
Segretario
generale
delle
Nazioni
Unite
"un
quadro
per
una
soluzione
globale
della
questione
di
Cipro"
in
piena
conformità
con
le
risoluzioni
delle
Nazioni
Unite
e
che,
a
detta
degli
osservatori
internazionali,
soddisfaceva
i
prerequisiti
essenziali
per
la
sicurezza
interna
ed
esterna
dello
stato
e
per
lo
sviluppo
di
un
sistema
federale
funzionante
e in
grado
di
garantire
i
diritti
umani
e le
libertà
fondamentali
di
tutti
i
cittadini
di
Cipro
ma,
coerentemente
con
ogni
suo
atteggiamento
precedente,
la
parte
turca
scartò
senza
riserve
la
proposta
Kyprianou
rifiutando
perfino
di
discuterne
e
dichiarò,
il
10
aprile,
che
si
era
deciso
di
tenere
un
"referendum"
nel
mese
di
agosto
su
una
nuova
"costituzione"
e di
procedere
con
"elezioni
generali",
nel
mese
di
novembre.
Infine,
il
17
aprile,
Famagosta
annunciò
che
la
Turchia
aveva
ufficialmente
accreditato
un
"ambasciatore"
presso
il
governo
del
TRNC
e,
il
giorno
seguente,
Dentktash
arrivò
addirittura
a
negare
il
diritto
da
parte
del
Segretario
generale
dell'ONU
di
presentare
eventuali
proposte
per
risolvere
il
problema
cipriota
e a
proporre
lo
smantellamento
della
Repubblica
di
Cipro
come
precondizione
per
ogni
negoziato.
La
situazione
a
Cipro
continuò,
così,
a
deteriorarsi,
con
la
Turchia
e la
leadership
turco-cipriota
che
proseguirono
ad
agire
in
costante
violazione
della
risoluzione
541,
minacciando
ulteriori
colpi
di
mano
(come
quando,
nell'aprile
1984,
Denktash,
in
risposta
a un
ennesimo
appello
del
Consiglio
di
sicurezza,
affermò
di
voler
colonizzare
anche
la
piccolissima
enclave
greca
di
Famagosta
in
caso
di
mancato
riconoscimento
ONU
della
Repubblica
di
Nord
Cipro),
fino
a
che,
l'11
maggio
1984,
il
Consiglio
di
sicurezza
si
vide
costretto
ad
approvare
(con
13
voti
a
favore
- ex
Unione
Sovietica,
Francia,
Cina,
Gran
Bretagna,
India,
Egitto,
Perù,
Ucraina,
Burkina
Faso,
Paesi
Bassi,
Malta
,
Nicaragua
e
Zimbabwe
-,
uno
contrario
-
Pakistan-
e
l'astensione
degli
Stati
Uniti)
la
risoluzione
550
che
"condanna
tutte
le
azioni
secessioniste,
comprese
lo
scambio
di
presunti
ambasciatori
tra
Turchia
e lo
pseudo-stato
nord
cipriota,
dichiara
illegale
la
sedicente
Repubblica
turca
di
Cipro
del
Nord
e
invalida
e
chiede
il
ritiro
immediato
delle
truppe
turche
dall'isola,
ribadendo
l'appello
a
tutti
gli
Stati
a
non
riconoscere
lo
Stato
suddetto,
istituito
da
atti
secessionisti
e li
invitandoli
a
non
facilitare
o in
alcun
modo
prestare
assistenza
alla
predetta
entità
secessionista".
In
conformità
con
le
disposizioni
della
risoluzione
del
Consiglio
di
Sicurezza
550/1984,
il
Segretario
generale
delle
Nazioni
Unite
de
Cuellar
avviò,
comunque,
nuove
azioni
finalizzate
alla
ripresa
dei
negoziati
e
alla
rottura
della
situazione
di
stallo,
incontrando
a
Vienna,
nell'agosto
1984,
i
rappresentanti
delle
due
parti
per
illustrare
loro
una
serie
di
"punti
di
lavoro"
accettati
da
entrambi
i
contendenti
il
31
Agosto
1984.
Conseguentemente,
il
10
settembre
si
diede
avvio
ad
una
nuova
conferenza
a
New
York
il
cui
primo
e
secondo
round
(10-20
settembre
e
15-26
ottobre)
non
diedero,
però,
alcun
esito
a
causa
dell'atteggiamento
intransigente
della
parte
turca.
Infine,
durante
il
terzo
round
(26
novembre
- 12
dicembre)
e
durante
due
incontri
al
vertice
(17
gennaio
e 23
febbraio
1985),
sembrò
che
qualche
spiraglio
si
stesse
aprendo
in
relazione
alla
questione
territoriale
e al
ritiro
da
Cipro
delle
truppe
straniere
ma
tutto
ripiombò
in
una
situazione
di
stallo
quando
il
regime
di
Denktash
tenne,
il 5
maggio
1985,
un
"referendum"
per
l'approvazione
di
una
cosiddetta
"nuova
costituzione"
per
il
suo
pseudo-stato,
seguito
da
cosiddette
"elezioni
presidenziali"
il 9
giugno
e da
"elezioni
generali"
il
23
giugno,
entrambe
senza
alcuna
validità
anche
solo
per
il
fatto
che
circa
un
terzo
del
corpo
elettorale
era
costituito
da
coloni
con
comprovate
istruzioni
esplicite
di
voto
provenienti
da
Ankara.
In
un
clima
così
avvelenato
non
stupisce
che
ulteriori
colloqui
a
Ginevra
e
Londra
tra
1985
e
1986
e
una
conferenza
internazionale
patrocinata
dal
governo
russo
il
21
gennaio
1986,
non
abbiano
ottenuto
alcun
risultato
sensibile,
mentre
la
parte
turca
consolidava
la
sua
posizione
con
l'accelerazione
dell'importazione
di
coloni
dell'Anatolia
e il
Primo
Ministro
della
Turchia,
Turgut
Ozal,
rifiutava
una
proposta
d'incontro
dell'ex
presidente
greco-cipriota
Vassiliou,
né
stupisce
il
rallentamento
delle
iniziative
delle
Nazioni
Unite
negli
anni
seguenti,
con
poche
proposte
(agosto
1988,
gennaio
1989,
settembre
1989)
tutte
sistematicamente
rifiutate
dal
governo
fantoccio
di
Famagosta.
Arriviamo
così
agli
anni
'90
in
una
perdurante
situazione
di
stallo
dovuta
all'ostruzionismo
turco-cipriota,
pienamente
appoggiato
da
Ankara
e
chiaramente
denunciato,
dopo
il
fallimento
di
un
nuovo
summit
a
New
York
tra
il
26
febbraio
e il
2
marzo
1990,
dal
Segretario
generale
dell'ONU,
che
ha,
tra
l'altro,
denunciato,
in
quell'occasione,
il
boicottaggio
del
dialogo
da
parte
di
Rauf
Denktash
con
il
suo
tentativo
di
ridefinizione
semantica
del
termine
"due
comunità",
su
cui
si
era
lavorato
fino
a
quel
momento,
in
"due
popoli"
(ciascuno
con
un
proprio
diritto
separato
all'"auto-determinazione"),
in
piena
e
palese
violazione
di
quanto
concordato
durante
i
negoziati
preventivi,
in
totale
incompatibilità
con
ogni
risoluzione
ONU
sul
problema
cipriota
e
tale
da
creare
un
pericoloso
precedente
relativo
ai
problemi
delle
minoranze
esistenti
in
molte
parti
del
mondo.
Nel
frattempo,
anche
la
Comunità
europea
ha
mantenuto
un
attivo
interesse
riguardo
al
problema
di
Cipro:
il
Parlamento
europeo,
attraverso
una
risoluzione
adottata
il
15
marzo
1990
con
schiacciante
maggioranza,
ha
condannato
le
azioni
di
Denktash
per
tentare
di
modificare
il
mandato
del
Segretario
Generale
dell
O.N.U.
sulla
risoluzione
della
disputa
cipriota
e ha
esortato
gli
Stati
membri
a "far
sentire
la
loro
voce
in
opposizione
alle
mosse
Denktash
a
New
York",
mentre
il
Parlamento
europeo
ha
inoltre
invitato
il
governo
turco
a "dimostrare
buona
volontà
e
spirito
di
cooperazione
al
fine
di
riprendere
i
negoziati
intercomunitari
secondo
il
diritto
internazionale
e le
risoluzioni
delle
Nazioni
Unite
in
modo
da
trovare
una
soluzione
accettabile
al
problema
di
Cipro".
Evidentemente,
viste
le
posizioni
attuali,
neppure
l'Europa
si
perita
di
smentire
se
stessa.