N. 46 - Ottobre 2011
(LXXVII)
Kypros-Kibris: la miopia del presente
Le radici del problema cipriota - parte i
di Lawrence M.F. Sudbury
George Orwell, ormai molti anni fa, ebbe modo di scrivere che "Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato". Onestamente la speranza è che numerosi leader europei (inclusi alcuni leader italiani), nell'assumere una posizione più o meno apertamente filo-turca nelle recenti emergenze dell'annoso problema cipriota si siano ispirati alla seconda parte dell'assunto e non siano stati mossi, come, per altro, appare più probabile, da una gretta mentalità legata alle convenienze economiche e geo-politiche dell'oggi, ignorando completamente le origini storiche della questione che hanno portato alla situazione attuale.
Se
il
compito
della
scienza
storica
è
anche
quello
di
essere
memoria
capace
rimettere
le
"pedine"
degli
scenari
attuali
nella
loro
giusta
prospettiva,
vale,
forse,
la
pena
di
tentare
di
tracciare
un
breve
quadro
retrospettivo
degli
accadimenti
che
hanno
portato
alla
situazione
odierna.
Tale
situazione,
quasi
banale
sia
nella
sua
emergenza
più
cronachistica
(in
sostanza
la
Turchia
ha
espresso,
in
vari
termini,
la
sua
contrarietà
verso
la
possibilità
di
una
presidenza
greco-cipriota
dell'Unione
Europea
e,
al
contempo,
rivendica
il
diritto
di
escavazione
di
pozzi
petroliferi
in
acque
territoriali
evidentemente
cipriote),
sia
nella
necessità,
da
parte
dei
governi
(o
di
alcuni
governi)
europei
di
abbozzare
e
caldeggiare
soluzioni
mediatorie
e,
in
definitiva,
favorevoli
al
"baluardo"
turco,
partner
economico
e
politico
privilegiato,
piuttosto
che
supportare
la
piccola
e
povera
Cipro
(indipendentemente
dal
suo
essere
membro
dell'Unione),
ha,
infatti,
radici
così
profonde
da
non
poter
essere
sbrigativamente
liquidate
relativizzandole
al
puro
dato
contingente.
Il
che
non
significa,
comunque,
che
a
tale
profondità
corrisponda,
dal
punto
di
vista
del
diritto
internazionale
(e
si
sarebbe
quasi
tentati
di
dire
della
morale
internazionale
se
tale
ambito
non
esulasse
dal
compito
storico),
una
particolare
difficoltà
di
giudizio.
In
fin
dei
conti,
infatti
il
problema
di
Cipro,
semplice
nella
sua
essenza,
è
stato
complicato
unicamente
dall'intervento
straniero
e
solo
per
questo
è
cresciuto
fino
ad
assumere
i
tratti
di
una
controversia
capace
di
mettere
in
pericolo
la
pace
nella
già
ipersensibile
regione
mediorientale
e
fino
ad
occupare
le
Nazioni
Unite
e
altre
sedi
internazionali
quasi
senza
sosta
negli
ultimi
trent'anni
(senza
che,
comunque,
le
procedure
esistenti
si
rivelassero
adatte
ad
affrontare
la
vertenza
in
modo
efficace
e
atto
a
ristabilire
pace
e
ordine
in
questa
piccola
isola):
sostanzialmente,
infatti,
tutta
la
questione
cipriota
si
riduce
nel
risultato
della
politica
aggressiva
turca
contro
un
piccolo
Stato
e
nel
fallimento
(o
della
mancata
volontà,
il
che,
in
ultima
analisi,
è
equivalente)
degli
organi
internazionali
di
porre
rimedio
ad
una
violazione
di
tutti
gli
accordi
diplomatici
da
parte
di
Ankara.
L'invasione
turca
del
luglio
-
agosto
1974,
in
seguito
al
mal
concepito
e
fallimentare
colpo
di
stato
anti-Makarios
e la
successiva
occupazione
di
circa
il
37%
del
territorio
dell'isola,
che
ha
provocato
lo
sfollamento
di
circa
200.000
greco-ciprioti
e la
distruzione
della
prosperità
e di
gran
parte
delle
prospettive
di
sviluppo
del
Paese
non
può,
come
vedremo
più
dettagliatamente,
essere
definita
altrimenti
che
un
puro
atto
di
aggressione
e il
protrarsi
di
un
assurdo
quanto
evidente
insulto
a
ogni
più
basilare
regola
internazionale
da
parte
di
un
governo
fantoccio
nord-cipriota,
che
attua
sistematicamente
politiche
di
pulizia
e
ricomposizione
etnica
degne
della
più
pura
tradizione
stalinista,
non
è
altro
che
il
frutto
dell'ignavia
degli
organi
internazionali
(così
"attivi"
in
altre
situazioni)
nell'imporsi
sulla
Turchia
e
della
loro
"politica
di
accomodamento"
che
ha
portato
unicamente
all'inutile
presenza
di
truppe
straniere
all'interno
di
uno
Stato
sovrano,
una
presenza
atta,
paradossalmente,
solo
a
dare
consistenza
giuridica
a
quello
che
non
può
essere
considerato
diversamente
da
un
"semplice"
tentativo
di
annessione
(e,
ci
si
domanda,
quale
sia
la
differenza
tra
questo
tentativo
e
quello
dell'Iraq
sul
Kuwait
che
ha
portato
alla
I
Guerra
del
Golfo?).
Per
renderci
conto
di
ciò,
tentiamo
di
procedere
sistematicamente.
Geograficamente
Cipro
è la
terza
isola
del
Mediterraneo,
con
una
superficie
di
9.251
chilometri
quadrati.
Si
trova
nel
nord-est
del
bacino
del
Mediterraneo
orientale,
al
punto
di
incontro
di
tre
continenti,
Europa,
Asia
e
Africa
(cosa
questa
che
indubitabilmente
ha
avuto
notevole
importanza
sia
nello
sviluppo
dell'isola
che
nelle
sue
più
recenti
vicissitudini).
La
popolazione
globale
dell'isola,
alla
fine
del
1992
(ultimo
censimento
attendibile),
era
di
718.000
unità,
con
un
81,7%
(filo-greco)
formato
da
greco-ciprioti,
maroniti,
armeni,
latini
e
altri
e un
18,3%
(filo-turco)
di
turco-ciprioti.
Fin
dai
tempi
più
antichi
Cipro
ha
avuto
una
storia
movimentata,
per
lo
più
risultato
proprio
della
sua
posizione
geografica.
L'isola
è
apparsa
per
la
prima
volta
nella
storia
della
civiltà
nel
VII
millennio
a.C.,
durante
il
periodo
neolitico
e ha
avuto
una
storia
a sé
stante
lungo
tutto
il
periodo
calcolitico
e
per
gran
parte
dell'età
del
bronzo.
Verso
il
termine
di
quest'ultima,
però,
nel
XIII
secolo
a.C.,
i
greci
micenei
giunsero
per
la
prima
volta
a
Cipro
come
mercanti
e
emigrati,
si
stanziarono
e
introdussero
lingua
e
cultura
greche,
che
si
sono,
in
larga
misura,
conservate
fino
ad
oggi.
Alla
fine
del
IV
secolo
a.C.
Cipro
divenne
parte
del
Regno
di
Alessandro
Magno;
durante
il I
secolo
a.C.
divenne
una
provincia
del
grande
Impero
Romano
e
tale
rimase
fino
al
IV
secolo
d.C.,
quando
venne
inclusa
nella
parte
orientale
dell'Impero
Romano.
Ciò
segnò
l'inizio
del
periodo
bizantino,
che
durò
fino
al
XII
secolo
d.C.
quando,
durante
le
Crociate,
re
Riccardo
Cuor
di
Leone,
conquistò
l'isola.
Ben
presto,
però,
Cipro
passò
sotto
il
dominio
della
famiglia
Lusignano,
che
governò
Cipro
fino
al
XV
secolo.
Nel
1489
Cipro
divenne
parte
della
Repubblica
di
Venezia
e
nel
1571
fu
conquistata
dagli
Ottomani.
Cipro
rimase
sotto
il
dominio
ottomano
insieme
con
la
Grecia
continentale
e le
altre
isole
greche
per
secoli.
Tuttavia,
dopo
l'insurrezione
greca
e la
lotta
di
liberazione
del
1821,
le
varie
parti
della
Grecia,
a
poco
a
poco,
raggiunsero
l'indipendenza
e la
questione
di
Cipro
(che
aveva
partecipato
alla
guerra
d'indipendenza,
ad
esempio
con
un
gran
numero
di
ciprioti
nella
battaglia
di
Atene
del
1828)
e
della
sua
incorporazione
nello
stato
greco
fu
sollevata
fin
dal
1830.
Una
serie
di
eventi
internazionali,
però,
rese
tale
incorporazione
impossibile
e
Cipro
rimase
sotto
il
dominio
ottomano
fino
al
1878,
anno
in
cui
un
accordo
turco-britannico
legato
all'aiuto
inglese
alla
Turchia
durante
la
guerra
contro
la
Russia,
portò,
in
completa
violazione
dei
desideri
e
gli
interessi
del
popolo
cipriota
(favorevole
all'annessione
alla
Grecia),
l'isola
nell'alveo
dell'Impero
Britannico,
al
quale
venne
formalmente
annessa
allo
scoppio
della
Prima
Guerra
Mondiale,
venendo
poi,
nel
1925,
dichiarata
colonia
della
Corona
britannica.
è
importante
comprendere
che,
a
questo
punto,
la
Turchia,
in
forza
del
Trattato
di
Losanna
del
1923,
articolo
16,
aveva
già
rinunciato
a
qualsiasi
pretesa
su
Cipro
e,
in
forza
dell'articolo
27
dello
stesso
trattato,
si
era
privata
dell'esercizio
di
qualsiasi
potere
o
giurisdizione
in
materia
politica,
legislativa,
amministrativa
sul
Paese
o
sui
cittadini
di
Cipro.
Nel
momento
in
cui
Cipro
venne
dichiarato
colonia
della
Corona
britannica,
inoltre,
la
popolazione
turca
dell'isola,
formata
in
prevalenza
da
discendenti
dei
membri
delle
forze
di
occupazione
turca
e da
espatriati
dalla
Turchia,
venne
invitata
a
scegliere
tra
il
rimpatrio
in
Turchia
o
l'insediamento
permanente
a
Cipro
con
la
sottomissione
assoluta
alle
leggi
vigenti
nello
Stato
di
elezione,
cose
che,
per
altro,
almeno
fino
all'aprile
1955,
cioè
all'inizio
della
lotta
per
la
liberazione
dal
dominio
britannico
da
parte
dei
greco-ciprioti,
avvenne
senza
problemi
e
con
una
coabitazione
pacifica
tra
greci
e
turchi.
Nel
1955,
dopo
una
lotta
lunga
ma
infruttuosa
per
raggiungere
la
libertà
con
mezzi
pacifici,
il
popolo
di
Cipro
prese
le
armi
contro
il
potere
coloniale
e il
governo
britannico,
nel
tentativo
di
ostacolare
le
aspirazioni
cipriote
all'autodeterminazione,
tentò
di
sfruttare
la
presenza
a
Cipro
della
minoranza
turco-cipriota
e di
ottenere
aiuto
dalla
Turchia
per
bloccare
le
formazioni
indipendentiste.
Dopo
qualche
esitazione
il
governo
turco
accettò
l'invito
ad
intervenire
a
Cipro,
a
dispetto
dell'impegno
solenne
preso
con
il
Trattato
di
Losanna,
e
una
parte
della
minoranza
turco-cipriota
divenne
lo
strumento
sia
del
colonialismo
britannico
che
della
nuova
tendenza
espansionista
turca.
Il
governo
britannico,
inoltre,
cominciò
a
minacciare
che
se
l'autodeterminazione
fosse
mai
stata
ottenuta
da
Cipro
il
risultato
sarebbe
stato
la
divisione
dell'isola
dal
momento
che
alla
minoranza
turco-cipriota
sarebbe
stato
offerto
il
diritto
all'autodeterminazione
in
forma
separata:
ciò,
ovviamente,
fece
della
divisione
dell'isola
un
obiettivo
della
politica
estera
turca
e un
forte
gruppo
di
turco-ciprioti
prese
le
armi
contro
i
combattenti
per
la
libertà
cipriota,
mentre
la
leadership
turco-cipriota
sosteneva
o la
partizione
o la
continuazione
del
dominio
coloniale
britannico
A
conclusione
di
una
conferenza
a
Zurigo,
l'11
febbraio
1959,
Grecia
e
Turchia
raggiunsero
un
accordo,
ratificato
il
19
febbraio
alla
Conferenza
di
Londra
(a
cui
parteciparono
i
rappresentanti
di
Grecia,
Turchia,
Gran
Bretagna
e
delle
due
comunità
cipriote),
per
una
soluzione
definitiva
della
controversia
e
Cipro
venne
proclamato
Stato
indipendente
il
16
agosto
1960.
In
realtà
l'accordo
venne
piuttosto
imposto
al
popolo
cipriota,
i
cui
rappresentanti,
in
ogni
caso,
firmarono
il
trattato
come
unica
via
per
ottenere
la
libertà
ed
evitare
la
eventuale
partizione
forzata
dell'isola.
La
Costituzione
varata
in
occasione
dell'indipendenza
divideva,
come
deciso
negli
accordi
di
Zurigo,
la
popolazione
in
due
comunità
distinte
sulla
base
dell'origine
etnica,
finendo
per
dare
alla
minoranza
turco-cipriota
diritti
sproporzionati
alle
sue
dimensioni
reali.
Così,
il
presidente
doveva
essere
un
greco-cipriota
eletto
dai
greco-ciprioti
e il
vicepresidente
un
turco-cipriota
eletto
dai
turco-ciprioti
ma
al
Vice-Presidente
veniva
concesso
diritto
di
veto
finale
sulle
leggi
approvate
dalla
Camera
dei
Rappresentanti
e
sulle
decisioni
del
Consiglio
dei
Ministri,
composto
da
dieci
ministri,
tre
dei
quali
dovevano
essere
i
turco-ciprioti
(con
già
evidente
sproporzione
rispetto
al
18%
della
popolazione
di
origine
turca)
scelti
dal
Vice-Presidente
stesso.
Alla
Camera
dei
Rappresentanti,
i
turco-ciprioti
venivano
eletti
separatamente
dalla
loro
comunità
ma
il
vero
paradosso
sussisteva
nel
fatto
che
qualsiasi
legge
fondamentale
potesse
essere
modificata
solo
nel
caso
in
cui
la
modifica
venisse
approvata
da
2/3
dei
deputati
greci
e da
2/3
dei
deputati
turchi
e
che
qualsiasi
modifica
della
legge
elettorale,
delle
norme
relative
ai
comuni
e
della
legislazione
fiscale
richiedesse
il
voto
della
maggioranza
semplice
sia
della
componente
greco-cipriota
del
parlamento,
sia
di
quella
turco-cipriota,
con
voto
disgiunto
tra
le
due:
così,
8
membri
turco-ciprioti
della
Camera
potevano
impedire
la
promulgazione
di
una
legge
votata
da
35
membri
greco-ciprioti
e 7
membri
turco-ciprioti
(cosa
che
accadde,
ad
esempio
nel
caso
di
un
tentativo
di
modifica
della
legge
fiscale
nel
1963).
Un
ulteriore
paradosso
consisteva
nel
fatto
che
la
Corte
Suprema
Costituzionale
e la
Corte
di
Giustizia,
dovessero
essere
presiedute
da
non
meglio
specificati
"presidenti
neutri",
di
fatto
pressoché
impossibili
da
reperire
e
che
i
greco-ciprioti
potessero
essere
giudicati
solo
da
giudici
greco-ciprioti
e i
turco-ciprioti
solo
da
giudici
turco-ciprioti,
cosa
mai
avvenuta
prima,
nel
periodo
coloniale,
quando
ogni
giudice
poteva
giudicare
chiunque:
in
questo
modo,
nel
caso
di
un
reato,
anche
minimo,
che
coinvolgesse
un
greco
e un
turco,
due
giudici
dovevano
essere
presenti,
con
costi
processuali
che
lievitavano
in
modo
assurdo.
Se
queste
disposizioni
erano
già
di
per
sé
irragionevoli
e
impraticabili,
ancora
peggiore
era
la
situazione
nei
comuni
in
cui
due
Consigli
distinti
etnicamente
si
contendevano
i
poteri
legislativi
e
amministrativi
in
materia
di
istruzione,
associazioni
religiose,
culturali,
sportive,
sulle
questioni
di
beneficenza,
cooperative
e di
credito
e
sulle
domande
di
status
personale.
Come
se
non
bastasse,
vennero
previsti
Comuni
distinti
per
greco-ciprioti
e
turco-ciprioti
nelle
cinque
più
grandi
città
dell'isola:
una
separazione
non
solo
impraticabile,
in
quanto
le
popolazioni
e le
proprietà
in
molti
luoghi
erano
mescolate,
ma
anche
eccessivamente
onerosa
per
centri
relativamente
piccoli
come
quelli
dell'isola.
Infine,
i
turco-ciprioti
detenevano
il
30%
dei
posti
nella
pubblica
amministrazione
e il
40%
dei
ruoli
nelle
forze
di
polizia
e
nell'esercito.
Insomma,
come
risultato
degli
accordi
di
Zurigo
e
Londra,
il
corretto
funzionamento
dello
Stato
era
praticamente
impossibile
su
base
costituzionale.
La
cosa
peggiore,
comunque,
era
che,
a
lato
della
Costituzione,
a
Londra
erano
stati
firmati
due
trattati
che
costituivano
una
palese
violazione
dell'indipendenza
della
Repubblica
di
Cipro:
- il
"Trattato
di
Garanzia"
tra
Cipro
da
un
lato
e
Grecia,
Gran
Bretagna
e
Turchia
dall'altra,
per
cui
queste
ultime
tre
potenze
avevano
diritto
di
azione
comune
o
anche
unilaterale
allo
scopo
di
ristabilire
la
situazione
creata
dal
Trattato
di
Londra;
- il
"Trattato
di
Alleanza"
tra
Cipro,
Grecia
e
Turchia
che
permetteva
lo
stazionamento
di
contingenti
greci
e
turchi
sull'isola.
Nell'insieme,
dunque,
la
Repubblica
di
Cipro
nasceva
già
con
una
legislazione
in
diretto
conflitto
con
i
principi
basilari
del
diritto
internazionale,
con
i
principi
della
Carta
delle
Nazioni
Unite
e
con
il
diritto
di
ogni
Stato
alla
piena
sovranità
e
indipendenza,
tanto
che
il
mediatore
delle
Nazioni
Unite
a
Cipro,
Dr.
Galo
Plaza,
al
punto
163
della
sua
relazione
al
Segretario
Generale
dell'ONU
nel
marzo
1965,
descrisse
la
Costituzione
del
1960
come
una
"stranezza
costituzionale"
e,
al
punto
129,
affermò
che
le
difficoltà
nell'attuazione
della
trattati
firmati
sulla
base
degli
accordi
di
Zurigo
e
Londra
era
cominciata
quasi
immediatamente
dopo
l'indipendenza.
Nonostante
ciò,
il
popolo
di
Cipro
si
sforzò
di
garantire
il
corretto
funzionamento
del
nuovo
Stato,
ma
ogni
tentativo
era
destinato
al
fallimento.
Nel
novembre
1963
l'allora
Presidente
della
Repubblica,
Arcivescovo
Makarios,
per
rendere
attuabile
praticamente
il
dettato
costituzionale,
suggerì
tredici
emendamenti
alla
Costituzione:
tali
modifiche
furono
presentate
ai
leader
della
minoranza
turco-cipriota
di
Cipro
ma,
prima
che
essi
avessero
la
possibilità
di
esaminarle,
il
governo
turco
dichiarò
che
esse
erano
inaccettabili,
obbligando
così
la
leadership
turco-cipriota
a
seguire
il
diktat
di
Ankara.
Il
mese
successivo
il
governo
turco
fomentò
una
ribellione
contro
lo
Stato
da
parte
del
TMT
(l'organizzazione
terroristica
turca
di
Cipro)
e
minacciò
una
invasione
dell'isola
come
contromisura
nel
caso
di
attuazione
di
emendamenti
costituzionali.
Il
vicepresidente
in
carica,
Dott.
Kutchuk,
dichiarò
pubblicamente
che
la
Repubblica
di
Cipro
aveva
cessato
di
esistere
e,
insieme
con
i
tre
ministri
turco-ciprioti,
i
membri
turco-ciprioti
della
Camera
e i
dipendenti
turco-ciprioti
della
pubblica
amministrazione,
si
ritirò
dal
governo.
Con
il
falso
(accertato
come
tale
da
tutti
gli
organi
internazionali)
pretesto
che
il
governo
di
Cipro
stava
per
annientare
la
minoranza
turco-cipriota,
gli
agenti
della
Turchia
a
Cipro,
controllati
da
ufficiali
turchi
provenienti
direttamente
dalla
Turchia,
fecero
ricorso
alla
movimentazione
forzata
di
ampi
strati
della
popolazione
turco-cipriota,
non
tanto
per
la
loro
protezione,
come
sostenuto
al
momento,
ma
per
creare
aree
compatte
turche
e
realizzare
una
separazione
geografica
della
minoranza
turca
dal
popolo
cipriota.
Nel
frattempo,
il
contingente
turco
di
stanza
a
Cipro
secondo
il
"Trattato
di
Alleanza",
assisteva
i
ribelli
e
spostò
la
sua
caserma
nella
parte
nord
di
Nicosia,
compiendo
un
atto
di
occupazione
del
territorio
di
Cipro.
Ciò
che
risulta
più
scioccante
è
che
il
governo
turco
non
facesse
nessun
tentativo
di
nascondere
il
suo
appoggio
ad
una
partizione
dell'isola
e
che
nessun
provvedimento
venisse
mai
preso,
a
causa
del
veto
della
componente
governativa
turca
di
Cipro,
contro
le
violenze
che
il
TMT
perpetrava
già
almeno
dal
1958
(quando,
il
12
giugno,
otto
civili
innocenti
e
disarmati
della
componente
greco-cipriota
del
villaggio
di
Kondemenos
vennero
uccisi
da
terroristi
provenienti
dal
vicino
villaggio
a
maggioranza
turca
di
Geunyeli)
e
che
raggiunsero
il
loro
apice
nel
1963
con
gli
scontri
del
quartiere
di
Omorphita
a
Nicosia,
invaso
e
occupato
dai
turchi
che
scacciarono
tutte
le
famiglie
greche,
uccidendo
un
numero
imprecisato
di
civili,
tra
i
quali
donne
e
bambini.
Nel
gennaio
1964,
in
considerazione
della
grave
situazione
derivante
dai
combattimenti
a
Cipro,
delle
minacce
di
intervento
esterno
e
del
movimento
forzato
della
popolazione,
il
governo
britannico
convocò
una
conferenza
a
Londra
per
affrontare
il
problema,
ma
pochi
giorni
dopo
che
la
conferenza
aveva
avuto
inizio
risultò
chiaro
che
il
suo
scopo
era
quello
di
convincere
il
governo
cipriota
di
accettare:
a)
l'invio
di
truppe
a
Cipro
da
vari
Paesi
amici
e
alleati
di
Gran
Bretagna
e
Turchia
con
lo
scopo
dichiarato
di
mantenere
la
legge
e
l'ordine;
b)
la
costituzione
di
un
comitato
intergovernativo
per
l'invio
di
contingenti
per
l'approvvigionamento
delle
truppe
presenti
sull'isola.
I
rappresentanti
di
Cipro,
comprendendo
che
l'accettazione
della
proposta
avrebbe
significato
inevitabilmente
l'occupazione
"de
facto"
della
Repubblica
da
parte
di
truppe
straniere
e la
sostituzione
dell'autorità
del
governo
con
quella
del
cosiddetto
"comitato
intergovernativo"
(come
richiesto
da
Ankara),
si
opposero
a
tale
piano
e il
governo
di
Cipro
portò
la
questione
davanti
alle
Nazioni
Unite,
in
un
clima
di
crescente
tensione,
con
aerei
militari
turchi
che
sorvolavano
continuamente
l'isola
e
con
continui
sbarchi
clandestini
di
truppe
e
attrezzature
militari
turche,
che
culminarono
con
il
bombardamento
assolutamente
proditorio
di
villaggi
e
città
dell'agosto
1964
(con
100
morti
tra
la
popolazione
civile).
Nel
marzo
del
1964,
in
Consiglio
di
Sicurezza
dell'O.N.U.
votò
la
risoluzione
186
che
prevedeva
l'invio
a
Cipro
di
una
"peace-keeping
force",
la
UNFICYP
(originariamente
per
tre
mesi
ma è
ancora
sull'isola)
e la
nomina
(1965)
di
un
mediatore
internazionale
per
risolvere
la
questione
nella
persona
prima
del
finlandese
Tuomioya
e
poi
dell'equadoregno
Galo
Plaza.
Nel
suo
rapporto,
Galo
Plaza
dichiarò
che
era
necessario
trovare
una
soluzione
che
soddisfacesse
i
desideri
della
maggioranza
della
popolazione,
pur
assicurando
protezione
adeguata
dei
diritti
legittimi
della
minoranza
(Doc.
S/62555,
par.
130):
il
rapporto
venne
immediatamente
respinto
dalla
Turchia
che
propose
una
soluzione
di
separazione
o di
federazione
delle
due
componenti
etniche
(una
federazione
era
già
stata
esclusa
nel
1956
dal
costituzionalista
britannico
Lord
Radcliffe,
non
sussistendo
i
presupposti
di
divisione
territoriale
tra
le
due
componenti).
Le
Nazioni
Unite,
a
questo
punto,
risultando
chiaro
che
la
Turchia
rappresentava
una
minaccia
per
la
sovranità
e
l'indipendenza
di
Cipro,
approvarono,
il
18
dicembre
1965,
una
risoluzione
all'interno
della
quale
si
legge:
"L'Assemblea
Generale:
-
prende
atto
del
fatto
che
la
Repubblica
di
Cipro,
come
membro
paritario
a
pieno
diritto
delle
Nazioni
Unite,
in
conformità
con
la
Carta,
dovrebbe
godere
di
piena
sovranità
e
indipendenza
completa
senza
alcun
intervento
o
interferenza
straniera;
-
invita
tutti
gli
Stati,
in
conformità
con
i
loro
obblighi
derivanti
dalla
Carta,
in
particolare
l'articolo
2,
commi
1 e
4, a
rispettare
la
sovranità,
l'unità,
l'indipendenza
e
l'integrità
territoriale
della
Repubblica
di
Cipro
e ad
astenersi
da
ogni
intervento
diretto
contro
di
essa;
-
raccomanda
al
Consiglio
di
Sicurezza
la
continuazione
del
lavoro
di
mediazione
delle
Nazioni
Unite,
in
conformità
con
la
risoluzione
del
Consiglio
186
(1964)
del
4
marzo
1964".
Nel
giugno
1968,
seguendo
le
raccomandazioni
del
Segretario
generale
dell'O.N.U.
e
nonostante
i
continui
attacchi
a
civili
greci
da
parte
del
TMT
(in
particolare
nel
1967,
con
l'uccisione,
tra
gli
altri,
di
quattro
monaci)
e la
creazione
di
una
cosiddetta
amministrazione
turco-cipriota
provvisoria
istituita
al
fine
di
promuovere
la
partizione
(e
responsabile
della
chiusura
di
alcune
aree
ai
greci),
si
diede
inizio
a
colloqui
tra
i
greco-ciprioti
e i
turchi
per
trovare
una
soluzione
al
problema
di
Cipro,
ma,
rimanendo
l'obiettivo
turco
quello
della
partizione
dell'isola
non
si
registrarono
progressi
di
alcun
genere.
Le
reali
intenzioni
turche
vennero,
infine,
allo
scoperto
nel
febbraio
del
1974,
quando,
dopo
una
lunga
crisi
di
governo
dopo
le
elezioni
generali
in
autunno,
il
gabinetto
di
coalizione
turco
formato
dal
Partito
Repubblicano
del
Popolo
e
dal
Partito
Nazionale
della
Salvezza,
sotto
la
guida
del
Premier
Bulent
Ecevit,
firmò
un
protocollo
in
cui
si
dichiarava
che
l'unica
soluzione
accettabile
per
Cipro
sarebbe
stata
quella
federativa.
A
seguito
di
questa
dichiarazione
ufficiale,
che
annullava
ogni
prospettiva
di
un
accordo
in
conformità
ai
principi
precedentemente
accettati,
la
Turchia
incominciò
a
preparare
la
macchina
bellica
per
l'invasione
dell'isola.
A
questo
punto
fu
la
Grecia
dei
colonnelli
a
fornire
ad
Ankara
il
miglior
pretesto
per
dar
corpo
ai
suoi
piani,
organizzando,
il
15
luglio
1974,
un
colpo
di
stato
filo-greco
che
diede
temporaneamente
(per
8
giorni
appena)
il
potere
al
leader
dei
terroristi
ultranazionalisti
greci
dell'EOKA-B
Nikos
Sampson.
Immediatamente
la
Turchia
invase
Cipro,
ufficialmente
come
"garante"
dell'indipendenza
dell'isola,
ma
con
l'unico
scopo
di
annetterne
una
parte:
il
20
luglio
1974
40.000
soldati
turchi
sbarcarono
sull'isola
assistiti
da
copertura
aerea
e da
forze
navali,
in
violazione
della
Carta
delle
Nazioni
Unite
e di
tutti
i
principi
che
regolano
i
rapporti
internazionali.
Seguì,
il
14
agosto,
una
seconda
invasione
in
violazione
delle
risoluzioni
del
Consiglio
di
Sicurezza
O.N.U.
che
aveva
immediatamente
chiesto
un
cessate
il
fuoco
e il
ritiro
delle
truppe
d'invasione.
Il
risultato
dell'attacco
fu
che
circa
il
40%
del
territorio
totale
della
Repubblica
di
Cipro
(una
percentuale,
per
altro,
in
termini
economici
molto
più
significativa
di
quanto
possa
apparire,
tenendo
conto
che
l'area
invasa
conteneva
circa
il
70%
del
potenziale
economico
del
Paese),
passò
sotto
occupazione
militare
turca
e
circa
il
40%
del
totale
della
popolazione
greco-cipriota
venne
scacciata
e
costretta
a
rifugiarsi
nella
parte
greca,
con
migliaia
di
civili
uccisi
o
maltrattati
e un
numero
ancora
imprecisato
di
persone
scomparse
nel
nulla.
Nel
corso
della
sua
XXIX
sessione,
nel
novembre
1974,
l'Assemblea
generale
dell'ONU
adottò
all'unanimità
la
risoluzione
3212,
intesa
a
fornire
il
quadro
per
una
soluzione
del
problema
cipriota:
nella
sua
disposizione
centrale
si
chiedeva
il
rispetto
della
sovranità,
dell'indipendenza,
dell'integrità
territoriale
e
del
non-allineamento
della
Repubblica
di
Cipro,
il
rapido
ritiro
di
tutte
le
forze
armate
straniere
presenti
nella
Repubblica,
la
cessazione
di
ogni
ingerenza
straniera
e
l'adozione
di
misure
urgenti
per
il
ritorno
dei
rifugiati
alle
loro
case
in
totale
sicurezza.
Tale
risoluzione
dell'Assemblea
Generale
venne
approvata
dal
Consiglio
di
Sicurezza
con
la
risoluzione
365
(1974)
del
13
dicembre
1974
e,
quindi,
la
sua
attuazione
fu
automaticamente
resa
obbligatoria
per
tutti
gli
Stati
membri
delle
Nazioni
Unite,
inclusa
la
Turchia,
che,
però,
si
rifiutò
(senza
alcuna
sanzione)
di
rispettarne
le
disposizioni.
Il
10
febbraio
1975,
il
Governo
greco-cipriota,
nel
tentativo
di
avviare
negoziati
significativi
con
la
parte
turco-cipriota
per
trovare
una
soluzione
pacifica
e
praticabile
al
problema
della
divisione,
inviò
proposte
alla
controparte
turco-cipriota
sulla
base
delle
risoluzioni
delle
Nazioni
Unite
ma
la
risposta
turca
fu
la
dichiarazione
del
13
febbraio
1975,
nella
quale
si
annunciava
l'istituzione
dello
"Stato
federato
turco
di
Cipro"
("TFSC").
Il
Consiglio
di
Sicurezza
con
la
risoluzione
367
(1975)
del
12
marzo
1975,
non
poté
fare
altro
che
rammaricarsi
di
questa
azione
unilaterale
e
raccomandare
l'attuazione
urgente
ed
efficace
di
tutte
le
parti
della
risoluzione
dell'Assemblea
Generale
3212
(XXIX),
ma,
ancora
una
volta,
nessuna
azione
di
ritorsione
venne
intrapresa
contro
Ankara.
Nel
perseguimento
dei
suoi
piani
di
partizione,
e in
violazione
delle
Convenzioni
di
Ginevra
del
1949
e
dei
suoi
obblighi
internazionali
in
materia
di
rispetto
dei
diritti
umani,
oltre,
ovviamente,
che
di
tutte
le
risoluzioni
O.N.U.,
la
Turchia
organizzò,
l'8
giugno
1975,
in
collaborazione
con
la
leadership
turco-cipriota,
un
"referendum"
nella
parte
occupata
della
Repubblica,
dalla
quale
l'80%
della
popolazione
di
etnia
greca
era
stato
espulso
(rendendo
il
"referendum"
non
solo
nullo
ma
anche
ridicolo),
per
l'accettazione
di
una
nuova
Costituzione.
Le
disposizioni
di
tale
"Costituzione"
del
cosiddetto
Stato
federato
turco
di
Cipro
sono
eloquenti:
nel
suo
preambolo
si
afferma,
ad
esempio,
che
"la
comunità
turco-cipriota
costituisce
la
parte
inseparabile
della
grande
nazione
turca"
e
che
tutti
i
membri
dell'Assemblea
nazionale
sono
tenuti
a
"rispettare
i
principi
di
Ataturk"
(e
non
i
principi
della
Costituzione
di
Cipro),
che
i
cittadini
ciprioti
sono
"turchi
a
tutti
gli
effetti"
e
che
i
ciprioti
greci
delle
enclave
contenute
nei
territori
occupati,
così
come
tutte
le
altre
comunità
non-turche
nel
territorio
sotto
occupazione
sono,
"alieni"
e,
come
tali,
soggetti
ad
una
"legge
speciale"
(che,
di
fatto,
li
priva
di
ogni
diritto
politico)
e
passibili
di
espropriazione
dei
beni
(cosa
che
è
continuamente
avvenuta,
con
una
scandalosa
redistribuzione
della
proprietà
greco-ciprioti
ai
turchi).
Verso
la
fine
di
giugno
1975,
a
seguito
del
varo
della
Costituzione,
si
assistette,
conseguentemente,
ad
una
ondata
di
espulsioni
illegali
e
disumane
delle
popolazioni
indigene
greco-cipriote
dalla
zona
occupata,
spesso
con
preavviso
di
pochissime
ore
e
con
il
divieto
di
trasporto
di
qualunque
genere
di
effetti
personali.
Tale
pratica
di
sostanziale
"pulizia
etnica"
è
proseguita
a
lungo,
nonostante
varie
risoluzioni
contrarie
da
parte
degli
organi
internazionali,
con
metodi
di
pressione
diretti
e
indiretti
che
hanno
incluso
divieti
di
creazione
di
strutture
sanitarie,
educative
e
religiose
per
i
non-turchi
e
che
sono
stati
bollati
come
inumani
persino
in
un
rapporto
del
30
ottobre
1979
del
Segretario
generale
dell'ONU.
La
ragione
di
tale
politica
turca
e
turco-cipriota
è
ovvia:
la
volontà
che
palesemente
traspare
è
quella
di
fare
spazio
per
i
turchi
che
sono
stati
"importati"
come
parte
dell'attuazione
del
piano
della
Turchia
di
cambiare
la
struttura
demografica
della
regione
occupata,
primo
passo
per
l'eventuale
annessione.
Allo
stato
attuale,
già
80.000
coloni
sono
stati
trasferiti
a
Cipro
dalle
province
più
povere
dell'Anatolia
e
dalle
aree
costiere
del
Mar
Nero,
ma
gli
analisti
internazionali
stimano
che
i
piani
di
Ankara
prevedano
di
giungere
a
200.000
coloni
entro
il
2015,
senza
che
né
le
pertinenti
risoluzioni
dell'Assemblea
generale
delle
Nazioni
Unite
e
della
Commissione
dei
Diritti
Umani
(che
ha
condannato
il
governo
fantoccio
turco-cipriota
per
gravi
violazioni
dei
diritti
umani
in
una
sentenza
del
10
luglio
1976),
né
il
ricorsi
di
Cipro
alla
Commissione
europea
dei
diritti
dell'uomo
del
Consiglio
d'Europa
siano
mai
stati
presi
in
considerazione
da
Ankara.