N. 80 - Agosto 2014
(CXI)
storia della Questione Aborigena
Imposizioni
passate
e
prospettive
future
dei
primi
Australiani
di
Gabriele
Abbondanza
La
Questione
Aborigena
è un
fondamentale dibattito della
politica
nazionale
australiana,
trattata
con
diversi
gradi
di
impegno
sin
dal
1788,
anno
della
prima
colonia
britannica
nel
Paese.
La
questione
si
riferisce
alle
criticità
del
popolo
aborigeno
in
molteplici
ambiti,
dallo
sviluppo
umano
a
quello
economico,
dai
problemi
di
ordine
sanitario
a
quelli
di
carattere
socio-politico.
L’Australia
è
stata
una
terra
abitata
molto
tempo
prima
che
gli
Europei
vi
si
insediassero,
gli
studi
archeologici
sono
infatti
concordi
nell’affermare
che
gli
indigeni
australiani
sono
presenti
sul
territorio
da
un
periodo
compreso
tra
i
40.000
ed i
50.000
anni.
Gli
studiosi
sono
invece
in
disaccordo
sul
numero
di
Aborigeni
che
abitavano
questa
grande
terra
prima
dell’arrivo
degli
Inglesi
nel
1788;
l’antropologo
Radcliff-Brown
stimò
nel
1930
che
non
potevano
essere
meno
di
300.000,
il
collega
Smith
nel
1980
alzò
la
soglia
minima
della
popolazione
aborigena
a
320.000,
altri
sostengono
che
fossero
un
milione,
ma
gli
studi
archeologici
più
recenti
dimostrano
come
probabilmente
la
cifra
fosse
più
vicina
a
750.000.
Qualunque
fosse
la
dimensione
della
popolazione
indigena
australiana,
a
partire
dalla
costruzione
dei
primi
insediamenti
inglesi
della
fine
del
diciottesimo
secolo,
questa
iniziò
a
declinare
rapidamente,
subendo
l’impatto
di
nuove
malattie,
trattamento
brutale,
espropriazioni
territoriali
e
distruzione
culturale.
Un
numero
enorme
di
Aborigeni
perse
la
vita
durante
gli
scontri
con
gli
Inglesi,
mentre
la
maggior
parte
venne
segregata
in
comunità
poste
nei
luoghi
più
inospitali
dell’isola:
deserti
a
ovest
e a
nord,
foreste
tropicali
a
nord
ovest
e a
nord
est.
L’estrema
povertà
che
molti
villaggi
dovevano
affrontare
spinse
molti
giovani
Aborigeni
ad
arruolarsi
per
combattere
in
Europa
durante
la
Prima
Guerra
Mondiale,
dichiarando
di
essere
Indiani
o
Maori
dal
momento
che,
per
legge,
non
potevano
entrare
a
far
parte
delle
forze
armate.
A
partire
dagli
anni
‘30
del
secolo
scorso,
coloro
che
erano
sopravvissuti
svilupparono
una
maggiore
tolleranza
nei
confronti
dei
nuovi
ceppi
batterici
e
virali
portati
dal
Vecchio
Continente,
nuove
comunità
cominciarono
così
a
formarsi
ed
il
tasso
di
natalità
degli
Aborigeni
prese
a
crescere.
I
primi
timidi
passi
verso
il
riconoscimento
dei
loro
diritti
vennero
mossi
e,
nel
1934,
fu
varato
l’Aborigines
Act,
provvedimento
con
il
quale
gli
Aborigeni
poterono
richiedere
di
perdere
il
proprio
status
di
indigeni
e di
acquisire
la
quasi
totalità
dei
diritti
degli
Australiani
bianchi.
Nel
1937
venne
approvata
la
Assimilation
Policy,
la
politica
dell’assimilazione,
tramite
la
quale
ogni
aborigeno
di
sangue
misto
fu
costretto
a
lasciare
la
propria
comunità
e ad
inserirsi
nelle
città,
al
fine
di
essere
educato
secondo
i
dettami
dell’epoca
e
divenire
un
membro
produttivo
della
società.
I
giovani
aborigeni
si
preparavano
intanto
a
prendere
parte
ai
combattimenti
durante
la
Seconda
Guerra
Mondiale,
ancora
una
volta
a
causa
dell’estrema
povertà
che
pervadeva
tutte
le
comunità
locali.
Nel
1949
un
ulteriore
passo
in
avanti
ebbe
luogo,
grazie
al
quale
venne
stabilito
che
tutti
gli
Aborigeni
che
presero
parte
ai
combattimenti
durante
la
guerra
avevano
diritto
al
voto.
Questo
rappresentò
la
prima
significativa
misura
verso
l’estensione
dei
diritti
fondamentali
verso
gli
Aborigeni.
Il
diritto
universale
al
voto,
tuttavia,
venne
concesso
al
popolo
aborigeno
soltanto
nel
1962,
ad
opera
del
governo
di
Robert
Menzies.
Se
dunque
la
situazione
politica
andava
migliorando,
quella
sociale
seguiva
un
percorso
diverso:
durante
tutti
gli
anni
‘60
la
donne
aborigene
partorivano
in
media
sei
figli
ciascuna,
mentre
le
prospettive
di
vita
per
gli
adulti
erano
estremamente
basse,
un
problema
estremamente
serio
per
gli
sviluppi
demografici
del
Paese
cui
i
governatori
cercarono
di
porre
rimedio
in
diverse
maniere.
La
svolta
si
ebbe
nel
1967,
anno
in
cui
fu
presentato
un
referendum
che
mirava
al
riconoscimento
dei
pieni
diritti
del
popolo
aborigeno,
il
quale
risultò
avere
un
esito
estremamente
favorevole:
con
oltre
il
90%
di
risposte
affermative,
quello
del
1967
rimane
tuttora
il
referendum
di
maggior
successo
della
storia
australiana.
A
partire
dagli
anni
‘60
l’opinione
pubblica
australiana
supportò
un
sempre
maggiore
riconoscimento
dei
diritti
territoriali
al
popolo
aborigeno
e i
governi
federali,
interpretando
un
diffuso
senso
di
colpa
che
si
andava
radicando,
risposero
con
una
serie
di
atti
del
parlamento
volti
in
tal
senso.
Dal
1966,
anno
del
Aboriginal
Lands
Trust
Act,
fino
al
2009,
anno
in
cui
è
stato
approvato
il
Aboriginal
Land
Rights
Amendment
Act,
sono
stati
26 i
maggiori
atti
ed
emendamenti
volti
a
garantire
una
sempre
maggiore
equità
nei
diritti
territoriali
del
popolo
aborigeno,
una
chiara
presa
di
posizione
in
netto
contrasto
con
le
politiche
dei
primi
anni
del
XX
secolo.
Nel
1997,
in
seguito
ad
un’inchiesta
sull’allontanamento
di
bambini
Aborigeni
dalle
proprie
famiglie,
ritenuto
ingiusto
dai
servizi
sociali
competenti,
venne
istituita
una
nuova
festività
nazionale,
la
Giornata
Nazionale
del
Dispiacere
(National
Sorry
Day),
come
riconoscimento
degli
errori
commessi
in
passato
nella
gestione
delle
cosiddette
“generazioni
rubate”.
Nel
2008
il
primo
ministro
Kevin
Rudd
porse,
per
la
prima
volta
nella
storia
della
federazione
australiana,
delle
scuse
formali
al
popolo
aborigeno.
Le
condizioni
degli
Aborigeni
sono
dunque
nettamente
migliorate
col
passare
del
tempo,
il
tasso
di
fecondità
si è
notevolmente
ridotto
assestandosi
su
livelli
simili
a
quelli
degli
Australiani
di
origine
inglese
e la
prospettiva
di
vita
si è
allungata.
Se
nel
1901
infatti,
anno
della
proclamazione
del
Commonwealth
of
Australia,
si
stima
che
gli
Aborigeni
fossero
poco
più
di
93.000,
nel
1971,
anno
del
primo
censimento
ufficiale,
questa
cifra
era
di
115.000.
Venti
anni
dopo,
nel
1991,
gli
Aborigeni
australiani
erano
283.000,
nel
1996
erano
386.000,
nel
2001
erano
427.000,
nel
2006
raggiungevano
470.000
e
nel
2011
toccavano
quota
670.000
–
circa
il
3%
della
popolazione
totale
–
con
una
previsione
di
720.000
per
il
2020,
secondo
l’attuale
tasso
di
crescita
del
2,2%.
Nonostante
le
condizioni
generali
del
popolo
aborigeno
siano
decisamente
migliorate,
ad
ogni
modo,
i
problemi
rimangono
tanti.
Ancora
oggi
molte
comunità
aborigene
vivono
nelle
riserve
che
il
governo
ha
concesso
loro,
la
maggior
parte
delle
quali
nel
Northern
Territory,
dove
la
mancanza
di
integrazione
e i
sussidi
donati
dal
governo
senza
criteri
di
merito
comportano
un
livello
di
arretratezza
economica
e
sanitaria
molto
elevato.
Gli
Aborigeni
che
si
sono
trasferiti
nelle
grandi
città,
poi,
sono
in
continua
crescita
ma
faticano
ad
integrarsi,
mentre
resta
molto
diffuso
il
problema
dell’abuso
di
alcol.
Se
da
un
lato,
dunque,
notevoli
sono
stati
gli
sforzi
nel
campo
del
riconoscimento
dei
diritti
costituzionali
e
territoriali
al
popolo
aborigeno,
dall’altro
quest’ultimo
fatica
ancora
molto
a
tenere
il
passo
con
la
società
australiana
nel
suo
complesso.
Il
Paese
infatti,
con
una
crescita
media
del
3,4%
all’anno
nell’intero
ultimo
secolo,
rappresenta
l’attuale
modello
economico
di
riferimento
per
le
economie
di
mercato,
mentre
l’attuale
tasso
di
disoccupazione
si
attesta
sotto
il
6%,
una
parte
importante
del
quale
è
composto
dalla
cosiddetta
disoccupazione
stagionale,
non
strutturale.
l’Australia,
poi,
è
l’unico
grande
Paese
occidentale
ad
aver
evitato
le
tenaglie
della
recessione
globale,
grazie
agli
importanti
scambi
commerciali
ed
alla
prontezza
di
risposta
dei
governi
federali.
Inoltre,
risulta
essere
la
nazione
con
la
più
alta
qualità
di
vita
al
mondo
–
come
riportato
dai
rapporti
dell’OCSE
– e
la
seconda
in
assoluto
per
indice
di
sviluppo
umano,
secondo
lo
Human
Development
Index
(HDI)
dell’ONU.
Nonostante
questi
dati
riguardino
la
popolazione
australiana
nel
suo
complesso,
le
cifre
relative
ai
soli
Aborigeni
sono
notevolmente
meno
positive.
Uno
dei
problemi
principali
è la
differenza
di
occupazione
tra
Aborigeni
ed
Australiani
bianchi,
tornata
ad
aumentare
dopo
una
tendenza
positiva
durata
15
anni.
A
fronte
di
un
discreto
aumento
dei
lavoratori
aborigeni,
infatti,
la
popolazione
indigena
è
cresciuta
in
modo
più
che
proporzionale,
portando
il
tasso
di
occupazione
a
calare
dal
48,2%
del
2008
al
45,9%
2013,
mostrando,
quindi,
come
la
costante
crescita
della
popolazione
aborigena
non
sia
riuscita
a
tenere
il
passo
sul
mercato
del
lavoro.
Se
questi
dati
vengono
poi
confrontati
con
quelli
riferiti
alla
popolazione
bianca,
con
un
tasso
di
occupazione
cresciuto
al
75,6%
nel
2013,
è
facilmente
intuibile
come
il
problema
sia
rappresentato
dalla
disparità
tra
i
due
gruppi
etnici
e
sociali.
La
Questione
Aborigena,
in
Australia,
è
stata
a
lungo
dibattuta
ed è
tuttora
uno
dei
temi
più
delicati
che
politica
e
società
civile
possano
affrontare.
Molto
è
stato
fatto
da
quando
i
coloni
britannici
stabilirono
il
loro
primo
insediamento
nel
1788,
ma
molto
resta
ancora
da
fare,
specialmente
nella
scelta
dei
metodi
utilizzati
dal
governo
australiano
per
promuovere
l’integrazione
e lo
sviluppo
nel
suo
complesso
del
popolo
aborigeno.
Una
svolta
importante
potrebbe
nascere
dall’attuale
dibattito
circa
la
modifica
della
costituzione
australiana,
studiata
per
introdurre
di
diritto
gli
Aborigeni
come
primi
abitanti
dell’Australia.
È
necessario
il
ricorso
ad
un
referendum
popolare
e,
se
una
data
precisa
non
è
ancora
stata
stabilita,
i
segnali
indicano
che
questo
referendum
potrebbe
sanare
molte
delle
controversie
riguardanti
la
annosa
Questione
Aborigena.
Riferimenti
bibliografici
Gillespie
Richard,
Dating
the
First
Australians,
Radiocarbon,
vol.
44,
no.
2:
455-472
(2002)
1301.0
-
Aboriginal
and
Torres
Strait
Islander
population,
Australian
Bureau
of
Statistics
(2002)
Abbondanza Gabriele,
La
geopolitica
dell’Australia
nel
nuovo
millennio:
il
contesto
Asia-Pacifico,
Aracne
(2013)
4713.0
-
Population
Characteristics,
Aboriginal
and
Torres
Strait
Islander
Australians,
Australian
Bureau
of
Statistics
(2006)
3238.0.55.001
-
Estimates
of
Aboriginal
and
Torres
Strait
Islander
Australians,
Australian
Bureau
of
Statistics
(2011)