La
Retia con la
Vindelicia,
corrispondente alle
regioni del Tirolo e
della Baviera, deve
il suo nome
all'antico popolo
pre-indoeuropeo dei
Reti che dal 800
a.C. ca. cominciò a
colonizzare la zona
in cui il ceppo
degli Helvetii era
il più prominente.
Lo
stesso trofeo di La Turbie attesta che esistevano
quattro popolazioni afferenti ai Vindelici (Vindelicorum
gentes quattuor): Cosuanetes, Rucinates,
Licares e Catenates. Strabone scrive
invece che i Vindelici erano divisi, fra Licatii,
Clautinatii, Vennones, Estiones e
Brigantii, mentre alle tribù alpine di ceppo
retico appartenevano i Cotuantii e i Rucantii.
I
Romani cominciarono ad avventurarsi nel territorio nel
107 a.C. attraverso il valico del S. Bernardo, ma alla
luce della difficoltà del terreno, la loro conquista
della zona non fu mai decisiva. Dal 52 a.C., gli assalti
germanici della tribù dal Nord hanno indotto il Elvezi a
tentare un abbandono delle loro terre originarie e a
migrare verso la Gallia meridionale, il cui passo venne
però bloccato dalle legioni di Cesare che li costrinsero
al ritorno.
La
conquista e la successiva annessione all’Impero, di
questa regione, si riconducono alle campagne intraprese
da Augusto per assicurare i confini settentrionali
d’Italia. In seguito alle azioni prima di C. Silio (16
a.C.) poi di Druso (15 a.C.) contro i Vindelici, tutti i
territori tra le Alpi e il Danubio divennero possesso di
Roma: sottoposti dapprima al governatore della gallia da
Augusto, lo stesso affidò il territorio acquisito ad un
prefetto (praefectus Raetis, Vindelicis et Vallis
Poeninae), che era sottoposto all'autorità del
legato, comandante dell'esercito della futura provincia
della Germania Superior.
Il
distretto militare fu costituito in provincia autonoma
sotto Tiberio o Claudio – con il nome di Raetia,
Vindelicia et Vallis Poenina, poi Raetia et
Vindelicia, quindi semplicemente Raetia – fu
nei primi tempi una provincia procuratoria, affidata ad
un procurator Augusti di rango ducenario che
risiedeva ad Augusta Vindelicorum (Aelium Augusta
Vendelicum municipio con Adriano). Le valli più
meridionali furono attribuite alle regiones
italiche X e XI.
Per
collegare territori tanto difficili da amministrare
l’intera regione venne collegata con l’Italia tramite la
via Claudia Augusta, tracciata da Druso e sistemata
definitivamente da Claudio, che entrava da sud nei
passaggi di montagna e lungo la riva orientale del Reno.
A Schaanwald e Nendeln vennero costruite delle
fortificazioni romane sviluppate per proteggere la
strada attraverso i passaggi alpini.
Ad
occidente comprendeva dapprima tutta la Vallis
Poenina o Vallese: dopo che alla fine del I
sec. d.C. essa ne fu distaccata, il confine della
Raetia fu segnato dapprima dall’Adulas (San
Gottardo) giungendo al Lago di Costanza e di qui al
Danubio; ad oriente essa era chiusa dal corso dell’Oenus
(Inn), poi da quello dell’Iller ed infine da una
linea che, tagliando la Val Pusteria ad occidente di
Brunico, scendeva alle valli dell’Isarco e dell’Adige.
A sud,
il limite tra la provincia e l’Italia era, sembra alla
Chiusa di Bressanone; a settentrione il confine
originario fu costituito per intero dal Danubio: in un
secondo momento, tra i flavi e Adriano, il fiume fu
valicato nella sua parte più a monte, e il confine
stesso portato gradualmente a congiungersi con quello
della Germania Superiore a Lorch: un’opera di difesa
continua, un muro con castelli (Muro del Diavolo),
lo difendeva dai barbari fino al punto in cui esso
ridiscendeva sul Danubio a monte di Castra Regina (Regensburg),
dove era anche acquartierata la Legio III Italica.
Nonostante il continuo rafforzamento di unità ausiliarie
lungo il confine danubiano, durante il principato di
Marco Aurelio i Marcomanni e i Sarmati ebbero buon gioco
nel penetrare il limes, giungendo sino ad
Aquileia. Alla fine della prima campagna delle guerre
marcomanniche fra il 165 e il 173 d.C., in cui subì
pesanti devastazioni, la provincia di Raetia
venne riorganizzata ed assegnata ad un legatus
Augusti pro pretore, passando pertanto da provincia
procuratoria a provincia legatoria. Dopo la metà del III
sec. d.C. le terre al di là del Danubio furono di nuovo
abbandonate.
Diocleziano divise la Rezia in Raetia I e II, unendole
alla diocesi dell'Italia: in entrambe vennero dislocati
un dux per il comando militare e un preases
per quello che civile, con sede rispettivamente a
Curia (Chur) e ad Augusta Vindelicorum
(Augsburg).
Nel
Trofeo delle Alpi, al contrario della Raetia, non
compare nessuna popolazione del Norico fra le gentes
devictae. Il Norico diviso ad occidente dalla Rezia
dal corso del fiume Oenus (Inn), era chiuso a nord dal
Danubio e a sud dalle Alpi: ad oriente il suo confine
correva lungo il Mons Cetius (Wienerwald)
e quindi lungo una linea che tagliava le valli della
Drava e della Sava a oriente di Solva e Celeia
(Cilli).
La
popolazione originale del Noricum (gran parte
dell’Austria) consisteva in maggioranza di Illiri, che
dopo la grande emigrazione dalla Gallia era divenuto
secondario rispetto alle varie tribù celtiche. Intorno
alla fine del III sec. a.C. un'alleanza di 13 tribù
stabiliva il primo regno celtico in Europa, governato da
un consiglio di anziani di tutte le tribù rappresentate.
Per questo, i Norici godettero a lungo dell'indipendenza
e della condizione di hospitum publicum di Roma
(cliente o amico, alleato di Roma).
Le
prime interazioni tra stati si ebbero nel II sec. a.C.,
i Taurisci invitarono Roma ad aiutarli contro le tribù
germaniche dei Cimbri e Teutoni. Poco all’interno della
regione il generale, il console Papirius Carbo fu
oggetto di una sconfitta schiacciante da parte di queste
tribù germaniche nel 113 a.C. fino allo loro definitiva
sconfitta da parte di Gaio Mario ad Aquae Sextiae.
Da allora il Noricum formò una sorta di lega
federale con Roma fornendo materie prime dall'industria
estrattiva e metallurgica. All’interno delle Guerre
Civili del 50 a.C. ca. assume una rilevante importanza
il re norico Voccio, scelto e alleato di Cesare. Il re
svolse un ruolo di prim’ordine contrastando le invasioni
dei Daci e dei Boii.
La sua
annessione forse pacifica, fu motivata dall'appoggio
fornito ai Pannoni che nel 16 a.C. avevano tentato
d’invadere l’Illiria e addirittura partecipando
all'occupazione dell'Istria, quando furono costretti,
l’anno dopo, a fare atto di sottomissione dopo la
risposta militare di Roma con Publius Silius: la
monarchia indigena fu abolita e i poteri del re
trasferiti ad un funzionario imperiale. La prima forma
di potere romano nella regione dovette essere la
prefectura civitatum, probabilmente in analogia con
la creazione della prefettura della Rezia e Vindolicia
nell’ultima età augustea.
Forse
già da Tiberio, e più verosimilmente da Claudio, la
regione viene costituita in provincia equestre, retta da
un procurator regni Norici o in Noricum da
cui ne viene distaccato il campo di Carnuntum,
che entra a far parte della Pannonia. Il governatore
romano Procurator Augusti risiedeva a Virunum (Zollfeld),
capoluogo provinciale, municipio sotto Claudio, mentre
il regno indipendente (Regnum Norici) aveva avuto
la sua capitale a Noreia (Magdalensberg)
sede del capo della confederazione di popoli presenti in
Norico in età preromana. In favore di questa cronologia
gioca l’attestazione del primo procuratore della
provincia del Norico, C. Baebius Atticus, che
aveva ricoperto diversi incarichi come praefectus
civitatum nella Alpi Marittime e in Mesia, divenendo
procuratore di Claudio nella regione (CIL, V 1839).
Sotto
la minaccia dei Marcomanni il carattere militare della
provincia si accentua: la regione passò quindi nella
categoria delle province procuratorie, nella quale
rimase fino a Marco Aurelio che modificò lo statuto
della provincia del Norico in concomitanza con il
riassetto della vicina Rezia alla metà degli anni
settanta del II sec. d.C.
Lo
stanziamento della legio II Italica nel territorio della
provincia a seguito della campagna contro le popolazioni
transdanubiane ad opera di Marco Aurelio, portò
all’adozione di uno statuto legatario, quando sostituì
al procurator un legatus Augusti pro praetore di
rango pretorio (175 d.C.).
Tale
provvedimento, oltre che la vicinanza all'Italia, e la
forte immigrazione di elementi italici, favorirono la
romanizzazione della provincia che fu considerata quasi
come una continuazione della penisola; l'elemento
militare continuò invece ad essere prevalente lungo il
Danubio.
Dopo
la guerra marcomannica, la capitale provinciale e
ricettrice della II Italica, divenne Lauriacum (Enns),
in seguito fu trasferita a Virunum (Maria Saal) e, in un
secondo tempo, Ovilava (Wels), a ridosso del Danubio. In
tale distinzione tra le due parti trova la sua ragione
la divisione operata con la riforma dioclezianea:
Noricum Mediterraneum (parte meridionale) e Noricium
Ripense (la settentrionale danubiana), adottata da
Diocleziano.
A
partire dal III sec. d.C., il Norico subì, alla stregua
del resto delle province poste sul limes
danubiano, continue invasioni da parte di Alemanni,
Iutungi, Marcomanni, Naristi, Vandali, Suebi. Una volta
disgregatosi l'Impero Romano d'Occidente, vi si
insediarono i Rugi ed un secolo più tardi, i Longobardi.
Fece parte, infine, del regno ostrogoto d'Italia.