N. 5 - Maggio 2008
(XXXVI)
PROVINCE ROMANE
HISPANIA
di Antonio Montesanti
La Penisola Iberica, come tutte le penisole ben
delimitate dal mare e chiuse alle loro spalle da una
cordigliera montuosa, è da ritenersi una
macroregione o, agli occhi degli antichi Romani, una
macroprovincia. Dopotutto, la penisola politicamente
e culturalmente mantiene dei tratti analoghi
sull’intera estensione regionale, pur essendo, ben
distinta in caratteristiche specifiche. Queste sono
dovute ad una serie di fattori culturali endogeni ed
intromissioni esterne che, a seconda dei periodi,
delle località e dei tempi, hanno dato origine alle
varie sfaccettature regionali interne.
Parallelamente alla situazione in Gallia (Francia),
anche l’Hispania originariamente doveva essere
divisa in grandi distretti etnici cantonali come quelli
dei Vasconi (Baschi) e dei Cantabri; più che dalle
fonti, ciò è deducibile dalle monete ispaniche coniate
nei primi tempi di contatto con i Romani: non sono
nominate città, ma cantoni, per esempio invece di “Tarraco”
la leggenda sarà “Cessetanes”, non “Saguntum”
ma “Arsenses”. Sappiamo da Plinio che vi erano al
tempo di Augusto, nella sola Provincia Tarraconensis,
293 di queste comunità, e che solo con l’occupazione
romana andarono lentamente sciogliendosi o costituendosi
in municipi.
La popolazione indigena simil-federale della Penisola
Iberica, di origine Basca si era fusa per diversi secoli
con le popolazioni di origine celtica, provenienti dalle
regioni transpirenaiche, dando origine ad un nuovo
etnico ed una cultura totalmente nuova, la celtiberica.
Nel frattempo, Fenici e Cartaginesi avevano colonizzato
le coste mediterranee, tra l'IX ed il VI secolo a.C. a
cui seguirono i Greci, che fondarono nuove colonie di
tipo sporadico lungo le coste.
Roma entra in connessione con la Penisola Iberica
attraverso Cartagine durante la Seconda Guerra Punica
(219-202 a.C.), quando la città africana è costretta a
potenziare le proprie colonie e aumentare i possedimenti
in Europa Occidentale per poter far fronte alle ingenti
richieste dei vincitori della Prima Guerra contro Roma.
Le legioni romane invasero la Spagna nel 218 a.C.,
allorquando le truppe di Annibale avevano terminato
l’assedio della città di Sagunto, alleata di Roma. Da
questo momento e per un ventennio in poi la Spagna fu
teatro continuo di scontri tra le due fazioni. La
battaglia decisiva, che avrebbe rinsaldato le posizioni
romane per gli anni a seguire nella penisola si ebbe a
Cissa, dove le truppe guidate dai fratelli Cn. e P.
Cornelio Scipione sconfissero le truppe puniche.
L’arrivo di Asdrubale Barca, fratello di Annnibale,
riequilibrò, fino al momento della sua presenza le sorti
degli scontri, fino ad allora sempre più favorevoli a
Roma, fino a prendere una decisa direzione positiva e di
conquista da parte capitolina dopo l’allontanamento del
generale antagonista, per aiutare il fratello in Italia.
Con una serie di sconfitte e la fine della Seconda
Guerra Punica, i Cartaginesi, verranno definitivamente
espulsi dal territorio spagnolo. Le vicende della
Seconda Guerra con Cartagine portarono Roma al possesso
della parte meridionale della Penisola Iberica: l’Hispania,
identificata come un’unica regione, come attestato dal
nome provinciale,
venne costituita in provincia solo nel 197 a.C., a
cinque anni dalla fine della guerra con Cartagine (202
a.C.), quando venne soffocata la rivolta delle
popolazioni più indomite presenti nella parte
nord-orientale della penisola e che nel frattempo si
erano ribellate.
I territori che erano stati allargati ed erano in
possesso dei Cartaginesi vennero suddivisi in due
province
la
Hispania Citerior
e la Hispania Ulterior: queste erano separate da
una linea di demarcazione che dalla città di Carthago
Nova (Cartagena), o dalle sue immediate vicinanze,
attraverso la Meseta, raggiungeva i Pirenei
occidentali. Si trattava di una frontiera che faceva un
evidente balzo in avanti rispetto a quella
precedentemente delimitata dal fiume Ebro, che aveva
costituito il limite all'espansione cartaginese in
Spagna, fissato con il trattato con Roma del 228 a.C.
La provincia settentrionale, la cui spina dorsale era
costituita dalla valle dell'Ebro incentrata su un
territorio comprendente buona parte del Levante centrale
ispanico e la totalità di quello settentrionale oltre
che sulla città di Tarraco (Tarragona), fondata
da Publio Cornelio Scipione su un precedente centro
indigeno, il territorio presentava lungo la costa alcune
colonie dedotte da Massalia (Marsiglia) facenti
capo allo sbocco economico della colonia focese di
Emporion (Ampurias). Attraverso le sconfitte delle
tribù degli Iacetani e degli Ilergeti, l’espansione
romana all’interno giunse a Osca (Huesca) e a
Salduba (Saragozza).
La provincia meridionale o ulteriore occupava
inizialmente il bacino inferiore del fiume Baetis
(Guadalquivir) e l’Anas (Guadiana), con la città
alleata (civitas foederata) di Gades
(Cadice) e la colonia romana di Italica (Sevilla),
fondata sempre da Scipione.
La continuità territoriale tra le due province era
garantita da una stretta striscia di terra lungo il
mare, che si appoggiava a Carthago Nova (Cartagena),
il principale centro punico passato sotto il dominio
romano. Il governo delle due nuove realtà fu assegnato a
due pretori la cui residenza fu fissata nell’Hispania
Citerior, a Carthago Nova, mentre nell’Hispania
Ulterior, ad Hispalis-Italica (Siviglia).
Per tutto il periodo repubblicano le due province
iberiche e le regioni non romanizzate furono teatro di
una serie di rivolte, scontri e azioni di conquista, che
comportarono l'invio di eserciti guidati da consoli con
competenza su entrambe le province fino alla grande
rivolta dei Celtiberi conclusasi nel 133 a.C. con la
presa e la distruzione di Numanzia ad opera di Scipione
l’Emiliano.
Nel 195 a.C. venne inviato un primo grande esercito
guidato dal console M. Porcio Catone che sottomise la
bassa e media valle dell'Ebro, conquistando la città
pirenaica di Iacca (Jaca) (194 a.C.), negli anni
immediatamente successivi vennero sottomesse le tribù
degli Oretani, Garpetani, Vettoni e Vaccei da parte dei
due governatori Gaio Flaminio e M. Fulvio Nobiliore
(193-191 a.C.). Ancora nel 188-7 a.C. le rivolte di
alcune popolazioni celtibere vennero sedate da L. Manlio
Acidinio, mentre tra il 181 e il 179 a.C. iniziarono le
Guerre Celtibere propriamente dette, in cui i Locali
insorsero in massa e i Romani espugnarono Contrebia
Belaisca (Botorrita), centro della rivolta.
Successivamente Ti. Sempronio Gracco riporterà una
grande vittoria sulle popolazioni autoctone nei pressi
del massiccio del Moncayo; tra il 154-152 a.C. vi fu una
nuova insurrezione generale (II Guerra Celtibera), che
vide l’intervento degli eserciti guidati dai consoli M.
Fulvio Nobiliore e M. Claudio Marcello; in seguito le
operazioni verranno condotte dal console P. Cornelio
Scipione Emiliano che concluderà vittoriosamente, nel
133 a.C., la III Guerra Celtibera (detta anche Numantina).
Le tenaci isole delle Baleari, resistettero altri 10
anni (123 a.C.) prima di cadere sotto i colpi di L.
Cecilio Metello. Duante gli scontri vennero fondate
alcune grandi colonie, di tipo militare, fra cui
Colonia Libertinorum Carteia (San Roque,
Cádiz) nel 176 a.C., Corduba (Cordova), fondata
da Marco Claudio Marcello, nel 152 a.C., Valentia
(Valencia) nel 138 a.C. e, nel secolo successivo,
Caesar Augusta (Saragozza).
In seguito alla vittoria dell’Emiliano nell’Ulterior,
ormai pacificata, e all’annessione balearica, il senato
fece seguire (App., Iber., 99), un nuovo
ordinamento della provincia Citeriore, a cui nel 123
a.C. furono aggiunte le Baleari. I torbidi
nell'Ulteriore, invece continuarono anche dopo; nel 107
a.C. e negli anni immediatamente successivi vi furono
una serie di ribellioni secondarie ed estremamente
localizzate nei territori dei Lusitani e di alcune
popolazioni celtiche occidentali.
La moneta d'argento romana, predominò nella regione e le
miniere, la coltivazione del vino e dell'olio, il
traffico procacciarono un'affluenza continua di gente
italica sulla costa, soprattutto nel sud- ovest.
Carthago Nova, la creazione dei Barchidi e, dalla
origine fino nel tempo di Augusto capitale della
provincia citeriore, il primo luogo commerciale della
penisola, comprendeva già nel II sec. a.C. una copiosa
popolazione romana. Carteia, difronte all’odierna
Gibilterra, fondata una generazione prima dei Gracchi, è
il primo comune d'oltremare con abitanti di origine
romana; la celebre e antica città sorella di Carthago,
Gades (Cadiz), la prima città straniera posta
oltre l'Italia, che accolse il diritto dell’idioma dei
Romani.
A cavallo tra il II e il I sec. a.C. proseguiranno delle
rivolte che si salderanno con le guerre civili, in parte
qui combattute; ormai il potere romano sulle due
province poteva considerarsi pienamente consolidato.
Durante la guerra civile tra Mario e Silla, notevoli
conseguenze per la romanizzazione della penisola ebbe la
guerra scatenata da Quinto Sertorio, nelle cui truppe
combattevano insieme elementi indigeni e romano-italici,
che si ribellò e giunse ad avere in proprio potere
entrambe le province. Contro di lui venne inviato Pompeo
con poteri straordinari, ma il ribelle venne eliminato
solo in seguito ad una congiura interna ed avvelenato
nel 72 a.C.
Le province vennero interessate anche dalla guerra tra
Cesare e Pompeo, ospitando i figli di quest’ultimo, Gneo
e Sesto Pompeo che verranno sconfitti definitivamente da
Cesare a Lerida (Lleida) e nella piana di
Munda (49 e 45 a.C.). Le guerre civili comportarono
in entrambi i casi il coinvolgimento delle popolazioni
locali e in seguito il mutamento della politica romana,
che da un regime di sfruttamento passò a favorire
l'integrazione: ai personaggi più influenti venne
concessa la cittadinanza romana e vennero fondati
municipi e colonie, politica che si estenderà a tutta la
penisola in età augustea.
Dopo la battaglia di Filippi, la penisola entra nella sfera
di potere di Ottaviano, restavano ancora da domare le
tribù delle coste occidentali dell'Atlantico: quelle
delle estreme regioni nord-occidentali della Cantabria,
delle Asturie e della Galizia. Il compito non dovette
essere facile, se per più anni vediamo registrate nei
Fasti Trionfali vittorie di generali romani su queste
tribù, che portarono alle Guerre Cantabriche (29–19
a.C.) in cui lo stesso Augusto si decise, nel 27 a.C. ad
assumere personalmente la direzione della guerra, che
poi peraltro, ammalatosi, rimise nelle mani di Agrippa e
solo nel 19 a.C. dopo l'assoggettamento dei Cantabri
l'ultimo popolo, situato nel nord ovest della, potrà
dirsi conclusa.
Forse nello stesso anno le provincie spagnole ricevettero
il nuovo ordinamento, sulla base dei principi stabiliti
nel 27 a.C. La penisola fu divisa in tre province: a
sud, Hispania Citerior o Baetica,
di tipo senatorio con capitale Corduba (Cordova)
che sostituiva la precedente Hispalis (Siviglia);
due imperiali, la Lusitania con capitale ad
Emerita Augusta (Merida), che era costituita dalla
regione lungo l'Atlantico e quella che sarà una delle
province più fiorenti di tutto l’impero. La
Tarraconensis, che rimpiazzò la repubblicana
Hispania Citerior, con centro a Tàrraco (Tarracona).
Questa provincia era forse la più importante e comprendeva
il nord della Spagna fino al Duero (a sud), la valle
dell'Ebro fino ai Pirenei, la costa mediterranea fino a
Valentia, a sud confinava con la Baetica
(corrispondente alle attuali regioni dell'Andalusia ed
il sud dell'Estremadura), ad ovest confinava con la
Lusitania (corrispondente all'attuale Portogallo ed il
nord dell'Estremadura; il fiume Guadiana divideva la
Baetica dalla Lusitania), a nord aveva
l'Oceano Atlantico e i Pirenei.
I governatori di queste due ultime province erano
normalmente legati di rango pretorio e allo stesso rango
apparteneva il proconsole della Baetica. I Romani con le
loro tre legioni di stanza nella Hispania
Tarraconensis modificarono ulteriormente la cultura
della regione.
Augusto e Tiberio congiunsero la capitale della
Callaecia Bracara (Braga) con Asturica,
quartiere generale delle operazioni a nord, le opere
furono proseguite da Tiberio nel territorio dei Vasconi
(Baschi) e nella Cantabria. La guerra contro i Cantabri
fu fatta con l'ausilio di navi da guerra, dopo di che i
Romani non ebbero più motivo d'istituire una permanente
stazione navale. Ciò consentì lentamente di diminuire i
presidi; sotto Claudio era presente una sola legione che
tornarono ad essere due con o Nerone. Vespasiano ridurrà
l’apporto a due legioni e Domiziano nuovamente ad una.
Da questo momento in poi, vista l’integrazione e il
riscontro del profondo e vivo inserimento della
popolazione nello Stato Romano portò gli imperatori a
rendere più esiguo il presidio nella penisola, vi
saranno solo pochi corpi ausiliari nella Lusitania ed
una sola legione, la VII Gemina, nella Tarraconense,
nella località che da essa prese e conservò il nome di
Legio (Leon). Tuttavia il presidio del nord-ovest
della penisola, relativamente molto forte anche dopo la
riduzione delle forze, induce ad ritenere, che sia nel
II e III secolo d.C. essa non dové essere interamente
soggetta.
Un provvedimento di Vespasiano (CIL II, 1087) fece si, che
l'idioma indigeno si limitasse di diritto nel campo dei
soli rapporti privati. Nel periodo imperiale le città
vennero abbellite e le regioni rese estremamente
funzionali grazie alle costruzioni simili più a
monumenti che ad opere d’ingegneria, tra cui quelli di
Merida, il tempio di Evora, i grandi acquedotti di
Segovia e di Tàrragona, il ponte di Alcantara. Questa
integrazione troverà riscontro nell’assoluto prevalere
della lingua e della religione italica sull’idioma e
sulle divinità indigene, conservatesi solo in qualche
limitata zona centro-occidentale. Una tale integazione
non fece che produrre grandi uomini di cultura e potere,
provinciali più romani degli italici: Seneca, Marziale,
Lucano, Quintiliano, Adriano, Traiano, Teodosio.
La metà meridionale della Baetica, fra il Baetis e
il Mediterraneo, ebbe, più d'ogni altra regione parte
già nella Repubblica o per opera di Cesare o di Augusto,
un considerevole numero di comuni composti di cittadini
di pieno diritto romano, che popolano non solo le coste
ma anche l'interno del paese: le colonie di Hispalis
(Sevilla) e Corduba (Cordova) ed i municipi di
Italica (presso Sevilla) e Gades (Cadiz).
Nella Lusitania meridionale s'incontrano città di
medesimo diritto, Olisipo (Lissabon), Pax
Iulia (Beja) ed Emerita (Merida), la colonia
di veterani fondata da Augusto mentre dimorava nella
Spagna, e divenuta la capitale di quella provincia.
Nella Tarraconensis simili città abbondano sulla
costa: Carthago Nova, Ilici (Elche),
Valentia, Dertosa (Tortosa), Tarraco,
Barcino (Barcellona), laddove nell'interno si
rileva soltanto la colonia Caesaraugusta (Saragoza)
nella vallata dell' Ebro.
Nei censimenti fatti sotto Augusto nessun municipio
romano,tranne Patavium (Padova), porse un tal
numero di ricchi possidenti quanti la città ispana di
Gades coi suoi commercianti all'ingrosso, sparsi in
tutto il mondo.
Cinquanta erano sotto Augusto nella Spagna intera, le
colonie e i municipi di cittadini romani; circa
altrettante città avevano ricevuto fin allora il diritto
latino, e quanto all'ordinamento interno, erano pari
alle prime. La medesima concessione della latinità venne
fatta alle rimanenti da Vespasiano, quando nell'anno 74
d.C. ordinò un censimento generale, in tutto l'Impero.
La latinità concessa alla rinfusa da Vespasiano dové più
tardi rendere generale, o quasi, quella trasformazione.
Di comuni non costituiti a città, se ne trovano solo 114
fra i 293 augustei della provincia di Tarraco e
scendono a 27 fra i 275 nel II sec. d.C.
La
Spagna occupò nell'amministrazione dell'Impero
un’importanza notevole. Rispetto alla leva, quelle
provincie ebbero una importanza grandissima. Le legioni
ivi acquartierate furono probabilmente fin dal principio
dell' impero, più che altrove, costituite nello stesso
posto. Col tempo da una parte la guarnigione fu
diminuita e la leva venne sempre più circoscritta nel
proprio distretto d’appartenenza, la Baltica, per
esempio, potè godere del vantaggio d'essere interamente
esclusa dal servizio militare, al pari dell’Italia. Al
contrario, la leva delle truppe ausiliarie, alla quale
erano soggette parti più lontane dall'ordinamento
cittàdino, era attuata in larghe propor-zioni nella
Lusitania, nella Callecia, nell'Asturia, non meno che
nel settentrione e nell’interno della penisola.
Galba, che fu per breve tempo imperatore (68-69 d.C.), era
governatore della provincia già nel 61 d.C., mentre
Plinio il Vecchio ne fu procuratore nel 73 d.C.
Agli inizi del III sec. d.C. l'imperatore Caracalla operatò
una nuova divisione limitata nel tempo. La
Tarraconensis venne suddivisa in tre parti, da cui
furono distaccate le due nuove province di Hispania
Nova Citerior e Asturiae-Calleciae, divenendo
due piccole province; anche se già nel 238 d.C. verrà
ristabilita ab origine nuovamente la provincia
Tarraconensis.
Con la riforma dioclezianea, del 293 d.C. venne creata la
Diocesis Hispaniae, la Hispania
Tarraconensis con capitale Emerita Augusta,
governata da un vicario, sottoposto al prefetto del
pretorio delle Gallie fu nuovamente suddivisa in tre
province più piccole: Gallecia, Carthaginensis
e Tarraconensis, a cui si aggiungevano le due
precedenti indivise, Betica e Lusitania.
In questo periodo la penisola, come l'Italica e
l’Ellenica, sarà esentata da una guarni-gione stabile.
Nel IV sec. d.C., presumibilmente sotto Costantino, e per
tutta la tarda Antichità, anche le Bàleari formarono una
provincia a se stante, portando così a sei le provincie
spagnole. La Diocesis Hispaniarum, fino
alla caduta dell’Impero Romano d’Occidente sarà
costituita infine da 7 province, 5 interne alla Penisola
Iberica: Baetica, Gallecia e Lusitania,
sotto un governo consolare, Carthaginensis e
Tarraconensis rette da un praeses imperialis;
2, le Baleari e la Mauretania
Tingitania, al di fuori di essa.
Quest’ultima venne aggiunta ed affiancata alla provincia
della Baetica, poiché aveva iniziato, almeo un secolo
prima, ad essere infestata dai Mauri — i pirati del Rif—
provenienti dalle coste di fronte cha avevano attaccato
e assediato Italica e Singili (Àntequera). Benchè nelle
province senatorie non vi fossero truppe imperiali,
parte della legione di Leon stava di presidio ad Italica
(Siviglia). Il compito di proteggere la Spagna
Meridionale da tali incursioni sarebbe spettato
principalmente al comando stanziato nella provincia di
Tingi (Tanger).
Durante il I sec. d.C. venne introdotto in Spagna il
Cristianesimo, divenendo, nel II sec. d.C.,
immediatamente popolare nelle città. Le campagne, invece
furono toccate di meno dalla nuova religione, almeno
fino al IV sec. Qui si formarono alcune sette eretiche,
come il Priscillianesimo, ma la maggior parte dei
vescovi rimase subordinata alla Chiesa di Roma. I
vescovi, nel V sec., quando il potere di Roma iniziava a
vacillare, iniziarono ad esercitare l'autorità
ecclesiastica al pari di quella civile. Il Concilio dei
Vescovi divenne un strumento di stabilità, mentre stava
iniziando l’ingresso dei Visigoti nella penisola. Alle
invasioni germaniche, si unirono presto in una forma di
rivolta anche i Baschi ed i Cantabri, favorendo la
conquista visigota, affidandosi ad essa per essere
protetta. L'arianesimo dei conquistatori determinò il
distacco momentaneo delle popolazioni spagnole dalla
fede di Roma, sanato nel 523 con il ritorno al
Cattolicesimo.
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