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ANTICA


N. 12 - Dicembre 2008 (XLIII)

PROVINCE ROMANE
DACIA, MOESIA, THRACIA

di Antonio Montesanti

 

Le regioni europee di Romania e Bulgaria che si affacciano su ambedue le sponde del Danubio, hanno in comune probabilmente solo il corso di quest’ultimo che piuttosto che divedere, le ha unite nelle vicende storiche durante la loro permanenza sotto le insegne dell’Impero Romano. 

La regione alla destra del fiume europeo per eccellenza, corrispondente all’attuale Bulgaria, che si trovava all’interno di esso, era conosciuta sin da epoca mitica e protostorica con il nome di Tracia. 

Secondo le fonti antiche, tra l’altro molto limitate, la Tracia era considerata una regione primitiva. Le regioni montagnose erano controllate da varie tribù guerrafondaie e combattive mentre le pianure erano apparentemente più pacifiche. Queste genti di origine indoeuropea, considerate barbare dai vicini e raffinati Greci, avevano sviluppato comunque forme avanzate di musica e poesia. 

Seppur minima, era comunque distinguibile una certa peculiarità storico-geografica che individuava il nord della Tracia col nome di Poesia, nome proveniente dall’etnico omonimo di una tribù di stirpe tracia. 

Unendosi in piccoli regni ed in tribù autogestite, i Traci e la stirpe affine dei Moesi non riuscirono ma a realizzare alcuna forma di unità nazionale tranne per la durata di brevi regni dinastici durante il periodo classico-ellenistico. La maggior parte della popolazione viveva in piccoli villaggi aperti: il concetto della città urbanizzata non si svilupperà – e non più di tanto – fino al periodo romano. Malgrado la colonizzazione greca nelle zone come Bisanzio e Tomi, i Traci eviteranno sempre la vita a carattere urbano. Già dal VI sec. a.C., la fanteria tracia era reclutata tra e fila greche e nel loro territorio venivano estratti dai grandi depositi, oro e argento. 

Tuttavia, benché l’etnico fosse lo stesso, la Tracia propriamente detta e la Mesia ebbero due storie divise dalla loro locazione geografica e dagli stati con esse confinanti. La prima a contatto con gli stati greci, più che delle caratterizzazioni peculiari rispetto alla seconda, assunse degli atteggiamenti aggressivi di autodifesa colorati da una parvenza di civiltà classica. 

Pur non subendo mai una pressione ellenica, la regione che si affacciava sull’egeo settentrionale, ricevette le invasioni da parte dell’Impero Persiano, e in quanto sua satrapia, vi furono introdotte molte abitudini orientali. Mercenari traci erano al servizio del re persiano Serse ed erano conosciuti per le loro qualità belliche di “guerriglia”. 

Il primo nucleo a tentare un'unificazione delle tribù, fu quello degli Odrisi, popolazione autoctona sempre emergente, guidati dal loro re Teres, che cercò di rendere la Tracia un’unica nazione. Nel V sec. a.C., un regno di brevissima durata rimase in piedi per circa un secolo fino al cambio dinastico sotto l’influenza macedone. Fillipo II di Macedonia, il padre di Alessandro, invase la Tracia mettendo a capo della regione un tributario macedone. Questa situazione si protrasse, fino a Lisimaco e ai re macedoni successivi, fino all’intervento romano alla metà del II sec. a.C. Il conflitto fra Roma e la Tracia fu inevitabile durante le guerre macedoni. 

Sull’altra sponda del Danubio le prime notizie storiche di un’area decisamente civilizzata rispetto quelle limitrofe e specularmente simile alla Tracia, si hanno intorno al 290 a.C. quando lo stesso Lisimaco, viene sconfitto per due volte nel suo tentativo di espansione verso nord all’interno delle guerre dei diadochi, dallo stratega dace Dromihete (Dromichaites), per essere poi addirittura catturato e poi rilasciato dallo stesso vincitore.

Pochi decenni dopo Zaimodegikos appare signore incontrastato della pianura Valacca e viene ricordato come vincitore della città di Histria, in Dobrugia, che viene posta in blocco, fino alla cessione di ostaggi della colonia milesia in cambio di una certa autonomia. Da questo momento le colonie greche della costa settentrionale del Mar Nero ed in particolare della regione delle foci del Danubio, sono costrette a pagare ad alto prezzo la protezione alle popolazioni daco-getiche secondo una consuetudine che verrà definitivamente consolidata alcuni anni dopo da Rhemaxos.

Dalla parte opposta, sul fronte nord-orientale, in Transilvania, Oroles, difende la regione dal tentativo dei Bastami di superare le cime carpatiche. Una volta consolidata la frontiera del sud e quella di nordest, inizia uno spostamento del centro del potere dei Daco-Geti verso la pianura Valacca, fino a quel momento ingestibile da un punto di vista difensivo, il che diverrà fattore fondamentale nella formazione del Regno Dacico. 

Dopo la battaglia di Pydna del 168 a.C., l’autorità di Roma nell’area balcanica meridionale, si spostò sulla Macedonia: era inevitabile che l'autorità governante della regione passasse sotto il suo protettorato. Tuttavia, né Traci né Macedoni accettarono di buon grado il dominio romano producendo un numero elevato di sommosse durante questo periodo di transizione, tra queste quella più impegnativa fu quella del macedone Andrisco nel 149 a.C., che ebbe l’effetto di ottenere dalla sua parte un supporto massivo da parte dei Traci.

Il piccolo regno indigeno degli Odrisi della Tracia passò dunque, subito dopo la battaglia di Cinocefale, sotto il protettorato romano. Tuttavia parecchie incursioni dalle tribù locali in Macedonia si prolungarono per diversi anni, benché ci fossero tribù alleate e ben disposte verso Roma, come i Deneleti e i Bessi. 

Una volta sotto il proprio controllo, i Romani conobbero la regione settentrionale della Tracia: la Mesia che venne però raggiunta tramite due vie d’accesso: a sud dalla Macedonia e a nord e ad ovest dalle valli del Danubio e dei suoi affluenti.

La regione è fra le più varie dell’intero arco mediterraneo sia per i territori, sia i popoli da essa compresi: ad occidente si trovavano le tribù celto-illiriche, mentre ad oriente quelle traciche, ancora più ad est, vi erano i Geti transdanubiani, e ad est del grande fiume venivano Sarmati, Bastarni e Roxolani; gli Sciti erano presenti nella Dobrugia e infine i Greci nelle colonie della costa settentrionale del Mar Nero, riunite in un loro koinòn.

Questa posizione le conferiva, tuttavia, un carattere spiccatamente militare, tanto da essere considerata prima di tutto un ponte privilegiato tra Asia ed Europa e considerata come una fortezza militare perché posta tra il Mar Nero ed il Danubio: la sua posizione la vedeva al confine dell'Impero Romano, il che ne rendeva necessaria l’occupazione e la presenza militare.

Questo interessamento all’area intradanubiana, portò automaticamente ad un disinteresse di quelle oltre il Danubio. Questo atteggiamento portò nel I sec. a.C. a due conseguenze: lo sviluppo lento di una Tracia nella condizione di cliente romana permanente e la nascita di uno stato daco-getico, il cui nome derivava dai medesimi popoli che venivano denominati, a seconda se questi venissero chiamati in lingua greca o latina, Geti o Daci. Viste le connotanze, ad oggi, questo Stato può ottenere l’attribuzione di Impero il cui centro del territorio era situato nei Carpazi meridionali, e più precisamente nella regione sud-ovest della Transilvania.

Le fonti letterarie, epigrafiche ed archeologiche coincidono perfettamente nell’introdurre uno stato dai contorni imperialistici. Nell’82 a.C., Burebista, il suo fondatore ufficiale, assume la guida del suo popolo e nei 38 anni di guida riuscirà, con la sua autorità ad organizzare ed unire le tribù del sud-ovest della Transilvania.

La causa che determinò l’azione romana in Mesia, fu la necessità d’impedire ai popoli non sottomessi delle zone montuose dell'Emo (Balcani), Cardani, Mesi, Triballi, Scordisci e di quelli d’oltre Danubio (Geti, Bastarni) di molestare i territori del protettorato romano della Tracia; con la scusa Roma iniziava ad espandere il suo sguardo su quel fiume che avrebbe dovuto fungere da futuro confine. Per questo motivo, nel 74 a.C., C. Scribonius Curio, proconsole della provincia di Macedonia, prese un’armata e raggiunse le sponde del Danubio dove riportò una prima vittoria di tipo dimostrativo ed esplorativo, sugli abitanti dell’area montuosa del Banato (regione di Caraş-Severin).

Più tardi, nel 72 a.C., M. Terenzio Varrone Lucullo, durante la guerra contro Mitridate VI, re del Ponto, effettua una spedizione lungo le coste della Dobrujia nella Dacia, tanto da far propendere le popolazioni e le città di queste luoghi verso un atteggiamento favorevole ai Romani. Nel 55 a.C., tuttavia, con una contromossa politica, il leader dace nei pressi del centro danubiano di Istria sconfisse le legioni di Gaio Antonio Ibrida rivoltandosi di conseguenza verso le stesse città pontiche di cui si era fatto passare per difensore. Adesso, al termine di questa campagna, tutto il litorale pontico, da Olbia ad Apollonia, era sotto il controllo dacico. 

Una volta rafforzato i potere e le difese interne, nel 60 a.C., Burebista assale i Boi comandati da Critasiros ed i Taurisci oltre il Danubio e nel periodo successivo, tra il 60 e il 48 a.C., creava un potente stato i cui confini avevano proporzioni insperate e che raggiungevano verso ovest il medio Danubio, a nord la Morava, fino ad arrampicarsi sulle creste dei Carpazi verso est superava la Dobrugia giungendo fino ad Olbia, mentre a sud guardavano dalla cime dei monti Haemus la penisola ellenica. 

Durante la prima Guerra Civile tra i membri del primo triunvirato, nella Tracia la tribù dei Sapei rientrava inizialmente in prima linea nel regno di Rascupori (Rhascuporis), conosciuto per aver assistito sia Pompeo che Caesare e successivamente per aver sostenuto gli eserciti repubblicani contro Antonio e Ottaviano. 

Il re Burebista era riuscito a unificare le diverse tribù e a far sentire la sua presenza lungo i confini romani della Moesia. Con la sua morte, quasi contemporanea a quella del dittatore romano, da Augusto in poi, i Daci sono ricordati soprattutto per le incursioni compiute a sud del Danubio a danno dei tenitori e delle popolazioni sottomesse a Roma. 

Per questo era necessario arginare l’intero limes: una volta coperti alle spalle e aiutati dalle dinastie tracie filoromane, M. Licinio Crasso, nipote del triumviro e successivamente proconsole di Macedonia, tra il 29 e l’11 a.C., portava il dominio romano fino al Danubio e sottoponeva popolazioni autoctone al controllo di Roma.

 

Durante le stesse operazioni, nel 28 a.C. i Daco-geti perderanno la Dobrugia, che i romani consegneranno, sotto protezione clientelare, alla dinastia degli Odrisi di Tracia, mentre nel 4 d.C. il generale Sesto Elio Catone riuscirà a strappare delle concessioni e delle posizioni favorevoli a Roma nella pianura valacca in seguito alla spedizione alla sinistra del Danubio. 

La conquista, augustea, segue operazioni belliche in difesa della Macedonia contro le incursioni dei Traci, anche se non si conosce né l'esatta estensione del territorio occupato né tanto meno la data esatta della redactio in provinciae, ciò avvenne in un periodo compreso tra il 6 ed il 44 d.C. La Provincia Moesia venne costituita solo più tardi, e dapprima nella forma di un comando militare autonomo ufficiale, il cui controllo dell’area venne affidato al primo governatore, non sappiamo se della provincia o dei territori conquistati, presente nei sui territori già nel 6 d.C., un legatus Augusti pro praetore di rango consolare: Aulo Cecina Severo (Dio. Cas. LV, 29).

Intorno al 15 d.C. Tiberio la assegna ad un legato consolare di rango imperiale: trasforma questo comando in un vero e proprio governo provinciale e assegnandogli anche il controllo oltre che della Tracia anche di Acaia e Macedonia.

In Tracia, gli eredi di Rascupori avevano iniziato allora, per volere romano e per intrallazzi personali, a legarsi alle questioni di corte e agli scandali politici che incominciarono con l’assassinio dei  capi militari, alleati dei romani. 

Questa situazione, una serie di assassini reali, porterà ben presto all’imperialiazzazione e alla provincializzazione romana prima del previsto. Le varie fazioni presero la scena della situazione politica, con il supporto dell'imperatore romano Claudio. Questi annette la Thracia intervenendo personalmente nelle controversie: il re Rometalce (Rhoemetalces) viene assassinato dalla moglie. 

L'imperatore Claudio dopo aver sedato alcune guerre civili locali su questo territorio, ristabilisce l’ordine e giunge a patti con i regnanti locali, che accettarono l'offerta di diventare re-clienti, visto che non perdevano l'autorità nei confronti dei loro sudditi.

In questo modo, tra il 44 ed il 46 d.C., Claudio, annette il regno a sud della Moesia e si assiste al termine della condizione autonoma del cliente, alla creazione della Provincia Thracia governata da procurator Augusti di rango consolare e concedendo, però, la cittadinanza a tutta la popolazione. Con la creazione della provincia equestre della Thracia venivano restituite al senato le due province di Achaia e Macedonia.

 

La Moesia acquista la sua definitiva fisionomia dai confini della Dalmazia e della Pannonia si estende fino al Mar Nero comprendendo la Scizia Minore (Dobrugia); a nord e a sud e chiusa rispettivamente dal corso del Danubio e dalle pendici settentrionali dei Balcani.

La Moesia, al contrario della Thracia, fu continuativamente impegnata nell'attività militare, per questo sotto Domiziano, nel corso delle sue campagne daciche, ebbe un ruolo principale nella difesa della Macedonia, collegando la Thracia all’Illyricum e alla Pannonia. Quella Inferior ebbe anch’essa un ruolo simile. Invece di fare da collegamento della Thracia con un altro paese, la relativa funzione era di difendere la Thracia stessa e gli interessi imperiali all'intersezione del Mar Nero e del fiume di Danubio.

La Moesia Superior doveva avere un ruolo di portata storica notevole: la conquista delle regioni transdanubiane che i Romani chiamavano Dacia. 

La prima campagna, fallimentare si deve a Domiziano, poiché i rapporti erano divenuti estremamente tesi tra i signori delle due sponde danubiane: Decebalo, re-simbolo a capo del popolo dace aveva assistito e controbattuto ai timidi tentativi romani contro il suo impero (Citiso), nel 69, nell'82 d.C. Nell'inverno 85 d.C. i Daci, scendono su buona parte della provincia, attaccano le legioni della Moesia conquistano delle piazzeforti, sconfiggono ed uccidono il governatore provinciale, Caio Oppio Sabino.

Lo stesso imperatore Domiziano fu costretto a mobilitarsi per respingerli nuovamente oltre il Danubio, il che porta ad una nuova suddivisione amministrativa dell’area: la provincia cisdanubiana è divisa in Moesia Superior più a sud e ad ovest del fiume Oescus (Iskar), con centro principale a Naìsus (Nìs), e Moesia Inferior (anche denominata Ripa Thracia), che si estendeva sino al mar Nero, su cui si affaccia la capitale, Tomis (Constantia), divise l'una dall'altra dal fiume di confine Cebrus/Ciabrus (Tsibritsa o Zibru).

Questa parte, orientale comprendeva anche le colonie greche di Tyras, alla foce del Nistro e di Olbia e il Chersoneso Taurico (Crimea), separato dalla provincia dal Regno del Bosforo indipendente ma cliente e sotto il protettorato imperiale. Ciascuna era governata da un legato consolare imperiale e da un procuratore, poi divenuti due che rimasero di rango consolare, mentre l'amministrazione fiscale venne assegnata, come già prima, ad un unico procurator Augusti

Nell’86 d.C. successivo, Domiziano, bramoso di rivalsa, nomina il suo prefetto del pretorio Cornelio Fusco, governatore della Moesia Inferior e gli ordina di varcare il Danubio a capo di una spedizione. Decebalo perché porti la guerra contro i romani, il quale non solo vince, ma uccide, anche il generale romano che si era spinto nei territori transdanubiani.

Nell’anno successivo, l’88 d.C., i Romani occupano il passaggio fra il Banato e la Transilvania grazie alla vittoria del governatore della Moesia Superior, Tettio Giuliano, nella battaglia di Tapae. Decebalo quindi chiede una pace che Domiziano gli nega, ma che è costretto a concedere a condizioni non più favorevoli, l’anno seguente a causa della sconfitta operata dai Marcomanni a danno delle legioni in Pannonia ma che comunque consente il passaggio di truppe all’interno del territorio rumeno, faceva di Decebalo un re clientelare; inoltre, per la prima volta i Romani entravano in possesso di capisaldi sulla riva sinistra del Danubio, in cambio dell’invio di istruttori militari, artigiani e anche denaro. 

Preoccupato dal crescere della potenza dello stato dacico, secondo alcune visioni storiche, oppure tentato dall’ipotesi di poter annettere all’Impero un regno, Traiano promuove una campagna di conquista. Nel 101 a.C., imbarcatosi da Ancona e sbarcato a Zadar, in primavera inoltrata, dopo pochi giorni, l’Imperatore attraversa il Danubio al comando di un esercito immenso con il quale riporta una strabiliante vittoria sui Daci e i loro alleati, Roxolani ed Bastarni, convenuti a Tapae per attaccare il limes imperiale.

Il regno geto-dacico termina definitivamente di esistere e viene trasformato in Provincia Romana Dacia nel 105 d.C. Questa volta non decide di sferrare il colpo ma sceglie di mettere fine alla Dacia come entità politica la stessa capitale, Sarmizegetusa, a cedere dopo un lungo assedio.

 

Roma sarà presente per solo 165 anni e cioè dal 106 al 271 a.C. condusse a termine la conquista e decreta la sottomissione del paese, con la sua provincializzazione che aveva come confini a sud il corso del Danubio e a nord una linea che passa a settentrione di Porolissum fino al Prut, che a sua volta ne segna il limite orientale, ad occidente corre ad est del Tibisco lasciando fra esso e il confine della Pannonia il territorio degli Iazigi.

La provincia imperiale fu affidata ad un legato imperiale di rango pretorio che risiedeva a Sarmigetusa (Tara Hategului), già centro geto-dace, capitale della neoprovincia Colonia Dacica.

Con Traiano, probabilmente nel 112 d.C., la Moesia Superior e la Inferior ebbero ampliamenti territoriali in alcune zone a nord del Danubio inseguito alla conquista della Dacia, mentre lo statuto della provincia Thracia venne modificato: il procuratore equestre venne sostituito con un legato di rango pretorio residente a Perinthus/Heraclea.

L'autorità governante centrale di Roma si basava su questa città costiera e decentrata, ma le regioni all'interno della provincia erano unicamente nell'ambito dell'ordine dei subalterni militari al governatone; tuttavia il koinòn di tutte le tribù si riuniva – almeno al principio del III sec. d.C. – a Philippopolis (Plovdiv). La provincia andava dal Nesto ad occidente fino alle rive del Ponto ad oriente, e dalle coste dell'Egeo fin oltre la catena dell'Emo; la penisola del Chersoneso tracico, ricevuto in eredità da Attalo III, era di proprietà imperiale e veniva amministrata autonomamente da un procurator, e Bisanzio, dapprima città libera, fu poi posta sotto la giurisdizione del governatore della Bitinia.

La mancanza di grandi agglomerati urbani ha reso la Thracia un posto difficile da governare, ma alla fine la provincia riuscì a fiorire secondo le leggi romane. Parecchie nuove colonie vennero fondate ad Aprus (Colonia Claudia Aprensis), Deultum (Colonia Flavia Pacensis Deultum) città sono state fondate durante la sua regola, probabilmente basata sui centri di popolazione precedenti, tuttavia più piccoli. 

Di fronte alle non molte città greche, disseminate sulle coste dell'Egeo e del Ponto Eusino e in minor numero nell'interno, la regione aveva, ancora al momento della conquista carattere prevalentemente rustico: la popolazione indigena era tuttora ordinata in villaggi e tribù, riunite in strategie. Il dominio romano, teso a urbanizzare l’area secondo l'ordinamento provinciale/urbanistico, diede alla provincia un volto cittadino, con la fondazione di colonie e la concessione dell’immunità municipale, promosse dall’altro lato l'istituzione di emporio, cioè di centri dedicati a mercati periodici situati particolarmente sulle grandi strade di comunicazione tra l'Europa e l'Asia. Città ed empori furono centri di penetrazione e diffusione di lingua e di civiltà greca. 

Il motivo di una revisione delle provincie da parte di Traiano, era l’assicurazione della protezione tramite la difesa dalla minaccia dell'invasione dei Goti e dalle tribù germaniche, con la costituzione della provincia Dacia, la Moesia non era più esposta alle incursioni esterne, potendo godere, pertanto di un periodo di tranquillità fino alla metà del III sec. d.C.

La protezione era estremamente importante per i Romani, particolarmente quando ci erano terra e risorse naturali in gioco. L'obiettivo dell'impero romano era di sfruttare completamente le risorse che la Moesia offriva, tra cui oro ed altri metalli. La provincia era compresa tra la costa orientale aggettante sul Mar Nero (Pontus Euxinus), tra il fiume Danubio, con i relativi tributari, il Drinus (Drina) ed il Margus (Morava), che scorrevano attraverso la provincia. Anche se l’esistenza della Moesia è legata ad una delle sue città più importanti, Tomi che coniava le proprie monete per dimostrare la propria lealtà a Roma.

I Moesi parlarono il Latino, ma la maggior parte della influenza veniva e continuò a venire dal mondo greco. Oltre alle risorse minerali, la Moesia era ricca di terreni coltivabili. Ti. Plautio Silvano Aeliano fu il primo governatore (57-67) che aggiunse la provincia tra le tributarie del rifornimento di grano (annonariae) a Roma con una grande quantità di frumento. 

Tuttavia l’attenzione “danubiana” si concentrò ancora sulla neoprovincia dacia: modifiche nell'amministrazione vengono già apportate da Adriano, che la divide in Dacia Superior (Transilvania), governata da un legato pretorio, e Dacia Inferior (Valacchia), equestre, retta da un procurator Augusti con sede a Drobeta/Tumu Severin. 

Con Marco Aurelio si, addiviene ad un’ulteriore suddivisione in tre province equestri denominate dal rispettivo capoluogo — Dacia Porolissensis, la settentrionale, con capoluogo Napoca/Cluj, Dacia Apulensis, la centrale, con centro in Apulum/Alba lulia e Dacia Maluensis, la meridionale, con capitale Malua, di difficile identificazione — che si trovano però unite, col nome di Provincia Daciarum Trium, sotto il governo militare di un unico legatus di rango consolare con sede ad Apulum e Sarmitzegetusa. In questa città si riuniva il concilium provinciae, unico per i tre distretti. In onore del suo predecessore, al nome di Sarmigetusa vennero agganciati gli epiteti Ulpia Traiana Augusta e il nome romano primordiale dell’antica capitale provinciale: Colonia Ulpia Traiana Augusta Dacica Sarmizegetusa. Numerosi procuratores sovrintendevano all'amministrazione finanziaria, specialmente alle ricche miniere d'oro. 

Il presidio militare, costituito dapprincipio da una sola legione di stanza ad Atrtilum (Alba Julia), e da vari corpi ausiliari, fu con M. Aurelio rinforzato da una seconda legione. Agli effetti fiscali la Dacia faceva, parte del distretto dell’Illirico. Fin dal tempo della conquista, numerosi coloni affluirono nella Dacia sia dall'Oriente che dall'Asia Minore e dalia Siria, che dalle province occidentali specie dalla Pannonia e dall'Illirico, e dall'Italia: furono questi ultimi apporti e dall'età di Adriano e soprattutto dopo la Constitutio Antoniniana o Editto di Caracalla (212 d.C.), a trasformare l’area in una provincia interamente romanizzata.

Per questo, molti abitanti entrarono a far parte dell’esercito dei Daci. I diplomi militari, provenienti da tutto l'Impero, testimoniano un’ingente serie di truppe ausiliarie provenienti da questa regione spesso condotte e impiegate fuori dalla provincia medesima, spesso in aree molto remote: cohors I Ulpia Dacorum, ala I Ulpia Dacorum, cohors I Aelia Dacorum, cohors II Aurelio Dacorum, cohors gemina Dacorum Gordiana milliaria, cohors II Augusta Dacorum pia fedelis milliaria equitata, cohors III Dacorum equitata, ai confini dell'Impero, dalla Britannia alla Cappadocia, fino alle regioni confinanti con i deserti mediorientali. Non tutti i Daci erano stati inglobati all’interno della provincia: Traiano aveva conquistato oltre il Banato, l'Oltenia e la Transilvania, nucleo dacico, anche le regioni poetiche della Valacchia e la Moldavia meridionale che Adriano aveva abbandonato.

Poco più di un secolo di grande integrazione politico-sociale in Dacia, condusse Aureliano, già nel 271 d.C., a dare l’ordine di abbandonare ai Goti – che già nel 251 avevano preso Filippopoli in Thracia – la ormai indifendibile provincia e tutti i territori a nord del Danubio per le minacce delle popolazioni barbare vicine.

Il confine tornò lungo il corso del Danubio e dopo questa decisione, vennero trasferiti i cittadini romani della precedente provincia ed insediati nella parte centrale della Moesia dove a sue spese venne creata una nuova provincia omonima: la Dacia Aurelianea.

Questa a sua volta verrà successivamente divisa in Dacia Ripensis, con capoluogo a Serdica/Sofia, poi a Ratiaria/Arcer, staccando alcuni territori dalla Moesia e Dacia Interior. Poco dopo una nuova provincia, nacque dalla spartizione della Dacia Ripensis, formandosi intorno alla primitiva capitale di Serdica una Dacia Mediterranea.

Con la riforma di Diocleziano l’intera geografia politica provinciale viene stravolta nei suoi confini interni. La Dacia Aurelianea cambiò nuovamente il nome in Moesia Prima o Margensis dividendo la Moesia Inferior (e le meno importanti parti occidentali) in Moesia Secunda e nella provincia della Scythia Minor. Inoltre dallo stesso imperatore dalmata verrà creato il distretto denominato Dardania (in Moesia superiore), che formerà una nuova provincia speciale, con capitale a Naissus o Nissa (Niš), luogo di nascita di Constantino nel 272 d.C. In qualità di provincia di frontiera, la Moesia venne rinforzata dalle stazioni e dalle fortezze erette lungo la riva sud del Danubio e un muro venne costruito da Axiopolis a Tomi come protezione dagli Sciti e dai Sarmati.

La provincia di Thracia verrà “scomposta” in regioni più piccole per facilità dell'autorità e vennero costruite molte altre città. La provincia dette luogo a quattro unità minori (Europa, Rhodope, Thracia, Haemimontus) che, con Scythia Minor e Moesia Inferior, costituivano la Diocesis Thracia.

L'autorità militare di Thracia riposava principalmente con le legioni disposte in Moesia. Il rurale della natura Thracia le popolazioni di s e la distanza dall'autorità romana, certamente hanno ispirato la presenza di truppe locali per sostenere la Moesia. La guarnigione della Moesia Secunda ha incluso Legio I Italica e Legio XI Claudia, così come unità indipendenti della fanteria, le unità della cavalleria ed le flotte danubiane. Il Notitia Dignitatum elenca le relative unità e le loro basi a partire dal 390 d.C. dove in Scythia erano state incluse le legioni I Iovia e Legio II Herculia.

Dal 298 d.C., Moesia e Thracia vennero costantemente invasa e attaccata dai Carpi e dai Goti, che compressi dagli unni, già l’avevano invasa nel 251 d.C.

I Goti attraversarono nuovamente il Danubio durante il regno di Valente (376 d.C.) e con il suo permesso si stanziarono in Moesia. Dopo varie controversie dovute al loro stabilimento, i Goti con Fritigern sconfissero Valente nella grande battaglia di Adrianopoli (378 d.C.).

Intorno 395 d.C., la Moesia – periodicamente sarà sempre più sottoposta alle migrazioni dei Germani – è fuori dal controllo romano quando l'imperatore Teodosio muore. Ormai i frequenti attacchi dal Goti erano piuttosto comuni e Roma non aveva più la coesione interna né la forza di difendere il confine.

Mentre in Thracia e Moesia con Giustiniano crescevano nelle antiche città più di 100 fortezze legionarie per la difesa, trasformando le due province in un enorme campo di battaglia per i 1.000 anni successivi, i daci si andarono dissolvendo tra le nebbie del Basso Impero e quelle dell’Alto Medioevo divenendo molto velocemente dei “Romani” a tutti gli effetti ed anzi al contrario dei conquistatori ne conservano molti aspetti e tradizioni.



 

 

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