N. 91 - Luglio 2015
(CXXII)
La prostituzione sacra a Locri Epizefiri
Ierodulia come offerta ad Afrodite
di Elisa Sottilotta
Locri
Epizefiri,
colonia
greca
sulle
rive
del
mar
Jonio,
è il
frutto
di
una
costruzione
politica
basata
sull’aristocrazia
e
sulla
grandezza
economica
e
artistica.
L’organizzazione
cultuale
della
polis
si
intreccia
col
rapporto
speculare
tra
Persefone
e
Afrodite:
la
prima
esprime
un
legame
con
la
fertilità
e la
prosperità
della
terra,
offrendo
anche
l’immagine
della
realtà
coniugale
-
immagine
alla
quale
tutte
le
donne
locresi
dovevano
aspirare
-;
la
seconda,
la
dea
dell’amore,
è
associata,
nel
mondo
locrese,
al
rito
sacro
della
prostituzione,
una
pratica
religiosa
che
avrebbe
contribuito
a
rendere
viva
la
terra
della
polis
e
l’equilibrio
con
la
divinità.
Il
rito
della
prostituzione
sacra
abbraccia
molti
popoli
del
Mediterraneo,
poiché
Afrodite
è in
continuo
divenire
da
una
religione
all’altra,
dagli
Assiri,
ai
Babilonesi,
ai
Greci,
ai
Romani:
è
segno
di
un
viaggio
che
ha
toccato
molte
culture,
trasformandosi
e
plasmandosi
sulle
credenze
e
sulla
storia
di
ogni
popolo
antico.
È
un’offerta
praticata
da
donne
consacrate,
esercitata
all’interno
di
un
santuario,
e
come
una
vera
e
propria
forma
di
prostituzione
esige
un
pagamento
in
denaro
che
finisce
nel
tesoro
della
tempio
-
conservato
dalle
ierodule
o
sacerdotesse.
Il
termine
ierodulia
si
riferisce
proprio
allo
scopo
sacrale
dell’esercizio
e
indica
il
legame
con
Afrodite
attraverso
l’atto
sessuale.
La
pratica
è
attestata
in
vari
santuari
sparsi
tra
le
rive
del
Mediterraneo
(Cipro,
Corinto,
Libano,
Persepoli,
Erice)
e
non
ha
un
sistema
universale:
il
fine
principale
sembra
essere
quello
di
rendere
omaggio
alla
dea,
offrendo
un
gruppo
di
donne
che
si
prestano
a
pratiche
sessuali,
e in
alcuni
casi
la
prostituzione
viene
praticata
da
donne
che,
prima
del
matrimonio,
si
offrono
in
cambio
di
denaro
per
ottenere
la
dote
e
per
ottenere
da
Afrodite
la
grazia
per
una
prospera
e
tranquilla
vita
coniugale.
A
Locri
l’esercizio
è
attestato
da
due
fonti,
in
realtà
contraddittorie
tra
di
loro:
Clearco
di
Soli
parla
del
rito
come
un
aspetto
conosciuto
e
praticato
all’interno
della
società
locrese,
frutto
di
un’antica
colpa
da
espiare;
Giustino,
invece,
cita
due
momenti
storici
importanti
della
storia
di
Locri
(prima
la
battaglia
contro
Reggio
e
poi
quella
contro
i
Lucani)
nei
quali
i
Locresi
votarono
un
sacrificio
che
avrebbe
coinvolto
le
vergini
della
città,
in
modo
da
ottenere
la
vittoria.
Le
due
fonti
letterarie
non
offrono
un
quadro
completo
della
situazione,
risultando
prive
di
importanti
dettagli.
Tuttavia,
le
caratteristiche
religiose
e
architettoniche
della
polis
danno
un
quadro
più
ampio:
l’area
dedicata
ad
Afrodite
si
affaccia
sul
mare,
in
un
complesso
che
si
sviluppa
sia
all’interno
che
all’esterno
della
cinta
muraria
e
che
comprende
il
centro
abitativo
-
commerciale
di
Centocamere,
la
stoà
a U,
la
casa
dei
leoni.
In
ognuno
di
questi
spazi
c’è
un
chiaro
riferimento
alla
venerazione
religiosa
di
Afrodite
e
anche
all’aspetto
“sessuale”
che
caratterizzava
la
divinità,
come
possono
dimostrarlo
le
statuette
in
terracotta
di
Grotta
Caruso,
dove
Afrodite
è
rappresentata
nella
celebre
posa
erotica,
col
panneggio
che
le
cade
e
lascia
nudo
parte
del
corpo,
o la
statua
lignea
rifinita
in
oro
decantata
da
Nosside,
la
famosa
poetessa
di
Locri
Epizefiri,
e
cocci
sui
quali
erano
incise
le
prime
tre
lettere
del
nome
della
dea.
A
Centocamere
sono
state
ritrovate
terracotte
che
rappresentano
figure
maschili
sdraiate
su
letti,
veri
e
propri
banchettanti
che
suggeriscono
il
rituale
del
simposio
o
che
rappresentano
Dioniso
-
riferimento
quindi
all’orfismo
che
si
respirava
a
Locri.
La
stoà
a U
è un
edificio
porticato
che
ospitava
almeno
venti
stanze
dove
probabilmente
avveniva
il
rito
della
prostituzione
sacra,
e il
cortile
circondato
dagli
ambienti
era
un
vero
e
proprio
pozzo
sacro
dove
sono
state
ritrovate
371
offerte
alla
dea.
Anche
la
casa
dei
leoni
è
una
struttura
sacra
dove
aveva
luogo
un
rito:
in
questo
caso
si
tratta
probabilmente
delle
feste
Adonie
in
onore
di
Adone,
amato
da
Afrodite,
che
avevano
una
valenza
sacrale
in
quanto
si
svolgevano
su
uno
sfondo
sessuale
che
mimava
non
solo
l’atto
in
sè,
ma
anche
l’unione
coniugale
tra
donna
e
uomo.
La
prostituzione
sacra
riceveva
un’importante
consenso
nella
società
locrese,
nonostante
si
trattasse
di
un’espressione
sessuale
basata
sul
ricevimento
di
denaro:
ma
era
proprio
quel
denaro
che
faceva
ruotare
l’economia
della
polis,
e il
concetto
della
sacralità
giustificava
il
meretricio.
L’aspetto
religioso
si
fondeva
con
quello
civile
e le
donne
diventavano
protagoniste
di
questo
potere
sacrale,
occupando
una
posizione
di
prestigio
che
si
esprimeva
attraverso
i
culti
di
Persefone,
Afrodite
e
Adone
interpretati
come
simboli
di
femminilità.