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N. 23 - Aprile 2007

LA CURIOSA PROPOSTA DI UN ORNITOFILO

Interesse generale ed interesse paticolare

di Matteo Liberti

 

Nell’Ottobre del 1894 prendeva velocemente corpo un piccolo opuscolo scritto dal dott. Ohlsen nel Palazzo Farnese di Caprarola e che lui stesso intitolò La curiosa proposta di un ornitofilo.

 

Dopo un breve excursus intorno all’utilità delle tasse, e al fastidio che esse però provocavano per i cittadini, veniva fatto notare con ironia come in Italia quasi tutto il tassabile fosse già stato in qualche maniera tassato.

 

Non mancava, a quel punto, che una sola ultima gabella.

 

E così lo studioso si assumeva l’incarico di proporla lui stesso: una tassa sui gatti.

 

La motivazione per questa tassa era la seguente: “Io ho militato sempre in favore della protezione degli uccelli utili all’agricoltura”, ragion per cui “...ora accenno che non solo uccellagione e caccia sono mezzi per distruggere uccelli, ma abbiamo anche altri elementi sterminatori, fra cui non ultimo il gatto.”

 

Ponendo nei comuni rurali una tassa sui gatti (peraltro estremamente utili per cacciare i topi dalle case), così come si era già fatto coi cani, si sarebbe potuto ottenere di limitarne la riproduzione. Chi si fosse trovato costretto a pagare una tassa sul proprio gatto avrebbe tenuto l’animale con maggiori cure, impedendogli anche di uscire di casa troppo spesso.

 

Il felino avrebbe cosi avuto molte meno possibilità di andar fuori per accoppiarsi e, soprattutto, di trovarsi faccia a faccia con qualche uccello.

 

Grazie a questa nuova eccentrica tassa, si sarebbe così reso un doppio e prezioso servigio, allo stesso tempo nei confronti dell’agricoltura e delle casse comunali.

 

“I comuni rurali propongano, le deputazioni provinciali approvino ed i prefetti, dove è il caso, suggeriscano e raccomandino la tassa-gatto.”

 

Dall’utilità della tassa-gatto il discorso si poteva e si può ampliare verso una più ampia considerazione su quanto gli interessi particolari di un individuo o di un gruppo di individui (in questo caso i tassati) possano in molti casi scontrarsi, piuttosto che conciliarsi, con quelli che sono considerati gli interessi generali di una comunità.

 

Per quanto riguarda il mondo degli uccelli ed i loro rapporti con l’agricoltura e con l’uomo, questa comunità era formata soprattutto dall’insieme degli Stati Nazionali dell’Europa, i cui cieli, ogni anno, vengono attraversati da centinaia di specie provenienti da molte parti del mondo.

 

In breve, ogni cittadino di ognuno di questi stati avrebbe dovuto avere un interesse a che il patrimonio venatorio proprio e delle altre nazioni non avesse a sparire.

 

A chi appartiene, infatti, la selvaggina?

 

Essa dovrebbe essere, ammesso che abbia dei padroni, tanto dei cacciatori quanto dei non-cacciatori, poiché né gli uni né gli altri ne ebbero mai, in fondo, una particolare eredità.

 

Quel che è sicuro, però, è che essa può essere utile a tutti. I cacciatori, d’altra parte, sembrano essere stati speso considerati quali gli unici legittimi fruitori degli uccelli. La legge stessa, mentre dichiarava di continuo il diritto più assoluto sulle proprietà terriere, permetteva poi il rilascio dei permessi di caccia per i fondi sotto proprietà privata.

 

Questo evidente contrasto faceva così sorgere e maturare un continuo conflitto fra le due figure più coinvolte: il proprietario ed il cacciatore.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Carlo Ohlsen, La curiosa proposta di un ornitofilo, Caprarola 1894

 



 

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