N. 128 - Agosto 2018
(CLIX)
“Animali tecnologici”
Il
progresso
scientifico
e il
destino
dell’umanità
di Norberto
Soldano
La
tendenza
dei
singoli
individui
ad
associarsi
in
comunità,
dando
vita
così
a
strutture
organizzate,
fa
di
essi
degli
animali
“sociali”.
Nella
Politica,
Aristotele
eleva
l’uomo
ad
animale
“politico”,
dal
momento
che
inconsapevolmente
avverte
il
bisogno
di
contribuire
alla
costituzione
di
una
collettività.
I
dissenzienti
di
questa
teoria
non
mancano:
primo
fra
tutti
Thomas
Hobbes
che,
secoli
dopo,
considererà
l’uomo
un
“essere
asociale”.
Alcuni
filosofi
medievali,
nel
chiaro
e
palesato
intento
di
rileggere
in
chiave
cristiana
le
tesi
aristoteliche,
hanno
elaborato
la
nozione
di
“animale
dialogico”;
altri
storici,
in
tempi
più
recenti,
hanno
abbozzato
il
prototipo
di
“animale
democratico”.
Oggi
ci
troviamo
dinanzi
ad
una
nuova
inesplorata
nonché
inedita
categoria
descrittiva
dell’essere
umano:
l’animale
“tecnologico”.
Nell’era
dei
“tablet”
e
degli
“smartphone”,
manifesti
sono
divenuti
i
riflessi
del
mondo
multimediale
nella
sfera
delle
relazioni
“reali”.
Molti
adolescenti
che
attraversano
momenti
di
depressione
preferiscono
rifugiarsi
nella
propria
“cantina
virtuale”
celando
il
proprio
malumore
dietro
uno
schermo,
che
di
trasparente
ha
ben
poco,
anziché
affrontare
di
petto
i
problemi
che
opprimono
il
loro
stato
d’animo,
ridere
per
una
battuta
sciocca
e un
pizzico
di
sano
umorismo
inglese.
La
rivoluzionaria
invenzione
della
ruota
in
Mesopotamia
ebbe
quale
risvolto
il
suo
immediato
impiego
per
i
carri
da
combattimento
in
battaglia.
I
fratelli
Wright,
passati
alla
storia
come
i
pionieri
dell’aviazione,
realizzarono
la
prima
apparecchiatura
robotizzata
“più
pesante
dell’aria”
sognando
di
potersi
spostare
più
agevolmente
nella
propria
tenuta;
l’eterogenesi
dei
fini
volle
che
nel
1911,
durante
la
guerra
in
Libia
voluta
dal
Governo
Giolitti
e
osteggiata
animatamente
da
Benito
Mussolini
e
Pietro
Nenni,
gli
Italiani
sperimentarono
l’utilizzo
dell’aereo
per
i
bombardamenti
dal
cielo.
La
polvere
da
sparo,
la
cui
scoperta
è da
attribuire
alla
Cina
del
IX
secolo,
fu
adoperata
sin
da
subito
per
scopi
bellici:
non
ha
sfiorato
la
mente
di
nessuno
che
potesse
ridursi
a
brillante
espediente
per
armonizzare
le
feste
popolari,
ad
alimentare
l’allegria
negli
infanti
con
i
giochi
pirotecnici.
Subito
l’industria
iniziò
a
sfornare
dapprima
archibugi;
successivamente
cannoni
e
baionette.
Anche
il
progetto
sulla
costruzione
della
“macchina
di
Turing”,
il
primo
grande
passo
verso
il
computer
digitale,
fu
finanziato
dagli
apparati
britannici,
durante
la
Seconda
Guerra
Mondiale,
per
sole
esigenze
di
politica
militare.
Fotografiamo
in
questi
rapidi
passaggi
quanto
l’innovazione
tecnologica
si
sia
sempre
prestata
volentieri
nel
corso
della
storia
alle
imprese
sanguinarie
dell’uomo,
inebriati
ora
dal
carisma
di
un
leader
piuttosto
che
di
un
altro.
Dobbiamo
forse
iniziare
a
guardarci
bene
anche
dagli
esperimenti
sulla
genetica
e la
clonazione?
Adesso
che
i
mezzi
tecnologici
sembrano
apparentemente
alla
portata
di
tutti,
nel
pieno
della
minaccia
terroristica,
ciò
può
rappresentare
un
serio
rischio
per
la
pubblica
incolumità,
poiché
persino
i
“droni”
amatoriali
possono
trasformarsi
in
dispositivi
letali
di
morte
e
distruzione,
se
adoperati
come
utili
“cavalli
di
Troia”
nelle
nostre
città,
trasportando
materiale
dinamitardo
da
sganciare
sulle
povere
masse
inermi.
Dove
ci
condurrà
il
progresso
della
scienza?
Sul
versante
macroscopico
il
discorso
si
fa
notevolmente
più
complesso:
il
rinnovamento
nel
settore
delle
armi
e
delle
telecomunicazioni
in
cosa
culminerà?
È
immaturo
ritenere
che
in
avvenire
la
bomba
atomica
sarà
una
quisquiglia
rispetto
a
strumenti
all’avanguardia
capaci
di
generare
campi
magnetici
e
paralizzare
le
forze
armate
di
interi
continenti?
Questo
è il
grande
interrogativo
che
l’uomo
“technologicus”
dovrà
porsi.
I
singoli
oggetti
che
ci
circondano,
un
innocuo
elettrodomestico
come
la
lama
affilata
di
un
coltello,
sono
fondamentalmente
“neutri”:
è la
nostra
volontà
a
decidere
che
uso
farne.
È il
punto
di
vista
di
ciascuno
di
noi
che
nel
suo
insieme
fa
la
differenza.
«Considerate
la
vostra
semenza:
fatti
non
foste
a
viver
come
bruti,
ma
per
seguir
virtute
e
canoscenza».
Sono
queste
le
parole,
più
che
mai
attuali
e
magnificamente
proiettate
al
futuro,
che
il
“sommo
poeta”
fa
pronunciare
a
Ulisse
nel
Canto
XXVI
ne
l’Inferno
della
Divina
Commedia.
Nel
terzo
millennio
essere
“bruti”
significherà
lasciarsi
“alienare”
dalla
tecnologia:
cedere
alla
sfarzosità
dei
lussi;
crogiolarsi
al
sole,
consapevoli
delle
comodità
derivanti
dalla
stessa;
rinunciare
all’emozione
di
una
stretta
di
mano,
di
un
sorriso
sincero
e di
un
occhiolino
ironico;
respingere
ogni
forma
di
debolezza
per
un’impostazione
fredda
e
più
cinica;
prediligere
il
“materialismo
sessuale”
alle
esperienze
sentimentali;
veder
prevalere
il
bieco
lassismo
sulla
creatività;
rinchiudersi
nei
“confort”
delle
quattro
mura
domestiche;
osannare
l’egoismo
voltando
le
spalle
al
prossimo;
disertare
le
piazze;
disinteressarsi
della
“cosa
pubblica”
legittimando
in
questo
modo,
passivamente,
chi
governa
a
portare
avanti
le
proprie
guerre
di
sempre
più
vaste
proporzioni.
Di
converso,
“inseguire
virtute
e
canoscenza”
comporterà
dei
sacrifici,
ma
renderà
gloriosa
la
specie
umana.
Nobili
saranno
i
traguardi
che
questa
potrà
raggiungere:
risolvere
il
problema
della
fame
del
mondo;
guarire
gli
ecosistemi
vittime
innocenti
dell’inquinamento
atmosferico;
elargire
cure
gratuite
a
tutti
gli
abitanti
della
Terra;
attenuare
le
profonde
diseguaglianze;
introdurre
nuovi
sistemi
di
prevenzione
per
la
sicurezza
delle
opere
pubbliche;
imparare
a
fronteggiare,
in
provvidenziale
anticipo,
le
calamità
naturali;
esplorare
l’universo;
ridurre
lo
“stress”
quotidiano;
investire
nella
robotica
perché
ci
alleggerisca
dalle
asperità
del
lavoro;
ideare
una
società
2.0
che
possa
fare
volentieri
a
meno
dei
tassativi
obblighi
giornalieri
e
dell’economia
di
mercato,
che
ci
consenta
quindi
di
poterci
dedicare
alla
contemplazione,
alla
riflessione
filosofica,
alla
ricerca
in
ogni
campo
del
sapere;
potenziare
gli
spazi
di
democrazia
“diretta”
e
migliorare
la
partecipazione
politica
dei
cittadini.
In
altre
parole,
il
preludio
di
una
nuova
“Età
dell’oro”.
Sapremo
esserne
all’altezza?
La
riscoperta
di
sé
stessi
o
una
“schiavitù
mascherata”
i
cui
tragici
scenari
potranno
essere
molteplici:
un
difficile
bivio
che
non
perdonerà
errori
o
amari
ripensamenti.