N. 70 - Ottobre 2013
(CI)
IL PROCESSO DI INTEGRAZIONE EUROPEA
PARTE V - GLI ANNI '70
di Laura Ballerini
Gli
anni
`70
rappresentarono
un
punto
di
svolta
per
il
rilancio
della
collaborazione,
specialmente
politica,
europea,
proprio
perché
si
aprirono
con
il
fallimento
del
disegno
gollista
e di
quello
kennedyano
e
con
una
nuova
posizione
di
entrambi
i
paesi.
Gli
Stati
Uniti,
infatti,
erano
coinvolti
nel
così
chiamato
“pantano
asiatico”,
ovvero
la
guerra
in
Vietnam,
che
li
distoglieva
dalle
questioni
europee.
In
Francia,
invece,
dopo
l’uscita
di
scena
di
De
Gaulle,
era
andato
alla
guida
dell’Eliseo
Pompidou,
che
fece
uscire
il
suo
paese
dalla
precedente
situazione
di
isolamento,
riallacciando
i
rapporti
con
le
altre
nazioni.
Per
prima
cosa
sollevò
il
veto
all’ingresso
di
Gran
Bretagna,
Irlanda
e
Danimarca,
determinando
il
passaggio
da
sei
a
nove
membri
della
comunità
europea.
Questo
allargamento,
insieme
ad
altri
importanti
temi,
venne
affrontato
alla
conferenza
dell’Aja,
nel
gennaio
`69.
Come
ventuno
anni
prima
questa
città
olandese
ospitò
il
vertice
dove
veniva
discusso
il
processo
d’integrazione
europea.
La
Francia
si
era
decisa
all’ingresso
dei
tre
paesi
non
solo
per
trasmettere
un
cambiamento
rispetto
alla
politica
precedente,
ma
anche
e
soprattutto
per
un
nuovo
timore
verso
la
Germania
federale
e il
cancelliere
liberale
Brandt.
Quest’ultimo
infatti,
con
un
discorso
alla
conferenza
dell’Aja,
preannunciava
l’abbandono
della
precedente
politica
subalterna
verso
gli
Stati
Uniti,
per
proporsi
in
prima
linea
nel
dialogo
con
gli
stati
dell’URSS
per
il
riavvicinamento
delle
due
Germanie
(Ostpolitik).
Durante
la
conferenza
vennero
inoltre
approvati
i
provvedimenti
inerenti
la
PAC
osteggiati
da
De
Gaulle
e si
iniziò
a
parlare
di
unione
economica
e
monetaria.
Per
quel
che
riguarda
il
rilancio
della
collaborazione
politica
la
Francia
non
trovò
grandi
collaboratori.
La
Germania
era
presa
dalla
Ostpolitik;
Inghilterra,
Irlanda
e
Danimarca
non
avrebbero
mosso
un
passo
per
la
causa,
essendo,
notoriamente,
favorevoli
all’indirizzo
unionista;
restavano
allora
l’Italia
e la
partecipazione
di
belgi
e
olandesi.
Ma
l’Italia,
dopo
le
contestazione
del
`68,
era
piegata
dal
terrorismo
nero
e
rosso
e
dalle
questioni
di
politica
interna.
La
spinta
all’integrazione,
come
tante
volte
era
accaduto
in
passato,
venne
dall’esterno
e
più
precisamente
dalla
crisi
economica
scaturita
dalla
svalutazione
del
dollaro.
Nel
1971,
l’allora
presidente
USA
Nixon
decise
di
fronteggiare
il
forte
passivo
degli
USA
rompendo
gli
accordi
di
Bretton
Woods
e
del
GATT.
Il
dollaro
non
era
più
convertibile
e di
conseguenza
non
era
più
la
base
degli
scambi
commerciali,
ma
veniva
svalutato
del
20 %
in
due
anni.
Il
contraccolpo
in
Europa
fu
fortissimo
e i
valori
delle
monete
cominciarono
a
fluttuare.
Da
questo
momento
si
aprirono
consultazioni
durate
quasi
20
anni
e
concluse
con
la
nascita
della
WTO
(World
Trade
Organization).
La
crisi
economica
portò
gli
stati
europei
a
rilanciare
la
loro
collaborazione
e a
riunirsi
nel
`72
nella
conferenza
di
Parigi.
Per
prima
cosa
venne
istituito
il
“serpente
monetario”
europeo
che
stabiliva
i
margini
di
fluttuazione
delle
valute
degli
stati
membri
con
il
dollaro
al
2.25%.
Venne
preso
in
esame
il
piano
Werner,
sulla
graduale
unione
economica
e
monetaria
(UEM,
prevista
per
il
1980),
e il
piano
Davignon
per
una
cooperazione
politica
europea
(CPE),
che
riprendeva
la
CPO
di
De
Gaulle.
L’idea
piacque
anche
agli
Stati
Uniti
che
proposero
delle
riunioni
di
vertici
mondiali:
alla
prima,
il
G5,
presenziarono
USA,
Francia,
Germania,
Gran
Bretagna
e
Cina,
poi
si
parlò
di
G7
con
l’entrata
di
Italia
e
Canada.
Ad
aggravare
la
situazione
economica,
in
seguito
alla
svalutazione
del
dollaro,
fu
lo
shock
petrolifero
del
`73.
In
quell’anno,
infatti,
aveva
avuto
luogo
la
guerra
del
Kippur
e la
crescita
continua
delle
tensioni
tra
Israele
e
gli
stati
arabi:
questi
ultimi,
per
vendicarsi
delle
potenze
occidentali
ritenute
filoisraeliane
(USA
in
primis),
procedettero
all’embargo
petrolifero
che
ebbe
serissime
conseguenze
nell’economia
europea.
I
nove
non
ritenevano
più
che
gli
Stati
Uniti
stessero
facendo
i
loro
interessi,
ma
che
anzi
non
si
curassero
delle
conseguenze
delle
loro
alleanze
in
Europa.
Per
questo
motivo
dal
`73
al
`75
si
riunirono
a
Helsinki
nella
Conferenza
sulla
Sicurezza
Comune
Europea,
dove
affrontarono
i
tre
panieri
dei
diritti
umani,
della
tecnologia
e
della
sicurezza.
Si
impegnarono
così
per
conservare
la
pace,
l’inviolabilità
dei
confini,
la
collaborazione
in
campo
economico
e
culturale
e il
rispetto
dei
diritti
umani.
Nel
` 75
venne
inoltre
istituito
un
organo
dove
discutere
delle
questioni
politiche
che
prenderà
il
nome
di
Consiglio
Europeo,
privo
però
di
poteri
sovranazionali.
Dopo
la
prima
metà
degli
anni
`70
venne
dunque
alla
luce
il
grande
divario
tra
il
livello
di
integrazione
raggiunto
in
campo
economico
e in
quello
politico;
nel
primo,
infatti,
si
parla
di
integrazione,
con
la
previsione
di
un’unione
economica
e
monetaria,
con
organi
sovranazionali;
nel
secondo
campo,
invece,
si
parla
solo
di
cooperazione,
ferma
al
livello
intergovernativo.
È un
Europa
che
è
stata
definita
“a
due
velocità”
o “
a
geometria
variabile”.
Venne
allora
affidato
a
Tindemans
il
compito
di
stilare
un
rapporto
per
compensare
questa
disparità:
la
prima
cosa
era
abbandonare
il
termine
“Comunità
Europea”
per
“Unione
Europea”:
non
bastava
la
sola
integrazione
economica,
bisognava
procedere
all’integrazione
politica
e il
Consiglio
europeo
era
una
prima
risposta.
L’altra
soluzione
del
rapporto
Tindemans
riguardava
il
deficit
democratico,
ovvero
lo
scarso
coinvolgimento
dell’opinione
pubblica
nelle
questioni
europee:
nel
1979
vi
furono
le
prime
elezioni
del
Parlamento
europeo
a
suffragio
universale
diretto.
Nel
corso
di
questo
decennio
gli
stati
europei
fecero
dei
significativi
passi
avanti
nel
processo
di
integrazione,
aprendo
la
strada
agli
eventi
del
decennio
successivo.
Dopo
gli
sconvolgimenti
provocati
dalla
svalutazione
del
dollaro,
dalla
crisi
petrolifera
e
dal
terrorismo,
vi
sarà
una
nuova
corsa
agli
armamenti
e un
nuovo
inasprimento
delle
tensioni
Est-Ovest
a
focalizzare
l’attenzione
europea.