N. 65 - Maggio 2013
(XCVI)
La difesa dei principati crociati in Terra Santa
gli Aleramici di Monferrato - Parte V
di Christian Vannozzi
Il
24
maggio
la
flotta
lasciò
Corfù,
e
dopo
aver
circumnavigato
il
Peloponneso,
proseguì
costeggiando
le
isole
di
Eubea
e di
Andro,
alla
volta
di
Abido
sull’Ellesponto,
dove
le
navi
che
avevano
fatto
vela
per
prime
attendevano
di
essere
raggiunte
dal
grosso
della
flotta.
La
flotta
di
fatti,
giunta
a
Negroponte,
si
divise
in
due
squadre:
mentre
la
prima
proseguiva
per
Abido,
sulla
costa
asiatica
della
Turchia,
la
seconda,
con
i
grandi
capi
della
crociata,
compieva
una
scorreria
per
rifornirsi
nell’isola
di
Andros.
Il
ricongiungimento
avvenne
all’imboccatura
del
Bosforo,
ad
Abido,
che
la
sua
posizione
geografica
richiamava
ai
cavalieri
franchi,
imbevuti
di
storia
troiana
attraverso
l’epopea
di
Benoit
di
Sainte-Maure,
la
memoria
dell’antica
città
distrutta
dagli
achei.
Di
là
veleggiarono
verso
Costantinopoli.
La
città
che
poteva
contare
secondo
il
Villehardouin
ben
quattrocentomila
abitanti
doveva
sembrare
enorme
agli
occhi
dei
cavalieri
franchi
e
dei
veneziani.
La
varietà
ed
il
numero
degli
edifici
monumentali,
i
palazzi
signorili
e le
chiese
facevano
apparire
ai
“pellegrini”
la
capitale
dell’impero
come
la
città
più
bella
del
mondo.
Il
23
giugno
i
crociati
giunsero
in
vista
di
Costantinopoli,
restandone
affascinati
dallo
splendore.
Dopo
un
consiglio
di
guerra
svoltosi
nel
monastero
di
Santo
Stefano,
la
flotta
sbarcò
a
Calcedonia
il
24
giugno
1203.
Non
si
ha
notizia
di
un
solo
intervento
della
flotta
bizantina
che,
secondo
Antonio
Carile,
era
in
uno
stato
di
totale
disorganizzazione.
Il
26
giugno
la
flotta
veleggiò
verso
Scutari,
il
sobborgo
asiatico
di
Costantinopoli,
che
fu
raggiunto
via
terra
dalla
cavalleria.
Bastò
una
squadra
di
ottanta
cavalieri
per
mettere
in
fuga
il
Μέγας
Δουξ,
ammiraglio
in
capo
della
flotta
imperiale
Michele
Stryphnos,
alla
testa
di
un
corpo
di
cinquecento
cavalieri.
Secondo
Antonio
Carile
la
mancanza
di
combattività
dell’esercito
bizantino
è un
problema
storico
che
coinvolge
da
un
lato
la
situazione
generale
dell’autocrazia
romea,
e
dall’altro
una
probabile
superiorità
tecnica
dell’armamento
e
della
tattica
occidentale.
Le
truppe
bizantine,
composte
ormai
solo
in
minima
parte
dagli
antichi
stratiotai
(stratiotai),
contadini
combattenti
che
usufruivano
per
il
loro
servizio
di
un
piccolo
appezzamento
di
terra,
travolti
dall’espansione
del
latifondo,
contro
cui
lottarono
invano
gli
imperatori
della
dinastia
macedone;
pur
avendo
un’antica
tradizione
militare,
si
ritirarono
quasi
senza
combattere.
Questa
sembra
essere
stata
l’unica
reazione
di
carattere
militare
dell’imperatore
Alessio
III,
che
pur
era
stato
informato
da
mesi
sulle
intenzioni
dei
crociati.
Dinanzi
alla
meravigliosa
capitale
d’Oriente
la
flotta
spiegò
tutta
la
propria
magnificenza,
sfilando
rasente
le
rive
gremite
di
folla.
Ma
quando
i
crociati
presero
terra
si
resero
conto
che
nessuno
si
era
volto
a
sostegno
del
giovane
Alessio.
Infatti
trovarono
ad
attenderli
un
messo
dell’imperatore
Alessio
III,
un
italiano
di
nome
Nicolò
Rossi,
con
doni
ed
offerte
che
furono
duramente
respinte.
La
parata
navale
compiuta
il 4
luglio
sotto
le
mura
di
Costantinopoli,
con
il
pretendente
esibito
sulla
galea
rossa
del
doge
alla
folla
romea
ammassata
in
silenzio
sulle
mura.
L’effetto
purtroppo
non
fu
quello
sperato:
di
fronte
alle
truppe
occidentali
al
servizio
del
pretendente,
la
città
si
era
avvicinata
ad
Alessio
III,
imperatore
non
amato
dai
greci,
ma
preferito
ad
un
principe
che
si
presentava
con
un
esercito
latino
che
avrebbe
minacciato
l’integrità
giurisdizionale
e
culturale
della
propria
chiesa
che
era
ora
minacciata
da
un
esercito
che
portava
la
croce
e
che
era
stato
radunato
dal
papa.
Le
compagnie
I e
II,
sotto
il
rispettivo
comando
del
conte
di
Fiandra
Baldovino
e
del
conte
Enrico
di
Hainaut,
raggruppano
i
cavalieri,
gli
arcieri
ed i
balestrieri
di
Fiandra.
I
cavalieri
dello
Champagne
e
del
dominio
reale
di
Francia,
sono
raggruppati
nelle
compagnie
III,
IV e
V,
sotto
il
rispettivo
comando
del
conte
Ugo
di
Saint-Pol,
del
conte
Luigi
di
Blois
e di
Matteo
di
Montmorency.
La
compagnia
VI,
sotto
il
comando
di
Eudes
de
Champlitte,
raggruppa
i
cavalieri
della
Borgogna,
mentre
l’ultima
compagnia,
sotto
il
comando
di
Bonifacio
di
Monferrato,
raggruppa
i
cavalieri
lombardi,
toscani
e
alemanni.
Alessio
III
concede
l’iniziativa
delle
operazioni
militari
direttamente
ai
crociati.
Questi
operano
uno
sbarco
sulla
riva
di
Costantinopoli
il 5
luglio,
senza
che
l’esercito
imperiale,
schierato
dentro
le
mura
della
città,
li
contrastasse
validamente.
Visto
questo
schieramento,
i
cittadini
di
Costantinopoli
non
osarono
contrastare
i
cavalieri
franchi.
Dopo
lo
sbarco
le
truppe
crociate
si
accamparono
davanti
al
palazzo
della
Blacherne,
residenza
degli
imperatori
bizantini
fin
dai
tempi
dei
Comneni,
situato
a
ridosso
delle
mura
nel
lato
nord-est
della
città.
I
Veneziani,
per
superare
le
solide
mura
della
capitale
bizantina,
prepararono
dei
ponti
volanti
da
applicare
agli
alberi
delle
navi
per
un
attacco
alle
mura
del
Corno
d’Oro.
I
“pellegrini”
si
acquartierarono
tra
il
palazzo
delle
Blacherne
ed
il
castello
di
Boemondo,
così
detto
perché
Boemondo
d’Altavilla
vi
alloggiò
durante
la
prima
crociata.
Teodoro
Lascaris,
a
capo
dell’aristocrazia
bizantina,
convinse
l’irrisoluto
Alessio
III
a
schierare
l’esercito
imperiale
contro
i
crociati
in
campo
aperto.
Le
truppe
bizantine
si
schierarono
così
contro
i
franchi
che
avevano
alle
loro
spalle
il
mare
e
che
sarebbero
stati
facilmente
sconfitti
con
una
manovra
decisa
di
truppe
numericamente
superiori,
quali
erano
quelle
che
difendevano
la
capitale.
I
veneziani
sbarcarono
in
un
punto
più
a
sud
lungo
la
muraglia
del
Corno
d’Oro,
riuscendo
ad
occupare
un
tratto
di
mura
comprendente
25
torri.
Per
difendere
questo
tratto
di
mura
da
un
contrattacco
greco,
i
veneziani
appiccarono
un
incendio
alle
case
antistanti
le
mura.
E’
il
primo
degli
incendi
che
devastarono
Costantinopoli
e si
sviluppò
per
circa
un
miglio
dalle
Blacherne
al
monastero
dell’Evergete,
trovando
alimento
nelle
costruzioni
in
legno
e
nei
depositi
di
merce.
Gli
aristocratici
di
Bisanzio
a
questo
punto
ricollocarono
sul
trono
Isacco
II
Angelo,
malgrado
la
sua
cecità
e
quindi
contro
tutte
le
tradizioni.
Cadeva
in
questo
modo
la
bandiera
del
legittimismo
dinastico
impugnata
dai
crociati.
I
crociati
mandarono
allora
un’ambasceria
per
verificare
la
nova
situazione
e
per
richiedere
all’imperatore
la
conferma
dei
patti
del
figlio.
Gli
inviati
furono
Matteo
di
Montmorency
ed
il
maresciallo
Geoffrey
de
Villehardouin.
Isacco
Angelo
pur
facendo
presente
ai
crociati
la
difficoltà
di
attuazione
delle
richieste
non
poteva
che
sottoscrivere
gli
impegni
presi
dal
figlio.
Il
giovane
imperatore
per
rafforzare
il
suo
dominio
si
circondò
di
funzionari
a
lui
fedeli
esautorando
tutti
coloro
che
potevano
essergli
ostili.
Il
problema
di
Alessio
III
rifugiatosi
sul
confine
bulgaro
era
poi
di
vitale
importanza
per
far
tacere
l’aristocrazia
e
quella
parte
dell’esercito
che
poteva
nutrire
speranze
in
un
ritorno
del
vecchio
imperatore.
Bonifacio
di
Monferrato
ed
il
doge
di
Venezia,
ormai
interessati
al
consolidamento
del
potere
di
Alessio
IV,
accettarono
senza
indugio
la
proposta
dell’imperatore.
Il
marchese
di
Monferrato
con
i
suoi
cavalieri
aiutarono
infatti
Alessio
IV
in
una
compagna
militare
lungo
il
confine
bulgaro,
per
contrastare
i
bulgari
e i
governatori
della
Tracia
che
ancora
non
si
erano
sottomessi
al
nuovo
imperatore.
La
campagna
militare,
che
ebbe
luogo
tra
l’agosto
ed
il
novembre
del
1203,
portò,
secondo
la
cronaca
del
Clari,
venti
città
e
quaranta
castelli
della
Tracia
sotto
il
controllo
di
Alessio
IV.
Isacco
messo
in
disparte
si
dedicò
alle
pratiche
magiche
che
avrebbero
dovuto
ridonargli
giovinezza
e
potere.
In
campo
religioso
Alessio
IV
aveva
indotto
il
patriarca
di
Costantinopoli
a
fare
atto
di
formale
sottomissione
al
papato.
Innocenzo
III
però,
non
convinto
del
suo
effettivo
potere
sulla
chiesa
greca
invitò
l’imperatore
a
“perfezionare”
la
conversione
della
chiesa
d’Oriente
e
chiedeva
al
patriarca
di
rendere
pubblica
la
sua
sottomissione
recandosi
a
Roma
per
ricevere
il
pallio.
Durante
l’inverno
del
1203
l’atmosfera
nella
capitale
divenne
sempre
più
tesa:
inseriti
nel
tessuto
di
una
città
cosmopolita
i
Latini
diedero
subito
prova
di
brutalità
e di
intolleranza
religiosa.
Questi
perseguitarono
infatti
gli
ebrei
di
Costantinopoli
e
assaltarono
una
moschea.
Un
intero
quartiere
venne
bruciato
durante
gli
scontri.
Alessio
resosi
conto
che
non
sarebbe
mai
riuscito
ad
onorare
l’accordo
preso
a
Corfù,
dopo
la
campagna
di
Tracia,
divenne
sempre
più
brusco
ed
arrogante
nei
confronti
dei
crociati,
nella
speranza
che
lasciassero
Costantinopoli.
L’ostilità
di
Alessio
generò
un
enorme
malcontento
nel
campo
crociato.
Secondo
la
cronaca
del
Clari
lo
stesso
doge
Dandolo,
colui
che
più
di
tutti
temeva
la
perdita
dei
privilegi
commerciali
ai
quali
ambiva,
decise
di
andare
a
parlare
con
Alessio
per
convincerlo
a
rispettare
i
patti
assunti
a
Corfù.
Il
1°
gennaio
1204,
verso
mezzanotte,
furono
lanciati
verso
la
flotta
veneziana
diciassette
“brulotti”,
cioè
battelli
incendiari.
Questi
battelli
erano
vecchi
scafi
di
navi
riempiti
di
materiale
incendiario,
che
venivano
lanciati,
al
rimorchio
di
imbarcazioni
leggere
a
remi,
sulla
flotta
nemica,
nelle
occasioni
di
marea,
corrente
e
vento
favorevoli.
I
marinai
veneziani,
senza
farsi
sorprendere,
riuscirono,
con
grande
maestria,
a
salvare
le
proprie
navi.
Il
25
gennaio
un’assemblea
di
aristocratici
e
popolo,
riunita
a
Santa
Sofia,
discuteva
sulla
possibilità
di
deporre
gli
Angeli,
tale
proposta
veniva
dalla
fazione
antilatina
dell’aristocrazia
di
Costantinopoli.
Qualche
giorno
dopo
il
popolo
fece
incoronare
a
Santa
Sofia
l’aristocratico
Nicola
Canabos
imperatore
d’Oriente.
Alessio
Ducas
colse
l’occasione
per
imprigionare
il
giovane
imperatore
insieme
al
neo
eletto
Canabos.
Alla
fine
del
mese
di
gennaio
si
spense,
probabilmente
per
malattia,
anche
Isacco
Angelo.
Verso
il 5
febbraio
Alessio
Ducas,
non
avendo
più
avversari
si
fece
incoronare
imperatore
con
il
nome
di
Alessio
V.
Nel
marzo
1204
i
crociati,
alloggiati
a
Galata,
si
riunirono
in
assemblea.
Gli
eventi
militari,
politici
e
dinastici
che
si
erano
svolti
a
Costantinopoli
dall’agosto
1203
al
febbraio
1204
avevano
convinto
i
comandanti
crociati
che
era
necessaria
una
nuova
politica
nei
confronti
dell’impero
d’Oriente.
Costantinopoli
si
era
dimostrata
non
impossibile
da
prendere,
grazie
all’irresolutezza
dei
difensori
e
forse
all’inferiorità
tecnica
delle
truppe
romee.
La
città
presentava
inoltre
enormi
ricchezza,
dal
punto
di
vista
di
un
osservatore
occidentale;
le
province
erano
facili
da
conquistare,
come
aveva
dimostrato
la
facile
conquista
dei
territori
della
Tracia
in
agosto-settembre
al
seguito
di
Alessio
IV.