N. 64 - Aprile 2013
(XCV)
La difesa dei principati crociati in Terra Santa
gli Aleramici di Monferrato - Parte IV
di Christian Vannozzi
Il
24
maggio
la
flotta
lasciò
Corfù,
e
dopo
aver
circumnavigato
il
Peloponneso,
proseguì
costeggiando
le
isole
di
Eubea
e di
Andro,
alla
volta
di
Abido
sull’Ellesponto,
dove
le
navi
che
avevano
fatto
vela
per
prime
attendevano
di
essere
raggiunte
dal
grosso
della
flotta.
La
flotta
di
fatti,
giunta
a
Negroponte,
si
divise
in
due
squadre:
mentre
la
prima
proseguiva
per
Abido,
sulla
costa
asiatica
della
Turchia,
la
seconda,
con
i
grandi
capi
della
crociata,
compieva
una
scorreria
per
rifornirsi
nell’isola
di
Andros.
Il
ricongiungimento
avvenne
all’imboccatura
del
Bosforo,
ad
Abido,
che
la
sua
posizione
geografica
richiamava
ai
cavalieri
franchi,
imbevuti
di
storia
troiana
attraverso
l’epopea
di
Benoit
di
Sainte-Maure,
la
memoria
dell’antica
città
distrutta
dagli
achei.
Di
là
veleggiarono
verso
Costantinopoli.
La
città
che
poteva
contare
secondo
il
Villehardouin
ben
quattrocentomila
abitanti
doveva
sembrare
enorme
agli
occhi
dei
cavalieri
franchi
e
dei
veneziani.
La
varietà
ed
il
numero
degli
edifici
monumentali,
i
palazzi
signorili
e le
chiese
facevano
apparire
ai
‘pellegrini’
la
capitale
dell’impero
come
la
città
più
bella
del
mondo.
Il
23
giugno
i
crociati
giunsero
in
vista
di
Costantinopoli,
restandone
affascinati
dallo
splendore.
Dopo
un
consiglio
di
guerra
svoltosi
nel
monastero
di
Santo
Stefano,
la
flotta
sbarcò
a
Calcedonia
il
24
giugno
1203.
Non
si
ha
notizia
di
un
solo
intervento
della
flotta
bizantina
che,
secondo
Antonio
Carile,
era
in
uno
stato
di
totale
disorganizzazione.
Il
26
giugno
la
flotta
veleggiò
verso
Scutari,
il
sobborgo
asiatico
di
Costantinopoli,
che
fu
raggiunto
via
terra
dalla
cavalleria.
Bastò
una
squadra
di
ottanta
cavalieri
per
mettere
in
fuga
il
Μέγας
Δουξ,
ammiraglio
in
capo
della
flotta
imperiale
Michele
Stryphnos,
alla
testa
di
un
corpo
di
cinquecento
cavalieri.
Secondo
Antonio
Carile
la
mancanza
di
combattività
dell’esercito
bizantino
è un
problema
storico
che
coinvolge
da
un
lato
la
situazione
generale
dell’autocrazia
romea,
e
dall’altro
una
probabile
superiorità
tecnica
dell’armamento
e
della
tattica
occidentale.
Le
truppe
bizantine,
composte
ormai
solo
in
minima
parte
dagli
antichi
stratiotai
(stratiotai),
contadini
combattenti
che
usufruivano
per
il
loro
servizio
di
un
piccolo
appezzamento
di
terra,
travolti
dall’espansione
del
latifondo,
contro
cui
lottarono
invano
gli
imperatori
della
dinastia
macedone
pur
avendo
un’antica
tradizione
militare,
si
ritirarono
quasi
senza
combattere.
Questa
sembra
essere
stata
l’unica
reazione
di
carattere
militare
dell’imperatore
Alessio
III,
che
pur
era
stato
informato
da
mesi
sulle
intenzioni
dei
crociati.
La
parata
navale
compiuta
il 4
luglio
sotto
le
mura
di
Costantinopoli,
con
il
pretendente
esibito
sulla
galea
rossa
del
doge
alla
folla
romea
ammassata
in
silenzio
sulle
mura.
L’effetto
purtroppo
non
fu
quello
sperato:
di
fronte
alle
truppe
occidentali
al
servizio
del
pretendente,
la
città
si
era
avvicinata
ad
Alessio
III,
imperatore
non
amato
dai
greci,
ma
preferito
ad
un
principe
che
si
presentava
con
un
esercito
latino
che
avrebbe
minacciato
l’integrità
giurisdizionale
e
culturale
della
propria
chiesa
che
era
ora
minacciata
da
un
esercito
che
portava
la
croce
e
che
era
stato
radunato
dal
papa.
I
ceti
dirigenti
temevano
inoltre
che
i
cavalieri
latini
mettessero
‘radici’
nelle
terre
greche.
Il
timore
di
un’invasione
era
da
tempo
vivo
nelle
alte
sfere
bizantine
che
avevano
il
timore
di
perdere
i
propri
privilegi
e le
proprie
terre.
Le
compagnie
I e
II,
sotto
il
rispettivo
comando
del
conte
di
Fiandra
Baldovino
e
del
conte
Enrico
di
Hainaut,
raggruppano
i
cavalieri,
gli
arcieri
ed i
balestrieri
di
Fiandra.
I
cavalieri
dello
Champagne
e
del
dominio
reale
di
Francia,
sono
raggruppati
nelle
compagnie
III,
IV e
V,
sotto
il
rispettivo
comando
del
conte
Ugo
di
Saint-Pol,
del
conte
Luigi
di
Blois
e di
Matteo
di
Montmorency.
La
compagnia
VI,
sotto
il
comando
di
Eudes
de
Champlitte,
raggruppa
i
cavalieri
della
Borgogna,
mentre
l’ultima
compagnia,
sotto
il
comando
di
Bonifacio
di
Monferrato,
raggruppa
i
cavalieri
lombardi,
toscani
e
alemanni..
Alessio
III
concede
l’iniziativa
delle
operazioni
militari
direttamente
ai
crociati.
Questi
operano
uno
sbarco
sulla
riva
di
Costantinopoli
il 5
luglio,
senza
che
l’esercito
imperiale,
schierato
dentro
le
mura
della
città,
li
contrastasse
validamente.
Visto
questo
schieramento,
i
cittadini
di
Costantinopoli
non
osarono
contrastare
i
cavalieri
franchi.
Dopo
lo
sbarco
le
truppe
crociate
si
accamparono
davanti
al
palazzo
della
Blacherne,
residenza
degli
imperatori
bizantini
fin
dai
tempi
dei
Comneni,
situato
a
ridosso
delle
mura
nel
lato
nord-est
della
città.
I
Veneziani,
per
superare
le
solide
mura
della
capitale
bizantina,
prepararono
dei
ponti
volanti
da
applicare
agli
alberi
delle
navi
per
un
attacco
alle
mura
del
Corno
d’Oro.
I
veneziani
sbarcarono
in
un
punto
più
a
sud
lungo
la
muraglia
del
Corno
d’Oro,
riuscendo
ad
occupare
un
tratto
di
mura
comprendente
25
torri.
Per
difendere
questo
tratto
di
mura
da
un
contrattacco
greco,
i
veneziani
appiccarono
un
incendio
alle
case
antistanti
le
mura.
E’
il
primo
degli
incendi
che
devastarono
Costantinopoli
e si
sviluppò
per
circa
un
miglio
dalle
Blacherne
al
monastero
dell’Evergete,
trovando
alimento
nelle
costruzioni
in
legno
e
nei
depositi
di
merce.
Senza
aver
ancora
perduto
la
città
e
potendo
contare
su
numerose
truppe
l’imperatore
fuggi
dalla
capitale
diretto
a
Develtos,
sul
Mar
Nero,
al
confine
del
regno
bulgaro,
dove
si
era
approntato
una
roccaforte.
Lo
seguì
nella
fuga
la
sola
figlia
Irene.
L’imperatrice
Eufrosine,
sua
moglie,
dopo
aver
cercato
di
contrastarne
la
fuga,
si
rifiutò
di
seguirlo
e
cercò
un
successore
fra
i
membri
dell’aristocrazia,
ma
nessuno
osò
raccogliere
la
porpora
imperiale.
Gli
aristocratici
di
Bisanzio
a
questo
punto
ricollocarono
sul
trono
Isacco
II
Angelo,
malgrado
la
sua
cecità
e
quindi
contro
tutte
le
tradizioni.
Cadeva
in
questo
modo
la
bandiera
del
legittimismo
dinastico
impugnata
dai
crociati.
I
crociati
mandarono
allora
un’ambasceria
per
verificare
la
nuova
situazione
e
per
richiedere
all’imperatore
la
conferma
dei
patti
del
figlio.
Gli
inviati
furono
Matteo
di
Montmorency
ed
il
maresciallo
Geoffrey
de
Villehardouin.
Isacco
Angelo
pur
facendo
presente
ai
crociati
la
difficoltà
di
attuazione
delle
richieste
non
poteva
che
sottoscrivere
gli
impegni
presi
dal
figlio.
Il
1°
agosto
del
1203
il
principe
Alessio
con
il
nome
di
Alessio
IV
fu
incoronato
co-imperatore
in
Santa
Sofia.
Il
giovane
imperatore
per
rafforzare
il
suo
dominio
si
circondò
di
funzionari
a
lui
fedeli
esautorando
tutti
coloro
che
potevano
essergli
ostili.
Il
problema
di
Alessio
III
rifugiatosi
sul
confine
bulgaro
era
poi
di
vitale
importanza
per
far
tacere
l’aristocrazia
e
quella
parte
dell’esercito
che
poteva
nutrire
speranze
in
un
ritorno
del
vecchio
imperatore.
La
crociata
aveva
però
raggiunto
il
suo
scopo;
ora
toccava
ad
Alessio
e a
suo
padre
onorare
gli
impegni
assunti
pagando
quanto
dovuto,
dopo
di
che
i
veneziani
ed i
crociati
avrebbero
proseguito
per
la
loro
strada.
Alessio
IV
aveva
però
la
necessità
di
prolungare
la
permanenza
dei
crociati
a
Costantinopoli
che
secondo
gli
accordi
assunti
a
Corfù,
dovevano
lasciare
la
capitale
bizantina
per
la
Terra
Santa
entro
il
prossimo
mese
di
settembre.
Il
giovane
imperatore
decise
quindi
di
prolungare
il
loro
soggiorno
fino
a
marzo,
in
modo
da
potersi
insediare
saldamente
al
potere;
in
cambio
avrebbe
pagato
le
spese
del
noleggio
della
flotta
veneziana
per
l’anno
successivo
ed
avrebbe
fornito
il
mantenimento
dei
crociati
fino
a
Pasqua,
termine
entro
il
quale
prevedeva
di
disporre
del
denaro
occorrente
per
pagare
i
crociati.
Bonifacio
di
Monferrato
ed
il
doge
di
Venezia,
ormai
interessati
al
consolidamento
del
potere
di
Alessio
IV,
accettarono
senza
indugio
la
proposta
dell’imperatore.
Il
marchese
di
Monferrato
con
i
suoi
cavalieri
aiutarono
infatti
Alessio
IV
in
una
compagna
militare
lungo
il
confine
bulgaro,
per
contrastare
i
bulgari
e i
governatori
della
Tracia
che
ancora
non
si
erano
sottomessi
al
nuovo
imperatore.
La
spedizione
fu
costosissima
per
Bisanzio
che
dovette
pagare
al
solo
marchese
Bonifacio
1600
libbre
d’oro.
La
campagna
militare,
che
ebbe
luogo
tra
l’agosto
ed
il
novembre
del
1203,
portò,
secondo
la
cronaca
del
Clari,
venti
città
e
quaranta
castelli
della
Tracia
bizantina
sotto
il
controllo
di
Alessio
IV.
A
corte,
Alessio
IV,
entrò
in
attrito
con
il
padre:
questi,
in
quanto
cieco,
non
avrebbe
potuto
regnare,
secondo
la
tradizione
bizantina.
Per
contrastare
il
padre
Alessio
si
appoggiò
alla
fazione
aristocratica
che
aveva
sostenuto
lo
zio
usurpatore.
Durante
l’inverno
del
1203
l’atmosfera
nella
capitale
divenne
sempre
più
tesa:
inseriti
nel
tessuto
di
una
città
cosmopolita
i
Latini
diedero
subito
prova
di
brutalità
e di
intolleranza
religiosa.
Questi
perseguitarono
infatti
gli
ebrei
di
Costantinopoli
e
assaltarono
una
moschea.
Un
intero
quartiere
venne
bruciato
durante
gli
scontri.
Temendo
uno
scoppio
d’odio
nella
città,
oppressa
anche
per
i
tributi
richiesti
per
saldare
il
debito
che
Alessio
aveva
contratto
con
i
crociati,
i
Latini
residenti
a
Costantinopoli
si
rifugiarono
a
Galata,
sotto
la
protezione
dell’esercito
crociato.
Alessio
resosi
conto
che
non
sarebbe
mai
riuscito
ad
onorare
l’accordo
preso
a
Corfù,
dopo
la
campagna
di
Tracia,
divenne
sempre
più
brusco
ed
arrogante
nei
confronti
dei
crociati,
nella
speranza
che
lasciassero
Costantinopoli.
L’ostilità
di
Alessio
generò
un
enorme
malcontento
nel
campo
crociato.
Secondo
la
cronaca
del
Clari
lo
stesso
doge
Dandolo,
colui
che
più
di
tutti
temeva
la
perdita
dei
privilegi
commerciali
ai
quali
ambiva,
decise
di
andare
a
parlare
con
Alessio
per
convincerlo
a
rispettare
i
patti
assunti
a
Corfù.
Il
1°
gennaio
1204,
verso
mezzanotte,
furono
lanciati
verso
la
flotta
veneziana
diciassette
‘brulotti’,
cioè
battelli
incendiari.
Questi
battelli
erano
vecchi
scafi
di
navi
riempiti
di
materiale
incendiario,
che
venivano
lanciati,
al
rimorchio
di
imbarcazioni
leggere
a
remi,
sulla
flotta
nemica,
nelle
occasioni
di
marea,
corrente
e
vento
favorevoli.
I
marinai
veneziani,
senza
farsi
sorprendere,
riuscirono,
con
grande
maestria,
a
salvare
le
proprie
navi.
Il
fallimento
dell’attacco
acuì
il
risentimento
bizantino
verso
l’imperatore,
il
quale
era
stato
prima
alleato
e
incoronato
con
l’aiuto
dei
crociati
ed
ora
non
riusciva
a
cacciarli
da
Costantinopoli.
Il
25
gennaio
un’assemblea
di
aristocratici
e
popolo,
riunita
a
Santa
Sofia,
discuteva
sulla
possibilità
di
deporre
gli
Angeli,
tale
proposta
veniva
dalla
fazione
antilatina
dell’aristocrazia
di
Costantinopoli.
Qualche
giorno
dopo
il
popolo
fece
incoronare
a
Santa
Sofia
l’aristocratico
Nicola
Canabos
imperatore
d’Oriente.
Alessio
Ducas
colse
l’occasione
per
imprigionare
il
giovane
imperatore
insieme
al
neo
eletto
Canabos.
Alla
fine
del
mese
di
gennaio
si
spense,
probabilmente
per
malattia,
anche
Isacco
Angelo.
Verso
il 5
febbraio
Alessio
Ducas,
non
avendo
più
avversari
si
fece
incoronare
imperatore
con
il
nome
di
Alessio
V.
Alessio
Ducas,
che
agli
occhi
degli
Occidentali
si
era
macchiato
di
un
orribile
delitto,
si
presentava
ai
bizantini
come
esponente
della
reazione
militare
greca
alla
presenza
crociata
nel
cuore
dell’impero.
Nella
seconda
metà
di
febbraio
i
lavori
per
il
rafforzamento
delle
mura
e le
sopraelevazioni
in
legno
erano
ancora
in
corso.
I
generali
bizantini
ed i
comandanti
crociati
sapevano
che
l’avvento
della
primavera
avrebbe
segnato
lo
scontro
decisivo.
Sicuro
dell’appoggio
militare
e
della
popolazione,
Murzuflo,
dopo
aver
assassinato
il
principe
Alessio,
attacca
i
crociati
che
miracolosamente
riescono
a
respingerlo
ed a
superare
le
mura
di
Costantinopoli.
Una
volta
entrati
in
città
i
Greci
iniziano
a
demotivarsi
e
l’imperatore
Alessio
V
Murzuflo
decide
di
abbandonare
la
capitale
per
rifugiarsi
lungo
il
confine
tra
l’impero
bizantino
e
quello
bulgaro,
dove
però
viene
catturato
e,
ricondotto
a
Costantinopoli,
condannato
a
morte.
Il
nuovo
imperatore
di
quello
che
era
stato
l’impero
romano
d’Oriente
fu
scelto
tra
i
comandanti
crociati
nella
persona
del
conte
di
Fiandra
Baldovino.
Il
patriarca
di
Costantinopoli,
di
fede
ortodossa,
viene
sostituito
da
un
vescovo
veneziano
di
ubbidienza
romana.
Costantinopoli
viene
così
saccheggiata
ed
interi
quartieri
dati
alle
fiamme.
Il
territorio
imperiale
viene
diviso
tra
i
grandi
feudatari.
Il
comandante
della
spedizione
Bonifacio
ottiene
il
regno
di
Tessalonica,
il
doge
di
Venezia
ottiene
per
la
repubblica
le
isole
dell’Egeo
essenziali
per
i
traffici
marittimi
con
l’Oriente.