N. 5 - Maggio 2008
(XXXVI)
La
primogenitura del Cristo
analisi
storico-filologica delle possibili
fratellanze di Gesù
di
Lawrence M.F. Sudbury
è
il 553 quando 150 vescovi, riuniti a Costantinopoli
per la seconda volta, sotto la guida di Etozio di
Costantinopoli, rappresentante di papa Silvestro,
danno vita al quinto Concilio ecumenico della storia
della chiesa.
Il
Concilio ha come motivazione principale la lotta al
monofisismo (l'idea che nel Messia vi fosse solo una
natura, quella divina e che, di conseguenza, non fosse
completamente uomo), ma nella dichiarazione finale
firmata dal papa, il cosiddetto Constitutum,
trova posto anche una affermazione dogmatica piuttosto
inquietante per il mondo cristiano: Maria fu “prima,
durante e dopo il parto vergine e lo rimase per tutta la
vita”.
Perché
inquietante?
La
verginità pre-parto mariana era già stata dichiarata da
circa 200 anni, ma la verginità post-parto di Maria
sembrava contrastare con i Vangeli, che, in più punti,
parlano di “fratelli di Gesù”.
Prendiamo, ad esempio, i passi:
“Mentre
egli parlava ancora alla folla, sua madre e i suoi
fratelli, stando fuori in disparte, cercavano di
parlargli. Qualcuno gli disse: «Ecco di fuori tua madre
e i tuoi fratelli che vogliono parlarti». Ed egli,
rispondendo a chi lo informava, disse: «Chi è mia madre
e chi sono i miei fratelli?». Poi stendendo la mano
verso i suoi discepoli disse: «Ecco mia madre ed ecco i
miei fratelli; perché chiunque fa la volontà del Padre
mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e
madre».”
“Non
è egli forse il figlio del carpentiere? Sua madre non si
chiama Maria e i suoi fratelli Giacomo, Giuseppe, Simone
e Giuda? E le sue sorelle non sono tutte fra noi? Da
dove gli vengono dunque tutte queste cose?». ”
“Allora
Gesù disse loro: «Non temete; andate ad annunziare ai
miei fratelli che vadano in Galilea e là mi vedranno».
”
“Giunsero
sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, lo
mandarono a chiamare. Tutto attorno era seduta la folla
e gli dissero: «Ecco tua madre, i tuoi fratelli e le tue
sorelle sono fuori e ti cercano». Ma egli rispose loro:
«Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». Girando
lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno,
disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli!”
“Un
giorno andarono a trovarlo la madre e i fratelli, ma non
potevano avvicinarlo a causa della folla. Gli fu
annunziato: «Tua madre e i tuoi fratelli sono qui fuori
e desiderano vederti». Ma egli rispose: «Mia madre e
miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio
e la mettono in pratica».”
“Dopo
questo fatto, discese a Cafarnao insieme con sua madre,
i fratelli e i suoi discepoli e si fermarono colà solo
pochi giorni.”
“i
suoi fratelli gli dissero: «Parti di qui e va' nella
Giudea perché anche i tuoi discepoli vedano le opere che
tu fai. Nessuno infatti agisce di nascosto, se vuole
venire riconosciuto pubblicamente. Se fai tali cose,
manifèstati al mondo!». Neppure i suoi fratelli infatti
credevano in lui. Gesù allora disse loro: «Il mio tempo
non è ancora venuto, il vostro invece è sempre pronto.
Il mondo non può odiare voi, ma odia me, perché di lui
io attesto che le sue opere sono cattive. Andate voi a
questa festa; io non ci vado, perché il mio tempo non è
ancora compiuto». Dette loro queste cose, restò nella
Galilea.
Ma
andati i suoi fratelli alla festa, allora vi andò anche
lui; non apertamente però: di nascosto.”
“Gesù
le disse: «Non mi trattenere, perché non sono ancora
salito al Padre; ma va' dai miei fratelli e di' loro: Io
salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio
vostro».”
“Tutti
questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme
con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i
fratelli di lui.”
“Non
abbiamo il diritto di portare con noi una donna
credente, come fanno anche gli altri apostoli e i
fratelli del Signore e Cefa?”
“degli
apostoli non vidi nessun altro, se non Giacomo, il
fratello del Signore.”
Insomma, praticamente in ogni parte del Nuovo Testamento
si parla di “fratelli” di Gesù.
Come
se ciò non bastasse, tali fratelli compaiono anche in
scritti di Padri della Chiesa, in particolare in Eusebio
di Cesarea che scrive:
“Poi
Gesù comparve a Giacomo, uno dei così detti fratelli del
Salvatore [...]
Giacomo, fratello del Signore, succedette
all'amministrazione della Chiesa insieme agli altri
apostoli [...]
Della famiglia del Signore rimanevano ancora i nipoti di
Giuda, detto fratello suo secondo la carne, i quali
furono denunciati come appartenenti alla stirpe di David”
e
persino in scrittori non cristiani, come nel già
menzionato passo di Giuseppe Flavio:
“Anano
[…] convocò il sinedrio a giudizio e vi condusse il
fratello di Gesù, detto il Cristo, di nome Giacomo, e
alcuni altri, accusandoli di trasgressione della legge e
condannandoli alla lapidazione”
Come è
possibile che esista una così palese contraddizione tra
dogma e Scritti? Chi erano questi “fratelli” di Gesù?
Storicamente l'interpretazione di quel termine
“fratelli” è stata varia:
a–
Egesippo, autore forse palestinese del II secolo, parla
di “cugini”di Gesù;
b–l'autore del Protovangelo di Giacomo, come già
osservato, ancora nel II secolo, li rende “fratellastri”
di Gesù (figli di un precedente matrimonio di Giuseppe);
c– S.
Girolamo, nel IV secolo, ribadisce la tesi di Egesippo,
rendendoli cugini o almeno parenti;
d– S.
Alberto Magno, infine, nel 1200, parla di un termine
generico, utilizzato unicamente per indicare i discepoli
più intimi
Ma
perché questi “fratelli” possono essere ritenuti cugini,
fratellastri o amici?
Filologicamente, si afferma, tutto dipende dalla
mancanza di termini per indicare legami di sangue o di
amicizia nel mondo ebraico: il termine maschile aramaico
ha (ah) e quello femminile aha (aha) hanno un
significato generico di “legame”, senza ulteriori
specificazioni, e così sarebbero stati variamente usati
nella Bibbia, in cui tale parola significa
alternativamente: figli degli stessi genitori (così per
Caino e Abele, Esaù e Giacobbe, Mosè, Aronne e Miriam),
figli dello stesso padre ma madre diversa (i dodici
figli che Giacobbe ebbe da quattro donne diverse),
membri della stessa cerchia familiare (Abramo chiamava
fratello suo nipote Lot e Labano suo nipote Giacobbe),
componenti di una stessa tribù (i Leviti, la tribù di
Giuda, la nazione di Israele), coloro che hanno intenti
o mete simili, quelli che sono uniti nell'adorazione
dello stesso Dio, persone legate da forte amicizia
(Davide e Gionathan).
Anche
dal punto di vista semantico, una attribuzione di
fratelli a Gesù, secondo molti autori cattolici, avrebbe
poco significato, dal momento che nell'infanzia di Gesù
tali eventuali fratelli non vengono mai nominati, nel
racconto del pellegrinaggio a Gerusalemme di Gesù
fanciullo non se ne fa mai menzione e Gesù non avrebbe
dovuto affidare sua madre a Giovanni se ella avesse
avuto altri figli.
Il
problema è che queste argomentazioni mostrano, in alcuni
tratti, una notevole debolezza.
Fermo
restando che, in alcuni passaggi (ad esempio in Giovanni
20), è chiaro che l'autore si riferisce a “fratelli
nella fede” e non a fratelli carnali, una tale
interpretazione sarebbe molto chiaramente forzata per la
maggior parte dei brani menzionati.
Filologicamente, poi,
l'argomentazione della vaghezza dei termini aramaici ha
un valore molto limitato.
I
Vangeli sono stati scritti in greco (forse solo Matteo
con una precedente versione aramaica), una lingua che ha
ben chiara la distinzione tra fratelli e cugini.
Se si
può obiettare che anche il termine “adelfos”
(fratello) può assumere significato di parente, cugino
o compaesano, va però rilevato che si tratta di
eventualità molto rare, dal momento che la parentela non
germana viene nel 98% dei casi resa con il termine “anepsios”
(cugino). Ciò è tanto più vero dal momento che, proprio
nel Vangelo, troviamo una netta distinzione tra i due
termini, laddove Paolo parla di fratello (adelfos)
di Gesù nei brani citati e di cugino (anepsios)
di Barnaba nella Lettera ai Colossesi.
Sempre
dal punto di vista filologico, vale la pena di rilevare
che, secondo alcuni autori, gran parte dell'equivoco
forse nasce dalla erronea traduzione di Matteo. Leggiamo
quanto riporta Donnini in proposito:
“...questa
è la versione latina completa: "Et non cognoscebat eam
donec peperit filium suum primogenitum: et vocavit nomen
eius Iesum" (idem); mentre questa è la versione greca
completa:
"kai
oik eginosken auten eos oi eteken ton uion auton ton
prototokon kai ekalesen to onoma autou Iesoun" (Idem).
La traduzione corretta è: "E non la conobbe [nel senso
biblico di non ebbe con lei rapporti coniugali] finché
ella non ebbe partorito il suo figlio primogenito, e gli
dette nome Gesù".
Ciò
che leggiamo oggi, invece, appare così: "...la quale,
senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che
egli chiamò Gesù" (Vangelo e Atti degli Apostoli,
versione ufficiale della CEI).”
Il
cambiamento di significato, traducendo correttamente le
parole sottolineate, è palese.
Infine, per concludere un'analisi testuale, vi è un
altro punto da prendere in esame, quel brano di Luca in
cui egli dice:
“Diede
alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce
e lo depose in una mangiatoia, perché non c'era posto
per loro nell'albergo.”
Ci si
chiede che senso avrebbe parlare di “primogenito” se non
ve ne fossero altri? E' vero che si potrebbe intendere
come figlio primo nato senza ulteriori specificazioni,
semplicemente sottolineando l'onore particolare che a
tale figlio spettava in ambito ebraico, ma in 80 casi su
86 nella Bibbia tale termine significa quello che
effettivamente è secondo il senso comune: primo di altri
figli.
Passando poi ad argomentazioni di tipo più propriamente
storico, il quadro non sembra, in realtà, cambiare
molto. La domanda più pregnante è: se dopo la nascita di
Gesù i suoi genitori avessero deciso di rimanere casti,
perché nessun Vangelo ne avrebbe parlato?
Non si
tratta di un argomento ozioso: la Bibbia parla in
qualche caso di persone che decidono di rimanere caste,
ma mai all'interno del matrimonio. La ragione di ciò è
che, nella mentalità ebraica, si trattava di una cosa
assolutamente impensabile. Noi siamo abituati ad un
certo grado di sessuofobia che alcune interpretazioni
cristiane possono aver contribuito a far insorgere nella
cultura occidentale, per cui possiamo persino arrivare a
vedere la castità matrimoniale come una virtù, ma tutto
questo è completamente estraneo alla mentalità semitica.
Un
ebreo pio seguiva la Legge torahica e nel Pentateuco è
chiaramente scritto:
“Siate
fecondi e moltiplicatevi”
“I
figli sono un dono che viene dal Signore, il frutto del
grembo materno è un premio”
Il non
avere una figliolanza numerosa o, addirittura, non avere
figli per nulla, è considerato una maledizione divina in
così tanti passi della Torah e del Talmud che sarebbe
impossibile elencarli tutti.
Persino nel Vangelo, in relazione alla nascita del
Battista, si afferma chiaramente che Zaccaria ed
Elisabetta “Erano
giusti davanti a Dio, osservavano irreprensibili tutte
le leggi e le prescrizioni del Signore. Ma non avevano
figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano
avanti negli anni.”:
insomma, pur essendo giusti erano “puniti da Dio”.
Addirittura Paolo, pur celibe, afferma: “Non
astenetevi tra voi se non di comune accordo e
temporaneamente, per dedicarvi alla preghiera, e poi
ritornate a stare insieme, perché Satana non vi tenti
nei momenti di passione.”
Può
sembrare sensato che, dati questi presupposti, nessun
evangelista menzioni mai, neppure di sfuggita, neppure,
per amor di paradosso, in senso docetico, un fatto così
inconcepibile per una famiglia ebrea?
E se
tutto ciò accadesse per volontà divina, perché non viene
riportato un solo brano in cui, ad esempio, un angelo
prescrive l'astinenza perpetua a Maria o Giuseppe?
Bisogna forse pensare, come accettato dall'Ortodossia,
che Giuseppe fosse così vecchio da non poter avere più
alcun rapporto sessuale? Ma se questa interpretazione,
che deriva dal Protovangelo di Giacomo, fosse da
accettare, allora dovremmo accettare tutto il
Protovangelo come scritto di ispirazione divina...
A meno
di non comportarsi come molte Confessioni protestanti
non tradizionali che accettano senza alcun problema che
Gesù, come il 99% degli ebrei del suo tempo, avesse
fratelli e sorelle.
Ma
continuiamo con l'analisi del testo evangelico e andiamo
ad un passo piuttosto misterioso, quello relativo alla
presenza di Maria sul Calvario.
Si
tratta di un punto particolarmente oscuro, quasi di un
rebus. Una delle ragioni portate alla tesi della
monogenia di Gesù è, come visto, l'affidamento di Maria
a Giovanni. Ciò che risulta alquanto strano è che i
quattro Vangeli non collimano minimamente su chi ci
fosse ai piedi della croce.
Anzi,
i Sinottici, teoricamente, non menzionano neppure la
presenza di Maria.
Proviamo a confrontare la quattro versioni dei fatti:
Matteo |
Marco |
Luca |
Giovanni |
Tra costoro Maria di Màgdala,
Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la
madre dei figli di Zebedèo. |
C'erano anche alcune donne,
che stavano ad osservare da lontano, tra le
quali Maria di Màgdala, Maria madre di
Giacomo il minore e di Ioses, e Salomè. |
NON SONO CITATI NOMI |
Stavano presso la croce di
Gesù sua madre, la sorella di sua madre,
Maria di Clèofa e Maria di Màgdala.
|
Ora, eliminiamo Maria
Maddalena, presente in ogni narrazione.
Ci rimane una serie di possibilità di questo tipo:
Matteo |
Marco |
Giovanni |
|
|
Maria Madre di Gesù
|
|
|
Maria di Cleofa |
Madre dei
figli di Zebedeo |
|
|
Maria madre di Giacomo e di
Giuseppe |
|
|
|
Maria madre di Giacomo il
Minore e di Ioses |
|
|
Salomè |
|
Rileggiamo tutto alla luce di questo versetto:
“Non
è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il
fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone?
E le sue sorelle non stanno qui da noi?». E si
scandalizzavano di lui.”
Tenendo conto che Ioses è una variante di Yosef,
cioè Giuseppe, non se ne potrebbe dedurre
logicamente la semplicissima equazione:
Maria madre di Gesù
=
Maria madre di Giacomo e Giuseppe
=
Maria madre di Giacomo il Minore e Ioses?
O
forse la madre di Giacomo e Giuseppe è Maria di
Cleofa, sorella della madre di Gesù? Ma come mai due
sorelle hanno lo stesso nome? Sicuramente è un punto
su cui sarà necessario tornare in seguito.
Per qualche tempo, è sembrato che anche
l'archeologia venisse in soccorso della tesi
anti-verginale.
Qualche tempo fa tutti i giornali hanno dato notizia
di un articolo apparso sul numero di
ottobre-novembre 2002 della Biblical Archaeology
Review in cui un noto studioso francese, André
Lemaire, informava sulla scoperta dell'iscrizione
aramaica: “Giacomo, figlio di Giuseppe, fratello
di Gesù”, incisa sul lato di un'urna funeraria
databile al I secolo d.C. e appartenente a una
collezione privata.
In
questa iscrizione si avrebbe “figlio di Giuseppe” e
quindi si inviterebbe a considerare Giacomo come
fratello carnale di Gesù, dunque come figlio avuto
da Maria dopo aver generato Gesù. Ovviamente,
sarebbe necessario essere in realtà molto cauti: lo
stesso Lemaire ha riconosciuto che “tenendo conto
del numero di abitanti di Gerusalemme (ca. 80.000) e
dell'onomastica dell'epoca, vi potevano essere
almeno una ventina di Giacomo che avevano un padre
chiamato Giuseppe e un fratello denominato Gesù”,
trattandosi di nomi comunissimi. Il punto è che
l'espressione “fratello di Gesù”, piuttosto inattesa
in un'epigrafe funeraria e introdotta proprio per
rimandare al Cristo, non lascerebbe più dubbi a
proposito. Di fatto, però, è l'intera autenticità di
tutto il ritrovamento a non essere così certa:
l'Autorità Israeliana per le Antichità, sulla base
di studi archeologici strutturali, ha, infatti,
sollevato molti dubbi sulle possibilità di datare
l'urna al primo secolo, ritenendo che, molto
probabilmente, si tratti solo di un falso.
Ciò toglie la possibilità di avere una prova
conclusiva della “fraternità uterina” tra Gesù e
Giacomo ma, anche con le prove “indiziarie” già
esaminate, una maternità plurima di Maria
sembrerebbe piuttosto possibile.
Qualora le cose stessero così, perché negarla? Quale
sarebbe lo scopo di un tale infingimento storico?
In
effetti, ci sarebbero almeno quattro moventi, anche
se non sempre perfettamente allineabili, che si
adatterebbero piuttosto bene a spiegare la ragione
di questa posizione.
1)
MOVENTE STORICO-SOCIALE: la credenza
nella perpetua verginità di Maria sorge insieme al
manifestarsi dell'ascetismo. “All'improvviso
dilagare delle idealità ascetiche” scrive
Giovanni Miegge “e dei tentativi di attuarle,
sia in solitudine, sia nelle comunità monastiche, si
associa, come è facile presumere, una insolita
fervida celebrazione della perpetua verginità di
Maria. Agli asceti di ambo i sessi, la Vergine Madre
dl Gesù offriva il modello ideale, - l'immagine
ispiratrice, al tempo stesso stimolo e conforto
nelle allucinanti veglie e negli sforzi tormentosi
dell'autodisciplina della continenza”;
2)
MOVENTE STORICO-APOLOGETICO: dai
Vangeli emerge un rapporto non sempre facilissimo
tra Gesù ed i fratelli. Lasciando da parte il
disconoscimento dei legami familiari quando Gesù
afferma che chiunque creda è suo fratello,
disconoscimento che può essere variamente
interpretabile, significativo è il passo di Marco “Allora
i suoi, sentito questo, uscirono per andare a
prenderlo; poiché dicevano: «E` fuori di sé»”.
Allo stesso modo, e ancora più nettamente, Giovanni
ci dice che “Neppure
i suoi fratelli infatti credevano in lui.”
. Possiamo allora pensare che allontanare questi
“credenti tiepidi” e della seconda ora dalla cerchia
familiare stretta di Gesù potesse rientrare in un
preciso piano per screditarli?
3)
MOVENTE STORICO-POLITICO I: Eusebio
parla di una persecuzione che Domiziano (imperatore
dall'81 al 96 d.C.) avrebbe effettuato nei confronti
dei discendenti di Davide, "poiché anch'egli,
come Erode, temeva la venuta di Cristo". Nel
corso di questa persecuzione, ci viene riferito
dallo scrittore di Cesarea, furono condotti, come
prigionieri, al cospetto dell'imperatore, alcuni
componenti della famiglia di Gesù: i nipoti di Giuda
(“detto fratello suo secondo la carne”), i
quali erano accusati di attività sovversive come
discendenti della stirpe regale di Israele, cioè
come combattenti messianisti. Il passo è
estremamente significativo, non solo perché
testimonia l'esistenza di fratelli e nipoti di
Cristo, ma perché denuncia l'esplicito
coinvolgimento dei componenti di questa famiglia
nella lotta messianica: i fratelli di Cristo erano
personaggi da censurare non solo perché avrebbero
messo in discussione il presupposto della verginità
di Maria, ma anche perché, visto il loro ruolo nella
lotta jahvista, avrebbero offerto una pericolosa
connessione fra Cristo e le sette esseno-zelote.
4)
MOVENTE STORICO-POLITICO II: il
fratello di Gesù sicuramente più noto, più citato e
più famoso è Giacomo il Giusto. Negli Atti è
piuttosto chiaro che i rapporti tra lui e Paolo, il
reale fondatore del Cristianesimo così come lo
conosciamo, furono tutt'altro che idilliaci.
Sostanzialmente, mutatis mutandis, poteva accadere
nel cristianesimo qualcosa di non così dissimile
alla successiva divisione islamica tra Sciiti e
Sunniti, con, da un lato, una linea di sangue e,
dall'altro, una linea gerarchica che si
contrapponevano. Nulla di più facile, allora, che si
tentasse di indebolire una fazione, evidentemente
“perdente”, “annacquandone” i legami di sangue fino
a farli divenire solo di lontana parentela o di
amicizia.
A
questo punto, si può ritenere che possano esistere
le prove indiziarie di un possibile falso storico,
possibili moventi e persino alcuni possibili
“colpevoli”.
Ciò che ancora ci manca è, in ogni caso, sapere chi
sarebbero le vittime, cioè questi fratelli di Gesù
cancellati repentinamente dalla sua famiglia
d'origine.
Un
elenco, come visto, ci è fornito da Marco, ma si
tratta di nomi senza alcuna specificazione. Tra
l'altro, si tratta di nomi molto comuni, che ben si
prestano a confusioni e problemi di omonimia.
Le
interpretazioni sono state, dunque, numerosissime,
in relazione a tempi ed autori differenti.
Tenendo conto anche delle interpretazioni
“anti-fratellanza uterina”, possiamo tentare di
sintetizzare le diverse connotazioni che i nomi
indicati da Marco possono assumere sulla base del
testo evangelico, come segue:
1)Giacomo:
·
il Maggiore, apostolo, (fratello di
Giovanni e figlio di Zebedeo)
·
il Minore, apostolo, (fratello di
Giuseppe e figlio di Alfeo o Clèofa marito di Maria)
·
il Giusto, discepolo, (diresse la
congregazione di Gerusalemme ed è lo scrittore
dell'omonima lettera)
·
il fratello di Gesù
2)Giuseppe o Joses:
·
figlio di Maria di Clèofa (fratello
di Giacomo il Minore)
·
il fratello di Gesù
3)Giuda:
·
Taddeo, apostolo, (figlio di Giacomo)
·
il discepolo, (scrittore dell'omonima
lettera che si dichiara fratello di Giacomo)
·
il fratello di Gesù
4)Simone:
·
Pietro, apostolo, (fratello di
Andrea, apostolo anch'egli)
·
il cananeo o zelante o zelota,
apostolo
·
il fratello di Gesù
Come si può notare, uno degli elementi più evidenti
è la possibilità di confondere (sempre che di
confusione si tratti) tra fratelli ed Apostoli
omonimi.
Secondo l'interpretazione data in quello che abbiamo
definito “movente storico-apologetico”, ciò
risulterebbe piuttosto difficile, ma sarebbe
possibile in tutti gli altri casi.
Ma
ritorniamo per un momento alle tre “pie donne di
Gerusalemme”. Tradizionalmente, dal confronto delle
varie versioni del racconto, si ritiene, come
accennato, che:
-
la Salomè menzionata in Marco sia
riferibile alla madre dei figli di Zebedeo citata in
Matteo;
-
la Maria madre di Giacomo e Joses (o
Giuseppe) richiamata da Matteo e Marco sia la Maria
di Cleofa menzionata in Giovanni;
-
Maria madre di Gesù sia menzionata
solo in Giovanni.
Conseguentemente, avremmo una situazione di questo
tipo:
Zebedeo+Salomè
|
Giacomo Mag.
Giovanni |
Alfeo+Maria
di C.
|
Giacomo Min.
Giuda Taddeo |
Giuseppe+Maria
|
Gesù |
In realtà, un tale quadro non
sembrerebbe essere particolarmente realistico
per alcune ragioni:
1)
già l'identità tra la madre dei
figli di Zebedeo e Salomè è arbitraria e basata
sulla supposizione che le donne al calvario
fossero solo tre. Questa, però, è solo
un'interpretazione e, rileggendo Marco (“C'erano
anche alcune donne, che stavano ad osservare da
lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria
madre di Giacomo il minore e di Ioses, e Salomè,”),
non sembra sicuramente l'interpretazione più
corretta: le donne erano “alcune” e tra esse vi
erano anche le tre menzionate;
2)
nel momento in cui si ritiene che Maria di
Cleofa sia la sorella di Maria madre di Gesù e
la madre di Giacomo e Joses (e dunque di Giacomo
di Alfeo e di Giuda Taddeo), si compie un'altra
supposizione che può considerarsi arbitraria. Se
rileggiamo, infatti, Giovanni (“Stavano
presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di
sua madre, Maria di Cleofa e Maria di Màgdala.”),
troviamo che non necessariamente l'evangelista
parla di tre persone, identificando Maria di
Cleofa con la sorella di Maria: le persone
potrebbero tranquillamente essere quattro
(Maria, sua sorella, Maria di Cleofa e Maria di
Magdala), il che, tra l'altro, spiegherebbe un
fatto quantomeno curioso dell'interpretazione
ufficiale, quell'essere la madre di Gesù e sua
sorella entrambe chiamate Maria (e, per le
ragioni esposte precedentemente, sembrerebbe da
rigettare l'ipotesi che “sorella” significasse
“cugina”). Inoltre, se Maria di Cleofa fosse la
sorella di Maria madre di Gesù e fosse la madre
di Giacomo e Joses, sarebbe galilea e, qualora
identificassimo Giacomo con Giacomo di Alfeo,
sarebbe moglie di Alfeo. Come si spiegherebbe
allora il suo nome? Le donne erano praticamente
sempre identificate con il nome del marito, ma
non si capisce se questa Maria fosse moglie di
Alfeo o di Cleofa. Tra l'altro, Cleofa (forma
volgarizzata di Cleopa) è citato in Luca (“uno
di loro, di nome Clèopa, gli disse: «Tu solo sei
così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò
che vi è accaduto in questi giorni?».”)
come discepolo che stava tornando ad Emmaus. Ciò
indurrebbe a pensare che Cleopa fosse della
cittadina a 11 Chilometri da Gerusalemme e non
galileo come probabilmente dovrebbe essere se
fosse il cognato di Maria di Gesù;
3)
Se Maria di Cleofa fosse la madre dei figli di
Alfeo, dovrebbe essere, fatti salvi possibili
casi di omonimia, madre anche di Matteo Levi,
cioè Matteo il pubblicano, dal momento che Marco
ci racconta che “Nel passare, vide Levi, il
figlio di Alfeo, seduto al banco delle imposte,
e gli disse: «Seguimi». Egli, alzatosi, lo
seguì.” e che, ovviamente, questo è lo
stesso racconto che Matteo riporta come “Andando
via di là, Gesù vide un uomo, seduto al banco
delle imposte, chiamato Matteo, e gli disse: «Seguimi».
Ed egli si alzò e lo seguì.”. Ora, questo
elemento stride con numerosi dati in nostro
possesso: qualora Matteo fosse nipote di Maria
e, dunque, cugino di Gesù, come è possibile che
questa parentela non traspaia mai, tanto più che
sarebbe stata cosa ben strana e scandalosa, in
un momento in cui il mestiere di pubblicano, pur
ambito per i proventi che ne derivavano, era
visto malissimo dalla comunità giudaica, che un
Rabbi ed un esattore delle tasse fossero così
strettamente legati? Gesù, invece, viene sì
accusato di mangiare in casa di un pubblicano,
ma mai di esserne parente. E, ancora, come mai
Matteo non risulterebbe nella lista dei
fratelli/cugini di Gesù nel Vangelo teoricamente
da lui scritto (13:55)?
4)
Sempre a proposito di questa lista, ci troviamo
davanti ad un caso piuttosto particolare:
ammettiamo per un attimo che Maria di Cleofa sia
la zia di Gesù e che i citati Giacomo, Giuseppe,
Simone e Giuda siano i suoi fratelli/cugini. A
questo punto Giacomo sarebbe Giacomo il Minore o
il Giusto e Giuda sarebbe Giuda Taddeo. Ebbene,
come verrebbe identificata Maria di Cleofa (o di
Alfeo) da Matteo e Marco? Come madre sì di
Giacomo, che sarebbe un apostolo, ma anche come
madre non di Giuda Taddeo, altro apostolo, ma di
Joses, il cui ruolo, nel Vangelo, è inesistente.
Davvero una cosa un po' confusa.
5)
In realtà, poi, questa presunta
fratellanza tra Giacomo di Alfeo e Giuda Taddeo
ci risulta solo dalla Lettera di questi,
l'ultima tra le apostoliche nella cui
intestazione è scritto: “Giuda,
servo di Gesù Cristo, fratello di Giacomo, agli
eletti che vivono nell'amore di Dio Padre e sono
stati preservati per Gesù Cristo”.
In effetti, niente ci certifica che questa
lettera sia stata scritta dal fratello di
Giacomo di Alfeo e non, ad esempio, da Giuda,
fratello di Giacomo il Giusto (cosa ci permette
di determinare l'identità tra Giacomo di Alfeo e
Giacomo il Giusto?), forse fratello di Gesù e
capo della chiesa di Gerusalemme.
Insomma, gli elementi che non
quadrano in questa ricostruzione ufficiale sono
davvero molti.
Quale potrebbe essere, allora, la
soluzione del problema?
Proviamo a formulare una nuova
ipotesi: e se la famiglie citate fossero almeno
cinque (se non sei, considerando Salomè non come
moglie di Zebedeo)? In questo caso avremmo:
Zebedeo
+ Moglie (Salomè?)
|
Giacomo Mag. Giovanni |
Cleofa + Maria di
Cleofa |
Alfeo + Moglie
|
Matteo
Giacomo Min.
Giuda Taddeo? |
Sorella di Maria |
Giuseppe + Maria
|
Gesù
--
Giacomo
Giuseppe
Simone
Giuda |
Questo nuovo quadro permette,
quantomeno, di risolvere alcune anomalie: Cleofa
non è più Alfeo (perché un secondo nome così
diverso?), Maria madre di Gesù non ha una
sorella che si chiama anche lei Maria e i
fratelli di Gesù non devono diventare i suoi
cugini.
Peccato solo che una tale ipotesi
presupponga ciò che, testualmente, è
praticamente ovvio: che Gesù avesse dei fratelli
uterini, e, per qualche ragione sorta nelle
menti di alcuni Padri Conciliari, questo è
formalmente impossibile, dal 553...
Riferimenti
bibliografici:
Bibbia C.E.I.
AA.VV.,
Compendium Patristicae, Oxford, Trinity, 1994
B. Maggioni, Storia
di Gesù, Vol. 2, Milano, Rizzoli, 2002
W.
Basset, Apologetical, Constance, M&J, 1999
F.
Schenkl, F. Brunetti, Dizionario Greco-Italiano,
Milano, Polaris, 2003
D. Donnini, Nuove
ipotesi su Gesù Milano, Macro, 1993
R. Nisbet, Il
Vangelo non dice così, Torino, Claudiana, 1987
G. Mirece, La
Vergine Maria, Torre Pellice, Ed Claudiana, 1959
P. Tragan, La
preistoria dei Vangeli, Roma, Servitium, 1999
R. Benton, History
of the Land of God, London, Applegate, 2002
D. Isakson, Jewish
culture along ancient history, Bristol,
Turnpoint, 1997
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