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arte


N. 133 - Gennaio 2018 (CLXIV)

Il Presepe nell’arte

Excursus sulla più nota tradizione artistico-devozionale – Parte II

di Teresa Nicolangelo

 

A partire dal IV secolo, la figurazione della Natività s’impone tra i temi dominanti dell’arte religiosa tradizionalmente intesa (pittura e scultura), ma anche in quella cosiddetta minore, in special modo nella produzione suntuaria: oreficeria, avori, tessuti, capolavori realizzati nel corso dei secoli per facoltose committenze religiose o laiche.

 

 

Particolare della Cattedra del vescovo Massimiano con scene del ciclo della Natività, avorio, metà VI secolo. Ravenna, Museo Arcivescovile.

 

Come la coperta eburnea gemmata di Evangeliario custodita nel Tesoro del Duomo di Milano e risalente alla seconda metà del V secolo, recante in ciascuna delle due valve rispettivamente la scena della Natività e quella dell’Epifania ai Magi, o la cosiddetta Cattedra, sempre in avorio, di Massimiano, vescovo di Ravenna dal 546 al 556, recante sullo schienale una formella raffigurante la Natività, così come il pannello serico, di provenienza copta e databile al VI secolo, con Natività, ora al Museo Pio Cristiano.

 

  

Coperta di evangeliario con scena di Natività (valva sinistra) e Adorazione dei Magi (valva destra), avorio, seconda metà V secolo. Milano, Tesoro del Duomo.

 

Ma l’ansia religiosa del Medioevo porta con sé anche rappresentazioni meno simboliche, più vere e vivide per il fedele, del racconto evangelico: nasce la drammaturgia sacra.

 

Rappresentazioni a tema religioso scandiscono l’anno liturgico con l’intento di far rivivere con gli “occhi del corpo” ciò che altrimenti si potrebbe vivere solo con gli “occhi dell’anima”, ma tali rappresentazioni finiscono spesso per travalicare i confini del Sacro per scadere in aneddotica e gusto popolare sempre più profano, al punto da far ritenere indispensabile al Papa la loro messa al bando nelle chiese.

 

Accade nell’anno 1207 sotto il pontificato di Innocenzo III. Una dispensa riesce a ottenere da Onorio III, però, San Francesco, in quel Natale del 1223 entrato nella storia, prima rappresentazione statica di un presepe da vivere come momento di fede e meditazione su di una festività il cui gaudio Francesco sente in modo particolare.

 

Ricorda il sentimento del Santo Tommaso da Celano nella sua Vita seconda: «Se potrò parlare all’imperatore lo supplicherò di emanare un editto generale per cui tutti quelli che ne abbiano la possibilità debbano spargere per le vie frumento e granaglie affinchéé in un giorno di tanta solennità gli uccellini e particolarmente le sorelle allodole ne abbiano in abbondanza».

 

A Greccio, nel reatino, ove spesso si ritira in eremitaggio in una piccola cella scavata nella roccia, Francesco è preso dal desiderio di “fare memoria di quel Bambino nato a Betlemme, e in qualche modo intravedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato; come fu adagiato in una greppia, e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello” (Tommaso da Celano, Vita prima).

 

Memoria che rivive negli affreschi giotteschi della Basilica Superiore ad Assisi, in quelli di anonimo del convento di Greccio, di Benozzo Gozzoli nella chiesa di San Francesco a Montefalco e in una formella dipinta da Taddeo Gaddi per gli armadi della fiorentina Sagrestia di Santa Croce: la messa celebrata dal Santo sulla scena della rievocazione della Nascita, la mangiatoia, il bue e l’asino.

 

 

Giotto, Presepe di Greccio, affresco, 1295-1299 ca.

Assisi, Basilica Superiore di San Francesco.

 

Nessuno impersona Maria, Giuseppe o il Bambino, che invece manifesta la Sua presenza attraverso una visione a un astante, uomo virtuoso: «vide nella mangiatoia giacere un fanciullino privo di vita, e Francesco avvicinarglisi e destarlo da quella specie di sonno profondo. Né questa visione discordava dai fatti perché, ad opera della sua grazia che agiva per mezzo del suo santo servo Francesco, il fanciullo Gesù fu risuscitato nei cuori di molti, che l’avevano dimenticato, e fu impresso profondamente nella loro memoria amorosa» (Tommaso da Celano, Vita prima).

 

A Greccio, attraverso una rappresentazione semplice e realistica, la storia del Natale è resa accessibile a tutti, anche a chi è privo di ogni tipologia d’istruzione, segnando l’avvio di un ulteriore impulso alla diffusione della tradizione presepiale, anche in ambito popolare.

 

Ed è probabilmente sotto l’influsso della predicazione francescana che si giunge, nel XIV secolo, anche alla modifica dell’iconografia mariana: alla rappresentazione naturalistica della Madre distesa su un giaciglio, provata dalla fatica del parto ed estranea all’adorazione, si sostituisce la figura orante e adorante in ginocchio, quasi a voler “incoraggiare i fedeli a stabilire, una volta e per sempre, il dogma che sottolinea il suo parto miracoloso, verginale e senza dolore, e la rende superiore a ogni altra donna, estranea alla maledizione di Eva” (A. Mampieri).

 

  

Anonimo, Presepe di Greccio, affresco, fine XIV secolo.

Greccio, Santuario Francescano.

 

Il Natale di Greccio funge, dunque, quasi da spartiacque nello sviluppo del presepe: mentre da un lato prosegue la tradizione di figurazioni artistiche legate alla Natività (mediante mosaici, affreschi, dipinti su tela e tavola, sculture, presepi permanenti oggetto di culto), inscrivibile in un filone più contemplativo, generalmente appannaggio di conventi e chiese, caratterizzato da una teologia più intensa e da un maggiore risalto alla scena sacra, dall’altro l’avvicinamento emotivo del fedele avvenuto con la rappresentazione di Greccio, ulteriormente diffusa in seguito attraverso la predicazione francescana, genera un parallelo sviluppo del tema nell’arte popolare, mediante un filone descrittivo che proprio l’aspetto di partecipazione emotiva tende a enfatizzare.

 

Mentre le raffigurazioni continuano ancora a essere prigioniere della materia che le accoglie, sia essa marmo, legno, tela o affresco, si gettano, dunque, le basi per il processo che condurrà alla nascita del presepe comunemente inteso, una raffigurazione della Natività con figure tridimensionali, autonome e mobili, non più oggetto di culto, ma devozionale.

 

Nel 1289, a circa mezzo secolo da quel Natale del 1223, e non a caso su commissione del primo Papa francescano della storia, Niccolò IV, Arnolfo di Cambio dà vita a un presepe scultoreo tridimensionale, il primo, in cui ciascun personaggio, liberato in profondità, conserva un’autonomia propria rispetto al fondale.

 

 

Arnolfo Di Cambio, Adorazione dei Magi, marmo, 1289.

Roma, Basilica di Santa Maria Maggiore.

 

L’opera, attualmente conservata nel Museo della Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma, trovava originaria sistemazione in un grande spazio, proprio all’ingresso della chiesa, venendo così a coinvolgere direttamente al suo ingresso il fedele nella scena del presepe, al pari degli altri personaggi della scena sacra. Della composizione originaria restano solamente il San Giuseppe, il bue e uno dei Re Magi, mentre il blocco marmoreo raffigurante la Vergine risulta essere una sostituzione cinquecentesca.

 

La posizione di un Mago in ginocchio e ancor più la direzione del suo sguardo, fa ipotizzare con un buon margine di probabilità che l’originaria Madonna arnolfiana seguisse l’iconografia altomedievale della Vergine recumbente sul fianco e con la testa rivolta verso il Bambino, adagiato nella mangiatoia scolpita all’altezza del pavimento. Iconografia che si ritrova anche in un altro gruppo scultoreo, questa volta in legno policromato, quello pressoché coevo (inizi XIV secolo) e di autore marchigiano ignoto, del Museo della Basilica di San Nicola a Tolentino.

 

 

Anonimo, Presepe, legno policromato, prima metà XIV secolo.

Tolentino, Museo dell’Opera della Basilica di San Nicola.

 

In un altro presepe, risalente all’ultimo decennio del XIII secolo e custodito nell’Abbazia di Santo Stefano a Bologna, le sculture lignee a grandezza naturale, scolpite in tronchi di tiglio e olmo da un anonimo artista emiliano, restano prive di colore fino al 1370, anno in cui il pittore bolognese Simone dei Crocefissi vi applica la vivace policromia, adeguando l’opera al più moderno gusto gotico.

 

 

Figura 8 Anonimo, Adorazione dei Magi, legno policromato, XIV secolo.

Bologna, Basilica di Santo Stefano.

 

Caratteristica delle chiese ad praesepe sono dunque i grandi gruppi scultorei, forzatamente statici, seppur tridimensionali: si è ancora lontani dal presepe così come oggi inteso, “anche per motivi economici: per procurarsi un presepe bisognava rivolgersi a un artista o a un artigiano, il che comportava costi di opera e materiale.

 

Il solo presepe da visitare era quello della chiesa – o della confraternita, o del convento – che, anche per motivi di pubblica esposizione, aveva grandi dimensioni, e non poteva presentare al pieno quella caratteristica mobilità del presepe propriamente detto” (F. e G. Lanzi).

 

Dal secolo XIV, dunque, il tema della Natività inizia a essere sviluppato e affidato anche all’estro figurativo e creativo degli artisti più noti realizzanti affreschi, dipinti, sculture, opere ceramiche, argenti, avori a impreziosire chiese e dimore di nobiltà e facoltose committenze europee: Giotto, Filippo Lippi, Sandro Botticelli, Piero della Francesca, Perugino, solo per citarne alcuni.

 

E mentre l’arte presepiale abbandona il simbolismo medievale per approdare alla sensibilità di interpreti eccellenti, un nuovo, travolgente mutamento si profila all’orizzonte: il secolo della Riforma è alle porte.

  

 

Riferimenti bibliografici:

 

Presepi artistici e popolari, a cura di L. Zeppegno, I Documentari, De Agostini, Novara 1968.

Presepi e terrecotte nei musei civici di Bologna, Catalogo della Mostra, Bologna, Lapidario del Museo Civico Medievale, 26 ottobre 1991 - 06 gennaio 1992, a cura di R. Grandi, M. Medica, S. Tumidei, A. Mampieri, C. Lorenzetti, Nuova Alfa Editoriale, Milano 1991.

L. Bressan, Maria nella devozione e nella pittura dell’Islam, Jaka Book, Milano 2011.

R. De Simone, Il presepe popolare napoletano, Einaudi, Torino 1998.

P. Gargano, Il presepe. Otto secoli di storia, arte, tradizione, Fenice 2000, Milano 1995.

U. Grillo, Il presepe napoletano. Dalle origini a San Gregorio Armeno, Salvatore Di Fraia Editore, Napoli 1998.

F. Lanzi, G. Lanzi, Il presepe e i suoi personaggi, Jaka Book, Milano 2000.

D. Mazzoleni, Natale con i primi cristiani, Archeo Dossier n. 10, Istituto Geografico De Agostini, Novara 1985.



 

 

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