N. 81 - Settembre 2014
(CXII)
premio Sciascia TRA LE POLEMICHE
Tra mafia e antimafia "da salotto"
di Filippo Petrocelli
Chissà
cosa
avrebbe
pensato
Leonardo
Sciascia
delle
polemiche
scaturite
durante
la
XXVI
edizione
del
premio
dedicato
proprio
a
lui,
scrittore,
saggista,
giornalista
e
critico
del
nostro
tempo.
Il
seme
della
discordia
è
stata
la
selezione
per
la
finale
di
Malerba,
testo
scritto
a
quattro
mani
dal
giornalista
Carmelo
Sardo
e da
Giuseppe
Grassonelli,
killer
di
mafia
mai
diventato
collaboratore
di
giustizia.
Un
libro
scritto
in
prima
persona
–
uscito
per
Strade
Blu
/
Mondadori
–
che
racconta
la
vita
di
uno
degli
assassini
più
cruenti
di
Cosa
Nostra,
condannato
all’ergastolo
e in
carcere
dal
1992.
Una
sorta
di
romanzo
di
formazione,
dall’infanzia
turbolenta
in
Sicilia
alla
fuga
da
emigrante
ad
Amburgo
–
dove
scopre
i
vizi
e le
donne
–
fino
al
ritorno
da
uomo
d’onore
in
Sicilia
a
vent’anni.
Il
“motore
immobile”
del
racconto
biografico
è lo
sterminio
della
famiglia
di
Malerba,
soprannome
di
Grassonelli
da
piccolo
dal
quale
il
libro
prende
il
titolo,
che
immerso
nella
sua
solitudine
si
ritrova
a
elaborare
il
lutto
accecato
dalla
vendetta.
Il
resto
è
cronaca,
l’autore
passa
quindici
anni
al
41-bis,
di
cui
tre
in
isolamento
e
solo
recentemente
beneficia
di
un
regime
carcerario
meno
duro.
Ogni
premio
letterario,
dallo
Strega
al
Campiello,
passando
per
una
miriade
di
altri
riconoscimenti
piccoli
e
grandi
che
siano,
le
polemiche
sono
sempre
parte
della
bagarre
e
anche
questa
volta
non
si
sono
fatte
aspettare.
Già
nella
fase
preliminare
del
concorso
a
far
discutere
era
stata
la
defezione
di
Gaspare
Anello,
amico
personale
di
Sciascia
e
membro
di
spicco
della
giuria
di
qualità,
che
si
era
detto
indignato
per
la
partecipazione
all’ambito
premio
di
un
libro
scritto
da
un
mafioso.
Da
quel
momento
in
un
crescere
di
polemiche
che
hanno
diviso
giurati
e
addetti
ai
lavori,
si è
svolto
il
premio
letterario
Racalmare
–
Leonardo
Sciascia
vinto,
a
sorpresa,
proprio
dal
libro
scritto
in
tandem
da
Sardo,
giornalista
del
Tg5
e da
Grassonelli.
Fra
conferenze
stampa,
lettere
aperte
e
discussioni
fiume,
Malerba
l’ha
spuntata
per
un
solo
voto
su
È
così
lieve
il
tuo
bacio
sulla
fronte,
scritto
da
Caterina
Chinnici,
figlia
di
Rocco
il
magistrato
antimafia
ucciso
nel
1983.
E
questo
naturalmente
ha
alimentato
lo
scontro,
trasportando
il
discorso
su
una
dimensione
etica.
È
giusto
premiare
un
assassino
di
fronte
a
una
vittima
di
mafia?
Può
un
killer
ergastolano
ricevere
un
premio
dedicato
ad
uno
dei
primi
protagonista
della
lotta
“civile”
a
Cosa
Nostra?
Durante
la
premiazione
Carmelo
Sardo
ha
più
volte
ricordato
che
sebbene
Grassonelli
non
sia
diventato
un
collaboratore
di
giustizia,
si è
però
assunto
le
proprie
responsabilità
avviando
un
percorso
riabilitativo
che
è
passato,
fra
le
altre
cose,
per
una
laurea
maturata
con
la
lode
dietro
le
sbarre.
Inoltre
il
giornalista
del
Tg5
ha
sottolineato
che
uno
degli
insegnamenti
di
Sciascia
e
del
suo
modo
di
combattere
Cosa
Nostra,
era
proprio
quello
di
conoscere
dal
di
dentro
le
dinamiche
mafiose.
Un
invito
indiretto
a
non
osannare
la
mafia
bensì
a
capirne
le
dinamiche,
gli
attori
di
fondo,
attraverso
la
comprensione
anche
“umana”
di
chi
ha
scelto
di
diventare
un
uomo
d’onore.
Il
presidente
della
giuria,
Gaetano
Savatteri,
ha
invece
ricordato
che
per
la
prima
volta
tutti
e
tre
i
libri
finalisti
avevano
come
tematica
la
mafia
e
questo
è
servito
soprattutto
a
ricordare
l’impegno
civile
di
Sciascia,
oltre
che
a
decretare
la
coerenza
e il
successo
di
quest’ultima
edizione
del
premio
letterario.
Perché
a
volte
le
polemiche
e il
parlare
di
“sicilitudine”
come
la
chiamava
Sciascia,
aiuta
i
concorsi.