contemporanea
PORTELLA DELLA GINESTRA:
LA MADRE DI TUTTE LE STRAGI
COME INIZIò LA STRATEGIA DELLA TENSIONE
di David Cardillo
L’Italia, negli anni tra il 1969 e il
1974, è stata il teatro in cui ha avuto
attuazione la cosiddetta “strategia
della tensione”. Tale progetto,
finalizzato a creare un clima di paura e
una conseguente richiesta di ordine e
autorità da parte della cittadinanza che
propiziasse un colpo di Stato, ha visto
i militanti dei gruppi di destra
eversiva Ordine Nuovo e Avanguardia
Nazionale nei panni di esecutori di
piani orditi dalle sfere alte dello
Stato italiano. Un legame, quello tra
neofascismo e Stato italiano, che ha
iniziato a intrecciarsi fin dal
dopoguerra, sotto l’ala protettiva degli
Stati Uniti.
All’indomani della disfatta
nazifascista, a Milano, nel maggio del
1945, Jesus James Angleton, capo del
controspionaggio americano in Italia tra
il 1944 e il 1947, prima nei ranghi
dell’Oss (il servizio antesignano della
Cia) e poi in quelli dello Strategic
Services Unit (Ssu), prende
personalmente in consegna il principe Junio
Valerio Borghese, generale della
divisione della fanteria della marina
della Repubblica Sociale Italiana Decima
Mas, per portarlo sano e salvo a Roma,
poche ore prima che la brigata
partigiana “Giacomo Matteotti” lo
arrestasse nell’appartamento in cui si
nascondeva. E nell’estate del 1945 è
sempre Angleton a muoversi ad alti
livelli perché a una trentina di ex
militi della Decima Mas detenuti
nell’isola di Sant’Andrea, a Venezia,
fosse concessa l’immunità garantita per
i crimini commessi durante i venti mesi
della Repubblica Sociale.
Da parte loro, i fascisti della Rsi
avevano già cominciato a muoversi per
conto proprio, prima della fine della
guerra, per stabilire contatti con
potenziali alleati nella lotta contro il
futuro assetto democratico italiano.
Basti pensare che l’agente della polizia
segreta fascista Ovra e braccio destro
del Ministro degli Interni della
Repubblica Sociale Italiana, Francesco
Martina, e il milite della Decima Mas
Dante Magistrelli, di giugno del 1944,
si erano recati a Partinico (in
provincia di Palermo) per prendere
contatto con la banda di Salvatore
Giuliano.
Inizialmente, lo scopo era quello di
armare e addestrare la banda Giuliano a
compiere azioni di guerriglia e
sabotaggio per contrastare l’avanzata
delle truppe anglo-americane. Il
saggista Giuseppe Casarrubbea, che ha
realizzato studi importanti sulla storia
recente della Sicilia, ne ha tratto
l’ipotesi che la sovrastruttura politica
della cosiddetta banda Giuliano sia nata
all’inizio dell’estate del 1944, per
induzione da parte dei peggiori elementi
dell’Ovra. Secondo Casarrubbea
“questo spiega perché in Sicilia, dal
‘44, troviamo numerosi personaggi
repubblichini nella vicenda Giuliano: ad
esempio Selene Corbellini, Carlo De
Santis, Walter Argentino, tutti della
banda Koch; e gli uomini della
Decima Mas”.
Ma nell’aprile del 1945, con la fine
della seconda guerra mondiale alle
porte, altri centoventi militi della
Decima Mas, ai diretti ordini del
principe Borghese e guidati dall’ex
federale della Repubblica Sociale
Italiana a Firenze Fortunato Polvani,
raggiungono la banda Giuliano in Sicilia
per allestire un fronte unito contro i
comunisti, identificati come nuovi
nemici al posto degli ormai vittoriosi
anglo-americani, che al contrario
verranno, d’ora in avanti, visti come
nuovi alleati nella lotta contro
il comune nemico.
A questa congrega, si aggiunge, a
partire dall’autunno del
1946, un’organizzazione denominata
Unione Patriottica Anticomunista, che
era in stretto collegamento con i Far
(Fasci di Azione Rivoluzionaria), il
gruppo armato neofascista creato da Pino
Romualdi, e con i Carabinieri, ed era
guidata dal generale Franco Navarra
Viggiani, già comandante della Milizia
Volontaria della Sicurezza Nazionale (e
della quale, secondo un rapporto stilato
dal Foreign Office britannico
nell’ottobre 1946, era promotore il
maggiore americano Philip Corso), in
vista di un possibile
golpe anticomunista e antisocialista ad
appena un anno dalla liberazione.
Per giungere a un obiettivo di questa
portata, occorreva un fatto gravoso ai
danni dei militanti di sinistra, che
portasse a una loro reazione e a una
controreazione da parte delle autorità
militari, dando così fuoco alle polveri.
Un fatto che si verifica a
Portella della Ginestra il 1 maggio
1947, in occasione della celebrazione
della Festa del Lavoro, dove, secondo
numerosi resoconti di testimoni e
superstiti, sono stati utilizzati
dei lanciagranate che non erano mai
state possedute né dagli uomini di
Salvatore Giuliano né di nessun’altra
banda criminale, ma che al contrario
erano in dotazione della Decima Mas,
insieme ad altre armi che in seguito si
è scoperto essere state usate, come i
moschetti 1891 e la mitragliatore Breda
modello 30.
Fin dai mesi precedenti alla strage di
Portella della Ginestra, Salvatore
Giuliano aveva avuto frequenti contatti
con emissari americani, i quali lo
avrebbero incaricato di compiere delle
aggressioni ai maggiori esponenti del
PCI della Sicilia. E una decina di
uomini erano stati reclutati da Angleton
tra le file della X-Mas per sbarcare a
Palermo qualche giorno prima del 1
maggio 1947. La missione siciliana, e le
altre incursioni contro i ‘rossi’ in
varie città italiane, erano state
programmate da quattordici mesi, come
dimostrato da un cablogramma del 12
febbraio 1946 indirizzato da Angleton al
War Department, in cui si legge:
“Ho bisogno immediatamente di almeno
dieci agenti per aprire basi a Napoli,
in Sicilia, a Bari e a Trieste. Devono
essere sottoposti a un addestramento
intensivo Servono per operazioni
militari”.
Un ulteriore elemento a sostegno della
tesi della sinergia
americana-fascio-mafiosa in funzione
anticomunista, proviene dalla
documentazione archivistica degli USA,
dalla quale emerge che Victor Anfuso, il
boss italo-americano di Cosa Nostra che
aveva messo in piedi il Circolo della
Mafia per preparare lo sbarco alleato in
Sicilia, aveva provveduto a far giungere
a Giuliano sostanziosi finanziamenti da
parte dei Servizi Segreti americani per
la sua attività anticomunista.
Appare, quindi, privo di dubbi come il
movente della strage di Portella della
Ginestra fosse quello di accendere una
scintilla che portasse a una nuova
guerra civile e al susseguente
intervento militare americano volto alla
definitiva neutralizzazione delle
sinistre in Italia. Un piano che,
però, non diede i risultati sperati,
poiché Palmiro Togliatti e Pietro Nenni,
subodorando la reale matrice della
strage e le finalità politiche che ne
erano alla base, trattennero i loro
militanti dal reagire alla provocazione,
per cui gli organizzatori,
mancando l’obiettivo massimo, dovettero
“accontentarsi” di quello minimo,
con l’estromissione del Pci e del Psi
dal quarto governo di Alcide Gasperi
entrato in carica il 31 maggio dello
stesso anno, e con l’uscita dei
comunisti dalla stanza dei bottoni, da
cui sarebbero rimasti fuori per tutta la
Guerra Fredda. |