N. 84 - Dicembre 2014
(CXV)
Porta Latina
Breve storia dall'epoca imperiale al risorgimento
di Federica Campanelli
A
sud-est
di
Roma,
all’incrocio
tra
viale
Metronio
e
viale
delle
Mura
Latine,
si
apre
la
Porta
Latina,
che
della
cinta
muraria
di
Aureliano
(eretta
tra
il
270
e il
275)
è di
certo
tra
le
più
apprezzate
poiché
ancora
sufficientemente
fedele
all’immagine
che
doveva
dar
di
sé
al
tempo
in
cui
Onorio
e il magister
militum suo
protettore
Flavio
Stilicone
la
fortificarono
(401-403)
per
sopperire
alla
mancanza
di
un
adeguato
sistema
difensivo
di
fronte
alle
continue
minacce
barbariche.
Il
nome
della
porta
urbica
è
dovuto
all’antica
strada
consolare
–
anteriore
all’edificazione
della
porta
stessa
–
che
l’attraversava:
via
Latina.
L’origine
del
suo
tracciato
è
antichissima,
già
gli
Etruschi
la
utilizzarono
nei
secoli
VIII-VI a.C.
per
raggiungere
e
colonizzare
i
territori
campani.
La
strada
fu
poi
definita
in
età
repubblicana,
tra IV e
III
secolo
a.C.;
allora
la
consolare
iniziava
dall’estinta
Porta
Capena
delle
mura
Serviane,
nei
pressi
dell’attuale
piazza
di
Porta
Capena,
per
poi
separarsi
dalla
via
Appia
(che
con
essa
correva
parallelamente,
costituendone
un’alternativa
viaria)
e
proseguire
in
direzione
di
Casilinum
(Capua).
Il
progetto onoriano
di
fortificazione
prevedeva
l’innalzamento
di
una
cortina
in
travertino,
al
fine
di
ridurre
le
dimensioni
del
singolo
fornice
(la
cui
traccia
è
perfettamente
distinguibile
sulla
controporta
esterna)
e
fornire
la
porta
di
un
attico
con
cinque
merli
cuspidati
di
protezione
(propugnacula)
e
altrettante
monofore
a
tutto
sesto,
poi
sigillate
durante
l’assedio
gotico
nel
VI
secolo.
Tale
intervento
fu
dettato
dalla
necessità
di
aumentare
il
potenziale
difensivo
del
varco
e
munirlo
di
una
camera
di
manovra
per
la
saracinesca
che
serrava
l’esterno,
governando
più
agevolmente
gli
sconfinamenti
dei
barbari.
Sul
versante
esterno
del
fornice,
a
decorazione
della
chiave
di
volta,
è
inciso
il
monogramma
di
Cristo,
ossia
il
chrismon
(Chi-Ro),
accompagnato
dalle
lettere
α
e
ω.
Sul
lato
opposto,
entro
le
mura
della
città,
la
chiave
dell’arco
presenta
invece
una
croce
greca.
Entrambi
simboli
cristiani,
sono
probabilmente
legati
agli
episodi
bellici
che
videro
il
generale
bizantino
Belisario
impegnato
nella
lotta
contro
gli
Ostrogoti
nella
guerra
greco-gotica
del
VI
secolo.
Croci
scolpite
di
forma
tipicamente
greca
alla
sommità
degli
archi
sono
presenti
anche
sul
lato
interno
della
Porta
Appia
(oggi
San
Sebastiano);
su
Porta
Ostiense
(oggi
San
Paolo),
dove
due
croci
sono
scolpite
sia
all’esterno
che
all’interno
della
stessa;
infine
sulla
facciata
esterna
di
Porta
Pinciana
(all’opposto
è
invece
presente
una
croce
latina).
La
porta
è
scortata
da
due
torri
semicircolari,
prive
di
merlature
e
finestre
ma
dotate
di
feritoie.
La
torre
alla
sinistra
del
varco
(riferendoci
al
prospetto
esterno)
risulta
essere
un
rifacimento
di
epoca
medievale.
Essa
ha
per
fondamenta
una
costruzione
quadrangolare
del
I
secolo
d.C.,
che
la
tradizione
vuole
connessa
alla
fedele
nutrice
di
Domiziano,
Fillide,
la
quale,
proprio
su
via
Latina,
dove
possedeva
terreno,
curò
le
esequie
dell’imperatore
in
seguito
al
suo
assassinio.
Così
narra
anche
la
didascalia
all’incisione
di
Porta
Latina
eseguita
dal
siciliano
Giuseppe
Vasi
(1710-1782)
e
contenuta
nel
Libro
I
della
raccolta
Delle
magnificenze
di
Roma
antica
e
moderna
(1747-1761).
In
didascalia
possiamo
leggere:
“Via
Latina
che
sotto
Monte
Casino
si
unisce
con
la
Via
Appia.
Fu
in
essa
Via
la
Villa
di
Filide
nutrice
di
Domiziano”.
La
torre
alla
destra
conserva
ancora
le
vestigia onoriane;
posteriormente
a
quest’ultima,
una
posterula
consentiva
l’accesso
alla
camera
di
manovra
e al
camminamento
di
ronda.
In
entrambi
casi
si è
mantenuto
lo
stile
semicircolare
di
Aureliano
ma,
come
accennato,
preferendo
feritoie
per
gli
arcieri
in
luogo
di
più
ampie
finestre.
Già
durante
l’alto
Medioevo,
pratica
comune
era
l’appalto
o la
vendita
delle
porte
urbiche,
su
cui
appaltatori
e
proprietari
potevano
riscuotere
gli
introiti
dei
dazi
doganali.
Dai
primi
anni
del
XIII
secolo,
sotto
il
pieno
controllo
amministrativo
dello
Stato
Pontificio,
le
rendite
dell’imposta
provenienti
da
Porta
Latina
dovevano
essere
versate
nelle
casse
della
chiesa
di
San
Tommaso
in
Formis.
Dalla
variazione
dei
prezzi
di
concessione
di
Porta
Latina
registrati
tra
XV e
XVI
secolo,
s’intuisce
come
la
sua
importanza
legata
al
traffico
mercantile
sia
stata,
in
quel
periodo,
particolarmente
mutevole,
finché
nel
1656
fu
ordinata
la
sua
chiusura
per
pestilenza.
In
tutta
Roma
rimasero
aperte
le
sole
porte
Flaminia,
Nomentana,
Asinaria
(attestata
anche
come
Porta
Lateranense),
Ostiense
e
Portese.
Per
la
riapertura
di
Porta
Latina,
si
dovrà
attendere
il 5
maggio
1669,
quando
il
suo
legittimo
proprietario,
cardinal
Giulio
Gabrielli
detto
il
Vecchio,
ne
decretò
la
riabilitazione.
Dal
XIX
secolo,
dato
lo
scarso
rilievo
della
via
Latina
ormai
soppiantata
dall’Appia,
la
porta
chiuse
nuovamente
i
battenti
per
oltre
un
secolo,
sbarrando
l’accesso
persino
alle
truppe
italiane
del
generale
Cadorna,
il
cui
tentativo
di
penetrare
nella
città
di
Roma
per
annetterla
al
Regno
d’Italia,
riuscì
solo
attraverso
la
celebre
breccia
di
Porta
Pia
il
20
settembre
1870.
Porta
Latina
è
stata
riaperta
finalmente,
e
definitivamente,
nel
1911.