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ANTICA


N. 122 - Febbraio 2018 (CLIII)

AI CONFINI DELLA STORIA

I SARMATI: breve ritratto di un popolo misterioso
di Federico Bottallo

 

Dei Sarmati durante l’antichità sappiamo ben poco: questi popoli non hanno debuttato sulla scena della storia antica come protagonisti, ma hanno recitato, nelle fonti classiche, un ruolo marginale. Non essendoci pervenuto alcun racconto di prima mano e non avendo questo popolo l’abitudine della scrittura, possiamo ricostruire la loro etnogenesi solo de relato. La narrazione di questo insieme di popoli è stata mediata tramite il processo dell’interpretatio greca e successivamente romana.

 

I dati della ricostruzione linguistica rivelano che i Sarmati sono di stirpe iranica, parlante una lingua satem, appartenente quindi all’ancestrale popolo degli indoeuropei, che ebbero la primigenia sede in Asia. Successivamente i Sarmati, come altri popoli affini, mossero tra il V ed il IV secolo a.C. verso le piane della bassa Russia. Questo porzione di territorio non era disabitata, anzi era sede di altri popoli indoeuropei, come ad esempio i Traci, che avevano abbandonato la vita nomadica e a fianco dei quali i Sarmati convissero.

 

Dell’esistenza dei Sarmati abbiamo attestazioni già in Erodoto, che nel quarto libro delle Storie riferisce dei Sauromati, abitanti della sponda orientale del fiume Tanais, odierno Don, che ha rappresentato, per i greci dell’antichità, un argine naturale rispetto a questi scomodi vicini. Erodoto ci fornisce una descrizione geopolitica abbastanza precisa del territorio barbaro a nordest dell’Ellade: la Scizia Reale si estende tra il Danubio ed il Don; il territorio a levante, proteso verso est, era sotto il controllo dei Sarmati(Sauromati).

 

La genesi di questo misterioso popolo, secondo Erodoto, avrebbe origine in seguito all’unione di un gruppo di giovani efebi Sciti con un numeroso gruppo di Amazzoni, che successivamente alla guerra di Troia, nella quale avevano parteggiato per i Troiani, sbarcarono nella palude Meotica, l’odierno mar d’Azov. Dopo aver fuso le due componenti etniche, il nuovo popolo si stabilì aldilà del Don, dove al tempo di Erodoto ancora risiedeva. L’androginia tipica delle amazzoni, divenute compagne dei giovani Sciti, si riflette nelle descrizioni di Erodoto riguardo al genere di vita femminile: le donne sarmate vanno a cavallo, portano l’arco e partecipano alle guerre. Sempre riguardo il modus vivendi delle donne sauromate, Erodoto nota come queste non possano contrarre il matrimonio fino a che non abbiano ucciso almeno un uomo in battaglia; l’inadempimento di tale prescrizione non era ammissibile.

 

Riguardo il contatto con il mondo romano, dei Sarmati abbiamo notizia nell’opera di Augusto, Res Gestae: come affermato dallo stesso princeps, i Sarmati inviarono ambascerie per richiedere l’amicizia tra i due popoli.

Le popolazioni sarmatiche sono protagoniste dell’ultimo capitolo dell’opera tacitiana Germania, nella quale l’autore ci riporta un brevissimo, ma significativo, rilievo etnografico: in quest’opera i Sarmati vengono descritti come un popolo nomade «abituati a vivere in sella e sui carri». La generale barbarie di questo popolo si evince in maggior modo dal genere di vita peculiare: la dieta si basava unicamente sul consumo d’erba; questi dormono sul terreno nudo e vestono di pelli. Possiamo notare che Tacito tenda a rappresentare i Sarmati come un popolo di confine, non geografico, ma anche tra la condizione umana e quella animale. Anche le tecniche più primitive riguardo alla fabbricazione di armi sono a loro sconosciute: non fanno altro che spuntare schegge d’osso, ignorando completamente l’utilizzo del ferro. Tacito, che tanto famoso divenne per l’interpretazione del buon selvaggio germanico, conclude il capitolo e la monografia con un giudizio di valore fermo: i Sarmati, sono un popolo talmente barbaro da essere incapace di aver desideri.

 

Ritornando alla storia evenemenziale, a parte alcune schermaglie intercorse nel periodo neroniano, l’apice della conflittualità romano-sarmatica viene toccato con Marco Aurelio. Nell’ottica delle guerre marcomanniche del 180 d.C., l’imperatore filosofo, appellato successivamente “sarmatico” a seguito delle vittorie conseguite, vide il limes danubiano minacciato da una confederazione di popoli germanici ed alcuni popoli sarmati, tra i quali gli Iazigi, che inflissero numerose sconfitte alle legioni romane sul confine dacico.

 

Nei due secoli successivi alla conclusione delle guerre marcomanniche, i Sarmati ristrutturarono la propria struttura tribale, dovendo far fronte all progressive invasioni di popoli scandinavi e dell’Europa orientale. Proprio durante le invasioni degli Unni, i Sarmati si divisero in due fazioni, che si attestarono nei due schieramenti: chi cercò di entrare nell’Impero, in cerca di protezione, si trovò nello stesso modo a combattere con la seconda fazione, che era stata assorbita dalle orde orientali.

 

Qualsiasi sia stata l’evoluzione di un popolo così misterioso, si può affermare che dopo la caduta dell’Impero romano, nessuna fonte fece più alcuna allusione del popolo sarmatico.



 

 

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