N. 67 - Luglio 2013
(XCVIII)
I BALCANI POLVERIERA D’EUROPA
TERRA DI CONFINE, TERRA DI CONQUISTA
di Mira Susic
Ancora
oggi
i
Balcani
continuano
a
essere
visti
come
una
terra
di
nessuno
tra
Occidente
e
Oriente.
Una
regione
che
nell’arco
della
sua
storia
fu
il
focolaio
e il
teatro
di
odi
ancestrali
dei
suoi
diversi
gruppi
etnici
che
provocarono
una
cronica
instabilità
politica
e
feroci
conflitti.
Terra
di
incontro
tra
lingue,
culture
e
religioni
diverse,
via
di
passaggio
tra
nord
e
sud
nonché
tra
ovest
e
est
la
penisola
balcanica
diventò
suo
malgrado
sinonimo
di
un
perpetuo
disordine
politico
sfruttato
però
a
loro
esclusivo
favore
dalle
potenze
di
turno
che
vedevano
nei
Balcani
una
ghiotta
opportunità
di
affermazione
del
loro
potere
e
dominio
di
potenze
regionali,
continentali
o
addirittura
globali.
Così
il
termine
balcanizzazione
fini
per
definire
una
particolare
forma
di
stato
di
un
precario
equilibrio
politico,
istituzionale,
etnico
e
religioso
nel
quale
era
sufficiente
una
piccola
scintilla
per
scatenare
un
cataclisma
bellico
regionale,
continentale
o
globale.
Geograficamente
parlando
i
confini
dei
Balcani
sono
definiti
a
sud
dalla
penisola
greca,
a
ovest
dal
versante
orientale
del
mare
Adriatico,
a
nord
dal
fiume
Danubio
e
dei
suoi
affluenti
Drava
e
Sava,
e a
est
dallo
stretto
del
Bosforo
e
dal
versante
occidentale
del
mar
Nero.
I
Balcani
sono
stati
un
polo
d’attrazione
sin
dalle
origini
dell’uomo.
Il
settore
nord-est
aveva
tutti
gli
elementi
chiave
per
servire
da
ponte
per
il
transito
di
mercanzie
e
merci
nonché
della
popolazione
verso
l’Asia
e
viceversa.
Venendo
da
nord
o da
est
i
viaggiatori
o i
conquistatori
entravano
dapprima
nella
pianura
danubiana,
che
si
estendeva
come
una
sorta
di
immensa
distesa
racchiusa
tra
due
sistemi
montagnosi:
i
Carpazi,
e il
Rodope.
Quasi
al
centro
della
penisola
si
trova
una
catena
di
picchi
montagnosi
che
i
conquistatori
ottomani
indicarono
con
il
nome
generico
turco
di
Balkan
ovvero
la
montagna
o
catena
montuosa.
Nell’antichità
questa
catena
montagnosa
venne
chiamata
invece
Heamus,
mentre
le
popolazioni
slave
insediatesi
nell’area
tra
il
VI e
il
VII
secolo
della
nostra
era
o
A.C.
le
diedero
il
nome
di
Stara
Planina
o
Vecchia
montagna.
La
catena
montagnosa
dei
Balcani,
spina
dorsale
della
penisola,
divide
i
Balcani
in
due
parti:
a
nord
c’è
il
corso
del
Danubio,
a
sud
la
penisola
balcanica
prende
la
forma
delle
insenature
delle
coste
e
delle
isole
greche.
Nel
corso
della
sua
lunga
storia
dunque
la
penisola
balcanica
diventò
terra
di
passaggio
obbligato.
per
chi
partendo
dall’
mondo
asiatico
si
accingeva
ad
assaltare
l’Europa.
Il
primo
tentativo
di
conquista
di
un
lembo
delle
terre
balcaniche
furono
le
guerre
persiane,
quando
il
potente
impero
persiano
cercò
di
piegare
e
sottomettere
al
suo
volere
la
coalizione
delle
città
greche
guidate
da
Atene
e
Sparta.
La
battaglia
di
Maratona,
quella
delle
Termopili
e
poi
lo
scontro
marittimo
a
Salamina
tra
i
greci
e
persiani
segnarono
il
destino
dei
Balcani
e
del
continente
europeo.
Le
guerre
persiane
possono
essere
considerate
il
primo
scontro
bellico,
politico,
economico
e
culturale
tra
l’occidente
e
l’oriente.
In
sostanza
in
quella
guerra
gli
invasori
cercarono
di
imporre
un
modello
politico,
sociale
e
culturale
con
le
armi
in
Grecia.
I
difensori
greci
invece
difendevano
il
loro
stile
di
vita
sociale
e
politico.
Di
conseguenza,
si
trattò
di
uno
scontro
di
valori
epocale
tra
due
visioni
del
mondo
differenti,
quello
orientale,
precisamente
persiano,
opposto
al
modello
occidentale
rappresentato
da
Atene
e da
Sparta.
In
quel
occasione
il
modello
di
democrazia
ateniese
si
unì
al
modello
autoritario
spartano,
antagonisti
tra
loro,
ma
uniti
nello
sforzo
comune
nel
fronteggiare
un
nemico
esterno,
quello
persiano
che
avrebbe
potuto
spazzare
via
entrambi.
Un
alleanza
simile
si
ripeté
i
secoli
dopo
durante
la
seconda
guerra
mondiale
scoppiata
nel
ventesimo
secolo,
quando
le
democrazie
parlamentari
occidentali
si
unirono
con
la
dittatura
comunista
staliniana
per
sconfiggere
il
nazifascismo
che
metteva
in
pericolo
l'esistenza
di
entrambi
I
modelli
politico-economici
e
culturali
nonché
sociali.
In
questo
caso
si
tratto
di
un
nemico
sorto
in
Occidente
in
Europa
che
voleva
imporre
con
la
forza
delle
armi
un
ordine
mondiale
basto
sulla
supremazia
razziale
di
un
popolo
proclamato
dalla
dottrina
ideologica
nazifascista
eletto
e
superiore
agli
altri.
L’impero
di
Alessandro
Magno
inclinò
momentaneamente
il
pendolo
dello
scontro
tra
l’Occidente
e l’
Oriente
a
favore
dell’occidente.
Le
armate
macedoni
annientarono
tutti
gli
eserciti
che
tentarono
di
opporsi
alla
poderosa
avanzata
di
Alessandro
Magno
che
nella
sua
breve
vita
tentò
di
creare
una
sintesi
culturale
tra
Occidente
e
Oriente.
Si
tratto
di
un
nobile
tentativo
di
trovare
un
intesa
di
valori
culturali
e
morali
tra
due
così
differenti
culture
per
molti
aspetti
inconciliabili
tra
loro.
Con
l’avvenimento
dell’Impero
romano
il
confronto
fra
Occidente
e
Oriente
nei
Balcani
finì
decisamente
a
favore
dell'Occidente,
dato
che
Roma
estese
il
suo
dominio
sull’intero
bacino
del
Mediterraneo.
La
penisola
balcanica
fu
semplicemente
inglobata
nell’impero.
La
potente
macchina
da
guerra
romana
eliminò
uno
dopo
l’altro
tutti
gli
avversari
che
avrebbero
potuto
insidiare
il
suo
espansionismo.
Tra
quelli
che
tentarono
di
opporsi
fu
Cartagine
che
però
alla
fine
finì
per
soccombere.
Dopo
aver
conquistato
ampi
spazi
territoriali
e
ottenuto
il
pieno
controllo
del
bacino
del
Mediterraneo
i
romani
non
si
fecero
scrupoli
e
imposero
il
loro
modello
politico
e
culturale
in
tutte
le
province
conquistate.
Per
sua
natura
l'Impero
romano
può
essere
considerato
a
tutti
gli
effetti
il
primo
impero
globalizzato
culturalmente
dove
una
lingua
veicolare
il
latino
prevalse
come
modello
di
comunicazione
innanzitutto
amministrativa
e
militare,
ma
anche
culturale
ed
economica.
In
sostanza
Roma
esportò
un
modello
di
vita
o
stile
sociale
che
trovava
nella
figura
dell'imperatore
la
sua
massima
espressione
come
simbolo
non
solo
di
dominio
e di
potere
assoluto
ma
anche
di
appartenenza
a
una
comunità
culturale
che
poteva
rimanere
anche
multietnica
ma
doveva
sottostare
alle
leggi
universali
di
Roma
e
del
suo
imperatore
considerato
personaggio
divino.
I
Balcani
fecero
parte
integrate
di
questo
modello
imperiale
in
termini
economici,
politici,
culturali
nonché
militari
per
un
lungo
periodo
storico,
ma
con
la
divisione
dell’impero,
già
in
piena
crisi,
in
due
parti,
quella
occidentale
e
quella
orientale
la
posizione
geopolitica
dei
Balcani
cambiò
notevolmente.
Infatti
attraverso
la
penisola
balcanica
si
affermò
una
netta
linea
di
demarcazione
tra
il
mondo
culturale
latino
e
quello
greco.
Dopo
un
lungo
tempo
prese
forma
un
modello
alternativo
alla
società
dominata
dal
latino
come
lingua
veicolare.
La
cultura
e la
lingua
greca
presero
vigore
e
Bisanzio
si
impose
come
modello
culturale,
sociale
e
istituzionale
nei
Balcani.
Con
ciò
si
affermarono
due
poli
contrapposti:
Roma
e
Costantinopoli,
tenuti
però
per
un
un
breve
periodo
ancora
legati
dal
cristianesimo
diventato
all’epoca
già
religione
ufficiale
dell’impero.
Il
crollo
della
parte
occidentale
dell’Impero
romano
segnò
per
i
Balcani
un
punto
di
svolta.
La
penisola
era
alla
portata
di
Bisanzio,
ma
le
invasioni
barbariche
prima,
e
dopo,in
particolare
quelle
slave
e
magiare
mutarono
radicalmente
etnicamente
la
penisola
balcanica
relegando
la
cultura
greca
ai
margini
della
penisola.
Solo
la
cristianizzazione
dei
nuovi
arrivati
avrebbe
potuto
ridare
smalto
a
Bisanzio
incidendo
sulla
sua
influenza
politico-culturale.
Attraverso
la
cristianizzazione
si
giocava
una
partita
non
solo
religiosa
ma
anche
politica.
Chi
avrebbe
prevalso
nei
Balcani,
gli
eredi
di
Roma,
la
Chiesa
cattolica
con
il
papa
e
l’Impero
carolingio
oppure
Bisanzio
con
nascete
Chiesa
ortodossa
d’oriente?
In
questo
periodo
si
verificò
un
frattura
cruciale
nei
Balcani
legata
alla
cristianizzazione.
In
sostanza
si
formarono
due
distinte
sfere
di
influenza
tra
cattolicesimo
e
l’ortodossia
che
segnarono
la
sorte
di
quelle
terre
nei
secoli
avvenire
fino
ai
giorni
nostri.
La
spaccatura
fra
questi
due
mondi
del
cristianesimo
attraversava
i
Balcani
e
influì
sul
destino
politico-culturale
di
quelle
terre.
Al
concetto
universale
propagato
dalla
Chiesa
cattolica
si
contrappose
il
concetto
nazionale
tipico
dell'
Ortodossia
orientale
nella
quale
prevalse
l'elemento
nazionale
locale
legato
al
potere
statale.
Chiesa
nazionale
opposta
a
Chiesa
universale,
questa
potrebbe
essere
la
sintesi
dello
scontro
politico
del
cristianesimo
sorto
nei
Balcani.
Nel
corso
dei
secoli
un
altro
elemento
proveniente
dall’Asia
si
aggiunse
nei
Balcani
mutandone
l’aspetto
religioso.
L’invasione
ottomana
incise
drasticamente
nel
tessuto
culturale
e
sociale
in
quelle
terre.
Imponendo
il
suo
credo
religioso,
l’islam,
che
fino
ad
allora
era
estraneo
a
quelle
popolazioni,
l’Impero
ottomano
si
assicurò
dei
punti
di
appoggio
efficaci
nei
Balcani.
Questi
punti
di
appoggio
sono
ancora
oggi
presenti
nell’area,
dato
che
le
comunità
mussulmane
locali
sono
culturalmente
legate
alla
Turchia.
La
conquista
ottomana
dunque
in
sostanza
divise
la
penisola
balcanica
in
due
porzioni
ben
distinte
Una
parte
rimase
ancorata
all’Europa
ovvero
al
cattolicesimo,
mentre
un
ampia
fetta
di
essa
che
più
o
meno
coincide
con
la
presenza
nell’area
dell’cristianesimo
ortodosso,
rimase
tagliata
fuori
dalla
sfera
occidentale
per
secoli
fino
alla
crisi
e al
definitivo
crollo
dell’Impero
ottomano.
La
disputa
fra
Occidente
e
Oriente
raggiunse
il
suo
culmine
con
lo
scoppio
della
prima
guerra
mondiale.
(1914-1918)
da
ciò
scaturì
la
dissoluzione
di
tre
imperi
per
loro
natura
multi-etnici
che
si
contendevano
l'area
balcanica:
l'impero
asburgico,
l'impero
degli
zar
e
l'impero
del
sultano.
Dopo
il
definitivo
crollo
dell’Impero
ottomano
la
penisola
Balcanica
fu
drasticamente
inclusa
nella
sfera
occidentale.
La
sua
inclusione
fu
conforme
ai
progetti
delle
potenze
europee
di
turno
che
crearono
nell’area
novi
stati
nazionali
nei
cui
confini
erano
incluse
comunità
etniche
e
religiose
spesso
in
conflitto
tra
loro.
In
sostanza
si
creava
una
miriade
di
potenziali
casi
di
crisi
tracciando
dei
confini
non
conformi
alle
caratteristiche
etniche,
culturali
e
religiose
dei
territori
imponendo
il
concetto
di
stato
nazionale
a
delle
comunità
di
fatto
multiculturali
e
multi-religiose.
In
sostanza
si
tentò
di
stabilizzare
i
Balcani
offrendo
alle
comunità
etniche
di
quelle
terre
il
modello
dello
stato
nazionale
imposto
si
nei
secoli
in
Europa.
Lo
stato
nazionale
in
seguito
nei
Balcani,
nel
caso
di
stati
multi-etnici,
si
basò
in
pratica
sul
dominio
politico,
amministrativo
e
economico
della
compagine
etnica
più
forte
numericamente
in
un
determinato
territorio
in
grado
di
garantire
la
tenuta
del
potere
centrale
dopo
la
nascita
dello
stato
indipendente
e la
tenuta
delle
sue
frontiere.
Così
ad
esempio
alla
Serbia
fu
assegnato
il
compito
di
garantire
l'esistenza
di
uno
stato
multietnico
come
l'era
la
Yugoslavia.
A
essa
fu
applicato
il
modello
della
Prussia
o
del
Piemonte
che
portarono
alla
unificazione
della
Germania
e
dell’Italia
nella
seconda
metà
del
XIX
scolo.
La
Serbia
doveva
fungere
da
calamita
e
attrarre
nella
sua
orbita
le
terre
abitate
dagli
Slavi
del
sud
dalla
costa
adriatica
fino
alla
pianura
danubiana.
Con
ciò
secondo
il
volere
delle
potenze
dell’Intesa,
vincitrici
della
prima
guerra
mondiale,
in
particolare
Francia
e
Gran
Bretagna
si
sarebbe
dovuto
ridurre
e
bloccare
l’egemonia
tedesca,
ungherese
nei
Balcani
e
precludere
all’Italia
l’ingresso
nella
penisola
balcanica
come
potenza
regionale
egemone
in
sostituzione
dell’impero
asburgico
e e
di
quello
ottomano,
entrambi
dissoltisi
dopo
la
catastrofe
bellica
della
Grande
Guerra.
Lo
stato
multietnico,
la
Yugoslavia,
sorto
nelle
zona
balcanica
doveva
racchiudere
in
sé
tutte
le
caratteristiche
di
uno
stato
nazionale
forte
che
però
divenne
il
prototipo
di
un
esperimento
nel
quale
si
dovevano
bilanciare
le
pulsioni
nazionalistiche
delle
varie
componenti
etniche
con
il
potere
centrale
incarnato
dalla
dinastia
Karađorđević.
L’uomo
forte
o
autoritario
incarnato
nella
persona
del
re
Aleksandar
Karađrorđevć
prima
e da
Josip
Broz
Tito
poi,
non
fece
altro
che
smorzare
e
bloccare
tutte
le
contraddizioni
etniche
e
religiose
presenti
nel
paese,
contraddizioni
che
regolarmente
scoppiarono
in
due
occasioni
storiche:
nel
1941
nel
e
attacco
nazifascista
al
regno
di
Yugoslavia
e
nel
1991
disgregazione
della
Yugoslavia.
L'avvento
di
regimi
autoritari
o
dittatoriali
nell’area
finì
per
avere
una
funzione
di
tappo
di
una
pentola
a
pressione.
Crollato
il
regime
autoritario
scoppiarono
tutte
le
contraddizioni
etniche
e
religiose
a
lungo
sopite.
Ciò
portò
nel
recente
passato
a
cruenti
scontri
etnico-religiosi
che
insanguinarono
in
particolare
i
territori
della
ex
Yugoslavia.
Ancora
una
volta
il
Balcani
diventarono
preda
delle
dispute
tra
le
potenze
di
turno.
L’unica
via
d’uscita
da
questo
circolo
vizioso
è
l’inserimento
di
tutta
la
penisola
balcanica,
senza
alcuna
eccezione
e
distinzione
in
breve
tempo
nell’UE.
Solo
un
tetto
comune
europeo
può
garantire
quella
stabilità
che
spesso
è
mancata
nei
Balcani.
Bisognerebbe
evitare
la
tentazione
di
dominio
di
qualche
potenza
di
turno
sia
regionale
che
continentale
oppure
globale,
in
un’area
da
sempre
così
delicata
e
suscettibile
a
sconquassi
bellici.
La
penisola
balcanica
potrebbe
ancora
una
volta
innescare
una
detonazione
a
catena
in
Europa,
eventualità
da
evitare
a
tutti
i
costi
per
non
ricadere
nei
bagni
di
sangue
del
passato
che
hanno
già
travolto
il
continente
europeo.