N. 55 - Luglio 2012
(LXXXVI)
Tra Polonia, Ucraina... e cani randagi
L’antica Galizia orientale
di Daniela Coppola
“A
quell’epoca
il
mondo
era
saturo
di
energia
–
Adam
Zagajewski”
L’Ucraina
-
che
in
questi
giorni
ha
appena
ospitato
insieme
alla
Polonia
i
Campionati
Europei
2012
-
nei
giorni
precedenti
l’apertura
della
manifestazione
sportiva
ha
subito
forti
attacchi
dalle
organizzazioni
animaliste
nazionali
e
internazionali
per
come
ha
affrontato
il
problema
del
randagismo
di
cani
e
gatti,
presenti
soprattutto
nelle
città
in
cui
si
sarebbero
svolte
le
competizioni
sportive.
La
stima
parla
di
circa
venti
mila
animali
“sterminati”
nella
maniera
più
cruenta
possibile,
addirittura
utilizzando
un
“forno
crematorio
mobile”,
“fosse
comuni”,
con
le
istituzioni
amministrative,
prodighe
di
suggerimenti
comunicati
via
web,
che
sollecitavano
la “collaborazione”
della
cittadinanza
rimarcando
la
pericolosità
della
situazione.
Frasario
terribile
che
richiama
alla
memoria
l’uso
di
una
terminologia
da
brividi,
già
sentita,
già
sperimentata,
anche
qui
in
Ucraina.
La
regione
storica
della
Galizia
orientale
si
individua
tra
la
Polonia
e
l’Ucraina
ed è
stata
teatro
di
battaglie
di
conquista
tra
le
diverse
nazioni
confinanti.
Terra
di
spartizione,
fu
inglobata
nell’Austria
e
invasa
dalla
Russia
durante
la I
Guerra
Mondiale.
La
Galizia
orientale
fu
smembrata
all’indomani
della
dissoluzione
dell’impero
austro-ungarico
e
annessa
alla
“Grande
Polonia”
che
rimase
grande
per
venti
anni,
fino
alla
firma
del
patto
scellerato
tra
Germania
e
URSS
nel
1939.
Già
il
fasullo
accordo
di
pace
di
Monaco
di
fine
settembre
1938
tra
la
Germania
e le
forze
democratiche
ai
danni
della
Cecoslovacchia
(un’intera
nazione
smembrata:
sottratto
all’istante
l’intero
territorio
dei
Sudeti,
e
sei
mesi
dopo
Boemia
e
Moravia
e
l’indipendenza
della
Slovacchia)
indebolì
la
credibilità
delle
potenze
democratiche
distruggendo
il
“principio
di
sicurezza
collettiva”,
rafforzando
invece
la
Germania,
pronta
a
nuove
successive
aggressioni.
Nel
seguente
e
tardivo
“Patto
di
assistenza
militare”
fra
le
potenze
europee
era
stata
compresa
anche
la
Polonia,
ma
non
l’Unione
Sovietica
(che
non
era
stata
invitata
neanche
al
tavolo
delle
trattative
di
Monaco).
L’URSS
comprese
quindi
che
non
avrebbe
avuto
nessun
supporto
europeo
in
caso
di
aggressione
tedesca
-
anzi,
sospettava
che
fosse
pure
auspicata,
considerando
il
timore
di
un’avanzata
egemone
sovietica
in
territorio
occidentale
e
comunque
polacco
-.
Dunque
provvide
da
sola,
sorprendendo
il
mondo
intero,
con
l’accordo
“Molotov-Ribbentrop”
nell’agosto
1939.
Il
patto
prevedeva,
oltre
la
non
aggressione
da
parte
della
Germania
nazista
nei
confronti
dell’URSS,
anche
un
“Protocollo
addizionale
segreto”
che
garantiva
a
entrambe
le
potenze
in
questione
la
spartizione
del
territorio
polacco
e la
suddivisione
degli
Stati
limitrofi
in
sfere
di
influenza,
rafforzando
così
la
sicurezza
territoriale
in
caso
di
nuove
aggressioni.
Come
ben
sappiamo
Hitler,
con
“l’Operazione
Barbarossa”,
non
mantenne
il
Patto
e il
22
giugno
1941
invase
l’Unione
Sovietica,
ma
la
Polonia
subì
comunque
l’ennesima
spartizione
del
suo
territorio.
La
Germanizzazione
nell’Europa
dell’Est
prevedeva
l’eliminazione
di
razze
considerate
inferiori
dai
folli
ideologhi
della
razza
ariana:
gli
ebrei
subivano
un
trattamento
privilegiato,
ma
anche
zingari,
russi,
polacchi,
cechi
venivano
sacrificati
in
nome
della
purificazione
della
razza.
Dove
non
era
possibile
“assimilare”,
si
passava
a
eliminazione
diretta
(ma
le
pratiche
di
eliminazione
erano
varie
e
diversificate).
La
Polonia
deve
i
suoi
morti
anche
all’Unione
Sovietica:
noto
il
massacro
nella
foresta
di
Katyn
dove,
per
ordine
di
Stalin,
l’Armata
russa
trucidò
la
classe
dirigente
formata
da
intellettuali
e
ufficiali
polacchi,
al
fine
di
piegare
del
tutto
questa
nazione,
in
considerazione
della
spartizione
polacca
tra
Germania-URSS.
I
teorici
nazisti
perseguivano
studi
antropologici
rimaneggiandoli
in
favore
della
causa
ariana.
Infatti
consideravano
le
deportazione
in
massa
dei
popoli
il
loro
“fiore
all’occhiello”:
sconvolgere
la
carta
etnografica
europea
avrebbe
assicurato
la
scomparsa
di
entità
etniche
e
nazionali
-
senza
troppi
spargimenti
di
sangue
-
disseminandoli
e
disperdendoli
in
diverse
parti
del
mondo:
Africa,
Siberia
o
America
del
Sud
erano
i
luoghi
favoriti
(Il
nazismo
e lo
sterminio
degli
ebrei,
Leon
Poliakov,
Einaudi.
Considerevoli
movimenti
umani
trasformarono
la
geografia
di
interi
villaggi
che
venivano
svuotati
e
successivamente
ripopolati
da
migliaia
di
persone
sfollate
dai
luoghi
natii
e
avviate
verso
altre
destinazioni
sconosciute.
Oppure,
diversamente,
pur
rimanendo
nelle
loro
abitazioni,
diventavano
improvvisamente
parte
di
un’altra
nazione:
insomma,
scambi
territoriali
effettuati
coattivamente
tra
le
diverse
popolazioni,
in
virtù
di
una
ripopolazione
antropologica-linguistica
e
religiosa
di
appartenenza.
Nella
Galizia
orientale,
i
nazisti
in
particolare
(ma
non
solo
loro,
anche
i
sovietici
e
gli
ucraini
furono
particolarmente
feroci
rendendo
difficile,
se
non
impossibile,
inquadrare
il
confine
delle
rispettive
responsabilità)
operarono
in
maniera
scientifica
e
silenziosa
uno
sterminio
di
massa
eliminando
in
loco
la
cospicua
comunità
ebraica,
sotterrata
in
fosse
comuni
nei
boschi
galiziani.
Gli
ebrei
sfuggiti
alla
mattanza
immediata
venivano
arrestati,
trasportati
nei
campi
di
concentramento
e
cremati
nei
forni.
La
Wehrmacht
prevedeva,
in
caso
di
sbarco
in
Inghilterra,
la
deportazione
di
tutta
la
popolazione
maschile
inglese
dai
diciassette
ai
quarantacinque
anni
di
età
al
fine
di
ripopolare
i
territori
dell’Europa
orientale
una
volta
sgomberate
dai
loro
abitanti
(Leon
Poliakov
op.cit)
Dopo
la
Conferenza
di
Potsdam
nel
luglio/agosto
1945,
stabilito
il
confine
tra
Germania
e
Polonia
sulla
linea
Oder-Neisse,
si
determinò
un
ulteriore
spostamento
di
massa
di
tutto
il
territorio
polacco
(e
non
solo)
dove
i
protagonisti
furono
le
popolazioni
tedesche
che
vennero
espulse
e
rispedite
in
Germania,
come
d’altronde
una
nazione
richiede:
i
tedeschi
in
Germania,
i
polacchi
in
Polonia,
gli
ucraini
in
Ucraina,
i
sovietici
in
URSS…
Saggi
storici
in
cui
trovare
descrizioni
precise
dei
ruoli
attivi
dei
“vicini
di
casa”
e
conseguenti
responsabilità
precise
scarseggiano,
anche
se
l’apertura
degli
Archivi
segreti
in
questi
ultimi
anni
qualcosa
ha
fatto
emergere.
Spesso,
in
circostanze
analoghe,
è
venuta
in
soccorso
la
letteratura
che,
senza
volersi
assumere
oneri
che
non
le
competono,
compie
l’opera
meritoria
della
memoria
e
della
divulgazione.
I
nomi
che
compongono
questo
gelido
elenco
a
seguire
si
riferiscono
a
villaggi
galiziani,
molti
dei
quali
sono
scomparsi
perfino
dalle
mappe
geografiche.
Luoghi
teatro
di
massacri
silenziosi
e
inenarrabili,
la
cui
cagionevole
memoria
è
stata
affidata
alla
volontà
di
coloro
che,
per
motivi
di
studio
o
affettivi,
hanno
voluto
far
emergere
dall’oblio
il
ricordo
di
questi
luoghi.
-
Il
massacro
di
Jedwabne
(I
carnefici
della
porta
accanto,
Jan
T.Gross,
Mondadori,
2001)
perpetrato
il
10
luglio
1941
nello
Shtetl
di
Jedwabne
in
Polonia.
Per
lungo
tempo
si è
supposta
la
sola
responsabilità
delle
Einsatzgruppen
naziste,
ora
studi
recenti
sembrerebbero
dimostrare
anche
la
partecipazione
effettiva
degli
abitanti
polacchi
non-ebrei
della
zona.
-
Leopoli,
l’antica
Lemberg
austriaca
(poi
la
polacca
Lwòw,
la
sovietica
L’vov,
e
ora
l’ucraina
L’viv)
frequentata
nel
1913
dallo
scrittore
Joseph
Roth
durante
il
suo
primo
anno
di
università,
essendo
lui
nato
a
Brody,
nel
distretto
di
Lemberg
(nel
1927
Roth
pubblica
Ebrei
erranti
in
cui
racconta
degli
ebrei
orientali
a
cui
egli
stesso
apparteneva
e
che
la
caduta
dell’impero
austro-ungarico
aveva
di
forza
disseminato).
Nel
secondo
dopoguerra,
a
seguito
della
Conferenza
di
Potsdam,
intere
famiglie
abbandonarono
coattivamente
il
capoluogo
galiziano
per
trasferirsi
in
massa
a
Gliwice,
nell’Alta
Slesia,
sottratta
alla
Germania
e
assegnata
poi
alla
Polonia
(Adam
Zagajewski,
Tradimento,
Adelphi,
2007).
Ripopolata
da
ucraini,
Leopoli
è
poi
passata
sotto
il
giogo
sovietico
fino
all’indipendenza
dell’Ucraina
nel
1991.
- La
Drohobyc
di
Bruno
Schulz,
l’antica
cittadina
galiziana
non
esiste
più,
ha
lasciato
il
posto
a
Drohobych,
moderna
cittadina
ucraina.
Bruno
Schulz
scrittore
e
pittore
polacco,
traduttore
de
Il
Processo
di
Kafka,
uomo
sensibile
e
colto,
è
stato
trucidato
da
un
soldato
tedesco
per
rappresaglia
ed è
sparito
per
sempre
nelle
fosse
comuni.
“Non
esiste
una
chiave
per
l’opera
di
Schulz:
è
tutto
detto,
o
quasi,
nei
suoi
racconti,
compresa
quell’ossessione
erotica
che
trattò
con
la
stessa
familiarità
e
confidenza
con
cui
altri
parlano
di
un
raffreddore
da
fieno
o di
un’emicrania”
-
Adam
Zagajewski
(op.cit).
- A
Boryslaw
borgo
minerario
a
pochi
km
da
Drohobycz
viveva
la
famiglia
Lerner.
In
Scintille
Gad
Lerner
(Feltrinelli
2009)
racconta
la
storia
della
sua
famiglia
e di
come
ha
ritrovato
le
sue
origini
nei
boschi
della
Galizia
ebraica.
-
Trochenbrod
(Zofiowka
in
polacco)
e
Lozisht,
Lutsk,
Rovno
e
Kolki
. In
Ogni
cosa
è
illuminata
di
Jonathan
Safran
Foer
(Guanda
editore)
l’autore
ha
raccontato
–
tra
l’assurdo
e il
fantastico
– il
viaggio
che
ha
percorso
in
questi
luoghi,
ispirato
da
vicende
familiari,
alla
ricerca
delle
origini
del
nonno.
Il
regista
Liev
Schreiber
ne
ha
tratto
un
omonimo
film.
-
Bolechov
(ora
Bolekhiv),
Stryj
(ora
Stryi),
la
città
termale
di
Skole.
Ne
Gli
scomparsi
di
Daniel
Mendelsohn
(Neri
Pozza
editore)
lo
scrittore
statunitense
racconta
del
viaggio
compiuto
intorno
al
mondo
alla
ricerca
del
fratello
del
nonno
scomparso,
di
sua
moglie
e
delle
sue
quattro
figlie
le
cui
tracce
si
erano
fermate
intorno
al
1941.
-
Berdicev
(attualmente
Berdyčiv)
era
uno
Shtetl
russo
(quasi
completamente
distrutto
con
l’occupazione
del
1941)
in
cui
nacque
nel
1905
Vasilij
Semënovič
Grossman,
autore
di
Vita
e
destino
(Adelphi
editore)
oltre
al
saggio
storico
Il
libro
nero
- Il
genocidio
nazista
nei
territori
sovietici
1941-1945
scritto
insieme
a
Il'ja
Grigor'evič
Ėrenburg.
Grossman
considerato
uno
dei
maggiori
scrittori
russi
del
'900
è
stato
testimone
oculare
della
campagna
antisemita
perpetrata
in
Unione
Sovietica
da
Stalin
tra
il
1948
e il
1953.
I
suoi
libri
subirono
feroce
censura
fino
dopo
gli
anni
’80.
(Anche
Joseph
Conrad
considerato
uno
dei
più
importanti
scrittori
polacchi
del
'900
è
nato
a
Berdicev,
classe
1857).
Letteratura
e
storia
a
braccetto
in
soccorso
della
realtà.
I
tumuli
delle
fosse
comuni
giacciono
ancora
abbandonati
nelle
campagne
ucraine,
confidando
che
il
tempo
cancelli
tutto
e si
porti
via
la
verità
con
sé.
Chissà
se
nel
futuro
si
potranno
riesumare
i
corpi
e
interpretare
una
realtà
ancora
oscura.
Per
il
momento
conosciamo
solo
quanto
il
nonno
di
Daniel
Mendelsohn
soleva
ripetergli:
“I
tedeschi
erano
cattivi.
I
polacchi
ancora
peggio.
Ma
erano
gli
ucraini
i
peggiori
di
tutti”.
L’Ucraina
avrebbe
potuto
risolvere
il
problema
del
randagismo
diversamente,
programmando
per
tempo
una
pianificazione
che
includesse
efficaci
e
proficui
strumenti
culturali
che
avrebbero
comunque
condotto
alla
salvaguardia
della
sicurezza
personale,
evitando
sbrigativi
massacri
a
effetto.
Occasione
sprecata
per
dimostrare
di
aver
compiuto
un
percorso
di
civiltà,
che
non
contemplava
solo
la
gestione
all’avanguardia
dei
campi
di
calcio
per
il
campionato
europeo,
ma
cominciava
proprio
dal
vocabolario.