N. 70 - Ottobre 2013
(CI)
Un “sultano” alla corte di Teodora
IL SUCCESSO DI UN POLLO
di Maura Andreoni
La
ricca
decorazione
di
una
dama
della
corte
di
Teodora
rappresentata
nel
grande
mosaico
bizantino
di
S.
Vitale
a
Ravenna
(VI
sec.
d.C.),
presenta
piccole
sagome
di
uccelli
blu,
dal
becco
rosso
corallino
e
dal
dorso
ingobbito.
Questi
particolari
non
lasciano
dubbi:
si
tratta
di
uccelli
particolari,
polli
sultano,
e la
scelta
di
rappresentarli
proprio
sulla
veste
di
quella
dama,
Giovanna,
figlia
del
generale
Belisario,
potrebbe
non
essere
casuale.
Il
Pollo
sultano,
(Porphyrio
porphyrio),
è un
uccello
oggi
poco
conosciuto.
Ha
avuto
un
passato
illustre,
ma
attualmente
è
una
specie
considerata
a
rischio,
tanto
da
aver
reso
necessari
vari
interventi
di
reintroduzione.
L’interesse
storico
è
nato
proprio
a
seguito
del
progetto
di
reintroduzione
in
Italia
(vedi
nota
in
calce)
perché,
in
prossimità
dei
luoghi
di
prelievo
degli
esemplari
in
Spagna
e di
alcune
località
dove
sono
state
effettuate
le
reintroduzioni
in
Sicilia,
si
trovano
molte
iconografie
di
età
romana,
che
inequivocabilmente
lo
rappresentano.
Tale
circostanza
ha
portato
ad
estendere
la
ricerca
anche
in
altre
aree
e
l’esito
di
questa
prima
indagine
ha
rivelato
come
il
Porphyrio
antiquorium
–
come
definito
nel
XVIII
secolo
-
dovesse
essere
stato
molto
più
noto
nell’antichità
di
quanto
non
lo
sia
oggi.
Gli
antichi
autori
-
due
nomi
per
tutti:
Aristotele
(IV
sec.
a.C.)
e
Plinio
il
Vecchio
- lo
conoscevano
infatti
molto
bene
e lo
hanno
sempre
descritto
con
informazioni
scientifiche
molto
precise
e
dettagliate.
Sono
però
particolarmente
interessanti
anche
notizie
di
altra
natura:
Eliano
(II/III
sec.
d.C.)
afferma
che
gli
uomini
lo
allevavano
con
piacere
e lo
trattavano
con
molta
cura
(in
effetti
le
testimonianze
iconografiche
a
riguardo
sono
molte,
soprattutto
nell’area
vesuviana);
dallo
stesso
autore
come
da
Plinio
e,
indirettamente,
dal
gastronomo
Apicio
(I
sec.
d.C.),
scopriamo
che
i
Romani
non
lo
consideravano
commestibile
(anche
se è
stato
presente
nei
mercati
siciliani
fino
agli
anni
’50...)
e
soprattutto
apprendiamo
che
era
uccello
considerato
sacro
agli
dèi
venerati
in
Libia,
sua
zona
d’origine,
e
che
si
aggirava
libero
dentro
i
recinti
dei
templi.
Quest’ultima
affermazione
fa
supporre
che
venisse
coinvolto
nella
pratica
delle
divinazioni.
È
noto
che
gli
uccelli
venivano
tradizionalmente
consultati
per
il
volo
o
per
il
verso,
ma
il
Pollo
sultano,
molto
probabilmente,
veniva
coinvolto
in
un
altro
metodo
divinatorio,
l’alectronomanzia,
cioè
l’osservazione
del
modo
con
cui
i
polli
sacri
si
alimentavano.
La
consultazione
dei
polli
sacri,
pratica
spesso
molto
criticata
perché
facilmente
corruttibile,
era
effettuata
soprattutto
nei
campi
militari
ed
era
obbligatoria
prima
della
partenza
di
un
esercito
o
alla
vigilia
di
una
battaglia.
Dalle
fonti
si
ricava
infine
un
ulteriore
particolare
che
è
l’origine
della
riflessione
da
cui
è
iniziato
questo
contributo:
il
Pollo
sultano
sarebbe
un
animale
molto
geloso
e,
addomesticato,
avvertirebbe
il
marito
in
caso
di
adulterio
della
moglie.
Tutto
ciò
non
trova
ovviamente
riscontro
nella
sua
reale
etologia,
ma è
comunque
singolare
scoprire
che
questo
uccello
fosse
messo
a
guardia,
per
così
dire,
di
un
aspetto
assolutamente
centrale
per
il
mondo
romano
e
cioè
la
castitas
femminile,
concetto
etico
divinizzato
a
cui
però
il
Pollo
sultano
non
sembra
essere
stato
specificatamente
consacrato.
Apprezzato
per
la
sua
bellezza,
il
Pollo
sultano
veniva
spesso
rappresentato
anche
per
i
cosiddetti
“animali
bardati”,
così
frequenti
nell’iconografia
musiva
romana,
soprattutto
nei
contesti
circensi
figurati.
Testimonianze
ce
ne
sono
molte,
dal
celeberrimo
mosaico
de
“Il
Piccolo
Circo”
della
Villa
del
Casale
di
Piazza
Armerina
(IV
sec.
d.C.),
a
quello
purtroppo
mutilo
di
Volubilis
in
Marocco
(II/III
sec.
d.C.),
al
grande
mosaico
dionisiaco
di
Colonia
(II/III
sec.
d.C.).
Tutti
questi
mosaici
riprendono
le
vere
corse
dei
carri
che
si
disputavano
nelle
arene
tra
quattro
fazioni
(Albati/Bianchi,
Russati/Rossi,
Prasini/Verdi
e
Veneti/Blu),
ognuna
delle
quali
era
associata
a
una
stagione
e,
simbolicamente,
ai
suoi
frutti.
Affidare
il
colore
venetus
al
Pollo
sultano
è un
palese
omaggio
alla
bellezza
del
suo
piumaggio
e
questo
spiega
anche
perché
l’uccello
fosse
frequentemente
associato
all’autunno
e ai
suoi
frutti.
Tale
associazione
resterà
a
lungo,
anche
al
di
fuori
dei
contesti
circensi
e
addirittura
in
ambito
paleocristiano,
quando
il
suo
passato
pagano
fu
dimenticato,
tanto
da
apparire
in
vari
mosaici
paleocristiani
e
bizantini
come
quelli,
splendidi,
di
Ravenna.
Si
trovano
polli
sultano
rappresentati
infatti
nella
Cappella
Arcivescovile,
a
Sant’Apollinare
Nuovo
e,
come
detto,
a
San
Vitale.
Proprio
le
sagome
di
polli
sultano
rappresentati
sulla
veste
di
Giovanna
riconducono
al
quesito
iniziale
di
questa
ricerca:
perché
si
scelse
proprio
un
uccello
così
particolare
come
elemento
decorativo
della
veste
di
Giovanna.
Alla
luce
di
quanto
letto
nelle
fonti
e
ipotizzando
che
certe
antiche
chiavi
di
lettura
fossero
ancora
diffuse,
il
richiamarsi
proprio
al
Pollo
sultano
nella
scelta
decorativa
della
veste
di
Giovanna
forse
potava
significare
la
volontà
di
esplicitare
la
candidatura
della
ragazza
a
moglie
devota
del
nipote
di
Teodora,
così
come
voleva
l’astuta
imperatrice,
o
almeno
quella
di
farne
passare
il
messaggio.
Secondo
lo
storico
bizantino
Procopio
di
Cesarea
infatti,
Teodora,
desiderosa
di
impossessarsi
degli
ingenti
beni
di
Belisario,
aveva
architettato
un
piano
per
far
sposare
suo
nipote
Anastasio
all’unica
figlia
– ed
erede
–
legittima
del
generale.
Assolutamente
contraria
a
questo
matrimonio,
la
madre
naturale
di
Giovanna
fece
di
tutto
per
allontanare
la
figlia
dal
nipote
di
Teodora,
incurante
del
fatto
che
nel
frattempo
tra
i
due
era
scoppiata
una
passione
che
durò
“ben
più
di
otto
mesi”.