L'Età moderna
L'idea che l'età
moderna abbia determinato un rapido declino della
religione sia nella sfera pubblica, sia nelle menti
degli individui, è stata ampiamente accettata. Il
termine comunemente usato per indicare questo presunto
processo di declino religioso è "secolarizzazione",
mentre la sua elaborazione teorica da parte di storici o
scienziati sociali, è chiamata "teoria della
secolarizzazione".
E' stato inoltre
raggiunto un accordo sulla causa del fenomeno. La colpa
di questo incidente di percorso metafisico della storia
moderna viene generalmente attribuita alla scienza, più
precisamente alla scienza moderna, che ha trasformato
radicalmente le condizioni dell'esistenza umana negli
ultimi secoli. Prendendo lo scienziato e l'ingegnere
come le figure tipiche dell'età moderna, si può
affermare che la religione è divenuta impensabile per il
primo e inutile per il secondo. Il presupposto più
importante, naturalmente, è che la religione si basa
sull'incomprensibilità del mondo e sul disorientamento
dell'uomo in quel mondo incomprensibile, per cui essa
deve necessariamente declinare, come accade a queste due
condizioni.
Si può mostrare
come in vari luoghi l'avanzare della modernità abbia
coinciso passo dopo passo con un netto declino sia della
pratica sia della fede religiosa. La ragione della
secolarizzazione è il potere di trasformazione della
modernità. Scienza e tecnologia sono due fattori che
stanno alla base della secolarizzazione. La scienza
moderna stimola un modo di pensare che non tollera il
mistero, e che cerca spiegazioni razionali invece che
causalità soprannaturali.
Perciò è
ragionevole parlare di una relazione tra "la morte di
Dio" e il progresso della moderna produzione
industriale, come anche del consumo dei suoi prodotti.
Ma una teoria
che concepisca la secolarizzazione come
inestricabilmente legata alla modernità va incontro a
gravi difficoltà. Vi sono vaste regioni, oggi, in cui
non solo la modernizzazione non ha prodotto laicismo, ma
ha portato a una riaffermazione della religione. Il
mondo islamico ribolle di tali riaffermazioni. Si
direbbe che la relazione tra religione e modernità sia
molto più complessa di quel che si pensava. Se l'età
moderna è stata, in effetti, la scena di una
secolarizzazione diffusa, è stata anche la scena di
potenti movimenti di contro-secolarizzazione.
Esistono un'area
geografica e un gruppo di persone appartenenti a paesi
diversi a cui la teoria della secolarizzazione sembra
applicarsi molto bene. Questa regione è l'Europa, e il
gruppo comprende persone che hanno ricevuto
un'istruzione superiore di tipo occidentale. Al
contrario, il resto del mondo è più che mai
sfrenatamente religioso. La religione tradizionale
continua a esercitare un profondo influsso su vaste
moltitudini in quasi tutte le regioni non occidentali,
nelle regioni asiatiche e nel mondo musulmano,
nell'Africa sub-sahariana e nell'America Latina.
Se si guarda ai
movimenti di rivitalizzazione religiosa su scala
mondiale, due spiccano fra tutti. Uno è quello
musulmano, l'altro quello protestante evangelico:
entrambi reagiscono a qualcosa. In particolare,
reagiscono al disorientamento causato dalla
modernizzazione e al senso di disagio che ne deriva. Il
movimento musulmano è neotradizionale, il movimento
evangelico è solo parzialmente antimoderno nelle sue
intenzioni, mentre si può ragionevolmente sostenere che
le sue conseguenze sono modernizzanti in senso positivo.
Il fenomeno
Stati Uniti
Un'ulteriore
difficoltà per la teoria della secolarizzazione è il
carattere religioso degli Stati Uniti, e non si tratta
di una difficoltà da poco. Nessuno oserà dire che gli
Stati Uniti non sono una società moderna. Eppure, in
base a tutti i criteri convenzionali, continuano a
essere un paese profondamente religioso. Non solo viene
mantenuto uno status quo religioso, ma sempre più
americani si recano alle funzioni religiose, sostengono
le organizzazioni religiose e di definiscono credenti
convinti. Le chiese prosperano in relazione diretta con
la loro fedeltà alle credenze e alle pratiche
tramandate: più sono conservatrici, più hanno successo.
Il termine
"co-esistenza" implicito nell'idea di pluralizzazione,
denota un certo grado di interazione sociale. Il
pluralismo che ci interessa qui appare quando si apre
una breccia negli steccati. I vicini si sporgono al di
sopra dello steccato, si parlano, si frequentano.
Inevitabilmente si verifica quello che Berger chiama
"contaminazione cognitiva": diversi stili di vita,
valori e credenze cominciano a mescolarsi. La
"contaminazione cognitiva" porta ad accettare la
possibilità che i propri modi tradizionali di concepire
il mondo possano non essere i soli accettabili; ci si
abitua a prendere in esame tutti i diversi modi di
vedere le cose.
Il linguaggio
della religione americana esprime questa dinamica
pluralista in modo molto preciso: gli americani hanno
"preferenze religiose"; l'identità religiosa è qualcosa
che è "capitato" loro; dichiarano di "aderire" a una
religione particolare.
E' un linguaggio
che denuncia "transitorietà". Il luogo di nascita e il
tipo di educazione ricevuta non vengono necessariamente
percepiti come parte di un destino immutabile; si
potrebbe "aderire" ad una particolare religione oggi, e
a un'altra domani; ecc..
Questa fluidità
e dinamicità, sono la chiave per comprendere il
"fenomeno Stati Uniti". Se la secolarizzazione è
prodotta dalla modernità, la pluralizzazione (anch'essa
frutto della modernità) può efficacemente
controbilanciare gli effetti della secolarizzazione.
Il fenomeno
Italia
Un vero
pluralismo, una "contaminazione cognitiva" che raggiunga
tutti gli strati sociali di una determinata comunità,
sono necessari ad impedire una desacralizzazione che
altrimenti impererebbe. In quelle società dove esiste
solo un pluralismo "di facciata", dove la "co-esistenza"
di molteplici realtà religiose non giace su piani
egualitari, il processo di secolarizzazione sarà
impossibile da contenere. L'Italia ne è forse il tipico
esempio.
Secondo la
ricerca-choc commissionata all’Eurisko dalla Commissione
biblica cattolica e presentata in Vaticano lo scorso
aprile, l’86% degli italiani ignora completamente le
Sacre Scritture e, in materia di fede, non ha alcuna
nozione di base. Appena uno su quattro ha letto
nell’ultimo anno un brano biblico; se il 75% degli
statunitensi afferma di aver letto un brano della Bibbia
negli ultimi 12 mesi, solo il 27% degli italiani può
dire altrettanto. E solo una piccola minoranza sa se i
Vangeli sono parte della Bibbia, se Gesù ha scritto
libri della Bibbia, chi tra Mosé e Paolo era un
personaggio dell’Antico Testamento, e via dicendo.
In diverse voci
del sondaggio l’Italia è maglia nera su un un campione
di 13 mila persone intervistate anche negli Stati Uniti,
Gran Bretagna, Olanda, Francia, Germania, Spagna,
Polonia e Russia. L'assai deprimente situazione italiana
dipinta da sondaggi come questi, non è forse il frutto
di una mancanza di vero pluralismo religioso nella
nostra società?
Il pluralismo
come rimedio
Nel corso della
storia, la maggior parte degli esseri umani ha trascorso
la vita intera in un unico ambiente culturale altamente
integrato; oggi, invece, la maggior parte degli esseri
umani del mondo si imbatte continuamente in culture
diverse, sia attraverso il contatto diretto sia
attraverso i mezzi di informazione e i mezzi di
comunicazione istantanea.
Ma il pluralismo
non è solo una moltitudine di persone di diverso colore,
lingua e religione, e di stili di vita che cozzano l'uno
contro l'altro e che in qualche modo finiscono per
convivere pacificamente. Il pluralismo influisce anche
sulla coscienza dell'uomo, su ciò che ha luogo nella
nostra mente. Le culture differenti in cui ci imbattiamo
nel nostro ambiente sociale vengono trasformate in
scenari o scelte alternative di vita. L'epoca attuale
fornisce opportunità senza precedenti.
Opportunità che
proprio là dove vige un finto pluralismo vengono
sostanzialmente ignorate; lo dimostra il fatto che pur
essendo ormai a metà dell'anno 2008, i mass-media
italiani hanno dato pochissimo risalto alla decisione N.
1983/2006/CE del parlamento europeo relativa all'anno
dedicato al dialogo interculturale, il 2008, il cui
articolo 1 recita:
Gli obiettivi
generali dell'anno europeo del dialogo interculturale
sono di contribuire a:
— promuovere il
dialogo interculturale come processo in cui quanti
vivono nell'UE possono migliorare la loro capacità di
adattarsi ad un ambiente culturale più aperto ma anche
più complesso in cui, nei diversi Stati membri e anche
all'interno di ciascuno di essi, coesistono identità
culturali e credenze diverse;
mettere in
evidenza il dialogo interculturale come opportunità di
contribuire a una società pluralistica e dinamica, in
Europa e nel mondo intero, e da essa trarre profitto;
Quanto sopra
esposto sembra quindi confermare le tesi di sociologi
come Caplow o Finke, i quali sostengono che il
pluralismo religioso rafforzerebbe la religione,
impedendo il predominio di una qualsiasi di esse e
offrendo agli individui mille maniere di soddisfare le
loro aspirazioni socio-religiose. Per usare le parole di
Berger: "il pluralismo moderno rappresenta un vantaggio
enorme per la fede: fornisce all'individuo in cerca
della verità religiosa l'opportunità di ricominciare da
capo". In linea con ciò, non è difficile immaginare come
l'attuale predominio mediatico, e non solo, della Chiesa
Cattolica in Italia possa ostacolare ogni tentativo di
rimediare alla triste realtà fotografata dalla ricerca
Eurisko.