medievale
Platone Tiburtino
Astronomo,
matematico e "traduttore" del XII secolo
di Fabio Serafini
A tutt’oggi sono pochi gli astronomi
conosciuti ai più, mentre la maggioranza di
essi è poco o per nulla conosciuta, fra cui
anche coloro che hanno fatto letteralmente
la storia dell’astronomia. L’Italia ne
annovera qualcuno, già a partire dall’epoca
medievale, ricordati in precedenti
pubblicazioni, talune ormai datate, altre
non in lingua italiana, che non hanno
tuttavia probabilmente permesso di far
raggiungere una ampia conoscenza degli
stessi, almeno in epoca contemporanea.
Inoltre, gli unici documenti coevi
attualmente conosciuti vanno identificati
con i testi pubblicati dai medesimi
astronomi, con la conseguenza di conoscere
tali opere, ma di avere invece scarne
notizie sulla vita di tali autori.
Tornare quindi a occuparsi di simili
personaggi permette di avere una
migliore conoscenza della storia
dell’astronomia per meglio comprendere
l’evoluzione che ebbe la stessa materia
in virtù del lavoro degli astronomi
precedenti.
Fra gli Italiani di epoca medievale che
meritano un posto d’onore nella storia
astronomica devono essere inseriti
Platone – o Plato – Tiburtino e Gerardo
– o Gherardo – da Cremona, entrambi
vissuti nel XII secolo e ambedue
traduttori di testi di astronomia che
hanno valso loro di essere considerati
essi stessi astronomi, a cui aggiungere
l’interesse per la matematica per il
Tiburtino.
Il primo astronomo italiano di epoca
medievale attualmente conosciuto è
Platone Tiburtino, il quale è denominato
anche Platone di Tivoli e tale località
deve essere sicuramente identificata
come la sua città natale. L’anno della
sua nascita attualmente accreditato è il
1110, sebbene le prime date sicure sulla
sua vita risalgono al 16 maggio e al 31
dicembre 1116, periodo durante il quale
al Tiburtino è attribuita una traduzione
in latino – la prima della sua vita,
almeno a oggi conosciuta – di un testo
arabo.
Egli avrebbe quindi conosciuto almeno il
latino e l’arabo già a sei anni e alla
stessa età sarebbe stato inoltre in
grado di comporre traduzioni: ammesso
quindi che il 1116 sia l’anno esatto in
cui venne redatta la traduzione, la
nascita del da Tivoli deve essere
retrodatata di qualche anno rispetto a
quella proposta. Il 1110 sembra invece
essere stato l’anno in cui egli si
trasferì a Barcellona, città dove poi
lavorò, sebbene altri studiosi hanno
proposto il 1133 o comunque entro il
1134 il momento in cui deve risalire il
trasferimento nella città catalana.
La scelta di Barcellona non fu comunque
casuale, poiché in quel periodo ospitava
un centro di traduzioni di una certa
importanza e qui si trattenne fino alla
sua morte, avvenuta presumibilmente
durante il 1145.
Il lavoro del Tiburtino consistette nel
tradurre in latino i testi già esistenti
nel mondo arabo, permettendo al
cosiddetto mondo occidentale una
maggiore conoscenza sia nell’ambito
dell’astronomia che in quello della
matematica.
Come già accennato, risale al 1116 il
suo primo testo, il quale fu tradotto
dal al-Battani e venne intitolato De
motu stellarum: l’opera riportò le
conoscenze astronomiche dell’epoca;
successivamente venne tradotto un testo
astrologico – durante il Medioevo
astronomia e astrologia facevano parte
di un’unica materia – dell’arabo
Almansor o Almeone.
Seguì la traduzione di un testo
sull’astrolabio, il cui originale arabo
si deve ad Abualcasio figlio di
Asafar: questa è l’opera più
importante del Tiburtino, poiché fu
grazie a quest’ultimo che l’Europa
conobbe, per la prima volta,
l’astrolabio, strumento ormai antico
tramite il quale si possono localizzare
i corpi celesti.
Precedenti studi hanno titolato
quest’ultimo De usu astrolabii,
che per altri va identificato con il
testo astrologico, mentre il testo
dell’astrolabio andrebbe identificato
con il Questiones geomantice –
denominato anche Liber Arenalis
scientiae – il cui originale arabo
fu scritto da Alfakini, figlio di
Abizarch o Abraham.
Il Tiburtino si occupò anche di tradurre
Alakasem sulla rivoluzione della
natività, sebbene ne risultino ben due
su tale argomento: il De
nativitatibus – o De iudiis
nativitatum –, tradotto da un testo
arabo di Abu ‘Alì al-Khayyat, e il De
revolutionibus nativitatum,
originariamente scritto da Abu Bakr
al-Hasan.
Entrambi i testi potrebbero riguardare
tuttavia più l’astrologia che
l’astronomia, almeno per come sono
intesi i termini in epoca contemporanea,
sebbene costituissero un’unica materia
in epoca medievale, come si è già
accennato.
La matematica è fra le discipline
fondamentali per il lavoro astronomico
ed è forse per questo motivo che il
Platone si occupò di tradurre in latino
testi matematici fino ad allora non
presenti in Europa. A lui si devono
quanto meno le opere intitolate
Sphericae, tradotto dall’arabo, e
Liber Embadorum, il cui originale
invece provenne dall’ebraico e ciò
dimostra come il Tiburtino avesse
imparato così bene anche tale lingua da
riuscire a tradurre testi tecnici.
Il Liber Embadorum, inoltre, è
l’unico, oltre al De motu stellarum,
su cui è oggi conosciuto con certezza
l’anno di redazione: esso risale al
1145, quindi lo stesso anno accreditato
per la morte dell’autore. Ciò quindi può
far ipotizzare a una traduzione durante
la prima parte dell’anno e a un decesso
durante il 1145 ormai avanzato, oppure –
in alternativa – a una morte avvenuta
durante un anno successivo rispetto
quello proposto.
Almeno alcuni dei testi fino a qui
nominati, che si possono attestare con
sicurezza a Platone Tiburtino, furono
ancora ristampati nei secoli successivi
e usati anche come testi di studio
universitario. Ulteriori ricerche,
infine, potrebbero forse permettere di
identificare in Plato da Tivoli come
autore di altre traduzioni oltre quelle
fino a qui riportate e sicuramente a lui
attribuibili.
Riferimenti bibliografici:
B. Boncompagni, Delle versioni fatte
da Platone Tiburtino, in Atti
dell’Accademia Pontificia de’ nuovi
Lincei, volume 1, Tipografia delle
Belle Arti, Roma 1851.
B. Boncompagni, Delle versioni fatte
da Platone Tiburtino traduttore del
secolo duodecimo, Tipografia delle
Belle Arti, Roma 1851.
F. Laurenti, Tradurre, Armando
Editore, Roma 2015.
G. Libri, Histoire des sciences
mathématiques en Italie, volume 2,
Jules Renouard et C. Libraires, Parigi
1838.
A. Mieli, La science arabe et son
role dan l’évolution scientifique
mondiale, E.J. Brill, Leiden 1966.
E. Morali, Opuscoli religiosi,
letterali e morali, Tipografia
dell’erede Soliani, Modena 1859.
B. Veratti, De’ matematici italiani
anteriori all’invenzione della stampa,
Arnaldo Forni Editore, Modena 1860.
G.B. Guglielmini, Elogio di Lionardo
Pisano, recitato nella grand’aula
della Regia Università di Bologna nel
giorno 12 novembre 1812.
D.M. Ferri, Intorno invenzioni e
scoperte italiane, Tipografia
Vincenzi e Rossi, Modena 1844.
S. Califano, Storia dell’alchimia,
seconda edizione rivista e ampliata,
Firenze University Press, Firenze 2016.
R. Fontaine - F. Glasner - R. Leicht -
G. Veltri, Studies in the History of
Culture and Science, Brill, Leiden
2011.
A. Cabrera Olgoso, Astrolabio,
Reina de Cordelia, Madrid 2020. |