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N. 38 - Febbraio 2011 (LXIX)

Uno scomodo testimone
i misteri di Alessandro VI Borgia svelati dal Pinturicchio

di Michele Broccoletti

 

“Ritrasse, sopra la porta d’una camera, la signora Giulia Farnese nel volto d’una Nostra Donna; e nel medesimo quadro la testa di esso Papa Alessandro che l’adora”.

 

Sono queste le parole con cui Vasari, raccontandoci la vita del Pinturicchio, ci informa del fatto che il pittore umbro realizzò per il pontefice Alessandro VI, all’interno degli appartamenti Borgia, un dipinto murale in cui lo stesso pontefice appare inginocchiato adorante davanti ad una Madonna con Bambino.

 

Fin qui non sembra esserci nulla di strano, ma scendendo nei dettagli e ripercorrendo le varie vicende storiche, le stranezze ed i misteri emergono numerosi.

 

Sappiamo con certezza che il Pinturicchio, dal 1492 al 1494, fu impegnato a realizzare le decorazioni murali degli appartamenti Borgia. È proprio in questo arco di tempo che venne eseguito il dipinto in questione, nel quale, il papa Alessandro VI (Rodrigo Borgia), come abbiamo detto, è rappresentato inginocchiato in adorazione del Bambino, del quale sta amorevolmente accarezzando il piede destro con la mano sinistra.

 

Già questo gesto, all’epoca, era considerato alquanto sacrilego ed al di fuori di ogni regola, perché di norma consentito solamente ad una ristrettissima cerchia di figure bibliche e santi: la Madonna, il più anziano dei Magi e Santa Caterina nelle nozze mistiche.

 

La mano del papa, che si spinge sino ad accarezzare il piede di Gesù, indica la caduta di ogni barriera e di ogni scala gerarchica tra il divino e l’umano, e rappresenta un ardito contatto e un’immedesimazione cercati con e in Dio stesso, rasentando la blasfemia.

 

Tutto ciò però non ci deve sorprendere, poiché è risaputo che Rodrigo Borgia è stato un uomo dissoluto ed un impenitente libertino: si comportò in tal maniera per tutta la vita, sia da laico che da cardinale, ma ancor più da papa, senza preoccuparsi minimamente di occultare questa sua scandalosa condotta di vita.

 

Se a ciò aggiungiamo un altro importante elemento, possiamo tranquillamente affermare che la saga dei misteri ci è stata servita su un piatto d’argento.

 

Si pensa infatti che il Pinturicchio traspose nel volto della Vergine Maria, i tratti somatici di Giulia Farnese che, insieme a Giovanna Catanei, detta Vannozza, e a Lucrezia Borgia, era una delle tre amanti di Alessandro VI.

 

Da Vannozza Catanei, il papa ebbe quattro figli, mentre Lucrezia Borgia, figlia appunto del pontefice e di Vannozza, era, come ci dice Maria Bellonci, “amata dal padre di un amore che dava le vertigini al suo tepido promesso sposo”.

 

Giulia Farnese infine, era sposata con Orsino Orsini, il quale non si contrapponeva (se non con pretese e richieste al pontefice di ville, vigne e oro) al fatto che la moglie abbandonasse il tetto coniugale.

 

A detta di molti, delle tre donne, proprio Giulia Farnese era la più affascinante: chiamata anche con l’appellativo Giulia la Bella, viene descritta come una donna dalla statura media, dalla carnagione perlacea, dalle forme proporzionate e dal viso aggraziato e rotondo, abbellito da grandi occhi neri ed incorniciato da una lunga capigliatura corvina la quale spesso era schiarita secondo le usanze della moda del tempo.

 

Probabilmente per queste doti, Giulia Farnese, oltre ad essere una delle dame più attraenti del Rinascimento, divenne presto la principale dea soggiogatrice del pontefice.

 

Da queste parole ormai, anche i meno informati avranno potuto dedurre che la corte Borgia era caratterizzata da uno spiccato accento mondano: le passioni carnali del pontefice non erano certo un mistero nemmeno per gli uomini del tempo.

 

D’altra parte, la stessa famiglia Farnese, nel tentare la scalata sociale e politica, non esitò a giocare la carta della seduzione: la giovane Giulia, essendo la preferita dell’anziano pontefice, riuscì ad intercedere per fare in modo che il fratello Alessandro Farnese venisse nominato cardinale, per poi essere eletto papa con il nome di Paolo III, nel 1534.

 

Sotto questa chiave dunque, la composizione originaria si presentava scandalosa e blasfema, toccando l’apice nel volto della Madonna, troppo simile alle sembianze di Giulia Farnese.

 

Ripercorrendo ora la storia, possiamo renderci conto quanto sia potente l’imprevedibile influsso del destino nella determinazione delle vicende umane. In questo caso, a distanza di oltre cinquecento anni, conserviamo ancora un frammento del dipinto murale del Pinturicchio, relativo al Gesù Bambino, che rappresenta l’unico testimone di un’intrigante e scandalosa vicenda rinascimentale.

 

Salvato dalla forza della sua irresistibile bellezza e grazie ad un’impressionante serie di coincidenze, il dipinto, nel novembre 2004, è stato intercettato sul mercato antiquario dal professore Franco Ivan Nucciarelli, il quale ha convinto la Fondazione Guglielmo Giordano – collegata al gruppo industriale perugino Margaritelli – ad acquistarlo e a farlo analizzare e restaurare.

 

Ma quali sono state le coincidenze ed i principali eventi che hanno portato a questa scoperta?

 

Facciamo qualche passo indietro e torniamo all’anno 1503, anno in cui, con la morte di Alessandro VI, svaniscono tutti i progetti borgiani. Dopo la morte del papa, anche il dipinto del Pinturicchio venne occultato da una pesante stoffa, sulla quale venne raffigurata una più rassicurante Madonna del Popolo.

 

Il drappo dipinto, sapientemente fissato alla parete con dei chiodi, occultò l’opera del Pinturicchio per oltre un secolo, fino al 1655, anno in cui venne eletto papa Fabio Chigi, che assunse il nome di Alessandro VII.

 

Per più di 150 anni dalla morte di papa Rodrigo Borgia, nessun suo successore ebbe il coraggio di assumere il nome di Alessandro VII, ma quando ciò accadde, appunto con la nomina del pontefice Fabio Chigi, numerose disposizioni vennero emanate proprio dal nuovo papa, con l’intento di far scomparire ogni ricordo di Alessandro VI e delle sue scelleratezze.

 

L' affresco del Pinturicchio, distaccato e frammentato, fu una delle prime vittime della politica di Alessandro VI: il nuovo pontefice raggiunse sicuramente il suo scopo, dal momento che nei successivi secoli, del dipinto del Pinturicchio non si ebbe più notizia.

 

A questo punto entra in gioco un altro noto personaggio del tempo: Francesco IV Gonzaga, duca di Mantova, nonché appassionato collezionista di dipinti rari e singolari. Fu proprio Francesco IV Gonzaga che ordinò a Pietro Facchetti, abile copista alle sue dipendenze, di recarsi negli appartamenti vaticani e di realizzare una copia dello scomodo e blasfemo dipinto, celato da più di un secolo, ma mai dimenticato.

 

All’inizio del 1600 quindi, prima che l’opera del Pinturicchio venne demolita, Pietro Facchetti riuscì ad ottenere l’accesso alla camera che conservava il dipinto, corrompendo un guardarobiere in cambio di un paio di calze di seta.

 

In questa maniera Pietro Facchetti fu in grado di realizzare una fedele copia dello scandaloso dipinto e Francesco Gonzaga, oltre ad arricchire la sua collezione con un prestigioso pezzo, ebbe, sia una precisa testimonianza degli immorali comportamenti di papa Alessandro VI, sia uno “strumento di scherno” da usare contro la famiglia Farnese, per i molti benefici che ottenne da papa Borgia.

 

Oltre al cappello cardinalizio per Alessandro, infatti, ai Farnese vennero dati in concessione, dopo essere stati riuniti in ducato, i possedimenti pontifici di Parma e Piacenza: papa Rodrigo Borgia fu sostanzialmente decisivo per determinare l'inarrestabile ascesa e affermazione politica e sociale dei Farnese, nelle più importanti corti europee.

 

Fu però proprio a causa delle voci che iniziarono a ruotare attorno alla copia voluta dal duca di Mantova, che Alessandro VII si decise ad ordinare la distruzione del dipinto, salvandone comunque alcuni frammenti.

 

Probabilmente la figura di Alessandro VI inginocchiato è stata completamente demolita, ma è alquanto probabile che i frammenti relativi alla Madonna ed al Bambino siano stati salvati e conservati nella collezione Chigi, che era la famiglia dalla quale proveniva Alessandro VII.

 

Facciamo ora qualche passo in avanti, per arrivare al novembre del 1940: è questo l’anno in cui entra in scena Giovanni Incisa della Rocchetta, appassionato studioso d'arte che per altro ha familiarità con la collezione Chigi che appartenne a papa Alessandro VII – la madre di Giovanni Incisa era la principessa Eleonora Chigi Della Rovere – e conosce due frammenti di dipinto, appartenenti alla stessa collezione Chigi, raffiguranti uno la Madonna e l’altro il Bambino. È proprio Giovanni Incisa che, durante una visita ad una nobile signora mantovana, si trova davanti alla copia del Facchetti, che raffigurava fedelmente papa Borgia, il Bambino e Madonna Giulia Farnese.

 

La comparazione tra la tela ammirata in casa della nobildonna mantovana e i due frammenti della collezione Chigi, nacque quasi spontanea, ma è solo dopo una serie di studi e di ricerche d’archivio, che Giovanni Incisa arriva ad una sorprendente conclusione: ai suoi occhi appare finalmente chiaro che i due dipinti, raffiguranti un Gesù Bambino benedicente e un volto di Madonna - da sempre in possesso della sua famiglia, ma di provenienza mai individuata - sono proprio le parti superstiti del misterioso affresco realizzato dal Pinturicchio per le stanze vaticane.

 

Sappiamo che i due capolavori rimasero ancora per molti anni nella collezione Chigi, poi – è ormai storia dei nostri giorni – ecco improvvisamente riapparire, sul circuito antiquario internazionale il Bambin Gesù delle mani, così chiamato perché sorretto da due mani femminili e sfiorato da una ormai non più misteriosa mano maschile.

 

Quindi, di fronte ad una storia tanto affascinante, quanto misteriosa, che ci offre uno spaccato della Roma rinascimentale e della corte dei Borgia, possiamo concludere affermando che, per quanto riguarda il volto della Madonna, la caccia è ancora aperta, ma, spingendoci ancora oltre, ci piace pensare che un giorno, a completare il mosaico, possa riemergere improvvisamente anche il ritratto di papa Alessandro VI…



 

 

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