N. 3 - Marzo 2008
(XXXIV)
Bernardino
di Betto, o il
Pinturicchio
Pittore ed Impresario Perugino
di Michele Broccoletti
Bernardino di
Betto, detto il Pinturicchio, nato a
Perugia tra il 1454 ed il 1460 e morto a
Siena nel 1513, ebbe una carriera come
pittore coronata da grandi successi.
Ma chi fu il Pinturicchio?
Fuori discussione è il fatto che non da tutti sia
riconosciuto come un eccelso pittore vissuto a cavallo
tra Quattrocento e Cinquecento.
Partiamo dal Vasari, il
quale lo definisce come un’artista aiutato dalla fortuna
piuttosto che dai suoi meriti artistici: è stato proprio
così? Senza dubbio il Vasari non si limita a questo
giudizio, ma sostanzialmente definisce ancora il
Pinturicchio come un decoratore, bravo a soddisfare
“principi e signori, perché dava presto l’opere finite,
si come disiderano”.
D’altro canto è vero però
che l’attività del Pinturicchio continuò
ininterrottamente sotto cinque papi: da Sisto IV a
Giulio II, passando per Innocenzo VIII, Alessandro VI, e
Pio III.
Ripercorriamo quindi le
principali tappe della vita e dell’attività artistica
del Pinturicchio.
Le prime opere
testimonianti l’arte del pittore umbro possono essere
considerate le due tavolette rappresentanti le “Storie
di S. Bernardino” (La guarigione del Paralitico e
La liberazione del prigioniero), probabilmente
eseguite nel 1473, su ideazione del Perugino, alias
Pietro Vannucci, collega, amico nonché maestro dello
stesso Pinturicchio. Nelle tavolette è possibile
ritrovare la composizione ritmica del Perugino,
affiancata però da costumi ed elementi paesistici
pittoreschi, caratteristiche che rimarranno sempre
peculiari dell’autore.
Anche lo stesso Vasari ci
conferma che Pinturicchio apprese i primi segreti
dell’arte pittorica proprio nella bottega del Perugino,
nella quale ben presto diventò abbastanza importante da
guadagnare “il terzo di tutto il guadagno che si
faceva”.
Proprio insieme al suo
maestro, il Pinturicchio partecipò, negli anni che vanno
dal 1481 al 1483, alla decorazione della Cappella
Sistina dove realizza gli affreschi del Viaggio di
Mosè e del Battesimo di Cristo. Sicuramente è
difficile distinguere le mani dei due artisti, ma
l’ipotesi più plausibile potrebbe essere quella secondo
la quale il Perugino abbia impostato le due opere, che
sarebbero poi state portate a termine dal Pinturicchio,
il quale è comunque riconoscibilissimo nei paesaggi dei
due affreschi, che a differenza di quelli del maestro,
sono folti e vari.
È nel 1486 che invece
troviamo il Pinturicchio impegnato nell’esecuzione di
alcuni affreschi con Storie di San Bernardino,
nella Cappella Bufalini a S. Maria in Aracoeli, mentre
successivi sono gli affreschi della Cappella del
Presepio in S. Maria del Popolo.
Arriviamo ora al 1492,
anno in cui all’artista perugino viene forse
commissionato il primo importante ciclo di affreschi,
che lo consacrò nell’alta società romana. Fino al 1494 -
1495 infatti il Pinturicchio sarà occupato nella
decorazione dell’appartamento Borgia in Vaticano, dove
si può ammirare il gusto del pittore per uno stile
sovraccarico di dorature ed ornamenti. Del resto anche
il solito Vasari sottolinea che il Pinturicchio usò
molto “di fare alle sue pitture ornamenti di rilievo
messi d’oro, per sodisfare alle persone che poco di
quell’arte intendevano, acciò avessono maggior lustro e
veduta, il che è cosa goffissima nella pittura”.
Gli stessi temi scelti per
gli affreschi dell’appartamento Borgia (Profeti,
Sibille, Virtù, Arti Liberali e Scene della vita
di Cristo, di Maria e dei Santi), non sono
totalmente tradizionali ed i motivi paganeggianti sono
inseriti per celebrare in modo allegorico il
committente.
Siamo ormai giunti al
tempo degli affreschi, commissionati dal cardinale
Francesco Piccolomini, per la Libreria Piccolomini,
creata da Papa Pio II, presso il Duomo di Siena.
Dal 1505 il Pinturicchio
lavorerà all’ Incoronazione di Pio II e alle
Storie di Pio II.
Anche in questo caso il
Vasari ci tiene a sottolineare che “è ben vero che gli
schizzi ed i cartoni di tutte le storie che egli vi
fece, furono di mano di Raffaello da Urbino allora
giovinetto, il quale era stato suo compagno e
condiscepolo appresso al detto Pietro (Pietro Vannucci -
il Perugino)”.
Nonostante ciò Vasari,
dopo questa precisazione, si immerge in una dettagliata
e precisa descrizione delle opere realizzate per la
Biblioteca Piccolomini, spiegando con precisione tutti i
dieci affreschi componenti il ciclo e riconoscendo che
questa fu l’opera più importante del Pinturicchio,
nell’esecuzione della quale fu “aiutato da molti garzoni
e lavoranti”.
Sicuramente possiamo
riconoscere ed affermare che gli elementi propri
dell’artista umbro, quali il vivace gusto ornamentale,
la facile vena narrativa e la ricerca di effetti
grandiosamente scenografici nell’ambientazione culminano
proprio con la realizzazione della decorazione della
Libreria Piccolomini.
Se dovessimo concludere
potremmo dire che Bernardino di Betto, detto il
Pinturicchio, è stato un pittore piacevole, molto
originale, dotato di una facile vena narrativa,
padrone di
un linguaggio figurativo composito e di uno spiccato
senso decorativo, che ha saputo fondere tendenze ed
elementi del suo periodo, per creare opere innovative.
Ma sinceramente non
riteniamo importante concludere in questa maniera, e
lasciando critiche e giudizi ai professionisti del
settore, vogliamo terminare in modo diverso.
Ricordiamo per prima cosa
che le opere sopra citate, sono solo alcune delle opere
realizzate dal Pinturicchio e precisiamo che il pittore
umbro lavorò autonomamente in molte importanti città del
centro Italia, realizzando numerosi cicli di affreschi e
svariate “opere da cavalletto”.
Nonostante il successo che
riscontrò con la sua attività di pittore, molti giudizi
negativi, o perlomeno limitativi, anche a breve distanza
dal suo passaggio nel mondo (vedi Vasari),
lo
confinarono a lungo in una posizione secondaria nel
panorama artistico.
Ammesso e non concesso che
le doti artistiche del Pinturicchio siano state minori
rispetto quelle di altri artisti vissuti nel suo
periodo, è comunque un dato di fatto, dimostrato dalle
commissioni ottenute e dai numerosi lavori eseguiti, che
l’artista perugino abbia avuto un importante successo in
ambito pittorico.
Perciò ci piace vedere nel
Pinturicchio, non solo un pittore, ma soprattutto un
artista dotato di spiccate e non comuni capacità
manageriali, che ha saputo disimpegnarsi tra numerosi e
vasti cicli di affreschi, servendosi di una numerosa e
variegata bottega, gestita in maniera sapiente ed
imprenditoriale, in modo tale da poter bilanciare le non
eccelse doti artistiche che madre natura riservò per
altri personaggi del tempo.
In attesa della mostra sul
Pinturicchio, che si sta allestendo alla Galleria
Nazionale dell’Umbria, affermiamo con sicurezza che ci
sono stati e ci saranno artisti e pittori migliori del
nostro Pinturicchio, ma chissà in quale posizione si
collocherebbe il pittore umbro, in un’ipotetica
classifica degli imprenditori di tutti i tempi…? |