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N. 16- Settembre 2006

VEDUTE DI PIETROBURGO TRA IL XVIII E IL XIX SECOLO

La capitale dell'impero zarista vista con gli occhi di alcuni viaggiatori dell'Europa occidentale

di Leila Tavi

 

Francesco Algarotti in Viaggi in Russia, scritto alla metà del XVIII secolo, dice: "San Pietroburgo è la finestra dalla quale la Russia guarda continuamente l’Europa". E la città è nata, nel 1703, guardando all'Europa.

 

A causa del terreno impervio, così paludoso e molle, non solo per costruire i palazzi dello zar, ma anche per la costruzione di una normale abitazione fu necessario, durante tutto il primo secolo dalla sua fondazione, chiamare degli architetti per coordinare ogni singolo lavoro e, nonostante ciò, il chimico e geografo tedesco Johann Gottlieb Georgi in Versuch einer Beschreibung der russischen kaiserlichen Hauptstadt Sankt-Petersburg und seiner Sehenswürdigkeiten, nel 1790, raccomandava prudenza in ogni caso.

 

Le stagioni

 

Un peculiarità che colpiva molti viaggiatori, e faceva scrivere pagine e pagine, era il fenomeno dei ghiacci del fiume Neva in inverno. Ne parlano molti viaggiatori di quel tempo che ci hanno lasciato una testimonianza scritta, tra cui Federigo Fagnani, a cui abbiamo dedicato due articoli nei numeri precedenti.

 

Tra tali autori possiamo annoverare anche C.F. Masson, le cui Mémoires secrets sur la Russie et particulièrement sur la fin du règne de Catherine II et le commencement de celui de Paul I fecero, all’inizio del XIX secolo, successo nei salotti francesi e italiani.

 

Egli scrive: “Il est remarquable que ce n’est point l’eau de la rivière qui gèle : malgré le froid du nord, la rapidité du cours de l’eau l’empêche de prendre. Les glaçons arrivent tous formés du lac Ladoga, d’où ils sont détachés par le vents; ils flottent sur le fleuve jusqu’à ce que, repoussés par les vagues de la mer, ou s’engorgeant à l’embouchure, ils s’arrêtent, s’arrangent d’eux-mêmes comme des pièces de rapport, et établissent sur la Neva un parquet de glace, qui souvent n’a besoin que de quelques heures pour se cimenter solidement." (Mémoires, tomo III, p. 444)

 

Il marchese Fagnani è particolarmente colpito dalle descrizioni che il nobile francese fa dei paesaggi invernali di Pietroburgo, tanto da decidere di partire proprio nel mese di ottobre alla volta della capitale zarista. Nelle sue intenzioni avrebbe voluto ripartire agli inizi del 1811, ma il maltempo lo trattenne a Pietroburgo fino all’aprile del 1811.

 

Il nobile milanese aveva preso in parola Masson, quando a p. 447 del 3. tomo delle sue Mémoires confessa che la stagione più bella per visitare Pietroburgo è proprio l’inverno, dalle caratteristiche “yswoschtschiki”, i calessi di cui parla anche Fagnani, quando descrive i “legni” nella II edizione delle Lettere scritte di Pietroburgo del 1815 a p. 20 del II tomo; gli unici mezzi di trasporto che riescono a circolare per i viali ghiacciati della città senza uscire di strada.

 

C.F. Masson scrive addirittura che i Pietroburghesi si divertivano a fare delle corse in pieno centro con le yswoschtschiki: “Le concours prodigeux de voiture et de traîneaux, qui pendant l’hiver, remplissent les larges rues de Pétersbourg, lui donnent l’air le plus populeux et le plu animé ; et quiconquie n’a pas vu cette ville dans cette saison, n’en peut avoir un idée exacte. […] Les carrosses à six chevaux passent au grand galop ; les chevaux de traîneaux ont un trot particulier d’une vitesse inconcevable : les voitures se croisent, le patins frisent les roues rapides ; on croit que tout va se heurter, se renverser, s’écraser, et il n’arrive presque jamais un accident. On passe avec une légèreté et un bonheur surprenant : la rare dextérité des Yswoschtschiki est comparable à celle des conducteurs fameux de ces chars qui se disputoient le prix dans les jeux de la Grèce.” (Mémoires, tomo III, p. 452)

 

Victor Comeyras in Tableau general da la Russie moderne et situation politique de cet empire au commencement du XIX siècle, scritto nel 1802, oltre a fare una breve descrizione delle stagioni e dei cambiamenti climatici, riprende il tema dei ghiacci della Neva, senza fare nessun accenno però alla teoria dei blocchi di ghiaccio che si staccano dal lago Ladoga a causa del vento, come sostengono sia Masson che lo stesso Fagnani, rifacendosi al testo di Masson.

 

Les effets de la gelée y sont très remarquables. Le nombre de jours où il gèle est ordinairement de 150 à 190, et chaque hiver, la terre gèle jusqu’à deux ou trois pieds de profondeur. La glace de la Neva a de 24 à 36 pouces d’épais ; communément elle en a 28. […]  La manière dont la Neva commence à se couvrir de glaces, et sa débacle, sont des phénomènes très-remarquables. Quand elle doit prendre, on voit d’abord flotter quelques glaçons, qui croissent rapidement, et l’on se hâte d’hôter les ponts qui la traversent, de peur qu’ils ne soient entraînés. Pendant un jour ou deux, les glaçons suivent le courant, et on passe la rivière en bateau, jusqu’à ce qu’ils soient adhérens et que de nouvelles feuilles de glace se forment. Aussi tôt on traverse la Neva à pied. Il n’y a rien de plus ordinaire que de voir, deux heures après que les bateaux ont cessé de naviguer, la rivière couverte de piètons. La débacle de la Neva se fait presque toujours subitement.” (Tableau, pp.53-54)

 

Comeyras aggiunge, nella sua descrizione della stagione fredda, un elemento nuovo e pittoresco rispetto a Masson: i passanti che quasi affollano le acque ghiacciate della Neva per passeggiare, come se si trattasse di un qualsiasi corso.

 

Per Comeyras la stagione invernale è quella in cui si riscontrava, alla fine del XVIII, il più basso tasso di mortalità e vi era meno pericolo di malattie rispetto alla stagione calda: “L’hiver de Pétersbourg est toujours très-rigoureux: mais comme l’atmosphère y est ordinairement sèche, même lorsqu’il tombe de la neige, c’est la saison où il y a le moins de maladies et de mortalité. On observe même qu’on froid sec, quand il n’est pas à un trop grand degré d’intensité, donne plus de force et d’activité aux hommes et aux animaux. Le jour le plus court de Pétersbourg est de 5 h. et demie. ” (Tableau, tomo 1., p. 48)

 

Comeyras ammette però che l’estate nordica è molto bella e con giornate lunghissime.

 

L’été est communément très-beau à St-Petersbourg ; les plus longs jours sont de 18 heures et demie, et alors les nuits sont si claires, qu’il est aisé de lire et d‘écrire à onze heures du soir.” (Tableau, tomo 1., p. 48)

 

Fanny Tarnow descrive nei suoi Briefe auf einer Reise nach Petersburg  an Freunde geschrieben, pubblicato a  Berlino nel 1819, invece un viaggio fatto nel 1816 raccontato nella forma del romanzo epistolare. Il racconto è in perfetto stile primo romanticismo tedesco: è introspettivo e si sofferma poco sui dettegli e le descrizioni fisiche di luoghi e persone.

 

In una lettera a Elise che porta la data August 1816, ma in cui Fanny si rivolge anche a un altro amico di nome Clement,  troviamo: “Sehnsucht! Die Luft ist hier, selbst in diesen glühend heißen Sommertagen, ein herbes Clement. Die Blumen sind ohne Duft, die Gehölze ohne Leben, alles Laub der Bäume dunkel, matt und bestäubt und nur die Wiesen erinnern mich in ihrem hellen Grün und üppigen Grandwuchs an Deutschland… (Briefe, p. 29)

 

Quella che Fanny fa è una descrizione della natura intorno alla tenuta in cui è ospite nei pressi di Pietroburgo; la sua sorpresa è grande quando, in occasione di un invito a pranzo in città, vede per la prima volta Pietroburgo: “Petersburg lag in erlicher Stille vor uns.” (Briefe, p. 35)

                                                                                                             

Gli abitanti, la loro indole, la vita di società

 

Dal punto di vista dell’esattezza dei dati possiamo ritenere attendibile i Gemaehlde von St.Petersburg di Heinrich, F. Storch per ciò che riguarda il numero degli stranieri residenti a Pietroburgo nel 1794

 

Nell’opera H.F. Storch si legge: [...] es leben in St. Petersburg

17,660 Deutsche,

3,720 Finne,

2,290 Franzosen,

1,860 Schweden,

930 Engländer, und

2,490 Katholiken, die nicht Franzosen und Deutsche sind, also Polen, Italiener, Spanier, Portugiesen, u.s.w.29,000. [...]  Es fehlen also noch 3,000 Menschen, unter denen die Letten und Esthen wohl den beträchtlichsten Theil ausmachen. Der Armenier sind etwas hundert, und eben so viele kann man für die Grusiner und Tartaren annehmen. (Gemaehlde, pp.111-112)

 

Tarnow  scrive, invece, che due anni dopo il numero complessivo degli abitanti è aumentato dai 225.230 abitanti del 1796 ai 386.285 del 1816.

 

Im Jahr 1796 zählte man in Petersburg 4000 Häuser und 225,230 Einwohner, nach der eben jetzt vorgenommen Zählung hat Petersburg 386,285 Einwohner, 3102 Steinerne, 5283 hölzerne Häuser, 113 Kirchen für den griechischen Cultus und 33 Kirchen anderer Confessionen. (Briefe, p. 38)

 

Dell’aspetto fisico in generale dei Russi dice Tornow che le donne sono brutte e che gli uomini sono magri ma non hanno un bel viso. Fanny ama invece l’espressività e la vivacità dei Russi quando parlano e nota che hanno una mimica e a una gestualità molto comunicative. Essi sono, secondo la giovane tedesca, pazienti ed educati nei confronti degli stranieri.

 

“ [...] gegen Fremde ist der Russe höflich, willig, zuvorkommend und dienstfertig. Er belacht nie die fehlerhafte Aussprache des Fremdlings; er giebt sich im Gegentheil alle ersinnliche Mühe sich verständlich zu machen und hierin kommt ihm seine ausdrucksvolle Pantomime sehr zu Statten“ (Briefe, p. 137)

 

e ancora:

 

 “Die in Petersburg einheimliche Gastfreiheit ist weltbekannt und rühmenswerth; allein sie ist hier auch ein nothwendiges Erforderniß zur Geselligkeit, da Petersburg den Fremden durchhaus keins der Hilfsmittel der Unterhaltung gewährt, die man in Deutschland und Frankreich in jeder Mittelstand findet. Es giebt hier keine Kaffeehäuser, keine Casino’s, keine Lesekabinette, keine Museen. Im russischen Theater, wo fast alle Logen und Sitze abonnirt sind, hält es für Fremde schwer einen Platz zu bekommen.“ (Briefe, p. 199)

 

Le feste

 

Alla descrizione delle cerimonie ufficiali e delle feste, così diverse rispetto alle tradizioni europee, era spesso dedicato un intero capitolo.

 

Johann G.Georgi riporta l’esatta denominazione in lingua russa dei giorni di festa comandati per la religione cristiano-ortodossa, tabelnie prasdniki, e descrive le attività degli abitanti di Pietroburgo durante tali feste.

 

Des fétes de la cour […] consistent de la part du public, à se rendre dans les temples, à interrompre les travaux publics, dans les bureaux, à la bourse, &c. à jouer, se promener, se régaler &c ; & le foir à illuminer toute la ville, foit par les lanternes publiques, foit par des chandelles & des lampions allumés. Autrefois la police veillont avec la plus grande séverité à ce que toutes cérémonies fussent observées. (Description, p. 127)

 

Alla fine del XVIII, sostiene Georgi, questa osservanza non era seguita alla regola, né i controlli erano severi, come invece ai tempi della fondazione della città: si poteva lavorare, non si era obbligati a chiudere i negozi, solo la Borsa e gli uffici erano chiusi.

 

L’unico inconveniente era, secondo lo scrittore tedesco, la poca illuminazione a causa della negligenza dei domestici, che non erano più obbligati dalla legge a illuminare a festa la casa del padrone.

 

L’illumination se borne dans toutes les maisons à placer une chandelle à chaque fenêtre, souvent à quelquel - unes seulement, ou à suspendre quelques lampions remplis de suif (Ploschki) devant la porte, outre les lanternes publiques qui éclairent la ville. (Description, p. 148)

 

In Description sono menzionate alcune delle 40 festività che erano celebrate ogni anno a Pietroburgo, tra cui: il Capodanno, l’incoronazione, il compleanno e l’onomastico di tutta la famiglia imperiale, nonché l’istituzione di ogni reggimento di guardia e di ogni ordine di cavalieri.

 

Georgi spiega che il popolo, oltre a essere ammesso a corte in tali occasioni, poteva recarsi alla residenza imperiale anche di domenica e nei giorni di festa consacrati dalle due di pomeriggio all’una di notte; il galateo imponeva però agli uomini di essere ben vestiti e di portare la spada al fianco.

 

Durante i ricevimenti di corte, in occasione di festività importanti, Caterina II mangiava in pubblico nella sala di pranzo di gala, dove era allestita una tribuna per gli spettatori, che potevano assistere alla cena della zarina.

 

Per ogni ballo in maschera erano distribuiti in media 4.000 inviti e durante i balli a palazzo reale Caterina II si faceva vedere in pubblico tra le sei e le otto di sera; la zarina non si tratteneva mai oltre quell’orario e, per rispetto della madre, anche il nipote, il Gran Duca Alessandro, si ritirava subito dopo la nonna.

 

On admet à la cour, qui, outré ces jours de fête, a lieu tous les dimanches & les fêtes sacrées de II à I heure, tout homme bien mis & ayant l’épée au côte; de sorte que la salle est toujours extrêmement remplie. ” (Description, p. 128)

 

Anche Tarnow nel 1816 si recò a corte per un’occasione speciale: il 12 dicembre era il compleanno dello zar Alessandro I e per la prima volta Fanny ebbe la possibilità di recarsi al ballo di palazzo.

 

La giovane tedesca è impressionata e, allo stesso tempo divertita, dalla stile diverso in cui si riceveva a palazzo all’inizio del XIX secolo e dalla luce delle 17.000 candele che lo illuminano. E’sorpresa dal fatto che i nobili signori si rechino a palazzo nei tipici droshki che guidano da soli: “Eben so fährt er auch in seiner Droschke, oder in seinem Schlitten ohne Begleitung, umher” (Briefe, p. 225)

 

Ma il ballo in sé è per lei una delusione: “Aber nun der Ball selbst - Himmel wie langweilig! Es wird heir auf diesen Hofbällen nichts getanzt als Polonaisen” (Briefe, p. 227)

 

Fanny nota con ironia che lo zar è costretto dal protocollo a ballare con tutte le vecchie dame a seconda del rango e che, sicuramente, la ballerina più giovane con cui ha ballato avrà avuto senza dubbio un mezzo secolo d’età.

 

Come Jurij M. Lotman sostiene in Besedy o russkoj kul'ture. Byt i tradicii russkogo dvorjanstva, che il ballo di corte fosse praticato dai Russi solo per etichetta e non per vera passione o moda, come avveniva nell’Europa occidentale; così ogni qualvolta uno straniero era invitato a palazzo per un ricevimento ufficiale aveva l’impressione di avere davanti un grande palcoscenico teatrale dove ognuno recitava la sua parte secondo gli usi e i costumi della tradizione dei balli francesi o dei balli in maschera che, Elisabetta, più che Caterina II, aveva importato in Russia.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Victor Comeyras in Tableau general da la Russie moderne et situation politique de cet empire au commencement du XIX siècle, Parigi, Treuttel e Wurtz, 1802

Johann Gottlieb Georgi, Description de la ville de St. Pétersbourg et de ses environs, Pietroburgo, Logan, 1793 [traduzione della versione tedesca Versuch einer Beschreibung der russischen kaiserlichen Hauptstadt Sankt-Petersburg und seiner Sehenswürdigkeiten, Pietroburgo, Müller, 1790

C.F. Masson, Mémoires secrets sur la Russie et particulièrement sur la fin du règne de Catherine II et le commencement de celui de Paul I [...], Parigi, Pougens, 1800

Heinrich, F. Storch, Gemaehlde von St.Petersburg, Riga, Hartknoch, Riga, bei Johann Friedrich Hartknoch, 1794

Fanny Tarnow, Briefe auf einer Reise nach Petersburg  an Freunde geschrieben, Berlin, Enslin, 1819



 

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