N. 91 - Luglio 2015
(CXXII)
Pietro Mennea
La freccia del sud
di Francesco Agostini
Il velocista di Barletta, soprannominato la “Freccia del Sud,” è considerato unanimemente il più grande rappresentante dell’atletica leggera italiana, e l’unico in grado di detenere, a tutt’oggi, un record europeo. Pietro Mennea è stato uno sportivo eccezionale, in grado di sacrificare tutto in nome dello sport lavorando con dedizione, sacrificio e grande umiltà. Ma non solo. Il corridore è stato anche uno dei primissimi atleti a rompere il tabù sport/studio, laureandosi addirittura quattro volte: in giurisprudenza, in lettere, in scienze politiche e in scienze motorie e sportive.
La
“Freccia
del
Sud”
ha
alle
spalle
un
palmarès
straordinario,
su
cui
spiccano
l’oro
conquistato
alle
Olimpiadi
di
Mosca
del
1980
che
ne
ha
decretato
l’iscrizione
a
pieno
diritto
nella
storia.
A
questo
risultato
(sicuramente
il
più
prestigioso)
si
devono
aggiungere
gli
ori
conquistati
agli
Europei,
alle
Universiadi,
ai
Giochi
del
Mediterraneo
e
agli
Europei
indoor.
Ma
cosa
aveva
tanto
di
speciale
Pietro
Mennea
rispetto
ad
altri?
Molto
semplice:
una
folle,
straordinaria
voglia
di
vittorie.
Sono
rimasti
nella
storia
i
suoi
allenamenti
assieme
a
Carlo
Vittori,
pregni
di
fatica
e di
sessioni
smodate
di
corsa;
Mennea,
spesse
volte,
rinunciava
persino
alle
festività
che
gli
erano
dovute
come
Pasqua,
Natale
o
Capodanno.
Questa
fatica,
comunque,
non
fu
vana,
anzi.
Basterebbe
solo
l’oro
Olimpico
di
Mosca
1980
conquistato
nei
200
metri
a
incidere
per
sempre
il
nome
di
Mennea
nel
cuore
degli
italiani,
ma
Pietro
conquistò
anche
il
record
del
mondo,
sempre
nei
200
metri,
con
lo
straordinario
tempo
di
19”72.
Molti
credono
che
il
velocista
pugliese
abbia
siglato
questo
record
alle
Olimpiadi
o
agli
Europei;
niente
affatto.
Il
record
fu
stabilito
nel
1979
alle
Universiadi
di
Città
del
Messico,
la
competizione
riservata
agli
studenti/atleti.
Il
19”72
riuscì
a
sopravvivere
fino
al
1996
quando
venne
battuto
da
Michael
Johnson.
Una
volta
appese
le
scarpette
da
atletica
al
chiodo,
Mennea
mise
a
frutto
i
suoi
studi
universitari.
Esercitò,
infatti,
la
professione
di
avvocato
e fu
parlamentare
europeo.
Il
carattere
del
pugliese,
comunque,
rimase
inalterato
nel
corso
degli
anni.
Chi
gli
era
vicino
ha
sempre
descritto
Mennea
come
un
uomo
scontroso,
sospettoso,
a
volte
ruvido
e
perennemente
in
conflitto
con
sé
stesso.
Allo
stesso
tempo,
però,
era
anche
un
uomo
vero,
senza
maschere,
come
è
tipico
di
chi
vive
e
cresce
al
sud.
Illuminante,
in
questo
senso,
il
resoconto
che
ne
fece
Carlo
Vittori,
il
suo
storico
allenatore.
Vittori
disse
di
Mennea:
“Era
sempre
atterrito,
assaliva
se
stesso,
aveva
sensi
di
colpa
che
si
generavano
uno
dall’altro,
anche
per
colpa
della
madre,
fervente
cattolica.
Non
gli
stava
mai
bene
niente
e
niente
gli
bastava,
era
sempre
in
cerca
di
un’immaginaria
perfezione.
Ma
la
verità
è
che
era
proprio
questa
la
sua
magica
benzina:
la
più
assoluta
dedizione
al
dovere
e
alla
fatica.”
Sulla
stessa
linea
di
pensiero
la
grande
Sara
Simeoni:
“Pietro
appariva
un
ragazzo
chiuso,
qualche
volta
inavvicinabile,
scontroso.
Non
era
vero:
lui
era
delizioso,
dolce,
intelligentissimo,
in
lotta
continua
con
la
vita
per
dimostrare
non
solo
il
suo
valore
ma
che
ogni
traguardo
non
era
impossibile.
Mi
diceva:
hai
visto,
ho
corso
più
forte
degli
americani,
ha
fatto
il
record
del
mondo.
Di
quel
record,
di
quel
19”72,
era
fiero.
E
sapeva
sorridere
anche
se
non
lo
faceva
spesso
perché
era
in
perenne
lotta
con
se
stesso.”
Un
atleta
vero,
dunque,
sincero
e
fortissimo.
Un
vero
campione,
Mennea,
che
rimarrà
per
sempre
nella
storia
(non
proprio
esaltante)
della
nostra
atletica
leggera.