N. 66 - Giugno 2013
(XCVII)
PIETRO BOINE, PIONIERE DEL PUGILATO
i Primi passi della Boxe ITALIANA
di Francesco A. Beltrami
Come
nacque
l’attività
pugilistica
nel
nostro
Paese?
Parliamo
della
cosiddetta
“Boxe
Inglese”
codificata
nel
1865
da John
Sholto
marchese
di
Queensberry
che,
insieme
all'atleta
John
Graham
Chambers
scrisse
quelle
che
divennero
famose
appunto
come
“Le
regole
del
marchese
di
Queensberry”,
ovvero
“il
codice
della
boxe
scientifica”
primo
testo
a
fissare
alcuni
punti
che
sono
ancor
oggi
la
base
del
moderno
pugilato:
l’obbligo
dell’uso
dei
guantoni,
la
suddivisione
dei
match
in
round
di
tre
minuti,
il
Knock
out
(KO)
che
prevede
la
sconfitta
del
pugile
messo
al
tappeto
che
non
si
rialzi
entro
10
secondi,
e
l’introduzione
delle
categorie
di
peso.
Le
primissime
notizie
relative
al
pugilato
in
Italia
risalgono
al
1897/98
anni
durante
i
quali
un
circo
itinerante
che
aveva
come
piatto
forte
del
suo
programma
gli
acrobati,
avrebbe
proposto
al
pubblico
anche
due
match
di
boxe
a
ogni
spettacolo,
non
abbiamo
però
trovato
conferme
certe
né
nomi
di
atleti
protagonisti
di
queste
esibizioni.
È
certo
invece
che
nel
1903
la
boxe
inglese
sia
approdata
a
Parigi,
dove
dal
1905
venivano
proposte
settimanalmente
riunioni
presso
due
sale
di
spettacoli
della
capitale
francese:
la
Wonderland
e la
più
famosa
Wagram,
e
già
nel
1905
il
giornalista
milanese
Riva
scrive
in
una
corrispondenza
da
Parigi
che
molti
giovani
italiani,
soprattutto
di
famiglie
facoltose
frequentavano
come
spettatori
le
due
sale
per
assistere
a
questo
“sport
virile
e
straordinariamente
eccitante”.
Nel
1907
tale
Ghido
avrebbe
aperto
a
Milano
la
prima
palestra
pugilistica
italiana,
mentre
nello
stesso
periodo,
gestita
dalla
Gazzetta
dello
Sport,
una
squadra
di
professionisti
girava
per
l’Italia
settentrionale
con
tanto
di
ring
smontabile,
offrendo
incontri
nelle
piazze
delle
principali
città:
tutti
stranieri
gli
attori,
dall’allenatore
Michel
Lacreuse,
agli
atleti:
Jim
Watts,
Billy
Rayner,
Jack
Gibson,
Gunner
Hart
e
Bob
Scanlon,
primo
pugile
di
colore
visto
all’opera
in
Italia.
La
presenza
dell’arbitro
Jacques
Loys
conferiva
una
minimo
di
ufficialità
a
questa
sorta
di
circo.
Nel
1908
su
iniziativa
del
marchese
Monticelli
viene
fondata
la
sezione
pugilistica
del
Club
Atletico
Milanese
e
presso
il
Teatro
Eden
si
tiene
la
prima
vera
riunione
pugilistica
italiana.
Altre
fonti
invece
collocano
nel
1909
il
primo
evento
pugilistico
milanese,
denominato
”Promesse
per
l’avvenire
del
pugilato”,
con
la
partecipazione
di
otto
pugili
senza
distinzione
di
peso
e
vinto
da
Galimberti,
ex-ginnasta,
che
difendeva
per
l’appunto
i
colori
del
Club
Atletico
Milanese.
Il
sito
del
Comitato
Olimpico
Nazionale
Italiano
invece,
nella
pagina
dedicata
alla
storia
della
Federazione
Pugilistica
Italiana,
assegna
la
patente
di
prima
riunione
italiana
ad
un
evento
svoltosi
a
Verona
il
primo
maggio
del
1909.
Arriviamo
così
a
domenica
10
luglio
1910,
una
data
che
mette
finalmente
un
punto
fermo
sulla
storia
delle
vicende
pugilistiche
italiane:
a
Valenza
Po’,
cittadina
piemontese,
viene
organizzato,
nel
pieno
della
calura
estiva,
un
match
che
vede
in
palio
il
titolo
di
Campione
Assoluto
(senza
cioè
distinzioni
di
peso)
del
Nord
Italia.
Valenza
è
città
in
forte
sviluppo
industriale:
dalla
seconda
metà
dell’
Ottocento
cresce
l’attività
orafa
e
successivamente
quella
calzaturiera,
e
col
nuovo
secolo
tali
produzioni
iniziano
a
divenire
industriali.
Parallelamente
si
genera
un
certo
fermento
sociale
e
nascono
nuove
associazioni
che
aggregano
la
popolazione
in
forte
crescita
numerica,
con
fini
di
solidarietà
sociale
ma
ovviamente
anche
ricreativi:
si
sviluppano
quindi
diverse
società
sportive.
L’attività
principale
è
quella
ciclistica,
sulla
pista
ellissoidale,
di
circa
700
metri
e
con
ampie
tribune,
che
occupa
la
zona
oggi
limitata
da
Piazza
Gramsci
e
Via
Trieste,
nella
buona
stagione
si
susseguono
settimanalmente
corse
ed
allenamenti
con
la
partecipazione
dei
campioni
del
momento,
ma
va
per
la
maggiore
anche
la
società
che
si
occupa
di
atletica
e
ginnastica
e
anche
il
nuovo
sport
del
pugilato
trova
terreno
fertile
per
proporre
eventi,
fino
ad
arrivare
appunto
ad
ospitare
il
titolo
dell’Alta
Italia.
Sul
ring
salgono
Antonio
Ferranti,
della
Libertas
Post
Resurgo,
società
atletica
di
Milano,
e
soprattutto
Pietro
Boine,
ligure,
ventenne
che
può
essere
considerato
il
vero
pioniere
della
boxe
in
Italia.
L’incontro
dura
poco,
Boine
è
troppo
superiore
all’avversario
e
già
alla
terza
ripresa
lo
mette
KO
laureandosi
Campione.
Lui
non
lo
sa,
e
non
lo
saprà
mai
perché
il
riconoscimento
arriverà
postumo,
ma
non
ha
conquistato
solo
il
titolo
dell’
Alta
Italia,
è il
primo
Campione
Italiano
dei
pesi
massimi,
sarà
la
Federazione
Pugilistica
Italiana
negli
anni
successivi
alla
sua
nascita,
che
avverrà
nel
1916,
a
stabilirlo,
rimettendo
ordine
nell’attività
svoltasi
prima
della
sua
fondazione.
Spostiamo
ora
la
nostra
attenzione
su
Pietro
Boine.
Nato
ad
Andora
Ligure
il
20
settembre
1890
da
una
famiglia
prima
benestante
e
poi
sempre
più
povera,
cresce
a
Portomaurizio,
località
che
unita
ad
Oneglia
negli
anni
Venti
darà
vita
alla
città
di
Imperia,
riesce
a
studiare
fino
al
Ginnasio
poi
a 13
anni
si
imbarca
su
un
mercantile,
con
la
speranza
di
diventare
un
giorno
commerciante,
ma
non
farà
altro
che
il
mozzo,
dunque
si
stanca
presto
e
torna
in
famiglia.
Riparte
però
ben
prima
dei
vent’anni
per
la
Francia,
spinto
dalle
necessità
economiche,
fa
mille
lavori
e
approda
a
Parigi
dove
conosce
il
pugilato
sportivo,
se
ne
innamora
a
prima
vista,
e da
spettatore
diventa
praticante.
Tornato
in
Italia
va a
Milano
e
insieme
al
maestro
Celestino
Caverzasio
fonda
il
Club
Pugilistico
Nazionale.
Combatte
a
Milano,
Binasco,
Broni,
Verona,
fino
ad
arrivare
al
match
di
Valenza,
che
secondo
il
CONI
sul
sito
sportolimpico.it
fu
la
finale
di
un
vero
e
proprio
torneo
per
assegnare
il
titolo
Alta
Italia
sotto
l’egida
delle
Federazione
Atletica
Italiana,
svoltosi
con
incontri
alle
4
riprese
rispettando
le
regole
del
marchese
di
Queensberry.
Il
sito
dedicato
alla
boxe
sportenote.com
ricostruisce
invece
diversamente
gli
eventi,
colloca
infatti
il
torneo
domenica
19
luglio,
una
settimana
dopo
il
match
con
Ferranti,
in
tale
occasione
Boine
mette
KO
in 2
riprese
prima
Monzani
poi
Giacomo
Rossi
confermandosi
così
Campione.
Nel
1911
abbiamo
notizia
di
otto
combattimenti
sostenuti
da
Boine,
tutti
a
Milano,
sei
vittorie
e
due
sconfitte,
maturate
entrambe
contro
pugili
di
scuola
britannica,
Max
Roberts,
che
Boine
aveva
in
precedenza
battuto
per
KO
tecnico
alla
terza
ripresa,
e O’Mara.
In
questo
stesso
anno
Pietro
inizia
anche
a
tirare
di
scherma,
sotto
le
cure
del
grandissimo
maestro
Giuseppe
Mangiarotti.
Otterrà
buonissimi
risultati
nella
spada
da
terreno.
Nel
1912
dopo
una
serie
di
match
sostenuti
tra
Milano
e
Bologna
e
tutti
vinti
a
giugno
a
Milano
Boine
torna
a
combattere
nel
torneo
che
deve
assegnare
il
Titolo
Alta
Italia,
stavolta
articolato
in
tre
diverse
categorie
di
peso.
Il
pugile
di
Portomaurizio
sosterrà
tra
il
10 e
il
15
giugno
sei
incontri,
uno
al
giorno,
affrontando
quattro
differenti
avversari,
Eustacchio
Sala
e
Paolo
Zucca
due
volte,
mettendoli
tutti
KO.
Il
match
decisivo
il
15 è
contro
Alessandro
Valli
che
resisterà
6
rounds.
A
questo
punto
Pietro
va a
cercare
nuovi
stimoli,
e
nuove
e
più
consistenti
borse,
in
Francia,
dove
tra
il 2
settembre
e il
16
novembre,
combatterà
otto
volte.
Gli
avversari
che
gli
vengono
proposti
in
terra
francese
sono
ben
più
ostici
dei
meno
esperti
pugili
italiani,
e
dopo
due
successi
iniziali
ad
Aix
Les
Bains
e
Ginevra
(Svizzera)
Boine
sarà
sconfitto
a
Lione
da
Frank
Klaus
per
KO
alla
terza
ripresa.
Si
riscatterà
di
fronte
al
pubblico
lionese
battendo
dieci
giorni
dopo
Jack
Meekins
e
potrà
poi
approdare
a
Parigi
dove
raccoglierà
due
pareggi
e
due
pesanti
sconfitte.
Tornato
in
Italia
nel
1913
dopo
due
iniziali
successi
lascia
l’otto
marzo
il
titolo
dell’Alta
Italia
nella
mani
di
Eugenio
Pilotta
che
lo
sconfigge
a
Milano
per
KO
tecnico
alla
quinta
ripresa.
Tornerà
sul
ring
due
settimane
dopo
e
nel
giro
di
una
ventina
di
giorni
tra
Milano
e
Genova
otterrà
tre
vittorie
e un
pareggio.
L’antivigilia
di
Natale
sul
quadrato
allestito
al
“Filodrammatici”
di
Milano
con
una
borsa
di
ben
500
lire
arriva
il
momento
dell’attesa
rivincita
con
Pilotta.
Boine
non
è in
buone
condizioni
di
salute,
debilitato
da
un’infezione
tifoidea
non
curata.
Nonostante
il
parere
contrario
del
suo
maestro
di
scherma
e
amico
Giuseppe
Mangiarotti
che
per
l’ennesima
volta
a
poche
ore
dell’inizio
dell’incontro
lo
esorta
inascoltato
a
consultare
un
medico,
vuole
comunque
combattere.
Pilotta
è in
difficoltà
alla
prima
ripresa,
ma
riesce
a
superare
il
momento
difficile
mentre
a
Boine
vengono
a
mancare
le
energie,
l’avversario
lo
colpisce
più
e
più
volte,
alla
terza
ripresa
per
non
cadere
Pietro
si
aggrappa
alle
corde,
fino
a
che
l’arbitro,
il
cronista
della
Gazzetta
dello
Sport
Arturo
Balestrieri,
decreta
il
KO
tecnico.
Pietro
Boine
non
si
riprese
più,
mori
il
28
gennaio
1914
quattro
mesi
dopo
aver
compiuto
23
anni,
alla
Clinica
San
Giuseppe
a
San
Vittore
per
un
attacco
violento
di
tifo.
Riposa
nel
cimitero
di
Portomaurizio
a
Imperia,
di
fianco
al
fratello
Giovanni,
poeta,
saggista
e
scrittore,
anche
lui
mancato
prematuramente
(1887-1917)
anche
lui
pioniere,
destino
di
famiglia,
del
Modernismo.
Fu
il
fratellastro
(figlio
in
seconde
nozze
della
madre)
Pietro
Giovanni
nel
1984
a
far
traslare
accanto
a
quelle
di
Giovanni
ciò
che
restava
delle
spoglie
di
Pietro
da
Milano.
La
strada
del
pugilato
moderno
in
Italia
è
però
tracciata.
Nel
1916,
in
pieno
periodo
bellico
viene
fondata
la
Federazione
Pugilistica
Italiana,
a
Sanremo,
in
Liguria,
a
pochi
chilometri
da
dove
Pietro
Boine
era
nato
e
cresciuto.
Nel
1920
venne
organizzata
la
prima
edizione
dei
Campionati
italiani
dilettanti
e
nello
stesso
anno,
ad
Aversa,
i
nostri
pugili
fecero
la
loro
comparsa
alle
Olimpiadi,
dove
da
allora
a
Londra
2012
hanno
conquistato
15
medaglie
d’oro,
16
d’argento
e 17
di
bronzo
per
un
totale
di
48,
quarta
nazione
nel
medagliere
della
boxe
olimpica.