N. 88 - Aprile 2015
(CXIX)
pierre duhem
la provvisorietà recondita di ogni teoria
di Carlo Ciullini
L'opera
“La
teoria
fisica:
il
suo
oggetto
e la
sua
struttura”
di
Pierre
Duhem,
del
1905,
rappresenta
una
delle
voci
maggiormente
critiche
del
precostituito
assetto
teorico
della
Filosofia
della
Scienza.
Duhem
sostiene,
in
generale,
che
le
teorie
scientifiche
debbano
sempre
essere
soggette
a
provvisorietà,
e
ritenute
valide
finché
si
dimostrino
in
pieno
accordo
con
la
filosofia
sperimentale:
nel
caso
di
successive
verifiche
empiriche
che
contraddicano
la
teoria
stessa,
infatti,
questa
può
venir
modificata
e,
nel
caso,
abbandonata
del
tutto.
La
genialità
di
coloro
che,
con
i
propri
enunciati,
avevano
alimentato
il
progresso
dell'uomo,
non
li
ha
salvati
dalla
disamina
critica
da
parte
dello
storico
della
Scienza
francese:
l'induttivismo
di
Newton
(nella
“Theorie
physique”)
e la
relatività
di
Einstein
(nella
“Science
allemande”)
furono
oggetto
di
un
duro
attacco.
Mentre
al
tedesco
si
andava
addirittura
imputando
una
“mancanza
di
equilibrio”
tutta
germanica,
lo
scienziato
inglese
fu
accusato
di
formale
contraddizione,
avendo
Newton
dedotto
la
Legge
di
Gravitazione
Universale
da
“fenomeni”
quali
la
legge
sui
gravi
di
Galileo
e le
tre
orbitali
di
Keplero:
tali
princìpi
in
realtà,
secondo
Duhem,
non
potevano
produrre
per
loro
natura
alcuna
generalizzazione
indotta
quale
poi
espressa
dall'enunciato
gravitazionale
newtoniano.
In
effetti,
le
leggi
di
Keplero
disegnavano
orbite
planetarie
attorno
al
Sole
di
perfetta
forma
ellittica,
e
Newton
stesso
affermava
di
aver
dedotto
da
tali
dati
il
suo
enunciato
epocale:
esso,
in
realtà,
teorizzando
la
reciproca
attrazione
tra
Sole
e
pianeti
andrebbe
a
dipingere
delle
traiettorie
orbitali
niente
affatto
ellitticamente
pure.
Tra
Keplero
e
Newton,
dunque,
vi
sarebbe
incompatibilità
e
non
processo
deduttivo.
Inoltre
(e
questo
è un
secondo
aspetto
della
critica
duhemiana)
Keplero
nella
propria
costruzione
teorica
non
fa
riferimento
a
elementi
come
“forze”
e
“massa”,
che
rappresentano
invece
il
nocciolo
di
quella
di
Newton:
quale
possibilità
dunque,
per
quest'ultimo,
di
inferire
la
sua
legge
da
quelle
keplerane?
Alla
tesi
di
Duhem
è
stata
legata
quella
del
filosofo
americano
Quine,
per
quanto
questi
abbia
operato
una
cinquantina
d'anni
dopo
il
francese:
l'unione
dei
due
pensieri
ha
prodotto
la
“Tesi
di
Duhem-Quine”,
secondo
cui
qualsiasi
modello
teorico
(tipo,
appunto,
la
meccanica
newtoniana,
o la
relatività
di
Einstein),
modello
il
cui
compito
è di
giustificare
tutta
una
serie
di
eventi
fenomenici,
è
formato
da
un
gran
numero
di
ipotesi
connesse
tra
loro:
ciò
porterebbe,
nel
caso
il
modello
stesso
venisse
falsificato
alla
luce
di
nuove
sperimentazioni,
a
una
estrema
difficoltà
nel
chiarire
quale
ipotesi
costituente
il
corpo
teorico
sia
quella
effettivamente
sbagliata.
“Quando
l'esperienza
pone
in
contraddizione
certe
conseguenze
di
una
teoria,
ci
dice
in
che
modo
essa
deve
essere
modificata,
ma
non
in
quale
direzione.
Essa
lascia
all'intelligenza
del
fisico
il
compito
di
ricercare
la
tara
che
rende
zoppicante
l'intero
sistema”,
afferma
Duhem
nella
sua
“Teoria
fisica”.
Va
evidenziato
come,
in
verità,
Duhem
abbia
sottoposto
a
critica
solo
elementi
della
scienza
fisica,
mentre
Quine
ha
allargato
il
campo
a
logica
e
matematica.
L'approccio
del
filosofo
francese
al
controllo
teorico
(e
la
conseguente
avversione
al
carattere
“cruciale”
e
staticamente
basilare
di
qualsiasi
sperimentazione)
è
così
riassumibile:
quando
si
controllano
le
varie
teorie
si
deve
considerare
che
l'esperienza
pone
alla
nostra
attenzione
un
“fascio
di
fatti
teorici”.
Allorché
tale
fascio
sia
a
sua
volta
sottoposto
a
controllo
sperimentale,
esso
produce
un
secondo
fascio,
e
così
via
in
modo
indefinito,
per
quanto
si
tenti
di
assottigliarne
lo
spessore:
vi
sarà
sempre
qualcosa
da
comprovare,
per
quanto
si
possa
focalizzare
e
restringere
la
lente
analitica.
Lo
spirito
critico
di
Duhem
non
risparmiò
nemmeno
i
propri
connazionali:
il
“Determinismo
universale”
di
Laplace
fu
respinto
come
espressione
di
bassa
metafisica,
ponendo
quindi
in
pericolo
la
teoria,
espressa
dall'astronomo,
della
stabilità
del
sistema
solare.
Storico
della
Scienza,
Duhem
volse
lo
sguardo
sopratutto,
in
ambito
di
filosofia
scientifica,
alle
differenziazioni
tra
“classificazione
artificiale”,
in
cui
le
teorie
sono
scetticamente
determinate
da
un
puro
vaglio
di
“analisi
logica”
del
fenomeno
scientifico,
e
“classificazione
naturale”,
alla
quale
si
giunge
con
un
approccio
fenomenico
legato
al
“buon
senso”
(o
ésprit
de
finesse,
come
ebbe
a
definirlo).
Riferimenti
bibliografici
E.
CASTELLANI,
La
Rivoluzione
Scientifica,
in
Fonnesu-Vegetti
Le
ragioni
della
Filosofia,
Firenze,
2008.
J.
LADYMAN,
Filosofia
della
Scienza,
Roma,
2007.