[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

196 / APRILE 2024 (CCXXVII)


ambiente

PIANETA VIVENTE
Sull’origine e lo sviluppo della vita sulla terra

di Francesco Cappellani

 

Evidenze di vita nel nostro pianeta risalgono a oltre 3,4 miliardi di anni fa, cioè circa un miliardo di anni dopo la nascita della terra, fino a circa 4 miliardi di anni fa, quando si venne a formare la prima crosta terrestre solida, come testimoniano i ritrovamenti di microbi, cioè di organismi unicellulari, fossilizzati in rocce di quell’epoca.


La prima prova fisica di vita trovata a oggi consiste in microbialiti (rocce costituite da comunità di batteri che legano particelle sedimentarie formando depositi minerali) nella cintura di rocce verdi di Nuvvuagittuq nel Quebec settentrionale risalenti a 3,77-4,32 miliardi di anni fa. Questi microorganismi vivevano all’interno di sorgenti idrotermali ritenute per le loro caratteristiche (gradienti di temperatura, valore pH dell’acidità, disponibilità di minerali inorganici) un luogo ideale per l’abiogenesi, cioè l’origine della vita da materia non vivente, in quanto simili ai moderni batteri presenti nei camini idrotermali. Si tratta di cellule primitive, molto semplici perché prive di un nucleo centrale e delle strutture specializzate come i mitocondri che ne costituiscono la centrale energetica, poi assimilate da cellule più complesse chiamate eucariote, dotate di un sistema di membrane interne che isolano un nucleo e organelli cellulari.


Le cellule eucariote formano la materia vivente di piante e animali, e datano a circa 1,5 miliardi di anni fa. Per circa un altro miliardo di anni queste cellule, anche aggregandosi per costituire organismi multicellulari, rimasero praticamente ferme a uno stadio preevolutivo, e solo circa 540 milioni di anni fa, nel Cambriano, si ebbe una improvvisa proliferazione di forme di vita pluricellulare che ha portato alle specie viventi di oggi. Si parla di “esplosione Cambriana” che ha prodotto una incredibile diversificazione delle forme di vita passando dagli organismi semplici e unicellulari precedenti, che vivevano isolati o riuniti in piccole colonie, agli organismi multicellulari successivi con una biodiversità simile a quella attuale. Fu un evento assolutamente eccezionale, e non si sa come e perché si sia verificato anche se recenti studi, peraltro molto dibattuti, legano l’evento a fluttuazioni della percentuale di ossigeno nell’atmosfera terrestre.


Sappiamo quindi oggi con buona approssimazione, grazie agli studi sui residui fossili, quando è nata la vita sul nostro pianeta, ma su come si sia originata non c’è ancora una risposta definitiva anche perché l’emergere della vita è strettamente connesso con le caratteristiche chimico-fisiche della Terra di 4 miliardi di anni fa che possiamo soltanto ipotizzare. Per secoli, se non per millenni, si attribuì l’inizio della vita all’opera di un qualche ente superiore, un Dio, che aveva creato dalla materia inerte o dal nulla ogni essere vivente. Ad esempio la Genesi recita “In principio Dio creò il cielo e la terra” e prosegue parlando della creazione di pesci e uccelli e di “esseri viventi secondo la loro specie: bestiame, rettili e bestie selvatiche”.


Una diversa attenzione al problema della biogenesi avviene grazie a Charles Darwin che il 24 novembre 1859 pubblica il saggio On the Origin of Species by Means of Natural Selection (Sull’origine delle specie per mezzo della selezione naturale), riscuotendo un enorme successo al punto che la prima edizione viene esaurita il giorno stesso della presentazione. Darwin pone le basi per il concetto di evoluzionismo biologico, secondo il quale le specie complesse sono derivate, nel corso di periodi temporali anche molto lunghi, da specie primarie più semplici a loro volta evolutesi da un antenato comune. Pur non definendosi ateo, nel 1879 aveva infatti scritto “la descrizione più esatta del mio stato di spirito è quella dell’agnostico” in quanto reputava impossibile trovare nella scienza prove conclusive pro o contro l’idea del Dio creatore, sosteneva che l’evoluzione era spiegabile come risultante da una legge naturale e non in termini mistici e soprannaturali.


In una lettera a Joseph Dalton Hooker del 1871, azzardò anche l’ipotesi che la vita sulla terra potesse avere avuto un’origine evolutiva prebiotica, generandosi in un “piccolo e tiepido stagno, contenente ammoniaca e sali fosforici, luce, calore, elettricità etc, in modo che una proteina fosse chimicamente prodotta pronta per subire nuovi e più complessi cambiamenti”. In altre parole l’abiogenesi potrebbe derivare, in particolari condizioni ambientali, da composti organici, cioè contenenti atomi di carbonio uniti ad altri elementi come idrogeno, ossigeno e azoto, per successivamente evolversi in modo graduale verso sistemi sempre più complessi.


Darwin subì feroci attacchi da parte della Chiesa Anglicana per avere contraddetto la Bibbia, tuttavia nel 2009, a duecento anni dalla sua nascita, la Chiesa d’Inghilterra si è scusata ufficialmente per non avere inteso correttamente il senso della teoria dell’evoluzione, aggiungendo che si è deciso di fare un gesto simile a quello che la Chiesa Cattolica, dopo ben 350 anni, ha fatto scusandosi per l’errore commesso con Galileo Galilei.


L’idea di un’origine spontanea della vita accennata da Darwin fu ripresa oltre 70 anni dopo dal biochimico russo Alexander Ivanovic Oparin nel suo libro L’origine della vita pubblicato nel 1924. Oparin immagina una prima fase di evoluzione chimica in un ambiente primitivo caratterizzato da assenza di ossigeno e abbondanza di idrogeno in presenza, nell’atmosfera e nelle acque, dei quattro elementi chimici, idrogeno, ossigeno, carbonio e azoto, che oggi costituiscono il 95% dei tessuti degli organismi viventi. La presenza di energia sotto forma di scariche elettriche, calore, radioattività e radiazione solare avrebbe catalizzato la formazione di molecole complesse nelle zone d’acqua del nostro pianeta costituendo una sorta di “brodo primordiale”. La concentrazione successiva di queste molecole in aggregati avrebbe dato origine alla evoluzione prebiologica con la formazione di microsistemi che sarebbero i precursori del mondo vivente.


Praticamente ignorata dal mondo scientifico, l’ipotesi di Oparin fu ripresa nel 1952 da un giovane dottorando dell’Università di Chicago, Stanley Miller, e dal suo professore Harold Urey, premio Nobel per la Chimica nel 1934, che la sottoposero a una verifica sperimentale. Ricreando in laboratorio le condizioni che si supponeva esistessero originariamente sulla terra (acqua bollente per riprodurre i caldi oceani primitivi, idrogeno, ammoniaca e metano), osservarono che, a seguito di scariche elettriche che simulavano l’azione dei fulmini, si formavano spontaneamente alcune biomolecole, cioè dei composti chimici come gli aminoacidi, i componenti fondamentali di tutti gli organismi viventi in quanto formano le proteine che controllano la gran parte dei processi biochimici del nostro corpo.


Miller pubblicò questi risultati nel 1953 sulla rivista “Science” a suo nome in quanto Urey, caso rarissimo nel mondo scientifico, volle lasciare al suo giovane allievo tutto il credito della scoperta. L’impatto di questo articolo sul mondo scientifico e non solo, fu enorme. Anche se in seguito ulteriori studi mostrarono che l’atmosfera primigenia della terra aveva una composizione diversa da quella simulata da Miller, tuttavia l’idea che si potessero generare molecole biologiche da insiemi di atomi di elementi assai comuni e abbondanti in natura, stimolò la convinzione che il mistero dell’origine della vita fosse prossimo alla soluzione.


Infatti si pensava che in laboratorio, usando aminoacidi e nucleotidi (le molecole che compongono gli acidi nucleici DNA e RNA) si potessero assemblare le lunghe catene che sono alla base della nostra vita, cioè macromolecole come le proteine, il DNA e l’RNA, cioè gli acidi nucleici depositari dell’informazione genetica e della sua trasmissione, nonché responsabili della sintesi delle proteine indispensabili per la vita degli organismi. Col progredire degli studi sia teorici che sperimentali ci si è resi conto che il fenomeno “vita” era qualcosa di estremamente più complesso di quanto si fosse immaginato.


Nelle parole del genetista Michael Denton, il salto tra il mondo non vivente e il vivente “rappresenta la più drammatica e fondamentale fra tutte le discontinuità della natura. Tra una cellula vivente e i sistemi non biologici di ordine più elevato come un cristallo o un fiocco di neve, vi è il baratro più ampio e assoluto che si possa concepire” (Denton 1986).


Le cellule, cioè le unità fondamentali di ogni organismo vivente in quanto in grado di vivere autonomamente e soprattutto di riprodursi, non sono dei semplici contenitori di prodotti chimici, ma sono delle minuscole macchine incredibilmente complicate nel cui interno si svolgono con un ritmo frenetico quei processi chimico-fisici che danno origine alle molecole biologiche. Una cellula contiene all’interno della sua membrana decine di milioni di proteine di migliaia tipi diversi “eppure l’intera cellula è tanto piccola che se ne potrebbero collocare un paio di centinaia sul puntino di questa lettera “i”. La cellula è incessantemente produttiva, mentre le sue catene di montaggio microminiaturizzate producono le loro quote infinite di macchine proteiche” (Lennox 2009).


Gli enormi progressi compiuti negli ultimi decenni nella ricerca biochimica e nelle tecnologie di indagine, hanno condotto alla formulazione di diverse teorie sui meccanismi di aggregazione degli aminoacidi per formare molecole complesse in grado di autoreplicarsi, e sull’integrazione in una cellula biologica del materiale genetico, ma non hanno ancora chiarito in modo conclusivo il mistero dell’origine della vita sulla terra. Negli anni 60 gli scienziati hanno cominciato a pensare a una origine della vita molto più elementare, cioè antecedente la formazione delle cellule, delle proteine e del DNA, proponendo “un’era ipotetica in cui piccole molecole filamentose di RNA governavano la Terra primordiale e stabilivano le dinamiche dell’evoluzione darwiniana”.


Un grande passo avanti avviene agli inizi degli anni 80 quando Thomas Cech e Sidney Altman, premi Nobel nel 1989, dimostrano che alcune molecole di RNA denominate ribozimi o enzimi catalitici o a RNA, sono in grado di svolgere diverse attività biologiche, sia custodire informazioni genetiche che agire similmente agli enzimi, che sono costituiti da proteine, come catalizzatori di reazioni chimiche. La possibilità che queste molecole RNA oltre a codificare informazioni ereditarie, possano catalizzare la propria auto-replicazione a differenza del DNA che per replicarsi necessita di enzimi proteici e primer di RNA (un filamento di RNA che funge da innesco) ha portato a pensare che possano essere state le prime molecole originali ereditarie, precedenti al DNA.


Ammesso che le molecole di RNA catalitiche si siano assemblate nel brodo primordiale in presenza di nucleotidi in grado di formare facilmente legami chimici tra loro , in seguito avrebbero potuto replicarsi senza proteine e procedere con una evoluzione molecolare identica all’evoluzione biologica per selezione naturale, arrivando a strutture più complesse come le protocellule. La formazione successiva del DNA, che conserva meglio le informazione generiche grazie alle sue due catene complementari di nucleotidi avvolte a spirale contro la singola catena dell’RNA, porterà tutta la vita cellulare sulla terra a basarsi sul DNA per immagazzinare e trasmettere le informazioni genetiche.


Si parla di RNA World, cioè le prime forme di vita sarebbero derivate da questa molecola partendo da una chimica prebiologica e arrivando alla formazione di grandi molecole, costituite soltanto da acido ribonucleico, capaci di replicarsi e differenziarsi nei processi evolutivi con la nascita di protoorganismi e cellule dotate di DNA. Questa teoria è stata validata da un studio recentissimo del Salk Institute for Biological Studies a La Jolla in California (Papastavrou, Horning, Joyce 2024) che riporta la costruzione per la prima volta, mediante tecniche di evoluzione molecolare in vitro, di molecole chiamate ribozimi dell’RNA polimerasi che oltre a replicare molecole di RNA, possono sintetizzarne di funzionali e con strutture complesse in modo autonomo, cosa finora mai ottenuta in laboratorio.


Durante lo studio si è osservato che quando i ribozimi dell’Rna polimerasi “di qualità” cominciavano a divenire più efficienti nel copiare l’Rna, riuscivano a evolversi e a migliorare sempre di più, mentre i ribozimi di qualità inferiore copiavano l’Rna in modo inesatto, allontanandosi così dal processo di evoluzione. In una dichiarazione al Washington Post, Gerald Joyce, direttore del Salk Institute e coautore dello studio che riassume un lavoro di oltre 10 anni, ha detto: «Questa è la strada per capire come la vita possa nascere in laboratorio o, in linea di principio, in qualsiasi parte dell’universo. Il punto centrale è che, alla fine, l’evoluzione darwiniana ha iniziato a funzionare e a un certo punto della storia della vita l’Rna ha svolto il ruolo cruciale di contenere le informazioni genetiche e di accelerare le reazioni chimiche necessarie per creare copie di queste informazioni».


I risultati ottenuti fanno sperare che i nuovi studi ed esperimenti in corso relativi non solo all’RNA ma anche a elementi costitutivi della vita come gli aminoacidi, possano portare a decifrare la creazione della vita sul nostro pianeta. Resta comunque arduo comprendere come la vita si possa essere evoluta basandosi su proteine e acidi nucleici formati da lunghe catene rispettivamente di aminoacidi e di nucleotidi, ordinati in sequenze precise, esattamente nei punti giusti della catena. In altre parole, prendendo ad esempio le proteine, non possono essere fabbricate mescolando nelle giuste proporzioni gli aminoacidi di partenza perché questi vanno ordinati in successioni perfettamente codificate e non in modo casuale, allo stesso modo che un insieme di lettere dell’alfabeto, se ciascuna lettera non occupa il suo posto corretto sulla riga, non forma una parola e tantomeno una successione sensata di parole, cioè una frase o un discorso.


Calcoli recenti eseguiti con programmi di generazione di numeri casuali hanno dimostrato che i processi puramente casuali non sono in grado di spiegare l’origine di sistemi estremamente complessi e ricchi di informazione come i sistemi biologici vitali. Appare chiaro che, anche se i tempi di evoluzione biotica sono stati lunghissimi, di miliardi di anni, permettendo così di “provare” ogni possibile combinazione, è difficile immaginare come si siano potute formare catene perfettamente identiche tra loro con una sequenza precisamente ordinata e definita dei componenti.


Si è pensato anche all’evenienza di processi di autorganizzazione, appoggiandosi alle teorie sul caos del Premio Nobel Ilya Prigogine dove, in sistemi termodinamici lontani dal punto di equilibrio, è possibile che si realizzi spontaneamente una situazione di ordine e organizzazione dal caos e dal disordine. Ma si è visto che la nascita della vita non è paragonabile alla realizzazione di un tipo di ordine come quello che ammiriamo in un cristallo o in un nido d’ape ma deriva da un ordinamento complesso degli aminoacidi, da una organizzazione diretta geneticamente seguendo le istruzioni codificate nel DNA (il DNA, cioè l’acido desossiribonucleico è costituito da nucleotidi la cui disposizione sequenziale costituisce l’informazione genetica che poi, con un processo di trascrizione, è acquisita da un’altra molecola, l’RNA, che “traduce” il codice genetico negli aminoacidi che formano le proteine).


Paul Davies spiega che “finora la teoria dell’autorganizzazione non ha dato indicazioni su come sarebbe avvenuto il passaggio tra l’organizzazione spontanea o auto indotta (che anche nei più elaborati esempi non viventi riguarda comunque strutture relativamente semplici), e il complesso sistema genetico basato sull’informazione tipico dei viventi” (Davies 2000). Il DNA, che in sé non è qualcosa di vivente, è indispensabile per la vita in quanto il suo contenuto di informazioni è la banca dati non solo delle informazioni genetiche ma anche dei programmi per creare prodotti come le proteine.


Il DNA, che ha le dimensioni di qualche miliardesimo di metro, è strettamente raggomitolato all’interno del nucleo delle singole cellule in quanto disteso sarebbe lungo circa due metri, e se consideriamo che ad esempio nel corpo umano ci sono parecchie decine di migliaia di miliardi di cellule, si ha l’idea di come sia incredibilmente sterminata la quantità di dati presenti. Alcune ipotesi sull’origine della vita hanno proposto, come abbiamo accennato, un modello iniziale che va dall’RNA al DNA e poi alla vita. Considerando che, come dice Bill Gates, il DNA è un programma informatico enormemente più avanzato di qualsiasi software mai creato dall’uomo a oggi, dal momento che ad esempio una generica molecola di DNA umano, cioè la sequenza dei nucleotidi che ci caratterizzano, comprende circa 3,3 miliardi di lettere disposte ordinatamente in una precisa e determinata successione, l’interrogativo fondamentale su cui le varie ricerche e teorie sulla nascita e lo sviluppo della vita si sono arenate è come si siano potuti originare sia un codice genetico di tale complessità sia i meccanismi per la sua traduzione.


Ci sono ancora due ipotesi che restano in campo, la prima è quella già accennata all’inizio, cioè di un ente superiore, una mente sublime, che ha creato la vita secondo un progetto intelligente, l’altra è quella della panspermia. Riguardo alla prima ipotesi, anche se respinta da molti scienziati, c’è da dire che parecchi studiosi hanno almeno considerato la possibilità di una “intelligenza” creatrice se non proprio di un “Dio”, ad esempio Francis Collins, direttore del progetto Genoma Umano, ha detto: «Mi incute umiltà e timore rendermi conto che abbiamo colto il primo barlume del nostro stesso libro di istruzioni, in precedenza noto soltanto a Dio». Mentre Gene Myers, cha ha lavorato alla mappatura del genoma presso la Celera Genomics, ha scritto: «Ciò che davvero mi stupisce è l’architettura della vita /.../; il sistema è estremamente complesso. È come se fosse stato progettato /.../. Qui c’è un’intelligenza enorme» (Lennox 2009).


L’altra ipotesi è quella della panspermia, dal greco “semi ovunque”, che sostiene che la vita sia arrivata sulla terra dallo spazio per impatto di frammenti, meteoriti o comete, oppure da polveri interstellari che trasportavano materiale biologico in forme elementari come batteri, spore di funghi e virus. Questa idea, che risale al filosofo greco Anassimandro, è stata riproposta nel Novecento prima da Arrhenius, chimico svedese e premio Nobel, e poi da altri ricercatori tra i quali l’astronomo Fred Hoyle. Studi recenti hanno dimostrato che i batteri sono in grado di sopravvivere per lunghi periodi anche in condizioni climatiche proibitive come ad esempio nella stratosfera a 40 km d’altezza, e sono quindi in grado di viaggiare indenni nello spazio a temperature bassissime, nel vuoto assoluto, in presenza di radiazione cosmica e ultravioletta.
In particolare circa 4 miliardi di anni fa, quando gli impatti di comete e asteroidi sulla terra erano molto frequenti, non si può escludere che questi oggetti recassero con sé anche molecole biologiche. Infatti le varie missioni spaziali succedutesi negli ultimi decenni e le osservazioni con telescopi sempre più potenti, in parallelo con analisi accurate sulla composizione dei meteoriti, hanno dimostrato che molti composti organici necessari alla vita erano già presenti nel sistema solare e anche in altri sistemi stellari. Nel 2012, ad esempio, è stata identificata la molecola della glicoaldeide, uno zucchero semplice fondamentale dell’RNA, in un insieme stellare a 400 anni-luce di distanza.


Nel 2019 un gruppo di ricercatori francesi e italiani ha trovato materiali organici extraterrestri in sedimenti a Barberton, in Sud Africa, risalenti a 3,3 miliardi di anni fa, e nel 2022 l’analisi di campioni provenienti dall’asteroide Ryugu portati a terra dalla sonda spaziale giapponese Hayabusa 2, ha evidenziato la presenza di oltre dieci tipi di aminoacidi prebiotici. Ma anche ammettendo valida l’ipotesi della panspermia, il punto è che non spiega come e perché abbia avuto inizio la vita, ma ne sposta altrove, nello spazio cosmico, l’origine senza svelarne i segreti.
 


Riferimenti bibliografici:


Denton Michael, Evolution: a Theory in Crisis, Adler & Adler, Bethesda, Maryland 1986.
Lennox John C., Dio e la Scienza, Gruppo Editoriale Armenia, 2009.
Papastavrou Nikolas, Horning David P., Joyce Gerald F., RNA-Catalyzed: Evolution of Catalytic RNA, Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), March 4, 2024.
Davies Paul, Da dove viene la vita, Mondadori, Milano 2000.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]