N. 37 - Gennaio 2011
(LXVIII)
Philippe Petit
Lo scrittore del cielo
di Michele Broccoletti
Il
filo
non
è
ciò
che
si
immagina.
Non
è
l'universo
della
leggerezza,
dello
spazio,
del
sorriso.
È un
mestiere
Sobrio,
rude,
scoraggiante.
E
chi
non
vuole
intraprendere
una
lotta
accanita
di
sforzi
inutili,
pericoli
profondi,
trappole,
chi
non
è
pronto
a
dare
tutto
per
sentirsi
vivere,
non
ha
bisogno
di
diventare
funambolo.
Soprattutto
non
lo
potrebbe.
(Philippe
Petit)
Chi
l'avrebbe
mai
detto
che
all'età
di
diciassette
anni,
mentre
stava
sfogliando
una
rivista
nella
sala
d'aspetto
di
un
dentista
di
Parigi,
Philippe
Petit
avrebbe
capito
che
sarebbe
diventato
un
funambolo,
o
meglio...,
sarebbe
diventato
il
re
dei
funamboli?
Nella
rivista,
Philippe
Petit
aveva
visto
la
pubblicità
della
costruzione
delle
Torri
Gemelle
di
New
York,
e
solo
guardando
lo
schizzo
dei
due
grattacieli
ancora
non
finiti,
aveva
già
intuito
che
un
giorno
avrebbe
legato
le
due
torri
ad
un
filo...,
ovvero
avrebbe
teso
un
cavo
d'acciaio
da
una
torre
all'altra,
ed
avrebbe
poi
percorso
il
tragitto
da
un'estremità
all'altra
dello
stesso
cavo.
Philippe
Petit
quindi,
classe
1949,
quel
giorno,
nella
sala
d'attesa
del
dentista,
venne
in
pratica
scelto
dalle
due
torri
gemelle,
che
divennero
per
lui
una
sorta
di
ossessione:
divennero
l'obiettivo
di
una
vita.
In
realtà,
il
destino
di
Philippe
Petit
era
già
segnato
da
tempo,
forse
fin
dalla
sua
nascita.
Già
a
sei
anni
infatti
aveva
imparato,
da
autodidatta,
l'arte
dei
giochi
di
prestigio,
anche
se i
suoi
interessi
andavano
oltre,
al
punto
che,
all'età
di
sedici
anni
aveva
già
studiato
pittura,
scultura
e
teatro,
aveva
praticato
la
scherma
e
l'equitazione
e si
era
occupato
di
stampa
e
falegnameria.
Fin
da
ragazzo
Philippe
Petit
era
anche
molto
vivace,
tanto
da
essere
espulso
da
cinque
scuole
diverse,
per
aver
manipolato
carte
da
gioco
ed
aver
borseggiato
gli
insegnanti.
All'età
di
diciotto
anni
poi,
rifiutandosi
di
sottoporsi
a
prove
ed
esami
per
dimostrare
qualcosa,
decide
di
andar
via
di
casa
per
fare
l'artista
di
strada
e
vivere
di
espedienti.
Fu
così
che
il
giovane
Philippe
Petit,
abile
giocoliere,
mimo
e
soprattutto
funambolo,
diviene
un
ribelle
viaggiatore
del
mondo,
alla
continua
ricerca
di
spazi
di
libertà.
La
sua
passione
più
grande
rimarrà
comunque
sempre
quella
per
il
filo,
e
per
questo
inizia
a
progettare
i
suoi
speciali
spettacoli
dell'aria,
che
non
sono
mai
stati
preceduti
da
manifesti
o
pubblicità,
né
seguiti
da
conferenze
o
ricompense.
Per
Philippe
Petit
la
fama
arriva
dopo
le
sue
prime
clandestine
traversate,
durante
le
quali
il
cavo,
teso
a
grandi
altezze,
correva
da
un'estremità
all'altra
dei
luoghi
più
disparati.
Nel
1971
il
cavo
d'acciaio
unisce
i
due
campanili
di
Notre
Dame
di
Parigi:
si
tratta
della
prima
impresa
di
Petit,
che
appena
sceso
viene
subito
messo
in
galera,
perché
accusato
di
aver
turbato
l'ordine
pubblico.
Nel
1973
invece
il
cavo
collega
le
cime
dei
piloni
nord
dell'Harbour
Bridge
di
Sidney,
ma
nel
corso
del
tempo
il
cavo
viene
anche
teso
sulle
Grandi
Cascate
di
Peterson,
sulle
Cascate
del
Niagara,
sul
Superdome
a
New
Orleans
e
tra
le
guglie
della
cattedrale
di
Laon.
Indimenticabile
è la
passeggiata
di
800
metri,
che
Philippe
Petit
ha
compiuto
su
una
corda
tesa
in
diagonale
ed
in
pendenza,
fino
al
secondo
piano
della
Tour
Eiffel.
Puntualmente,
dopo
ogni
singola
“camminata”,
Philippe
Petit
è
stato
sempre
arrestato
perché
quasi
nessuna
delle
sue
imprese
era
permessa
dalle
autorità.
Sembra
che
nel
corso
della
sua
carriera
abbia
accumulato
circa
cinquecento
fermi,
avvenuti
quasi
tutti
al
termine
delle
sue
“passeggiate
aeree”.
In
Philippe
Petit
sono
sempre
vive
la
paura
ed
il
senso
del
pericolo,
che
però
vengono
puntualmente
sconfitti
dalla
creatività
e
dalla
passione
che
spingono
Philippe
alla
ricerca
del
gesto
perfetto.
Philippe
Petit
è un
libero
e
ribelle
viaggiatore
dell'aria
che,
cercando
sempre
più
di
avvicinarsi
al
cielo
e
all'inverosimile,
non
si è
mai
accontentato
di
fare
il
semplice
funambolo
da
circo
che
tutti
noi
possiamo
vedere
camminare
su
una
fune,
ma
con
la
rete
di
sicurezza
distesa
sotto:
Philippe
Petit
si è
voluto
specializzare
in
imprese
estreme
e
spettacolari
e
sicuramente,
tra
le
sue
conquiste,
la
più
famosa
rimarrà
senza
dubbio
la
“traversata”
della
Twin
Towers.
Era
esattamente
il 7
agosto
del
1974
quando,
dopo
aver
dettagliatamente
pianificato,
studiato
e
preparato
l'impresa,
quasi
come
fosse
un
colpo
in
banca,
Philippe
Petit
inizia
a
trasportare
in
cima
al
World
Trade
Centre
tutta
la
complessa
attrezzatura
tecnica
(pesante
oltre
una
tonnellata),
assumendo
di
volta
in
volta
mentite
spoglie
e
spacciandosi
quindi
per
architetto,
cineasta
ed
operaio,
sfruttando
anche
il
fatto
che
in
cima
ai
due
grattacieli
si
stavano
ultimando
i
lavori
di
costruzione.
Tenendo
in
considerazione
che
i
due
edifici
erano
stati
progettati
per
oscillare,
e
quindi
potevano
dar
origine
alla
variazione
di
tensione
del
cavo
(che
comunque
viene
appositamente
costruito
per
ogni
impresa
considerando
altitudine,
forza
dei
venti
e
pendenza),
e
pur
senza
avere
il
consenso
dei
proprietari,
il
funambolo
francese,
tramite
un
filo
guida
scagliato
con
arco
e
freccia,
riesce
a
tendere
il
cavo
d'acciaio
fra
i
due
edifici,
a
415
metri
di
altezza
dal
suolo,
ed
ancora
tutt'oggi
è
rimasto
l'unico
equilibrista
ad
aver
compiuto
l'impresa
di
camminare
otto
volte,
per
quarantacinque
minuti,
da
una
torre
all'altra
senza
nessuna
rete
di
sicurezza
e
senza
nessuna
possibilità
di
sbagliare.
Fu
così
che
proprio
il 7
agosto
1974,
i
cittadini
di
New
York
si
ritrovarono
tutti
con
il
naso
all'insu
e
col
fiato
sospeso,
per
una
ragione
ben
diversa
da
quella
per
cui,
purtroppo,
si
ritroveranno
ad
alzare
gli
sguardi
l'11
settembre
2001.
Dopo
l'impresa
Philippe
Petit
viene
puntualmente
arrestato,
viene
simbolicamente
condannato
a
pagare
un
centesimo
per
ogni
piano
della
torre
(che
era
costituita
da
centodieci
piani),
e
viene
infine
costretto
ad
esibirsi
per
i
bambini
al
Central
Park.
Si
trattava
però
di
altri
tempi,
in
cui
vi
erano
altre
libertà
ed
altre
tolleranze:
Philippe
Petit
riceve
addirittura
una
tessera
d'accesso
a
vita,
che
gli
permetteva
di
accedere
in
qualsiasi
momento
al
livello
panoramico
delle
due
torri.
Ora
le
torri
del
World
Trade
Centre
non
ci
sono
più,
e
forse
è
anche
per
questo
che
l'impresa
di
Philippe
Petit
è
ancora
più
significativa
e
memorabile.
Il
funambolismo
di
Petit
si
discosta
dall'arte
di
qualunque
altro
equilibrista
ed è
qualcosa
che
va
oltre
il
numero
da
circo
e
supera
qualsiasi
virtuosismo:
siamo
fuori
dal
controllo
dei
confini
e
dei
canoni
comuni,
ma
siamo
difronte
ad
un
realizzatore
di
sogni
che
vive
in
mezzo
alle
nuvole,
che
incanta
gli
altri
ed
anche
se
stesso
e
che,
camminando
sul
filo,
allo
stesso
tempo
con
rigore
e
poesia,
costruisce
la
propria
vita
come
un'opera
d'arte.
Solo
ora
quindi,
dopo
aver
conosciuto
le
sue
imprese,
è
possibile
rivolgerci
a
Philippe
Petit,
dicendo
quello
che
lui
stesso
si è
spesso
sentito
dire
dopo
ogni
sua
passeggiata:
“Philippe...,
ci
hai
ispirati...
.
Philippe...,
adesso
crediamo
all'impossibile...”.