moderna
SULLA
PESTE DEL 1656
GLI EFFETTI DELL'EPIDEMIA
NELL’ALTA VALLE DEL VOLTURNO
di Alfredo
Incollingo
La peste aveva iniziato a flagellare
Napoli tra marzo e aprile del 1656. Il
paziente zero dell’epidemia era
probabilmente un passeggero di una delle
tante navi che attraccavano
quotidianamente al porto, proveniente
dalla Sardegna o dalla Spagna. Lì,
infatti, il morbo aveva già causato
migliaia di vittime.
La peste, scrive la storica Idamaria
Fusco, «proveniva da Algeri, in
territorio africano, e, prima di
raggiungere il suolo napoletano, il male
aveva già visitato la Spagna tra il 1647
e il 1648 e la Sardegna nel 1652»
Nel giro di pochi giorni le strade di
Napoli erano disseminate di cadaveri e
di moribon-di abbandonati disperatamente
dai loro familiari. Lo scrittore
napoletano Nino Leone ha scritto a
riguardo che il «terribile flagello
coi suoi centocinquantamila cadaveri
mise davvero in ginocchio la capitale.
Dove non erano riusciti il Vesuvio né
l'anno di rivolta, riuscì invece il
morbo pestilenziale».
Nonostante fosse stato istituito un
cordone sanitario intorno alla città per
limitare il contagio, molti napoletani
erano riusciti a fuggire nelle campagne
limitrofe sperando di non contrarre il
virus. In realtà, buona parte dei
profughi era già infetta o era
portatrice sana del morbo, contribuendo
inevitabilmente a diffonderlo in tutto
il regno. Le autorità sanitarie avevano
dichiarato Napoli finalmente libera
dalla peste l’8 dicembre 1656, ma nel
frattempo l’epidemia si era ormai
sviluppata nell’Italia centrale e
meridionale.
È considerata dagli storici l’ultima
grande pestilenza che ha colpito il
Mezzogiorno d’Italia. Si sono registrate
altre recrudescenze del morbo nel tempo,
ma di minore portata nel numero delle
vittime e nell’estensione geografica.
La Terra di Lavoro era stata la prima
provincia napoletana ad essere colpita
dalla peste tra i mesi di maggio e
giugno del 1656. Gli ultimi contagi,
invece, erano stati segnalati due anni
dopo, a febbraio del 1658. In totale, si
è stimato che quasi la metà degli
abitanti del Regno di Napoli era
deceduta a causa della peste. L’Alta
Valle del Volturno, nonostante fosse
un’area piuttosto pe-riferica della
provincia di Terra di Lavoro, non era
stata risparmiata dall’epidemia.
Secondo la Descrittione del Regno di
Napoli diuiso in dodeci provincie
(1671), scritto da più autori, si era
registrata una netta flessione del
numero delle famiglie residenti nell’Alta
Valle del Volturno. Ciò emergeva
confrontando due «numerazioni dei
fuochi fatte d’ordine Regio» nel
1652 e nel 1670.
Si riportano tra due parentesi tonde i
dati demografici relativi ai borghi
volturnensi di nostro interesse. I
numeri a sinistra indicano i nuclei
familiari censiti nel 1652, mentre
quelli a destra le famiglie registrate
nel 1670. La freccia tra le cifre,
invece, sta a segnalare il calo
demografico causato dalla peste.
I paesi maggiormente colpiti dal morbo
erano Castel San Vincenzo (83
à
40), Colli a Volturno (86 à
69), Pizzone (74 à
48), Rocchetta a Volturno (97
à
38) e Scapoli (114 à
66). La popolazione di questi borghi era
stata dimezzata o, addirittura, erano
stati parzialmente spopolati dalla
peste.
Altre località, invece, non sembrano
aver subito pesanti perdite. A
Castelnuovo a Volturno, per esempio,
erano state censite 67 famiglie nel
1652, mentre nel 1670 se ne contavano
62. A Cerro a Volturno, invece,
erano state registrate 289 famiglie
nella numerazione dei fuochi precedente
l’epidemia, mentre nel secondo
censimento ne erano state rilevate 272.
Il quadro demografico dell’Alta Valle
del Volturno delineato dalla
Descrittione del Regno di Napoli è
certamente poco esaustivo, poiché non si
possiedono altre fonti docu-mentarie che
possano confermare o meno quanto
riportato nel testo. Inoltre, tra la
fine dell’epidemia di peste (1658) e la
numerazione dei fuochi del 1670 erano
trascorsi molti anni. In quel frangente,
i paesi potevano aver accolto nuovi
abitanti, colmando in parte le perdite
umane patite. Di conseguenza, i dati
riportati dalla Descrittione del
Regno di Napoli potrebbero risultare
effettivamente inutili per ricostruzione
la demografia dell’Alta Valle del
Volturno subito dopo la fine
dell’epidemia di peste del 1656.
Nuove ricerche archivistiche potrebbero
un giorno risolvere questi dubbi e
quanto fi-nora descritto può essere il
punto di partenza per indagare su pagine
di storia poco conosciute dell’antica
Terra di Lavoro.
Riferimenti bibliografici:
Descrittione del Regno di Napoli diuiso
in dodeci provincie,
Napoli, Arnaldo Forni Editore, 1671.
I. Fusco, La peste del 1656-58 nel
Regno di Napoli: diffusione e mortalità,
in «Popolazione e storia», anno III, n.
1, pp. 115-138.
I. Fusco, Il ruolo dei fattori
antropici e fisici nella diffusione
dell’epidemia di peste del 1656-58 nel
Regno di Napoli, in «Popolazione e
storia», anno IX, n. 2, pp. 95-113.
N. Leone, La vita quotidiana a Napoli
ai tempi di Masaniello, Milano, BUR,
1994.
|