arte
tra stile e devozione
perino del vaga nella cappella del
santissimo crocifisso
di Eleonora Zagaria
Questo lavoro si occupa degli affreschi
eseguiti dall’artista fiorentino
Perino del Vaga, tra il 1523 e il
1539 circa, per la cappella del
Santissimo Crocifisso, su
commissione dell’omonima Confraternita,
collocati all’interno della chiesa di
San Marcello al Corso a Roma. In
particolare, si tenterà di illustrare i
molteplici fattori che indussero il
pittore a modificare in corso d’opera il
programma decorativo generale. Egli,
infatti, apportò alcune variazioni
iconografiche rilevanti tanto sul piano
stilistico quanto su quello
iconografico.
Per comprendere meglio il contesto in
cui si inserisce questa vicenda, è
opportuno dapprima fornire delle
coordinate storiche generali. La
Confraternita del Santissimo Crocifisso
fu fondata a Roma nel 1526, quando il
papa Clemente VII approvò ufficialmente
gli statuti dell’ordine. L’associazione
nacque con la precisa missione di curare
la devozione del Crocifisso
miracoloso, da sempre custodito
nella chiesa romana di San Marcello al
Corso. Si tratta, infatti, di una
scultura lignea quattrocentesca
raffigurante Cristo sulla croce, che
venne miracolosamente rinvenuta intatta
tra le rovine della chiesa, che venne
distrutta da un terribile incendio nella
notte tra il 22 e il 23 maggio del 1519.
Ma i suoi prodigi non si esaurirono
così.
Nel 1522 il cardinale Guglielmo
Raimondo de Vich, titolare di San
Marcello al Corso, decise di condurla in
processione verso San Pietro per
scongiurare la fine della terribile
ondata di peste che stava affliggendo
Roma. La cessazione immediata
dell’epidemia confermò la natura
miracolosa del Crocifisso e fece
crescere di molto la devozione da parte
dei fedeli romani. Tale culto si
conserva fino ai nostri giorni, poiché è
lo stesso Crocifisso davanti al quale
Papa Francesco ha pregato in diretta
televisiva nel marzo 2020 per invocare
la fine della pandemia.
Per ricostruire la chiesa distrutta e
onorare degnamente la prestigiosa
reliquia, i padri Serviti di San
Marcello si occuparono da subito di
commissionare interventi di abbellimento
e decorazione dell’intero edificio,
coinvolgendo numerosi artisti. Uno di
questi fu proprio il pittore fiorentino
Perino del Vaga, illustre rappresentante
della maniera tosco-romana di quegli
anni, e apprezzato disegnatore e
decoratore.
Come testimonia il Vasari nelle Vite,
egli ricevette dapprima l’incarico di
decorare un’altra cappella della
medesima chiesa, per valorizzare
un’icona mariana, anch’essa salvatasi
dall’incendio del 1519. Tuttavia, queste
pitture furono distrutte in breve tempo,
per una causa che ancora oggi resta
ignota, e di esse non rimane più
traccia. Comunque, il fiorentino venne
richiamato dalla Confraternita poco dopo
il 1523, in seguito a un breve soggiorno
presso la sua città natale.
Cappella del Santissimo Crocifisso, San
Marcello al Corso, Roma
Dall’analisi dei diversi contratti
pervenuti, è possibile ottenere una
ricostruzione della commissione.
Infatti, un primo documento risale al 6
febbraio del 1525 quando “la
venerabile società del Crocifisso”
precisa che il pittore aveva già avviato
un progetto di decorazione, ma che i
lavori si erano interrotti poco dopo per
problemi finanziari, («iam incepta
est pintari et hornari magistrum Perinum
de Bonacorsi pictorem florentinum
‘propter impotentiam societati»,
così si legge nel contratto conservato
presso l’Archivio dell’Arciconfraternita
del Crocifisso, Ind. XIII, mensis
februari die VI 1525, Instrumentum super
pictura Capelle pro Societate Crucifixi,
che viene riportato interamente da Elena
Parma Armani nell’Appendice della
monografia del 1986 Perin del Vaga:
l’anello mancante-Studi sul Manierismo).
I lavori subirono ulteriori rimandi,
poiché Perino mise mano alle pitture
solamente poco prima di fuggire dal
Sacco di Roma del 1527, eseguendo però,
soltanto una piccola porzione della
volta. La decorazione venne finalmente
ripresa al suo rientro a Roma nel 1539 e
definitivamente portata a termine dal
suo allievo e collaboratore Daniele da
Volterra entro il 1543.
Un’idea dell’iniziale progetto concepito
da Perino, si può riscontrare in un
disegno conservato a Berlino (Staatliche
Museum Kupferlichekabinett n. 22004),
eseguito a penna, inchiostro nero e
acquerello marrone. Esso presenta un
riquadro centrale con Dio Padre
Benedicente e agli angoli i
quattro Evangelisti.
Figura 2
Perino del Vaga,
Dio Padre e i quattro Evangelisti,
Berlino, Staatliche Museen,
Kupferstichkabinett, inv. 2204.
Riprodotto in E. Parma Armani,
Perin del Vaga: tra Raffaello e
Michelangelo,
Electa, Milano 2001, p. 165
Questo studio lascia comprendere che si
tratta di un’impostazione tradizionale
della decorazione di una volta, con
un’architettura classica sullo sfondo
che accoglie monumentali figure
panneggiate. Infatti, l’Eterno
emerge dalla finta apertura centrale,
come se stesse incedendo verso l’interno
stesso della cappella, sostenuto e
trasportato da un piccolo gruppo di
dense nubi. Presenta i tradizionali
attributi del volto anziano e barbuto, e
le intrecciate pieghe della veste e del
mantello accompagnano ed enfatizzano i
suoi movimenti.
Nella mano sinistra regge un libro e con
la destra impartisce la benedizione.
Agli angoli vi sono i quattro
Evangelisti assisi in trono, proprio
come i Profeti michelangioleschi
della volta della cappella Sistina. Già
in questo disegno sono disposti nelle
due combinazioni di coppie che poi si
ritroveranno negli affreschi finali. Nel
lato destro, (che risulta più
difficilmente leggibile per la presenza
di alcune macchie sul foglio), vi sono
il San Marco e il San Giovanni,
mentre a sinistra San Matteo e
San Luca.
Tutti e quattro sono affiancati dal
simbolo del Tetramorfo che li
identifica, e al centro di ogni
coppia si trovano due puttini disposti
attorno a un candeliere. Nell’insieme la
visione risulta unificata dalla figura
di Dio Padre, il fulcro attorno a
cui gli Evangelisti conversano.
Secondo lo studioso Oberhuber,
(nel suo articolo Observation on
Perino del Vaga as a Draughtsman,
del 1966), questo disegno
rappresenta una testimonianza importante
perché fa capire come Perino in quegli
anni fosse già in grado di rielaborare
spunti diversi in maniera personale e
nuova. Infatti, è evidente l’influenza
degli affreschi realizzati da
Raffaello nella cappella Chigi
dell’altra chiesa romana di Santa Maria
della Pace, soprattutto nella posa dell’angelo
e del San Matteo, così
concentrati e ispirati nel dialogo.
Figura 3
Raffaello,
Sibille e Angeli,
Cappella Chigi, Santa Maria della Pace,
Roma
L’angelo, in particolare, con le
ali sollevate e il braccio piegato,
riprende quello al centro dell’arcone
della cappella Chigi che tiene in mano
la tavoletta su cui sta scrivendo la
Sibilla Persica. Nel San Luca,
invece, viene recuperato il dettaglio
del libro in scorcio appoggiato sulle
ginocchia che ritroviamo nella
Sibilla Tiburtina del Sanzio.
Figure 4
Confronto tra i due angeli
Figure 5
Confronto tra il
San Luca
e la
Sibilla Tiburtina
Inoltre, l’impianto complessivo, che
presenta quattro figure disposte attorno
a un riquadro principale, risente in
maniera determinante dell’impostazione
delle Storie della Genesi che
compongono la volta della Sistina di
Michelangelo. Perino, dunque,
mantiene la grazia e l’equilibrio dello
stile del Raffaello fiorentino,
fondendoli con le novità del Raffaello
romano, e li ricombina, a loro volta,
come filtro per mediare la forza e la
drammaticità del Buonarroti. Un
meccanismo stilistico che il pittore
saprà sviluppare nel corso dei suoi
successivi soggiorni romani, arrivando a
raffinatissimi esiti di eleganza e
varietà.
Credo che la questione più rilevante
sia, dunque, indagare le ragioni per cui
questo primo progetto, elaborato e
compiuto, subì cospicue modifiche nel
corso della realizzazione degli
affreschi. Alcuni dati importanti sono
forniti dagli stessi contratti, come già
accennato in precedenza, perché
nell’aprile del 1539 fu la stessa
Confraternita a stabilire che la
decorazione della volta dovesse essere
divisa in tre riquadri principali:
quello al centro con la Creazione di
Eva, e i due laterali, che scendono
verso le pareti della cappella, con i
quattro Evangelisti.
Una semplificazione non indifferente
rispetto alla decorazione unitaria e più
audace dell’intera superficie che era
prevista nel disegno di Berlino. Quindi,
un primo fattore che condusse a questo
cambiamento fu sicuramente la questione
pratica degli eccessivi ritardi
accumulati nel corso dei lavori.
Infatti, la Compagnia aveva urgenza di
terminare al più presto la decorazione
per poter svolgere al meglio i vari riti
e cerimonie legate al culto della
scultura.
Un secondo elemento fondamentale da
tenere in considerazione, e che va ben
oltre la dimensione esecutiva, è che la
decisione di cambiare l’iconografia da
un generico Dio Padre Benedicente
a una più specifica Creazione di Eva,
provenne direttamente dalla stessa
Confraternita. Per analizzare la
faccenda è importante seguire le
ricerche di Antonio Vannugli,
(pubblicate nel suo contributo del 1984,
L’arciconfraternita del SS.
Crocifisso e la sua cappella in San
Marcello), che ha spiegato come le
novità degli affreschi della Sistina di
Michelangelo non furono soltanto un
modello imprescindibile per l’operato
artistico di Perino, ma catturarono
direttamente l’interesse della stessa
Congregazione, che ne comprese da subito
l’importanza storica, tanto da volerne
un eloquente riferimento da porre in
ravvicinato dialogo con il loro
prodigioso Crocifisso.
Sin dai primi tempi del Cristianesimo,
esiste una lunga tradizione di studi
teologici che associa l’episodio della
Creazione di Eva alla nascita
della Chiesa. Alla base del collegamento
tra le due scene vi è l’identificazione
di Cristo come secondo Adamo, enunciata
da San Paolo nella prima lettera ai
Corinzi: «Come in Adamo tutti
muoiono, così in Cristo tutti saranno
vivificati», (I Cor. XV, 22).
Secondo la dottrina della concordanza
tra Vecchio e Nuovo Testamento, la
nascita di Eva dalla costola di Adamo
sarebbe la prefigurazione della
miracolosa fuoriuscita di sangue e acqua
dal costato di Cristo, provocata dal
colpo di lancia del centurione poco dopo
la Crocifissione, come è narrato nel
Vangelo: «Venuti però da Gesù,
vedendo che era già morto, non gli
spezzarono le gambe, ma uno dei soldati
con una lancia gli colpì il fianco, e
subito ne uscì sangue ed acqua»,
(Giovanni 19, 33-34).
Tale episodio, a sua volta, simboleggia
la nascita della Chiesa stessa, e da qui
proviene, appunto, il parallelismo tra
Eva e la Chiesa. Questa corrispondenza
teologica Eva- Ecclesia giunse
nel mondo delle arti figurative a
partire dal XIII secolo, quando nelle
illustrazioni della Bible moralisèe
e della Biblia pauperum, si
verificò l’esplicito affiancamento delle
due scene. Mentre nella prima tipologia
di Bibbie alla nascita della
Progenitrice si affianca la
rappresentazione allegorica della Chiesa
come figura femminile incoronata che
fuoriesce dal fianco di Cristo
crocifisso, nella seconda alla Creazione
di Eva si accosta il primo livello di
significato, ovvero la prefigurazione
della prodigiosa perdita di acqua e
sangue dal costato di Cristo, con la
raffigurazione dell’episodio avvenuto
sul Golgota.
Figura 6
Michelangelo, Creazione di Eva,
volta della Cappella Sistina, Musei
Vaticani, Città del Vaticano
Riguardo all’ambito dell’analisi
stilistica, invece, il modello
imprescindibile per Perino fu, appunto,
la Creazione di Eva di
Michelangelo. Sappiamo per certo che
egli si recò più volte a osservare e
studiare gli affreschi del Buonarroti,
poiché si conservano alcuni disegni di
sua mano in cui ne riproduce vari schemi
e figure.
Grazie agli studi di Hartt, (Lignum
vitae in medio Paradisi. The stanza d’Heliodoro
and the Sistine Ceiling del 1950) si
è compreso chi ebbe un ruolo decisivo
nell’ideazione del programma
iconografico della cappella Sistina,
accompagnando e guidando i lavori del
Buonarroti.
Figura
7
Perino del Vaga, Schizzi dalla volta
della cappella Sistina,
Si tratta di Marco Vigerio della Rovere,
cardinale e teologo francescano, e
consigliere di Giulio II, che nel 1507
pubblicò il trattato «Decachordum
Christianum». In esso spiega i
numerosi collegamenti, allegorie e
rimandi scritturali. In
particolare, in un passo l’autore si
sofferma sulla citata corrispondenza
Eva-Ecclesia, con queste parole: «De
latere primi Adae formata est Eva. Et de
latere regis Messiae cum fuerit
exaltatus in cruce. filiae tuae omnes
ecllesiae credentium populorum: quae de
sinagoga quasi de matre nascuntur tunc
surgent quando fluentibus aqua et
sanguine de latere quod lancea miles
aperiet indicabatur redemptionem humani
generis esse completa».
Non è un caso, dunque, che nella volta
Sistina alla scena della Creazione di
Eva sia dedicato uno spazio
specifico tra i riquadri con la
Creazione di Adamo e il Peccato
Originale. Nella cappella dedicata
all’Assunta, alla nascita della Chiesa
come Madre, prefigurata nell’episodio
della Genesi, corrisponde la
personificazione della Chiesa come Sposa
Incoronata di Cristo, scelta in Maria
Assunta.
Un’ulteriore sottigliezza teologica da
osservare è che nel soffitto di
Michelangelo la scena della Creazione
di Eva è accompagnata dalla figura
del Profeta Ezechiele,
rappresentato nel peduccio sottostante.
Ezechiele, infatti, costituisce un’altra
figura tradizionalmente legata alla
sequenza Eva-Ecclesia-Maria, la
cui presenza consente di stabilire un
eloquente collegamento tra la l’Ecclesia
intesa come assemblea di tutti i fedeli,
e la sua prefigurazione nella nascita
della Progenitrice.
È suo, infatti, uno dei più celebri
brani veterotestamentari, che recita.
«Le ruote avevano l’aspetto e la
struttura come di topazio e tutt’e
quattro la medesima forma, il loro
aspetto e la loro struttura era come di
ruota in mezzo a un’altra
ruota. Potevano muoversi in quattro
direzioni, senza aver bisogno di voltare
nel muoversi. La loro circonferenza era
assai grande e i cerchi di tutt’e
quattro erano pieni di occhi
tutt’intorno. Quando quegli esseri
viventi si muovevano, anche le ruote si
muovevano accanto a loro e, quando gli
esseri si alzavano da terra, anche le
ruote si alzavano. Dovunque lo spirito
le avesse spinte, le ruote andavano e
ugualmente si alzavano, perché lo
spirito dell’essere vivente era nelle
ruote. Quando essi si muovevano, esse si
muovevano; quando essi si fermavano,
esse si fermavano e, quando essi si
alzavano da terra, anche le ruote
ugualmente si alzavano, perché lo
spirito dell’essere vivente era nelle
ruote», (Ezechiele I, 16-21).
Questa descrizione del carro del Signore
viene solitamente interpretata come
allegoria della Chiesa, da quando San
Gregorio Magno sottolineò il nesso con
il parallelismo Eva-Ecclesia.
Tale disamina dei riferimenti teologici
legati alla figura di Eva è importante
per capire il repertorio culturale che
era a disposizione di Perino come
supporto alla variazione iconografica
della sua opera. Mentre nella Sistina il
legame Eva-Ecclesia si inserisce
in una fitta rete di rimandi teologici,
al fine di occupare un rilievo specifico
all’interno di un programma figurativo
più vasto e articolato, nella cappella
di San Marcello, la scelta delle
iconografie, poiché limitata ad una sola
scena, si semplifica e si inserisce in
un contesto comprensibile ai devoti del
tempo.
Qui la colpa della prima peccatrice,
infatti, non trova redenzione soltanto
nella missione salvifica di Maria, da
lei prefigurata, ma soprattutto nella
morte del Cristo Crocifisso, che è
concretamente presente sull’altare. Il
fedele che prega lì vede tutto spiegato
davanti ai suoi occhi: l’umanità
macchiata della colpa di Eva è stata
redenta dal Figlio di Maria che si è
sacrificato per tutti.
Dalla Crocifissione nasce poi la Chiesa,
Madre di tutti i fedeli, che in questa
specifica circostanza è rappresentata
dai confratelli e devoti che si recano a
pregare nella cappella. Così è anche
ricordata l’origine della stessa
Congregazione: come la Chiesa nasce dal
miracolo dell’acqua e del sangue
compiuto da Cristo crocifisso, così la
loro comunità è nata dai prodigi
compiuti da quella specifica effige del
Redentore.
A un livello più letterale dei rimandi,
l’elemento simbolico della lancia che
colpisce il costato di Cristo era
presente negli affreschi della parete di
fondo, dove Perino aveva raffigurato gli
angeli in volo che portavano i simboli
della Passione, in seguito andati
perduti a causa degli interventi
ottocenteschi. Se fosse rimasto integro
tale muro, risulterebbe ancora più
evidente il collegamento tra la scena
veterotestamentaria e la Passione di
Cristo.
Tuttavia, questi simboli sono ancora
presenti nella cappella, poiché dipinti
sullo sportello esterno del tabernacolo
che custodisce la statua. Lì, infatti,
nel XVII secolo Luigi Garzi vi
rappresentò un gruppo di angeli in volo
che reggono tra i vari strumenti della
Passione, la Croce e la lancia del
soldato.
Un ultimo elemento iconografico da
considerare è la presenza dell’albero
secco presso Adamo. Anche esso ha un
modello puntuale nel suo analogo nella
Sistina. Lì è posto in opposizione con
il vicino albero rigoglioso
dell’episodio della Tentazione,
sempre secondo l’interpretazione del
Vigerio, che li legge come simboli: il
primo dell’Adamo della Creazione,
che prefigura Cristo, e il secondo
dell’Adamo del Peccato Originale.
Così scrive: «Delicto consensit
primus Adam ne sociam contristaret.
Secundus Adam contristatus est: ut
sponsam suam ecclesiam aeterna
jocunditate saciaret (…) In ligno
virenti, et pomis decoro victlus est
primus. In ligno arido et horrido vicit
secundus».
In conclusione, dunque, ritengo
importante ribadire la centralità di
questa commissione romana all’interno
dell’attività di Perino, un artista
sempre pronto a trasformare una semplice
richiesta di modifica da parte della
committenza in una efficace opportunità
per aggiornare il proprio stile e
dimostrare la sua originalità.
Negli interventi in San Marcello,
infatti, egli non poté che trovarsi
d’accordo con la volontà della
Confraternita di creare un esplicito e
repentino omaggio al capolavoro di
Michelangelo. Far riferimento al famoso
affresco sistino significava per la
Confraternita da un lato preferire
un’iconografia più puntuale e
significativa, in grado di comunicare ai
fedeli in adorazione del Crocifisso una
consapevole scelta devozionale;
dall’altro accogliere, osservando un
plateale omaggio ad uno degli affreschi
della cappella pontificia, la portata
innovativa di Michelangelo.
Al tempo stesso, per Perino questo
richiamo compositivo e stilistico
costituiva un’occasione concreta per
provare la sua presa di coscienza sulle
ultime novità del coevo panorama
artistico. La sua originalità, però, va
ricercata in una fisionomia
costantemente in equilibrio tra la
rivoluzione espressiva di Michelangelo e
la grazia dello stile di Raffaello,
elementi che egli riesce a combinare in
soluzioni sempre innovative e personali.
Dal primo segno a matita sul foglio
all’ultima pennellata sull’affresco,
Perino rimane un decoratore armonico ed
elegante, e una commissione così
peculiare come questa in San Marcello,
ci permette ancora oggi di apprezzare
tutta la modernità della sua arte.
Riferimenti bibliografici:
Brugnoli M. V., Affreschi di Perino
del Vaga nella cappella del Crocifisso a
san Marcello, «Il Vasari», 21, 1963,
pp. 183-184.
Davidson B., Early Drawings by Perino
del Vaga. Part One, «Master
Drawings», 1, 3, 1963, pp. 3-16; 61-67.
Davidson B., Early Drawings by Perino
del Vaga. Part Two, «Master
Drawings», 1963, pp. 19-26; 78-81.
Davidson B., Pouncey Chiarini F.,
Mostra di disegni di Perino del Vaga e
la sua cerchia, Olschki, Firenze
1966.
Delumeau J., Una confrèrie romaine au
XVIle siècle: l’Arciconfraternita del
Santissimo Crocifisso in S. Marcello,
«Mèlanges d’archèologie et d’histoire»,
63, 1951, pp. 281-306.
Fanucci C., Trattato di tutte le
opere pie dell’alma città di Roma,
Roma 1601.
Fiocco G., La cappella del Crocifisso
in San Marcello, «Bollettino
d’Arte», 3, 1913, pp.87-94
Gigli L., San Marcello al Corso,
Istituto di Studi Romani, Roma 1977.
Guldan E., Eva und Maria. Eine
Antithese als Bildmotiv, Graz- Köln,
1966, pp- 46-5
Hartt F., Lignum vitae in medio
Paradisi.
The stanza d’Heliodoro and the Sistin
Ceiling,
«The Art Bulletin», 32, 1950, pp. 115-14
Hirst M., Perino del Vaga and His
Circle, «The Burlington Magazine»,
1966, 108, 761, pp. 398-40
Muñoz Gasparini L., San Marcello al
Corso, «Le chiese di Roma
illustrate», Casa Editrice Roma, Roma
1925.
Oberhuber K., Observation on Perino
del Vaga as a Draughtsman, «Master
Drawings», 4, 1966, 2, pp. 170-182.
Paolucci A., Barbieri C., Vattuone, L.
Michelangelo e la Sistina: l’arte e
l’esegesi biblica, Gangemi, Roma,
2014
Parma Armani E., Perin del Vaga:
l’anello mancante-Studi sul Manierismo,
Sagep, Genova 1986.
Parma Armani E., Perin del Vaga: tra
Raffaello e Michelangelo, Electa,
Milano 2001.
Pouncey P., J. A. Gere, Raphael and
his circle: Giulio Romano, G. F. Penni,
Perino del Vaga, Giovanni da Udine,
Tommaso Vincidor, Polidoro da
Caravaggio, Baldassare Peruzzi, Timoteo
Viti and Gerolamo Genda, also Sebastiano
del Piombo, British Museum:
Department of Prints and Drawings,
London 1962.
Vannugli A.,
L’arciconfraternita del SS. Crocifisso e
la sua cappella in San Marcello,
«Ricerche per la storia religiosa di
Roma», 5, 1984, pp. 429-443.
Vasari G.,
Le vite de’ più eccellenti pittori,
scultori, e architettori nelle redazioni
del 1550 e del 1568, testo a cura di
R. Bettarini, commento secolare a cura
di P. Barocchi, 6 voll., (testo),
Sansoni, Firenze 1966-1987.
Vigerio M., Decachordum Christianum,
Fano 1507.
Wolk-Simon L., Fame, ‘Paragone’, and
the Cartoon: The Case of Perino del Vaga,
«Master Drawings», 30, 1, 1992, pp.
61-82. |