N. 116 - Agosto 2017
(CXLVII)
GIUSTIZIA,
CONVIVENZA
E
SOLIDARIETÀ
SULLA
VITA
E
SUL
PENSIERO
DI
EMMANUEL
MOUNIER
E DI
JACQUES
MARITAIN
-
PARTE
III
di
Raffaele
Pisani
Jacques Maritain era cinquantenne quando la rivista Esprit, diretta dal ventiseienne Emmanuel Mounier, vide la luce. Il cammino che aveva percorso lo aveva portato nei primi anni del Novecento alla fede cristiana e alla filosofia tomista.
Il
suo
pensiero
si
inserisce
autorevolmente
nella
rinascita
del
filone
scolastico
(neo-tomismo
di
fine
Ottocento),
già
inaugurato
dall’enciclica
Aeterni
Patris
di
Leone
XIII
(1879).
Si
tratta
di
una
ripresa
che
non
intende
riproporre
semplicemente
il
passato
ma
che,
sulla
scorta
del
patrimonio
della
Philosophia
perennis,
si
apre
ai
problemi
attuali.
Tra
Maritain
e
Mounier
esiste
una
Corrispondenza
(p.
40 e
ss.)
che
fa
vedere
il
loro
modo
di
porsi
nella
concretezza
delle
situazioni
del
quotidiano.
In
una
lettera
del
giugno
1931
Maritain
presenta
le
sue
considerazioni
e dà
dei
consigli
al
giovane
Mounier
su
come
procedere
per
mettere
in
cantiere
la
rivista
Esprit.
Molti
anni
dopo
ne
Il
Contadino
della
Garonna,
scritto
di
getto
appena
terminato
il
Concilio
Vaticano
II
(dicembre
1965),
quando
Maritain
parla
della
Costituzione
pastorale
Gaudium
et
Spes
e
del
modo,
a
suo
dire,
di
interpretazione
non
sempre
limpido
da
parte
di
certi
settori
della
chiesa
un
po’
troppo
protesi
verso
il
comunitario,
fa
un
simpatico
riferimento
a
Mounier:
«Mi
sia
concesso
di
fare
qui
un’osservazione
tra
parentesi.
Grazie
soprattutto,
credo,
a
Emmanuel
Mounier,
l’espressione
“personalista
e
comunitario”
è
diventata
una
torta
alla
crema
per
il
pensiero
cattolico
e la
retorica
cattolica
francese.
Io
stesso
non
sono
in
questo
esente
da
responsabilità.
In
un’epoca
in
cui
importava
di
opporre
agli
slogan
totalitari
un
altro
slogan,
ma
vero,
avevo
gentilmente
sollecitato
le
mie
cellule
grigie
e
finalmente
lanciata
in
uno
dei
miei
libri
d’allora
quella
espressione,
e
penso
che
Mounier
l’avesse
presa
da
me.
Essa
è
esatta,
ma a
vedere
l’uso
che
se
ne
fa
ora
non
ne
sono
molto
fiero.
Infatti
dopo
aver
pagato
un
“lip
service”
al
”personalista”,
è
chiaro
che
tutte
le
simpatie
vanno
al
”comunitario”»
(p.
83).
In
tutta
la
produzione
di
Maritain
il
riferimento
alla
persona
è
costante,
come
altrettanto
costante
è il
ripudio
dell’individualismo
e
del
collettivismo,
a
cominciare
dal
campo
della
conoscenza,
da
intendersi
come
un
patrimonio
comune
al
quale
tutti
sono
tenuti
a
collaborare,
senza
per
questo
doverlo
considerare
come
scaturito
da
un’
entità
collettiva,
altrimenti
detta:
soggetto
metaindividuale.
Nell’Umanesimo
integrale,
apparso
nel
1936,
nel
capitolo
V in
cui
parla
dell’ideale
storico
della
nuova
cristianità,
Maritain
si
dilunga
sul
paragrafo
La
libertà
delle
persone
nei
seguenti
aspetti,
che
costituiscono
altrettanti
sottoparagrafi.
Nel
primo,
Spirituale
e
temporale,
afferma:
«...
Ora
di
quale
libertà
può
trattarsi
soprattutto
per
una
civiltà
cristiana?
Non,
secondo
la
concezione
liberale,
della
semplice
libertà
di
scelta
da
parte
dell’individuo
(che
è
solo
l’inizio
o la
radice
della
libertà);
e
non,
secondo
la
concezione
imperialistica
o
dittatoriale,
della
libertà
di
grandezza
e di
potenza
dello
Stato;
ma
bensì,
prima
di
tutto,
di
quella
libertà
di
autonomia
delle
persone,
che
si
confonde
colla
loro
perfezione
spirituale»
(p.
210).
Seguono
gli
altri
punti:
lo
spirito
e la
città,
la
libertà
d’espressione,
la
città
pluralistica
e la
legge,
la
proprietà
dei
beni
terreni,
il
titolo
di
lavoro,
un
regime
consecutivo
alla
liquidazione
del
capitalismo,
persona
umana
e
comunità
economica,
le
condizioni
della
donna
nel
matrimonio.
Si
tratta,
per
così
dire,
di
declinazioni
del
concetto
fondamentale
di
persona
e di
società,
di
modi
concreti
di
attuarsi
nelle
varie
condizioni.
Ne
La
persona
e il
bene
comune
tratta
in
particolare
questa
relazione,
non
che
non
lo
abbia
già
fatto
nelle
opere
precedenti,
quelle
citate
ed
anche
altre,
ma
questo
riprendere
e
accentuare
indica
quali
siano
stati
i
temi
che
più
aveva
a
cuore
Maritain.
Leggendo
qua
e là
abbiamo
ritenuto
di
riportare
qualche
passo:
«Il
fine
della
società
è il
bene
della
comunità,
il
bene
del
corpo
sociale.
Ma
se
non
si
capisse
che
questo
bene
del
corpo
sociale
è un
bene
comune
di
persone
umane,
come
il
corpo
sociale
stesso
è un
tutto
di
persone
umane,
questa
formula,
a
sua
volta,
condurrebbe
ad
altri
errori
di
tipo
totalitario.
Il
bene
comune
della
città
non
è né
la
semplice
collezione
dei
beni
privati,
né
il
bene
d’un
tutto
che
(come
la
specie,
per
esempio,
riguardo
agli
individui,
o
come
l’alveare
riguardo
alle
api),
frutta
a sé
solo
e a
sé
sacrifica
le
parti»
(p.
31).
Concludiamo
con
il
riferimento
che
Maritain
fa
alla
Summa
theologiae
di
San
Tommaso:
«Ogni
persona
individuale,
scrive
San
Tommaso
d’Aquino,
si
riferisce
all’intera
comunità
come
la
parte
al
tutto.
Da
questo
punto
di
vista
e
sotto
questo
rapporto,
vale
a
dire
in
quanto
virtù
di
certe
sue
proprie
condizioni
essa
è
parte
della
società,
la
persona
s’impegna
tutta
e
tutta
si
ordina
al
bene
comune
della
società»
(p.
43).
Riferimenti
bibliografici:
EMMANUEL
MOUNIER,
Rivoluzione
personalistica
e
comunitaria,
trad.
Laura
Fua,
Edizioni
di
Comunità,
Milano
1955.
JACQUES
MARITAIN
–
EMMANUEL
MOUNIER,
Corrispondenza
1929-1939,
trad.
di
Elisa
Lombardi-Vallauri,
Morcelliana,
Brescia
1976.
JACQUES
MARITAIN,
Il
contadino
della
Garonna,
trad.
Bice
Tibiletti,
Morcelliana,
Brescia
1969.
JACQUES
MARITAIN,
Umanesimo
integrale,
trad.
Giampietro
Doré,
Ed.
Borla,
Roma
1980.
JACQUES
MARITAIN,
La
persona
e il
bene
comune,
trad.
Matilde
Mazzolani,
Morcelliana,
Brescia
1948.