N. 115 - Luglio 2017
(CXLVI)
GIUSTIZIA, CONVIVENZA E SOLIDARIETÀ
SULLA VITA E SUL PENSIERO DI EMMANUEL MOUNIER
E DI
JACQUES
MARITAIN
-
pARTE
ii
di
Raffaele
Pisani
Il
riferimento
al
Rinascimento,
che
abbiamo
accennato
nella
prima
parte,
trova
le
sue
radici
nel
concetto
di
individuo,
di
punto
di
vista
che
parte
da
sé
in
una
prospettiva
mentale
di
cui
quella
grafica
ed
anche
architettonica
ne
costituiscono
per
così
dire
una
manifestazione
esteriore.
Ebbene
questa
temperie
culturale
della
quale
l’Italia
e
l’Europa
intera
vanno
giustamente
fiere,
avrebbe
prodotto
anche
delle
conseguenze
negative,
vale
a
dire:
l’assolutizzazione
dell’individuo.
Gli
eroi
e i
condottieri
rinascimentali
sarebbero
diventati
nell’Otto-Novecento
i
capitani
dell’industria
e i
maghi
della
finanza,
funzionali
ad
un
capitalismo
che
svilisce
il
lavoro
e fa
del
potere
e
del
profitto
gli
unici
obiettivi.
L’alternativa,
quella
marxista,
che
in
quegli
anni
era
in
pieno
sviluppo
e
guadagnava
larghi
strati
della
popolazione,
non
può
per
Mounier
essere
la
soluzione.
Ne
apprezza
l’impegno
a
favore
dei
deboli
ma
non
concorda
con
le
sue
linee
d’azione
né
con
l’obiettivo
che
si
propone.
Il
marxismo
è il
figlio
ribelle
del
capitalismo
ma
anch’esso
non
riesce
ad
andare
oltre
l’aspetto
materiale.
È
bene
ricordare
che
già
a
quei
tempi,
gli
anni
Trenta
del
Novecento,
Mounier
aveva
visto
chiaramente
la
deriva
comunista,
che
avrebbe
portato
ad
un
capitalismo
di
stato,
all’imperialismo
e
alla
brutale
repressione
di
ogni
pensiero
divergente.
Queste
due
visioni
del
mondo
appena
accennate
sono
entrambe
chiuse
in
una
dimensione
che
fa
del
materiale
l’aspetto
fondamentale,
la
società
che
esse
prospettano
non
lascia
spazio
alla
dimensione
spirituale.
Dal
lato
opposto
Mounier
prende
le
distanze
da
quelle
forme
di
spiritualismo
e di
moralismo
che
prescindono
dalle
condizioni
biologiche,
sociali
ed
economiche
nelle
quali
l’uomo
concreto
si
viene
a
trovare,
pretendendo
per
lui
una
sorta
di
natura
angelica
che
in
quanto
uomo
non
può
avere.
Ma
allora
qual
è la
concezione
di
persona
che
Mounier
propone?
Occorre
innanzitutto
ribadire
che
individuo
e
persona
non
sono
due
realtà
staccate
ma
coesistono
nello
stesso
soggetto.
L’individuo
esprime
la
tendenza
alla
omogeneizzazione,
alla
ripetizione
e
alla
indifferenziazione.
Al
contrario
la
persona
si
caratterizza
per
la
sua
unicità,
che
non
è
definita
né
definibile
ma è
un
continuo
e
dinamico
divenire,
è,
come
egli
stesso
dice,
auto-creazione
continua,
la
sua
sussistenza
non
le
impedisce
l’indipendenza.
L’incarnazione,
la
vocazione
e la
comunione
costituiscono
i
tratti
fondamentali
della
persona.
Con
la
prima
si
intendono
le
condizioni
biologiche,
sociali
e
storiche
nelle
quali
la
persona
si
trova
ad
essere
situata,
gettata
nell’esistenza.
La
vocazione
è la
chiamata
a
trascendere
la
propria
condizione
non
negandola
o
fuggendola
ma
attuando
un
processo
di
superamento
e di
trasfigurazione.
La
tendenza
a
trascendere
porta
ad
essere
attenti
all’appello
degli
altri
e ad
entrare
in
relazione,
in
comunione
con
il
prossimo.
Se
l’impegno
per
l’altro
nella
prospettiva
individualistica
è
considerato
una
perdita
di
tempo
e di
energia,
se
nella
visione
marxista
l’impegno
personale
di
apertura
al
prossimo
è
visto
come
un
residuo
moralistico,
come
un
buon
sentimento,
inefficace
per
la
costruzione
di
una
società
strutturalmente
giusta,
per
il
pensiero
personalista
è
invece
il
fulcro
centrale
dell’azione
umana
e
sociale.
È un
donare
che
arricchisce
contemporaneamente
chi
dona
e
chi
riceve.
All’ottimismo
ingenuo
della
borghesia
in
ascesa,
al
pessimismo
irrazionale
della
società
borghese
in
crisi
e
anche
alle
risposte
nei
vari
fascismi,
come
pure
delle
visioni
anarchiche,
irrazionali
per
opposti
motivi,
Mounier
pone
la
sua
concezione
di
ottimismo
tragico
che
riguarda
la
storia
dell’umanità
in
generale
e
ancor
più
del
frangente
storico
che
stava
vivendo.
La
tragicità
è
data
dalla
constatazione
della
realtà,
ottimismo
deriva
dalla
persuasione
che
comunque
la
verità
e la
giustizia
sono
destinate
a
trionfare.
Dal
testo
di
Mounier
Rivoluzione
personalistica
e
comunitaria
abbiamo
estratto
qualche
passo
che
illustra,
meglio
di
come
abbiamo
tentato
di
fare
noi,
i
concetti
di
persona
e di
comunità
:
«Quando
diciamo
che
la
persona
è in
un
certo
senso
un
assoluto,
non
diciamo
affatto
che
è
l’Assoluto;
e
ancor
meno
proclamiamo,
con
i
Diritti
dell’uomo,
l’assoluto
dell’individuo
giuridico.
La
comunità,
intesa
come
una
integrazione
delle
persone
nel
rispetto
totale
della
vocazione
di
ciascuno,
è
per
noi
–
come
presto
dimostreremo
–
una
realtà,
ed è
quindi
un
valore
quasi
altrettanto
fondamentale
della
persona.
E
sappiamo
che
oggi
la
comunità
non
è
meno
misconosciuta,
meno
minacciata
della
persona.
In
breve
ciò
che
vogliamo
dire
è
esattamente
questo:
-
una persona non può mai essere considerata come mezzo da una collettività o da un’altra persona;
-
non esiste uno Spirito impersonale, un valore o destino impersonale. L’impersonale è la materia. Ogni comunità è una persona di persone, altrimenti non sarebbe che un numero o una forza, quindi materia. Spirituale è uguale a personale;
-
perciò, messe da parte le circostanze eccezionali in cui il male non può essere incatenato che con la forza, è condannabile ogni regime che, di diritto o di fatto, consideri le persone come oggetti intercambiabili, le irreggimenti o faccia loro violenza opponendosi alla vocazione dell’uomo differenziato che è in ciascuna persona, oppure imponga loro questa vocazione dal di fuori mediante la tirannide di un moralismo legale, originatore di conformismo e d’ipocrisia;
-
la società, vale a dire il regime legale, giuridico, sociale ed economico, non ha per missione né di subordinare le persone né d’ingerirsi nello sviluppo della loro vocazione: ma d’assicurare loro, anzi tutto, quella zona d’isolamento, di protezione, di serenità e di agio che permetterà loro di riconoscere, in piena libertà di spirito, la propria vocazione; di aiutarle senza costrizioni, per mezzo di un’educazione ispiratrice, a liberarsi dai conformismi e dagli errori di confusione; di dare loro, mediante l’appoggio dell’organismo sociale ed economico, i mezzi materiali comunemente necessari, tranne che nei casi di vocazioni eroiche, allo sviluppo di questa vocazione (…).» (p. 85).
Più
avanti
parla
di
quello
che
succede
nella
società
quando
la
persona
non
è
rispettata
e
valorizzata
come
tale,
quando
viene
assolutizzato
l’individuo,
che
nella
sua
pseudo-libertà
agisce,
o
crede
di
agire,
nella
ricerca
di
un
benessere
che
risulta
essere
tutto
chiuso
nella
dimensione
immanente.
Così
viene
descritto:
«Un
tipo
d’uomo
vuoto
–
che
sempre
resiste,
lui
fortunato!
–
privo
di
ogni
follia,
d’ogni
mistero,
del
senso
dell’essere
e
del
senso
dell’amore,
della
Sofferenza
e
della
Gioia,
devoto
alla
Felicità
e
alla
Sicurezza;
rivestito,
nelle
più
alte
sfere,
di
una
vernice
di
Cortesia,
di
Buon
Umore,
di
virtù
di
Razza;
negli
strati
più
bassi
murato
fra
la
lettura
sonnolenta
del
giornale
quotidiano,
le
rivendicazioni
professionali,
la
noia
delle
domeniche
e
dei
giorni
di
festa,
e –
come
unica
difesa
–
l’ossessione
dell’ultimo
pettegolezzo
o
dell’ultimo
scandalo
(…)
»
(p.92).
Una
società
fondata
sul
personalismo
secondo
Mounier
si
deve
basare
su
di
una
serie
di
principi.
«Una
società
non
capitalistica,
quali
che
siano
i
suoi
meccanismi,
dovrà
partire
da
principi
diametralmente
opposti
a
quelli
dell’economia
attuale,
che
secondo
noi
dovrebbero
venire
raggruppati
in
cinque
principi
fondamentali.
1.
La
libertà
attraverso
la
costrizione
istituzionale.
Essendo
l’uomo
parzialmente
corrotto,
la
completa
libertà
materiale,
quando
dispone
di
mezzi
altrettanto
potenti
di
quelli
dell’era
industriale
e
finanziaria,
sfocia
fatalmente
non
già
nell’armonia,
ma
nella
guerra
e
nella
tirannide
(…);
2.
L’economia
al
servizio
dell’uomo.
Funzione
dell’economia
è di
soddisfare
i
bisogni
materiali
di
tutti.
Al
di
là
di
questo
limite,
i
compiti
dell’economia
sono
finiti
e le
sue
energie
debbono
trovare
un’altra
utilizzazione
che
non
siano
sviluppo
artificioso.
Quindi
l’attività
economica
è
subordinata
a
un’etica
dei
bisogni
(…);
3.
Primato
del
lavoro
sul
capitale.
Il
capitale
può
avanzare
dei
diritti
in
una
civitas
umana
solo
se è
frutto
di
un
lavoro;
è
illegittimo
se
deriva
da
una
forma
di
usura
o
pretende
di
dar
frutto
indefinitamente
senza
lavoro.
In
ogni
caso
trae
arricchimento
solo
dal
lavoro
e la
sua
potenza
è
subordinata
a
quella
del
lavoro;
4.
Primato
del
servizio
sociale
sul
profitto.
Il
profitto
capitalista,
guadagno
senza
lavoro,
deve
essere
condannato
dalla
legge.
Il
giusto
profitto,
che
rappresenta
esattamente
il
lavoro,
non
può
essere
bandito
da
una
società
di
uomini
in
carne
e
ossa
(…);
5.
Primato
della
persona
sviluppatesi
in
comunità
organiche.
Il
regime
nuovo
deve
porre
fine
al
regime
di
anarchia
e di
tirannide
rappresentato
oggi
dal
capitalismo,
con
la
creazione
di
comunità
organiche
in
cui
si
inseriscano
la
vita
privata,
la
vita
pubblica,
la
professione
(…)»
(p.
239).