SUL PENSIERO MARXISTA-LENINISTA
LA Scienza IN UNIONE SOVIETICA
di Francesco Cappellani
Come possa una teoria scientifica
essere dal punto di vista teologico,
ideologico o politico di parte
appare incomprensibile dato che la
scienza, nella sua accezione più
vasta, deve, per sua natura, dare
delle risposte precise, oggettive e
comprovabili alle domande di
conoscenza del mondo che l’uomo si
pone da sempre.
Eppure il suo cammino è stato
costellato nei secoli da pesanti
intoppi causati da prese di
posizione dogmatiche delle autorità
religiose e più recentemente, nel
secolo scorso, da direttive imposte
da regimi totalitari come il Nazismo
ed i Bolscevismo. Basti ricordare
Giordano Bruno, che aveva difeso la
nuova scienza d’allora, cioè la
teoria copernicana, e aveva parlato
di molteplicità dei mondi e
dell’esistenza di un universo
infinito, trasgredendo le Sacre
Scritture e per questo dopo un
processo durato sette anni, denudato
e arso vivo a Roma, in piazza Campo
dei Fiori, nel 1600, come eretico
secondo il verdetto della
Congregazione dei Cardinali
Inquisitori. Galileo Galilei fu
accusato di “veemente sospetto di
eresia” per motivi analoghi,
processato e condannato dal
Tribunale del Sant’Uffizio
all’incarcerazione; per evitare la
pena fu costretto nel 1633
all’abiura delle sue teorie
astronomiche ed al ritiro nella sua
villa d’Arcetri in residenza coatta.
Il testo fondamentale di Copernico
“De revolutionibus orbium caelestium”
era stato condannato già dal 1616
dalla Sacra Congregazione
dell’Indice. La disperata difesa del
sistema geocentrico da parte della
Chiesa Cattolica, dovuta ad una
interpretazione letterale
dell’Antico Testamento, viene meno
nel 1822 quando il Santo Uffizio
decreta l’accettazione della teoria
Copernicana; nel 1992 Papa Giovanni
Paolo II, grazie ai risultati di una
commissione di studio da lui
istituita nel 1981, riconosce
l’errore commesso nei confronti di
Galilei che é pienamente riabilitato
dopo oltre tre secoli. Charles
Darwin alla pubblicazione nel 1859
del suo saggio “On the Origin of
Species by Means of Natural
Selection”, subì feroci attacchi da
parte della Chiesa Anglicana per
avere contraddetto la Bibbia, solo
nel 2009, a 200 anni dalla sua
nascita, la Chiesa d’Inghilterra si
è scusata ufficialmente per non
avere inteso correttamente il senso
della teoria dell’evoluzione.
Forse più irrazionale, anche perché
i fatti sono molto più recenti
risalendo ai tardi anni trenta del
secolo scorso, è stata la
distinzione, operata dal nazismo,
tra fisica ariana e fisica giudaica.
L’aspetto incredibile di questa
operazione, e cioè “l’affermazione
che la scienza, ma sopratutto la
fisica moderna, potesse essere
inquinata dallo ‘spirito giudaico’
veniva non da qualche sprovveduto e
zelante funzionario del partito
nazionalsocialista, ma da una coppia
di fisici tedeschi insigniti del
premio Nobel, Philipp Lenard e
Johannes Stark”. I due scienziati
nella loro furia antisemita
sostenevano che “tutta la vera ed
autentica fisica proveniva dalla
razza ariana e che la fisica
giudaica, come le assurde teorie
della relatività di Albert Einstein,
non erano altro che una cospirazione
ebraica internazionale intesa a
distruggere la fisica e ad elevare
il popolo ebreo”. Einstein nel 1933,
dopo avere dato le dimissioni
dall’Accademia Prussiana delle
Scienze a Berlino, aveva lasciato la
Germania nello stesso anno,
analogamente a molti altri fisici
ebrei, che costituivano la
maggioranza dei fisici teorici. Con
la fine della guerra e del nazismo
nel 1945 l’assurda distinzione della
fisica venne immediatamente rimossa
anche perché gli scienziati tedeschi
avevano continuato ad insegnare la
nuova fisica senza farsi coinvolgere
dalle teorie sulla “scienza
ebraica”.
Paradossale è stato l’atteggiamento
dell’ideologia sovietica propugnata
dai filosofi marxisti e basata sul
materialismo dialettico divenuto,
dopo la morte di Lenin e
maggiormente per opera di Stalin, il
sistema di pensiero dominante e
dogmatico, anche nei confronti della
scienza che dovette subire la
distinzione fra “scienza
materialista” e “scienza borghese”
cioè la scienza occidentale. Come
scrive Mauro Stenico “le scienze
naturali divennero strumento della
causa comunista e della propaganda
antireligiosa, gli
intellettuali-ideologi poterono
scatenarsi, e le organizzazioni del
Partito ‘bolscevizzavano’ riviste ed
istituzioni scientifiche. La
retorica del potere insisteva sul
tracollo imminente del capitalismo e
della ‘scienza borghese’. Gli
astrofisici specialisti divennero
filosofi marxisti in cosmologia,
elaborando alternative varie alla
‘cosmologia borghese fideistica’,
che sosteneva l’inizio e la fine del
Mondo (tesi dell’alleanza
occidentale tra Chiesa, scienza e
capitale contro il comunismo)”. I
fisici però rimasero compattamente
contrari a legare la scienza alla
filosofia del materialismo
dialettico, su circa 1000 fisici
attivi nell’URSS nel 1930, solo 44
erano iscritti al partito comunista.
Il filosofo di regime Alexander
Maksimov aveva affermato nel 1939
che Einstein, Schrödinger, Bohr,
Dirac e Heisenberg, cioè i fondatori
della nuova fisica, erano tutti
“idealisti” e la loro visione della
meccanica quantistica era
ideologicamente inaccettabile,
concludendo così la sua
dichiarazione: “La lotta per
l’ingresso del Bolscevismo nella
Scienza è la lotta per una
fondamentale ricostituzione della
Scienza”.
La maggioranza dei fisici tentò,
riuscendovi, ad aggirare la
posizione ufficiale del partito
premettendo a bassa voce che per
criticare la fisica sarebbe stato
necessario conoscerla e poi
sostenendo che non c’era nessuna
contraddizione tra la concezione
marxista-leninista e la meccanica
quantistica e la relatività, che
anzi arricchivano il materialismo
dialettico. Molti filosofi marxisti
continuarono ad attaccare le nuove
teorie della fisica, ma in ogni caso
l’atteggiamento del partito non
arrivò mai a proclamare, come invece
era avvenuto nella Germania di
Hitler, una fisica Marxista rispetto
ad una fisica apolitica.
L’intromissione dell’ortodossia
marxista nella ricerca scientifica
provocò comunque ritardi nello
sviluppo in Russia della nuova
fisica e particolarmente della
cosmologia, che finiva per
coinvolgere questioni
ideologicamente sensibili come
l’origine dell’Universo,
penalizzando gli scienziati che non
accettavano le imposizioni del
regime. Come scrive Marco Barozzi
“La versione ufficiale sovietica del
materialismo dialettico era
radicalmente antireligiosa e
impegnata a combattere la religione
in tutte le sue manifestazioni,
comprese le sue associazioni con la
scienza. L’astronomia e la
cosmologia furono fatalmente
coinvolte dalla propaganda per
l’ateismo. Gli ideologi del PCUS
consideravano pericolose le teorie
cosmologiche che spiegavano
l’allontanamento reciproco delle
galassie come derivanti da un inizio
nel tempo. Il big-bang era troppo
strettamente associato all’idea di
creazione per essere accettato”.
Parecchi ricercatori attivi in
questa disciplina, braccati dalla
GPU, la feroce polizia politica
creata nel 1922 con lo scopo di
combattere i “nemici del popolo”,
dopo processi sommari furono
detenuti in campi di lavoro (gulag)
in Siberia in condizioni disumane, e
in molti casi fucilati per
“deviazionismo”. Il particolare
accanimento contro gli astrofisici
era iniziato negli anni venti del
secolo scorso quando Alexandr
Friedmann, un tranquillo matematico
dotato di un talento eccezionale
(aveva pubblicato a 18 anni un
articolo sulla teoria dei numeri
sulla rivista “Mathematische Annalen”
diretta dal grande matematico David
Hilbert) lavorando sulle complesse
equazioni della Relatività Generale
pubblicate nel 1916, aveva
dimostrato che, oltre alla soluzione
di Einstein di un universo statico
ottenuta grazie all’introduzione di
una costante cosmologica arbitraria
opportunamente calibrata, depurando
i calcoli da questa costante le
equazioni di campo (quelle che
descrivono la curvatura dello spazio
in funzione della distribuzione
delle masse) dimostrano invece un
Universo dinamico in espansione.
Pubblica i risultati sulla rivista
Zeitschrift für Physik nel 1922.
Einstein reagisce pesantemente
pubblicando sulla stessa rivista un
breve commento “La soluzione
proposta risulta non soddisfare le
equazione di campo”, cioè è
matematicamente errata. Friedmann
non si arrende ed invia ad Einstein
copia dettagliata dei suoi calcoli
con la preghiera, se li trovasse
corretti, di informare la rivista.
Einstein, con l’aiuto del fisico
teorico Paul Ehrenfest suo grande
amico, li controlla meticolosamente
e scrive il 21 maggio del 1923 alla
rivista una nota diventata famosa:
“Ritengo corretti i risultati del
signor Friedmann, che gettano nuova
luce sulla questione”. Nasce la
cosmologia moderna: l’idea di un
Universo statico, immutabile ed
eterno viene abbattuta da un
matematico grazie alle equazioni che
Einstein aveva concepito e poi
piegate, con l’introduzione della
costante cosmologica, a
rappresentare un tipo di universo
come lui lo immaginava. Friedmann
pubblica nello stesso anno, il 1923,
un libro in cui spiega che
l’Universo ha continuato ad
espandersi a partire dall’alba dei
tempi da uno stato singolare, un
punto in cui era concentrato tutto
ciò che oggi è presente nel cosmo;
il termine Big Bang per indicare
questo momento iniziale fu coniato
da Fred Hoyle nel 1949.
Il successo di Friedmann in patria
ed all’estero è notevole ma la sua
teoria, approvata anche obtorto
collo da Einstein, che anni dopo la
condividerà pienamente, è in netto
contrasto con la teoria del
materialismo dialettico che nega che
l’Universo possa avere avuto un
inizio in quanto questa ipotesi
potrebbe rimandare a qualche causa
trascendente, all’idea di un
Creatore ed alla Genesi Biblica. Per
il partito comunista il Big Bang è
una teoria pseudoscientifica ed
idealistica. La GPU interviene già
alla fine del 1923 per mettere a
tacere Friedmann controllando le sue
lezioni all’Università di San
Pietroburgo, ma il matematico ed
alcuni suoi brillanti allievi tra
cui un giovanissimo Lev Landau,
premio Nobel per la Fisica nel 1962,
George Gamow e Matvej Bronstein non
si lasciano intimidire. Nel 1925 il
direttorio dell’Università gli vieta
di parlare della teoria
dell’espansione cosmica, nello
stesso anno Friedmann muore a 37
anni ufficialmente per una febbre
tifoidea, ma Gamow sospettò che
fosse stato vittima della Polizia
Politica.
Nel 1927 il fisico e padre gesuita
belga Georges Lemaître pubblica un
articolo dal titolo “ Un Univers
homogène de masse constante et de
rayon croissant rendant compte de la
vitesse radiale des nébuleuses
extra-galactiques“ dove sviluppa e
risolve le equazioni di Einstein nel
caso di un Universo isotropo ed in
espansione, ricavando una relazione
lineare tra l’aumento della velocità
di allontanamento tra due galassie
col crescere della loro distanza
reciproca. Pubblicato in francese e
non in tedesco che in quegli anni
era la lingua della fisica,
l’articolo ebbe scarsa risonanza, ma
intanto, già a partire dal 1924, le
misure sperimentali
dell’allontanamento delle galassie
misurate da Edwin Hubble col
telescopio di Monte Wilson vicino a
Pasadena in Florida basandosi sul
redshift (spostamento verso il
rosso, cioè lo stiramento della
lunghezza d’onda) della loro luce,
portavano ad ipotizzare l’espansione
dell’Universo. Nel 1930 Hubble
pubblica i suoi risultati aggiornati
che permettono di stabilire quella
che diventerà la legge di Hubble,
cioè studiando diverse galassie nota
che esse si allontanano da noi con
una velocità direttamente
proporzionale alla loro distanza
confermando i calcoli di Lemaître.
Nel 1931 Lemaître, come Friedmann
anni prima, realizza che invertendo
la direzione della freccia del
tempo, e quindi con l’aumentare
della contrazione dello spazio, si
doveva necessariamente arrivare ad
un punto fisico di dimensioni quasi
nulle, da lui chiamato “atomo
primitivo”, contenente tutta la
massa-energia dell’Universo, che
avrebbe iniziato ad espandersi nello
spazio e nel tempo. L’implicazione
della legge di Hubble conferma la
rimozione della teoria dell’Universo
Statico, allora dominante, anche se
in seguito la possibilità
dell’esistenza di un Universo
stazionario non sia stata
completamente rigettata.
I lavori di Friedmann che, con la
sua scomparsa, erano stati pressoché
dimenticati, vengono riscoperti
negli anni trenta insieme a quelli
successivi di Lemaître ma la Polizia
Politica bolla questi articoli
scientifici come propaganda
americana; la campagna contro ogni
idea che possa compromettere la
sacralità del materialismo marxista
deve essere azzerata ed i fautori
iniziano ad essere perseguitati. Una
repressione di Stato che coinvolge
tutti gli oppositori del regime,
politici, artisti, scienziati,
militari, che negli anni trenta
Stalin, che ha assunto gradualmente
il potere di tutto lo sterminato
apparato statale sovietico, gestisce
con spietata violenza. Sono le
tristemente famose “purghe” del
dittatore che toccheranno l’apice
nel biennio 1936-1938.
Inizia per i fisici contrari alle
direttive del regime un periodo di
terrore: George Gamow nel 1931 viene
privato del passaporto, tenta allora
la fuga ma dopo due tentativi
falliti, prima con la moglie su un
canotto attraversando il mar Nero
per approdare in Turchia e poi verso
la Norvegia, la sua situazione
diventa critica. Nel 1933 viene
invitato da Niels Bohr, il padre
della fisica moderna, Nobel nel
1922, al Congresso Solvay a
Bruxelles sulla fisica nucleare.
Ottenuto il permesso dal governo si
reca con la moglie, spacciata per
sua segretaria, da Bohr lasciando la
sua Russia in cui non farà più
ritorno. Non ebbero scampo invece un
folto gruppo di cosmologi
dell’osservatorio astronomico di
Pulkovo, presso San Pietroburgo,
diretto da Boris Gerasimovitch. La
NKVD, la polizia segreta sovietica,
antenata del KGB, arresta nel 1935
Vladimir Fock, direttore
dell’Istituto di Fisica Teorica a
Leningrado, che si trova a Pulkovo
per una serie di seminari. Al
termine di un processo grottesco
viene condannato a morte come
allievo di Friedmann e per
condividerne le idee sull’origine
dell’Universo. Sarà salvato
dall’intervento di Piotr Kapitza,
suo collega e unico membro
dell’Accademia delle Scienze a non
essere iscritto al partito
comunista, futuro premio Nobel per
la fisica nel 1972, che grazie al
suo prestigio ed alla sua capacità
di arrivare a compromessi con le
autorità governative, ottiene la
scarcerazione di Fock. Riarrestato
1937 per avere tenuto una conferenza
sull’espansione dell’Universo, Fock
viene nuovamente assolto per
l’intervento di Kapitza. Anche Lev
Landau, geniale allievo di Friedmann,
arrestato nel 1938, avrà salva la
vita dopo un anno di carcere per
intercessione di Kapitza che si
rivolse direttamente a Stalin.
Dal novembre del 1936 a settembre
del 1937 sono arrestati a Pulkovo 13
astronomi. Sei vengono fucilati dopo
il solito processo farsa, gli altri
condannati a dieci anni nei campi di
lavoro con la confisca dei beni. Il
30 novembre 1937 sarà fucilato anche
il direttore dell’Osservatorio
Gerasimovitch accusato di mancato
rispetto dell’ideologia
marxista-leninista e di influenze
straniere per avere pubblicato
articoli scientifici su riviste non
sovietiche. Vittima eccellente è il
giovane fisico Evgenii Perepelkin,
allievo di Friedmann, nominato nel
1934, a 28 anni, professore
d’astronomia e poi capo del
laboratorio di astrofisica di
Pulkovo. L’11 maggio del 1937 viene
arrestato, processato e condannato a
cinque anni di carcere. Sottoposto
ad un nuovo processo per avere
“minato le basi ideologiche più
profonde del regime negando che
l’Universo sia eterno”, viene
fucilato a trent’anni il 13 gennaio
1938. A suo nome saranno intitolati
un cratere su Marte ed uno sulla
Luna negli anni settanta del secolo
scorso. Tra le vittime più
importanti del grande terrore va
ricordato il geniale matematico
Boris Numerov professore
all’Università di Leningrado dal
1924, direttore dell’Osservatorio
Centrale di Geofisica nel biennio
1926-1927 e fondatore e direttore
dell’Istituto di Astronomia Teorica
a Leningrado. Amico di Friedmann
viene arrestato nella notte tra il
21 ed il 22 ottobre del 1936 in
relazione al “caso Pulkovo”, isolato
nella sezione terroristi della
prigione di Kresty, processato nel
1937 e condannato a 10 anni di
prigione per spionaggio, sabotaggio
e cospirazione contro il regime
sovietico. Nell’autunno del 1941
viene ucciso, sembra per ordine
diretto di Stalin, nella prigione di
Oryol poco prima dell’arrivo delle
truppe tedesche che avevano iniziato
l’invasione della Russia.
Subirà fine analoga l’astrofisico e
fisico teorico Matvej Bronstein,
altro dotatissimo allievo di
Friedmann che nel 1935 aveva, con
oltre 50 anni di anticipo,
affrontato con uno studio originale
un problema basilare della fisica,
tuttora irrisolto, quello di
riconciliare la teoria della
relatività con la meccanica
quantistica in un’unica teoria
quantistica della gravità. Bronstein
fu arrestato nel suo appartamento di
San Pietroburgo nell’agosto del 1937
con l’imputazione di essere non
soltanto una spia ma anche per la
sua “risoluta opposizione
all’applicazione del materialismo
dialettico alle scienze naturali”
(5). Condannato il 18 febbraio 1938
dopo un breve processo, fu
giustiziato lo stesso giorno con un
colpo alla nuca in una prigione di
Leningrado. Aveva 31 anni. Alla
moglie, una nota scrittrice, fu
comunicato che era stato condannato
a 10 anni di detenzione col divieto
di comunicare con qualsiasi persona.
Solo nel 1957, quando Bronstein fu
riabilitato, la consorte venne a
sapere la verità sulla sorte del
marito. Le purghe staliniane oltre
ai fisici colpirono
indiscriminatamente anche gli
artisti, tra questi anche celebri
scrittori come Isaac Babel,
arrestato nel 1938 e ucciso nel 1940
ed il poeta e saggista Osip
Mandelstam autore di un’ironico
epigramma su Stalin, condannato nel
1934 e nuovamente nel 1938, anno in
cui morì di stenti in un gulag
siberiano vicino a Vladivostok.
Dopo l’intervallo imposto dalla
seconda guerra mondiale, nel 1946
Stalin nomina ufficialmente Andrej
Zdanov, padre del genero del
Dittatore ed indicato come possibile
suo successore alla guida dell’URSS,
“Ideologo della politica culturale
sovietica dello Stato Operaio”. La
sua dottrina contro la “scienza
borghese” troppo “teologizzata”, la
Zhdanovshchina, conferma
l’impostazione già attivata nei
tardi anni trenta, di un rigido
controllo e censura su tutte le
attività di scienziati ed
intellettuali che dovevano attenersi
alle linee stabilite dal partito.
Furono messe al bando come
“apolitiche, borghesi e
individualiste” opere di artisti
famosi come la poetessa Anna
Achmatova, musicisti come Prokofiev,
Shostakovich e tanti altri. Il 24
giugno 1947 Zdanov definisce in un
discorso agli scienziati la
posizione sovietica sul Big Bang in
questi termini: “Gli scienziati
reazionari Lemaître, Milne e altri
utilizzano il “redshift” per
rafforzare le concezioni religiose
sulla struttura dell’Universo. I
falsificatori della scienza vogliono
far rivivere la favoletta
dell’origine del mondo dal nulla”.
La teoria di un universo in
espansione viene considerata un
“tumore canceroso che corrode la
teoria astronomica moderna ed è il
principale nemico ideologico della
scienza materialista”. Zdanov muore
alcolizzato nel 1948 ma la sua
dottrina incombe fino alla morte di
Stalin nel 1953 provocando in questo
periodo una stagnazione della
ricerca cosmologica nell’URSS
bandita perché politicamente non
corretta. A seguito del XX Congresso
del Partito Comunista dell’Unione
Sovietica nel febbraio del 1956 con
la denuncia dei crimini staliniani e
la liberazione di oltre 200.000
detenuti politici, anche la
situazione per le scienze sovietiche
si evolve; una eliminazione graduale
degli scienziati ultraortodossi e il
progressivo cambiamento culturale
delle relazioni fra scienza e
ideologia, determinano un rapido
avvicinamento alla cosmologia
moderna occidentale che si era
basata agli inizi proprio sui
pioneristici lavori degli
astrofisici russi.
La Chiesa Cattolica con Papa Pio XI
appoggia la teoria cosmologica ma
occorre precisare che il gesuita
Lemaître definì nei confronti col
Vaticano e specialmente in un
incontro con Pio XII a Roma nel
settembre del 1952, con grande
chiarezza la differenza tra
“creazione” e “principio”
dell’Universo. Nelle sue parole
l’idea del Big Bang “resta del tutto
al di fuori da ogni questione
metafisica o religiosa. Essa lascia
il materialista libero di negare
qualsiasi Essere trascendente. Egli
può porsi di fronte al fondamento
dello spazio-tempo con la stessa
attitudine di spirito che
adotterebbe per eventi che
sopravvengono in punti non singolari
dello spazio-tempo” (6). Non è
indispensabile invocare un
“creatore” per spiegare la nascita
dell’Universo, opinione condivisa
dalla maggioranza dei fisici ma mal
compresa dal regime sovietico che
temeva la consacrazione di una
visione “creazionistica” contraria
al dettato marxista. La Chiesa
stessa non ha più considerato il Big
Bang come prova scientifica per
provare l’esistenza di Dio. Giovanni
Paolo II in una lettera del 1°
giugno 1988 al direttore
dell’Osservatorio Vaticano George
Coyne sottolineava l’importanza “che
almeno alcuni teologi fossero
sufficientemente competenti nelle
scienze per poter fare un uso
genuino e creativo delle risorse
offerte loro dalle teorie meglio
affermate. Una tale conoscenza li
difenderebbe dalla tentazione di
fare, a scopo apologetico, un uso
poco critico e affrettato delle
nuove teorie cosmologiche come
quella del “Big Bang”.