[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 200 / AGOSTO 2024 (CCXXXI)


filosofia & religione

SUL PENSIERO MARXISTA-LENINISTA
LA Scienza IN UNIONE SOVIETICA
di Francesco Cappellani


Come possa una teoria scientifica essere dal punto di vista teologico, ideologico o politico di parte appare incomprensibile dato che la scienza, nella sua accezione più vasta, deve, per sua natura, dare delle risposte precise, oggettive e comprovabili alle domande di conoscenza del mondo che l’uomo si pone da sempre.

Eppure il suo cammino è stato costellato nei secoli da pesanti intoppi causati da prese di posizione dogmatiche delle autorità religiose e più recentemente, nel secolo scorso, da direttive imposte da regimi totalitari come il Nazismo ed i Bolscevismo. Basti ricordare Giordano Bruno, che aveva difeso la nuova scienza d’allora, cioè la teoria copernicana, e aveva parlato di molteplicità dei mondi e dell’esistenza di un universo infinito, trasgredendo le Sacre Scritture e per questo dopo un processo durato sette anni, denudato e arso vivo a Roma, in piazza Campo dei Fiori, nel 1600, come eretico secondo il verdetto della Congregazione dei Cardinali Inquisitori. Galileo Galilei fu accusato di “veemente sospetto di eresia” per motivi analoghi, processato e condannato dal Tribunale del Sant’Uffizio all’incarcerazione; per evitare la pena fu costretto nel 1633 all’abiura delle sue teorie astronomiche ed al ritiro nella sua villa d’Arcetri in residenza coatta. Il testo fondamentale di Copernico “De revolutionibus orbium caelestium” era stato condannato già dal 1616 dalla Sacra Congregazione dell’Indice. La disperata difesa del sistema geocentrico da parte della Chiesa Cattolica, dovuta ad una interpretazione letterale dell’Antico Testamento, viene meno nel 1822 quando il Santo Uffizio decreta l’accettazione della teoria Copernicana; nel 1992 Papa Giovanni Paolo II, grazie ai risultati di una commissione di studio da lui istituita nel 1981, riconosce l’errore commesso nei confronti di Galilei che é pienamente riabilitato dopo oltre tre secoli. Charles Darwin alla pubblicazione nel 1859 del suo saggio “On the Origin of Species by Means of Natural Selection”, subì feroci attacchi da parte della Chiesa Anglicana per avere contraddetto la Bibbia, solo nel 2009, a 200 anni dalla sua nascita, la Chiesa d’Inghilterra si è scusata ufficialmente per non avere inteso correttamente il senso della teoria dell’evoluzione.

Forse più irrazionale, anche perché i fatti sono molto più recenti risalendo ai tardi anni trenta del secolo scorso, è stata la distinzione, operata dal nazismo, tra fisica ariana e fisica giudaica. L’aspetto incredibile di questa operazione, e cioè “l’affermazione che la scienza, ma sopratutto la fisica moderna, potesse essere inquinata dallo ‘spirito giudaico’ veniva non da qualche sprovveduto e zelante funzionario del partito nazionalsocialista, ma da una coppia di fisici tedeschi insigniti del premio Nobel, Philipp Lenard e Johannes Stark”. I due scienziati nella loro furia antisemita sostenevano che “tutta la vera ed autentica fisica proveniva dalla razza ariana e che la fisica giudaica, come le assurde teorie della relatività di Albert Einstein, non erano altro che una cospirazione ebraica internazionale intesa a distruggere la fisica e ad elevare il popolo ebreo”. Einstein nel 1933, dopo avere dato le dimissioni dall’Accademia Prussiana delle Scienze a Berlino, aveva lasciato la Germania nello stesso anno, analogamente a molti altri fisici ebrei, che costituivano la maggioranza dei fisici teorici. Con la fine della guerra e del nazismo nel 1945 l’assurda distinzione della fisica venne immediatamente rimossa anche perché gli scienziati tedeschi avevano continuato ad insegnare la nuova fisica senza farsi coinvolgere dalle teorie sulla “scienza ebraica”.

Paradossale è stato l’atteggiamento dell’ideologia sovietica propugnata dai filosofi marxisti e basata sul materialismo dialettico divenuto, dopo la morte di Lenin e maggiormente per opera di Stalin, il sistema di pensiero dominante e dogmatico, anche nei confronti della scienza che dovette subire la distinzione fra “scienza materialista” e “scienza borghese” cioè la scienza occidentale. Come scrive Mauro Stenico “le scienze naturali divennero strumento della causa comunista e della propaganda antireligiosa, gli intellettuali-ideologi poterono scatenarsi, e le organizzazioni del Partito ‘bolscevizzavano’ riviste ed istituzioni scientifiche. La retorica del potere insisteva sul tracollo imminente del capitalismo e della ‘scienza borghese’. Gli astrofisici specialisti divennero filosofi marxisti in cosmologia, elaborando alternative varie alla ‘cosmologia borghese fideistica’, che sosteneva l’inizio e la fine del Mondo (tesi dell’alleanza occidentale tra Chiesa, scienza e capitale contro il comunismo)”. I fisici però rimasero compattamente contrari a legare la scienza alla filosofia del materialismo dialettico, su circa 1000 fisici attivi nell’URSS nel 1930, solo 44 erano iscritti al partito comunista. Il filosofo di regime Alexander Maksimov aveva affermato nel 1939 che Einstein, Schrödinger, Bohr, Dirac e Heisenberg, cioè i fondatori della nuova fisica, erano tutti “idealisti” e la loro visione della meccanica quantistica era ideologicamente inaccettabile, concludendo così la sua dichiarazione: “La lotta per l’ingresso del Bolscevismo nella Scienza è la lotta per una fondamentale ricostituzione della Scienza”.

La maggioranza dei fisici tentò, riuscendovi, ad aggirare la posizione ufficiale del partito premettendo a bassa voce che per criticare la fisica sarebbe stato necessario conoscerla e poi sostenendo che non c’era nessuna contraddizione tra la concezione marxista-leninista e la meccanica quantistica e la relatività, che anzi arricchivano il materialismo dialettico. Molti filosofi marxisti continuarono ad attaccare le nuove teorie della fisica, ma in ogni caso l’atteggiamento del partito non arrivò mai a proclamare, come invece era avvenuto nella Germania di Hitler, una fisica Marxista rispetto ad una fisica apolitica. L’intromissione dell’ortodossia marxista nella ricerca scientifica provocò comunque ritardi nello sviluppo in Russia della nuova fisica e particolarmente della cosmologia, che finiva per coinvolgere questioni ideologicamente sensibili come l’origine dell’Universo, penalizzando gli scienziati che non accettavano le imposizioni del regime. Come scrive Marco Barozzi “La versione ufficiale sovietica del materialismo dialettico era radicalmente antireligiosa e impegnata a combattere la religione in tutte le sue manifestazioni, comprese le sue associazioni con la scienza. L’astronomia e la cosmologia furono fatalmente coinvolte dalla propaganda per l’ateismo. Gli ideologi del PCUS consideravano pericolose le teorie cosmologiche che spiegavano l’allontanamento reciproco delle galassie come derivanti da un inizio nel tempo. Il big-bang era troppo strettamente associato all’idea di creazione per essere accettato”.

Parecchi ricercatori attivi in questa disciplina, braccati dalla GPU, la feroce polizia politica creata nel 1922 con lo scopo di combattere i “nemici del popolo”, dopo processi sommari furono detenuti in campi di lavoro (gulag) in Siberia in condizioni disumane, e in molti casi fucilati per “deviazionismo”. Il particolare accanimento contro gli astrofisici era iniziato negli anni venti del secolo scorso quando Alexandr Friedmann, un tranquillo matematico dotato di un talento eccezionale (aveva pubblicato a 18 anni un articolo sulla teoria dei numeri sulla rivista “Mathematische Annalen” diretta dal grande matematico David Hilbert) lavorando sulle complesse equazioni della Relatività Generale pubblicate nel 1916, aveva dimostrato che, oltre alla soluzione di Einstein di un universo statico ottenuta grazie all’introduzione di una costante cosmologica arbitraria opportunamente calibrata, depurando i calcoli da questa costante le equazioni di campo (quelle che descrivono la curvatura dello spazio in funzione della distribuzione delle masse) dimostrano invece un Universo dinamico in espansione. Pubblica i risultati sulla rivista Zeitschrift für Physik nel 1922. Einstein reagisce pesantemente pubblicando sulla stessa rivista un breve commento “La soluzione proposta risulta non soddisfare le equazione di campo”, cioè è matematicamente errata. Friedmann non si arrende ed invia ad Einstein copia dettagliata dei suoi calcoli con la preghiera, se li trovasse corretti, di informare la rivista. Einstein, con l’aiuto del fisico teorico Paul Ehrenfest suo grande amico, li controlla meticolosamente e scrive il 21 maggio del 1923 alla rivista una nota diventata famosa: “Ritengo corretti i risultati del signor Friedmann, che gettano nuova luce sulla questione”. Nasce la cosmologia moderna: l’idea di un Universo statico, immutabile ed eterno viene abbattuta da un matematico grazie alle equazioni che Einstein aveva concepito e poi piegate, con l’introduzione della costante cosmologica, a rappresentare un tipo di universo come lui lo immaginava. Friedmann pubblica nello stesso anno, il 1923, un libro in cui spiega che l’Universo ha continuato ad espandersi a partire dall’alba dei tempi da uno stato singolare, un punto in cui era concentrato tutto ciò che oggi è presente nel cosmo; il termine Big Bang per indicare questo momento iniziale fu coniato da Fred Hoyle nel 1949.

Il successo di Friedmann in patria ed all’estero è notevole ma la sua teoria, approvata anche obtorto collo da Einstein, che anni dopo la condividerà pienamente, è in netto contrasto con la teoria del materialismo dialettico che nega che l’Universo possa avere avuto un inizio in quanto questa ipotesi potrebbe rimandare a qualche causa trascendente, all’idea di un Creatore ed alla Genesi Biblica. Per il partito comunista il Big Bang è una teoria pseudoscientifica ed idealistica. La GPU interviene già alla fine del 1923 per mettere a tacere Friedmann controllando le sue lezioni all’Università di San Pietroburgo, ma il matematico ed alcuni suoi brillanti allievi tra cui un giovanissimo Lev Landau, premio Nobel per la Fisica nel 1962, George Gamow e Matvej Bronstein non si lasciano intimidire. Nel 1925 il direttorio dell’Università gli vieta di parlare della teoria dell’espansione cosmica, nello stesso anno Friedmann muore a 37 anni ufficialmente per una febbre tifoidea, ma Gamow sospettò che fosse stato vittima della Polizia Politica.

Nel 1927 il fisico e padre gesuita belga Georges Lemaître pubblica un articolo dal titolo “ Un Univers homogène de masse constante et de rayon croissant rendant compte de la vitesse radiale des nébuleuses extra-galactiques“ dove sviluppa e risolve le equazioni di Einstein nel caso di un Universo isotropo ed in espansione, ricavando una relazione lineare tra l’aumento della velocità di allontanamento tra due galassie col crescere della loro distanza reciproca. Pubblicato in francese e non in tedesco che in quegli anni era la lingua della fisica, l’articolo ebbe scarsa risonanza, ma intanto, già a partire dal 1924, le misure sperimentali dell’allontanamento delle galassie misurate da Edwin Hubble col telescopio di Monte Wilson vicino a Pasadena in Florida basandosi sul redshift (spostamento verso il rosso, cioè lo stiramento della lunghezza d’onda) della loro luce, portavano ad ipotizzare l’espansione dell’Universo. Nel 1930 Hubble pubblica i suoi risultati aggiornati che permettono di stabilire quella che diventerà la legge di Hubble, cioè studiando diverse galassie nota che esse si allontanano da noi con una velocità direttamente proporzionale alla loro distanza confermando i calcoli di Lemaître. Nel 1931 Lemaître, come Friedmann anni prima, realizza che invertendo la direzione della freccia del tempo, e quindi con l’aumentare della contrazione dello spazio, si doveva necessariamente arrivare ad un punto fisico di dimensioni quasi nulle, da lui chiamato “atomo primitivo”, contenente tutta la massa-energia dell’Universo, che avrebbe iniziato ad espandersi nello spazio e nel tempo. L’implicazione della legge di Hubble conferma la rimozione della teoria dell’Universo Statico, allora dominante, anche se in seguito la possibilità dell’esistenza di un Universo stazionario non sia stata completamente rigettata.

I lavori di Friedmann che, con la sua scomparsa, erano stati pressoché dimenticati, vengono riscoperti negli anni trenta insieme a quelli successivi di Lemaître ma la Polizia Politica bolla questi articoli scientifici come propaganda americana; la campagna contro ogni idea che possa compromettere la sacralità del materialismo marxista deve essere azzerata ed i fautori iniziano ad essere perseguitati. Una repressione di Stato che coinvolge tutti gli oppositori del regime, politici, artisti, scienziati, militari, che negli anni trenta Stalin, che ha assunto gradualmente il potere di tutto lo sterminato apparato statale sovietico, gestisce con spietata violenza. Sono le tristemente famose “purghe” del dittatore che toccheranno l’apice nel biennio 1936-1938.

Inizia per i fisici contrari alle direttive del regime un periodo di terrore: George Gamow nel 1931 viene privato del passaporto, tenta allora la fuga ma dopo due tentativi falliti, prima con la moglie su un canotto attraversando il mar Nero per approdare in Turchia e poi verso la Norvegia, la sua situazione diventa critica. Nel 1933 viene invitato da Niels Bohr, il padre della fisica moderna, Nobel nel 1922, al Congresso Solvay a Bruxelles sulla fisica nucleare. Ottenuto il permesso dal governo si reca con la moglie, spacciata per sua segretaria, da Bohr lasciando la sua Russia in cui non farà più ritorno. Non ebbero scampo invece un folto gruppo di cosmologi dell’osservatorio astronomico di Pulkovo, presso San Pietroburgo, diretto da Boris Gerasimovitch. La NKVD, la polizia segreta sovietica, antenata del KGB, arresta nel 1935 Vladimir Fock, direttore dell’Istituto di Fisica Teorica a Leningrado, che si trova a Pulkovo per una serie di seminari. Al termine di un processo grottesco viene condannato a morte come allievo di Friedmann e per condividerne le idee sull’origine dell’Universo. Sarà salvato dall’intervento di Piotr Kapitza, suo collega e unico membro dell’Accademia delle Scienze a non essere iscritto al partito comunista, futuro premio Nobel per la fisica nel 1972, che grazie al suo prestigio ed alla sua capacità di arrivare a compromessi con le autorità governative, ottiene la scarcerazione di Fock. Riarrestato 1937 per avere tenuto una conferenza sull’espansione dell’Universo, Fock viene nuovamente assolto per l’intervento di Kapitza. Anche Lev Landau, geniale allievo di Friedmann, arrestato nel 1938, avrà salva la vita dopo un anno di carcere per intercessione di Kapitza che si rivolse direttamente a Stalin.

Dal novembre del 1936 a settembre del 1937 sono arrestati a Pulkovo 13 astronomi. Sei vengono fucilati dopo il solito processo farsa, gli altri condannati a dieci anni nei campi di lavoro con la confisca dei beni. Il 30 novembre 1937 sarà fucilato anche il direttore dell’Osservatorio Gerasimovitch accusato di mancato rispetto dell’ideologia marxista-leninista e di influenze straniere per avere pubblicato articoli scientifici su riviste non sovietiche. Vittima eccellente è il giovane fisico Evgenii Perepelkin, allievo di Friedmann, nominato nel 1934, a 28 anni, professore d’astronomia e poi capo del laboratorio di astrofisica di Pulkovo. L’11 maggio del 1937 viene arrestato, processato e condannato a cinque anni di carcere. Sottoposto ad un nuovo processo per avere “minato le basi ideologiche più profonde del regime negando che l’Universo sia eterno”, viene fucilato a trent’anni il 13 gennaio 1938. A suo nome saranno intitolati un cratere su Marte ed uno sulla Luna negli anni settanta del secolo scorso. Tra le vittime più importanti del grande terrore va ricordato il geniale matematico Boris Numerov professore all’Università di Leningrado dal 1924, direttore dell’Osservatorio Centrale di Geofisica nel biennio 1926-1927 e fondatore e direttore dell’Istituto di Astronomia Teorica a Leningrado. Amico di Friedmann viene arrestato nella notte tra il 21 ed il 22 ottobre del 1936 in relazione al “caso Pulkovo”, isolato nella sezione terroristi della prigione di Kresty, processato nel 1937 e condannato a 10 anni di prigione per spionaggio, sabotaggio e cospirazione contro il regime sovietico. Nell’autunno del 1941 viene ucciso, sembra per ordine diretto di Stalin, nella prigione di Oryol poco prima dell’arrivo delle truppe tedesche che avevano iniziato l’invasione della Russia.

Subirà fine analoga l’astrofisico e fisico teorico Matvej Bronstein, altro dotatissimo allievo di Friedmann che nel 1935 aveva, con oltre 50 anni di anticipo, affrontato con uno studio originale un problema basilare della fisica, tuttora irrisolto, quello di riconciliare la teoria della relatività con la meccanica quantistica in un’unica teoria quantistica della gravità. Bronstein fu arrestato nel suo appartamento di San Pietroburgo nell’agosto del 1937 con l’imputazione di essere non soltanto una spia ma anche per la sua “risoluta opposizione all’applicazione del materialismo dialettico alle scienze naturali” (5). Condannato il 18 febbraio 1938 dopo un breve processo, fu giustiziato lo stesso giorno con un colpo alla nuca in una prigione di Leningrado. Aveva 31 anni. Alla moglie, una nota scrittrice, fu comunicato che era stato condannato a 10 anni di detenzione col divieto di comunicare con qualsiasi persona. Solo nel 1957, quando Bronstein fu riabilitato, la consorte venne a sapere la verità sulla sorte del marito. Le purghe staliniane oltre ai fisici colpirono indiscriminatamente anche gli artisti, tra questi anche celebri scrittori come Isaac Babel, arrestato nel 1938 e ucciso nel 1940 ed il poeta e saggista Osip Mandelstam autore di un’ironico epigramma su Stalin, condannato nel 1934 e nuovamente nel 1938, anno in cui morì di stenti in un gulag siberiano vicino a Vladivostok.

Dopo l’intervallo imposto dalla seconda guerra mondiale, nel 1946 Stalin nomina ufficialmente Andrej Zdanov, padre del genero del Dittatore ed indicato come possibile suo successore alla guida dell’URSS, “Ideologo della politica culturale sovietica dello Stato Operaio”. La sua dottrina contro la “scienza borghese” troppo “teologizzata”, la Zhdanovshchina, conferma l’impostazione già attivata nei tardi anni trenta, di un rigido controllo e censura su tutte le attività di scienziati ed intellettuali che dovevano attenersi alle linee stabilite dal partito. Furono messe al bando come “apolitiche, borghesi e individualiste” opere di artisti famosi come la poetessa Anna Achmatova, musicisti come Prokofiev, Shostakovich e tanti altri. Il 24 giugno 1947 Zdanov definisce in un discorso agli scienziati la posizione sovietica sul Big Bang in questi termini: “Gli scienziati reazionari Lemaître, Milne e altri utilizzano il “redshift” per rafforzare le concezioni religiose sulla struttura dell’Universo. I falsificatori della scienza vogliono far rivivere la favoletta dell’origine del mondo dal nulla”. La teoria di un universo in espansione viene considerata un “tumore canceroso che corrode la teoria astronomica moderna ed è il principale nemico ideologico della scienza materialista”. Zdanov muore alcolizzato nel 1948 ma la sua dottrina incombe fino alla morte di Stalin nel 1953 provocando in questo periodo una stagnazione della ricerca cosmologica nell’URSS bandita perché politicamente non corretta. A seguito del XX Congresso del Partito Comunista dell’Unione Sovietica nel febbraio del 1956 con la denuncia dei crimini staliniani e la liberazione di oltre 200.000 detenuti politici, anche la situazione per le scienze sovietiche si evolve; una eliminazione graduale degli scienziati ultraortodossi e il progressivo cambiamento culturale delle relazioni fra scienza e ideologia, determinano un rapido avvicinamento alla cosmologia moderna occidentale che si era basata agli inizi proprio sui pioneristici lavori degli astrofisici russi.

La Chiesa Cattolica con Papa Pio XI appoggia la teoria cosmologica ma occorre precisare che il gesuita Lemaître definì nei confronti col Vaticano e specialmente in un incontro con Pio XII a Roma nel settembre del 1952, con grande chiarezza la differenza tra “creazione” e “principio” dell’Universo. Nelle sue parole l’idea del Big Bang “resta del tutto al di fuori da ogni questione metafisica o religiosa. Essa lascia il materialista libero di negare qualsiasi Essere trascendente. Egli può porsi di fronte al fondamento dello spazio-tempo con la stessa attitudine di spirito che adotterebbe per eventi che sopravvengono in punti non singolari dello spazio-tempo” (6). Non è indispensabile invocare un “creatore” per spiegare la nascita dell’Universo, opinione condivisa dalla maggioranza dei fisici ma mal compresa dal regime sovietico che temeva la consacrazione di una visione “creazionistica” contraria al dettato marxista. La Chiesa stessa non ha più considerato il Big Bang come prova scientifica per provare l’esistenza di Dio. Giovanni Paolo II in una lettera del 1° giugno 1988 al direttore dell’Osservatorio Vaticano George Coyne sottolineava l’importanza “che almeno alcuni teologi fossero sufficientemente competenti nelle scienze per poter fare un uso genuino e creativo delle risorse offerte loro dalle teorie meglio affermate. Una tale conoscenza li difenderebbe dalla tentazione di fare, a scopo apologetico, un uso poco critico e affrettato delle nuove teorie cosmologiche come quella del “Big Bang”.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]