filosofia & religione
SUL PENSIERO DI
AUGUSTE COMTE
GLI ELEMENTI PRINCIPALI
di Giovanni Pellegrino e Mariangela
Mangieri
In questo articolo prenderemo in
considerazione i principali elementi del
pensiero di Auguste Comte (1798-1857).
Si vuole in questa sede mettere in
evidenza che l’unica filosofia della
storia che per vastità di orizzonte,
anche se non per profondità di pensiero,
può essere paragonata alla filosofia
della storia di Hegel è l’opera di Comte.
Entrambe non sono soltanto filosofie
della storia, ma sono esse stesse
anzitutto filosofie storiche permeate
del loro metodo dal senso storico.
Come Hegel anche Comte è convinto che
nessun fenomeno può venir compreso
filosoficamente senza esser compreso
storicamente mediante l’individuazione
della sua origine e destinazione
temporale e della sua relativa
giustificazione nell’intero processo
storico. Sia la filosofia della storia
di Hegel sia quella di Comte sono
filosofie post rivoluzionarie, cioè
ispirate dallo stimolo liberatore della
rivoluzione francese. Nello stesso tempo
Hegel e Comte tentano di introdurre
nella dinamica rivoluzionaria del
progresso moderno un elemento di
stabilità: Hegel attraverso il carattere
assoluto dello “Spirito”, Comte
attraverso la potenza relativa
dell’”ordine“, in cui si secolarizza la
gerarchia cattolica.
La filosofia positiva di Comte si
distingue fondamentalmente da quella
teologico-metafisica in quanto
relativizza tutti i concetti che prima
erano assoluti. Mentre la teologia e la
metafisica della storia sono assolute
nella loro concezione, la filosofia
positiva della storia è relativa nella
sua concezione e determinata nella sua
applicazione. Lo scopo generale della
filosofia della storia di Comte è di
chiarire il progresso dello spirito
umano nella sua totalità, il quale
perviene alla sua piena maturità nello
stadio scientifico della nostra civiltà
occidentale.
Per Comte lo sviluppo dell’umanità non è
vagamente universale, ma ha il suo punto
di partenza unitario e determinato nella
razza bianca del mondo occidentale. Egli
utilizza i concetti di” sviluppo e di
progresso” che in quanto categorie
scientifico-positive debbono escludere
ogni valutazione morale, senza negare
che il continuo sviluppo abbia come
necessaria conseguenza anche un
miglioramento e un perfezionamento
dell’umanità. Comte tuttavia si guarda
dall’impegnarsi nella sterile
controversia sull’aumento della felicità
assoluta nel succedersi delle varie
epoche storiche. Dal suo studio sullo
sviluppo universale Comte dedusse la
“grande legge fondamentale” secondo la
quale ogni ramo della nostra civiltà e
della nostra conoscenza percorre
successivamente tre diversi stadi:
quello teologico (infanzia), quello
metafisico (gioventù) e quello
scientifico (maturità).
Come l’era cristiana fu considerata lo
stadio finale, così anche l’era
scientifica rappresenta l’ultimo stadio
che conclude la tradizione del progresso
storico dell’umanità. Tale era ha avuto
inizio con Bacone, Galilei e Cartesio la
cui opera deve essere ampliata e
completata mediante l’elaborazione del
metodo storico-sociologico che fa della
filosofia della storia una scienza. La
gerarchia delle scienze, dalla
matematica alla sociologia viene
determinata con metodo omogeneo e
culmina nella “fisica sociale”, cioè
nella sociologia, che completa il
sistema delle scienze naturali.
In questo sviluppo progressivo lo stadio
teologico costituisce il punto di
partenza, quello metafisico uno stadio
intermedio e quello scientifico la fase
finale. Nel primo stadio lo spirito
umano cerca la vera natura delle cose,
le loro cause prime nonché la loro
origine e il loro fine e cioè la
conoscenza assoluta. Tale stadio
rappresenta tutti i fenomeni come se
fossero prodotti dall’intervento diretto
e continuo di molteplici potenze
soprannaturali (politeismo) o di
un’unica potenza divina (monoteismo).
Nello stadio metafisico queste potenze
soprannaturali vengono sostituite da
entità astratte.
Le questioni poste dalla metafisica sono
ancora quelle teologiche, ma il modo di
risolverle è già metafisico. Nello
stadio positivo lo spirito ha finalmente
capito l’impossibilità di costruire
concetti assoluti. Esso rinuncia alla
ricerca dei concetti assoluti e limita
la sua ricerca unendo l’osservazione
empirica e la deduzione logica alle
relazioni immutabili delle successioni
fenomeniche. Lo spirito ricerca le leggi
naturali che sono alla base del
progresso scientifico dell’umanità nello
stadio positivo.
La nuova filosofia di Comte è un
relativismo in senso radicale e
letterario in quanto si rivolge
esclusivamente allo studio di relazioni.
Mentre ogni ricerca sulla natura delle
cose deve essere assoluta, lo studio
delle leggi dei processi, deve essere
relativo. Esso presuppone un
ininterrotto progresso della ricerca,
commisurato al graduale miglioramento
della nostra osservazione, senza che
tuttavia la realtà venga mai rivelata
completamente.
Il carattere relativo dei concetti
scientifici è inseparabile dall’idea
delle leggi naturali. Comte afferma che
non vi è alcuna conoscenza, tranne
quella rivelata, che non sia
condizionata dall’oggetto agente su di
noi e dall’organismo che reagisce ad
esso. Questo relativismo è soprattutto
evidente nella biologia e nella
sociologia, ma è fondamentale anche per
tutte le altre scienze positive. Per
Comte spiegare un fenomeno significa
null’altro che stabilire relazioni tra
singoli fenomeni e alcune leggi
generali, il cui numero diminuisce
sempre più con il progresso della
scienza. L’ideale irraggiungibile
sarebbe la spiegazione di tutti i
fenomeni mediante un’unica legge.
Per Comte la filosofia positiva si deve
occupare soltanto di questioni che
trovano la loro risposta nell’ambito del
nostro orizzonte, mentre all’uomo
primitivo, interessavano solamente
quelle questioni alle quali non era
possibile rispondere. Tali questioni
riguardavano l’origine, lo scopo e
l’essenza di tutte le cose presenti
nell’universo. Tuttavia Comte tenta di
giustificare la necessità storica del
pensiero teologico.
Lo spirito maturo deve osservare i fatti
per elaborare una teoria scientifica.
Muoversi liberamente dentro questo
cerchio tra teoria e fatti, o tra
interpretazione e osservazione, sarebbe
troppo difficile per una mente
scientificamente impreparata. Essa deve
pertanto iniziare la sua ricerca con un
metodo più semplice, e presupporre un
ente soprannaturale come causa ultima e
diretta degli eventi osservati. Se
l’uomo non fosse partito da una
sopravvalutazione delle sue capacità
conoscitive e della sua importanza
nell’universo, non avrebbe mai appreso
né compiuto tutto quello che
effettivamente è in grado di fare.
La filosofia teologica offrì lo stimolo
necessario per incitare la mente umana
al faticoso lavoro, senza il quale essa
non avrebbe fatto alcun progresso.
D’altro lato per passare dalla
speculazione soprannaturale alla
filosofia positiva occorreva il sistema
intermedio. Secondo Comte a tale scopo
le concezioni metafisiche furono utili e
necessarie, sostituendo alla direzione
soprannaturale della natura e della
storia entità corrispondenti.
L’osservazione si rivolse più
liberamente ai fatti stessi finché le
cause metafisiche finirono per diventare
mere astrazioni.
Dobbiamo mettere in evidenza che il fine
generale a cui tende la storia
universale di Comte è dunque il futuro
aperto di un progresso lineare da stadi
primitivi a stadi più evoluti. Questo
progresso appare più evidente sul piano
intellettuale che non su quello morale.
Inoltre Comte sostiene che esso si è
realizzato più nelle scienze naturali
che in quelle sociali. Pertanto il
compito ultimo è l’applicazione dei
risultati delle scienze naturali alla
sociologia, allo scopo di una
riorganizzazione sociale.
Secondo Comte la grande crisi politica e
morale in cui si trovavano le nazioni
più civili in quel periodo storico aveva
il suo fondamento in un’anarchia
spirituale. A detta di Comte la mancanza
di stabilità presente nell’ordine
sociale è da ricondurre alla confusa
coesistenza delle tre diverse filosofie:
quella teologica, quella metafisica e
quella positiva. Ciascuna di esse
potrebbe da sola assicurare un certo
tipo di ordine sociale, ma il loro
coesistere fa sì che esse si
neutralizzino a vicenda rendendo
impossibile ogni ordine sociale.
Comte sostiene che per controbilanciare
la tendenza anarchica al mero
potenziamento dei diritti individuali
alla libertà astratta e all’eguaglianza
e per porre fine ai periodi
rivoluzionari degli ultimi secoli,
occorre riorganizzare la forza
stabilizzatrice dell’ordine sociale.
Soltanto il sistema sociale capace di
unire l’ordine conservatore e il
progresso rivoluzionario può condurre al
suo ultimo e positivo fine. Tale fine è
lo stato di cose caratteristico della
storia europea dopo la distruzione
dell’ordine sociale medievale. Ordine e
progresso che secondo gli antichi si
escludono l’un l’altro, costituiscono
invece per la civiltà moderna due
condizioni che debbono venire realizzate
contemporaneamente. Secondo Comte la
loro integrazione rappresenta la
difficoltà fondamentale, ma anche il
fondamento di ogni autentico sistema
politico.
L’ordine sociale non può essere
stabilito e mantenuto se incompatibile
con il progresso. Infatti nessun
progresso può compiersi se non è diretto
anche al consolidamento dell’ordine
sociale. Di conseguenza nella filosofia
positiva ordine e progresso sono i due
aspetti inseparabili di un medesimo
principio. Comte afferma che
storicamente la Chiesa cattolica fu la
grande conservatrice della tradizione,
della gerarchia e dell’ordine mentre al
contrario il Protestantesimo ha promosso
lo spirito critico del progresso. Nella
società moderna il nuovo ordine sociale
non sarà né cattolico né protestante ma
semplicemente positivo e naturale come
le leggi della storia sociale.
Comte spiega il progresso sociale
relativamente limitato prima
dell’avvento del positivismo con lo
scarso sviluppo delle scienze positive.
Inoltre la scarsa conoscenza delle leggi
naturali impedì il progresso scientifico
dell’umanità Comte mette in evidenza che
la politica di Aristotele che si
avvicina più delle altre sue opere a una
concezione positiva non rivela né una
tendenza progressiva né il minimo
barlume delle leggi naturali della
civiltà ovvero della legge
dell’evoluzione. All’antichità classica
il corso della storia in generale
apparve non come un processo, bensì come
una successione ciclica di fasi
ricorrenti. Agli antichi mancò
l’esperienza di una trasformazione
diretta versa un fine futuro.
Comte sostiene che il primo
presentimento del progresso umano fu
ispirato dal Cristianesimo che
proclamando la superiorità della legge
evangelica su quella mosaica, diede
origine all’idea di uno sviluppo
progressivo della storia verso il suo
compimento. Esso non poté tuttavia
elaborare una teoria scientifica del
progresso sociale che avrebbe
contraddetto la sua pretesa di
rappresentare lo stadio finale dello
spirito umano. La prima teoria
soddisfacente di un progresso generale
fu proposta da un cristiano credente,
che era contemporaneamente un grande
scienziato ovvero Pascal.
Egli considerò la successione storica
delle generazioni nel corso dei secoli
come un unico uomo che continua a
imparare. Secondo Comte il passo più
importante verso una giusta comprensione
della storia sociale fu compiuto da
Montesqueu e da Condorcer. Quest’ultimo
autore anticipò l’idea del continuo
progresso della razza umana, idea tanto
cara a Comte. |