[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 159 / MARZO 2021 (CXC)


filosofia & religione

pandemia e pedobattesimo
la peste antonina come chiave di lettura

di Francesco Arduini

 

L’evento epidemico che devastò l’Impero romano sotto Marco Aurelio ebbe delle notevoli conseguenze religiose. Condividendo il consensus quasi unisono secondo cui non è possibile rintracciare nelle primitive comunità cristiane un battesimo dei bambini, l’ipotesi qui avanzata è che tali conseguenze diedero impulso allo sviluppo di una teologia del battesimo che includesse anche i bambini e gli infanti.

 

Seguendo quella che è la ricerca antropologica e storica, certamente diversa dalla visione del problema teologico, si può ipotizzare che la “peste antonina” si sia presentata ai cristiani come evento critico e polarizzante, che spinse le comunità ad interrogarsi sulla mortalità infantile come mai prima. Le comunità modificarono la loro prassi battesimale fino a giungere ad una diffusa accettazione del battesimo degli infanti. Mai come oggi, a seguito dell’emergenza sanitaria causata dal Coronavirus (COVID-19), ci rendiamo conto di quanto le epidemie riescano a condizionare e stravolgere le abitudini e i costumi delle popolazioni colpite, e questo vale altresì per la vita religiosa e le attuali “pratiche di pietà” (cfr ilsole24ore.com - 11 aprile 2020). Anche da un punto di vista storico sono numerose le evidenze di un cambio di prassi comportamentale da imputarsi alle pandemie passate: dalla peste che devastò l’Europa nel XIV secolo stravolgendo numerosi settori della vita civile, alla pestilenza che imperversò durante il regno di Giustiniano, a metà del VI secolo, costringendo persino Goti e Bizantini ad interrompere la guerra combattuta nella penisola italiana.

 

Sappiamo che verso il 165 d.C., durante il regno di Marco Aurelio, l’impero romano fu colpito da quella che viene definita la prima devastante epidemia della sua storia, la cosiddetta “peste antonina”, che fu verosimilmente la prima apparizione del vaiolo in Occidente. L’origine di tale pandemia è probabilmente da collocarsi vicino all’attuale Baghdad, nella città di Seleucia, sul fiume Tigri. Secondo l’ipotesi maggiormente accreditata, i soldati romani inviati per sedare una rivolta ritornarono trionfanti spargendo la peste lunga la via del ritorno fino a Roma dove al suo apice uccise, secondo alcune stime, circa 5.000 persone al giorno (cfr Deadly Companions, pag. 78). Secondo un’altra ipotesi minoritaria, l’epidemia avrebbe avuto un’origine africana. Ad ogni modo, gli effetti devastanti di questa piaga sono quasi unanimemente condivisi dagli storici. La mortalità era così alta che non era insolito vedere carovane di carri uscire dalle città interamente cariche di defunti. Secondo Elio Lo Cascio:

 

[i]n aree limitate dell’Egitto, lo spopolamento riconducibile all’epidemia condusse ad una diminuzione di più del 90% della popolazione complessiva. Le stime – nell’ordine del 14-20% – del numero delle vittime della pandemia in rapporto alla popolazione totale dell’impero, avanzate da R.J. Littman […] sono probabilmente da considerarsi troppo basse […] (Fra equilibrio e crisi, pag. 710)

 

I cristiani riuscirono ad affrontare e superare l’epidemia con maggior successo dei pagani; si può ipotizzare che l’organizzazione delle comunità cristiane e la cura che i singoli membri mostrarono verso gli ammalati, abbiano persino contribuito a diminuire il loro tasso di mortalità. Ma è necessario evidenziare che il vaiolo tende a causare, oggi come allora, un’alta mortalità soprattutto tra i bambini; e certamente i cristiani non furono esenti da una simile sciagura.

Che le catastrofi generino risposte religiose è più o meno l’ortodossia della sociologia storica e la “peste” ebbe sicuramente delle ripercussioni in ambito religioso. Marco Aurelio restaurò templi e santuari, convocò sacerdoti e chiamò ad ogni forma di preghiera per calmare la collera divina che si credeva all’origine della pestilenza. Testi in lingua egiziana ritrovati a Tebtynis e risalenti al II secolo d.C., fanno “comprendere le ripercussioni psicologiche e l’ansia di protezione magico-religiosa rispetto a flagelli così devastanti e così incontrollati dalla popolazione comune” (L’Impatto della “Peste Antonina”, pag. 25).

 

Christer Bruun, seppur molto cauto sulla dimensione catastrofica di questa peste, ne riconosce il rapporto con la dimensione religiosa e invita a “cercare indicazioni di manifestazioni religiose insolite a partire dall’anno 166 circa” (ivi p. 133). William Harris conclude il suo intervento a Incontri Capresi di Storia dell’Economia Antica (8-11 ottobre 2008) affermando: “Fu una crisi complessa. E non ho nemmeno sollevato domande sulla storia religiosa, quali ad esempio se la Grande Pestilenza avvicinò la popolazione sofferente verso culti soteriologici” (ivi, pag. 337).

 

Che tipo di impatto ebbe la “peste antonina” sulle comunità cristiane? Secondo Sarah K. Yeomans (cfr BAR, pag. 22) si potrebbe ipotizzare che il senso di paura e impotenza percepito dalla popolazione in generale e il contestuale ravvivarsi delle sensibilità religiose, possa aver contribuito alla crescita e alla rapida diffusione della Cristianità in tutto l’impero a fine II secolo.

Ma se da una parte si può ipotizzare, a fine secolo, una spinta alla diffusione del Vangelo e al suo messaggio di speranza, dall’altra è plausibile che le comunità cristiane si siano prima riorganizzate internamente, anche a livello teologico.

 

Il battesimo degli infanti

 

Non è mai esistita una comunità cristiana che, in qualsiasi epoca, non abbia richiesto il battesimo da coloro che volevano farne parte. Il dibattito sulla prassi del battesimo è stato molto acceso in passato, soprattutto negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso, in relazione alla legittimità di impartirlo agli infanti in particolare o comunque ai bambini così giovani da non coglierne la valenza teologica. Se oggi i toni della discussione si sono un po’ smorzati, non è certo perché si sono raggiunti risultati tali da eliminare ogni dubbio ma il fatto è dovuto più ad una certa “stanchezza” che ad un consensus teologico effettivamente conseguito.

Lasciando da parte le questioni teologiche, è generalmente accettato dagli storici che il primo accenno del battesimo dei bambini risalga alla seconda metà del II secolo. In “Contro le eresie” (180 d.C.) di Ireneo, leggiamo:

 

Omnes enim venit per semetipsum salvare: omnes, inquam, qui per eum renascuntur in Deum, infantes et parvulos et pueros et juvenes et seniores (Adversus haereses II, 22, 4)

[Venne a salvare tutti mediante la sua persona: tutti, dico, quelli che mediante lui rinascono in Dio, bambini e fanciulli, ragazzi, giovani e vecchi]

 

Bisogna attendere altri vent’anni per trovare una chiara attestazione sul battesimo dei bambini nell’opera scritta da Tertulliano (De baptismo - 200 d.C. circa):

 

Ceterum baptismum non temere credendum esse sciunt quorum officium est [...] itaque pro cuiusque personae condicione ac dispositione, etiam aetate, cunctatio baptismi utilior est, praecipue tamen circa parvulos [...] Ait quidem Dominus: Nolite illos prohibere ad me venire. Veniant ergo, dum adolescunt, dum discunt, dum quo veniant docentur; fiant Christiani cum Christum nosse potuerint! (De baptismo 18,1,4-5)

[Quelli che hanno il compito di amministrare il battesimo sanno che esso non deve essere concesso alla leggera [...] Perciò secondo la condizione, la disposizione, e anche l’età di ciascuno, è preferibile ritardare il battesimo, soprattutto quando si tratta di bambini piccoli [...] Certo il Signore dice “Lasciate che i bambini vengano a me”. Ma vengano quando sono più grandi, quando sono in grado di apprendere, quando viene mostrato Colui verso il quale vanno. Che diventino cristiani quando saranno in grado di conoscere Cristo!]

 

Da quanto lui stesso scrive, risulta chiaro che Tertulliano era contrario ad un battesimo impartito ai bambini non in grado di comprendere appieno il significato di quel rito. Ma è altrettanto chiaro che alla fine del II secolo il battesimo dei bambini era una realtà già avviata. Circa quindici anni più tardi, con Ippolito e la “sua” opera intitolata Tradizione Apostolica, il battesimo dei bambini viene innegabilmente documentato nella sua formulazione liturgica.

Se Tertulliano, attorno al 200 d.C. attesta l’esistenza di una diffusa corrente di cristianesimo che praticava il battesimo dei bambini, non è affatto impossibile che venti anni prima, nel 180 d.C., Ireneo abbia testimoniato la nascita di quella corrente. Se così fosse, dal 180 al 200 d.C. le argomentazioni teologiche a favore del pedobattesimo si sarebbero sviluppate e diffuse all’interno delle comunità.

 

.

Battesimo di bambino su un sarcofago del III secolo (Museo Nazionale di Roma)

 

Pur essendo ben consapevoli della quasi impossibilità di trovare un legame diretto tra causa ed effetto, se gli storici da un lato dovrebbero evitare il riduzionismo causale, dall’altro hanno l’obbligo di indagare, di accertare o addirittura ipotizzare cosa abbia causato un particolare evento o quale fattore sociale abbia dato origine a determinate pratiche. Quindi è lecito chiedersi: a cosa si potrebbe imputare la nascita di questa corrente all’interno delle comunità cristiane?

 

Una prassi di emergenza

 

Secondo Stark, il cristianesimo delle origini sarebbe verosimilmente cresciuto ad un tasso del 40% a decennio; le sue stime portano a concludere che nell’anno 200 d.C. i cristiani superarono le 215.000 unità, e addirittura nel 300 d.C. si raggiunse la cifra (forse un po’ esagerata) di 6.300.000 persone. Ma ad ogni modo è chiaro che la sempre maggiore presenza di bambini all’interno delle comunità cristiane iniziò a costituire un “problema” sul quale i teologi si interrogavano. Ferguson afferma che

 

se si tiene presente l’alto tasso di mortalità infantile nel mondo antico, è facile capire come una prassi [battesimale] d’emergenza abbia finito col diventare prassi corrente. L’accettazione già in tempi antichi del battesimo di bambini per motivi di emergenza spiegherebbe l’assenza di dibattito nella chiesa delle origini riguardo all’età ammissibile per il battesimo (Il battesimo nella chiesa antica 2, pag. 438).

 

L’ipotesi qui descritta è che, una volta terminata l’emergenza epidemica nel 180 d.C., Ireneo e gli altri teologi cristiani abbiano diretto, come mai prima, le loro riflessioni sulla volontà salvifica di Dio nei confronti dei bambini. Riflessioni che diedero un impulso allo sviluppo di una teologia del battesimo degli infanti e una spinta a diffonderne l’insegnamento nei successivi vent’anni, tanto che Tertulliano, agli albori del III secolo, ne parla come di una prassi accettata persino con troppa leggerezza.

 

 

.

Battesimo di bambino in un affresco del III secolo (Catacombe di San Callisto, Roma)

 

Il silenzio delle fonti

 

La giusta critica che si potrebbe indirizzare contro questa ipotesi consiste nel fatto che il collegamento fra gli inizi del pedobattesimo e la “peste antonina” si muove unicamente su un livello ipotetico, in quanto nessuna fonte letteraria esprime esplicitamente questo legame.

Questo “vuoto” letterario è oltremodo enigmatico. Difatti, non solo manca il collegamento fra pestilenza e battesimo ma è anche assente qualsiasi tipo di generico accenno alla “peste antonina” negli scrittori cristiani contemporanei. E addirittura manca anche in quelli posteriori al regno di Marco Aurelio. Ci troviamo di fronte ad un cosiddetto “silenzio assordante”.

 

Sul solco del pensiero di Ferguson, si può supporre che in piena “peste antonina” ogni dotta discussione sia stata silenziata dall’emergenza epidemica. Le plausibili richieste dei genitori cristiani con bambini gravemente ammalati, che desideravano assicurare loro la salvezza col battesimo, necessitavano di risposte immediate, risposte che difficilmente si sarebbero mosse in senso contrario e che non potevano certamente attendere i tempi di una discussione in seno alle comunità. Fu solo a calamità terminata che iniziarono a comparire i primi riferimenti al battesimo dei bambini, permanendo invece il silenzio delle fonti sull’evento pestilenziale in sé. Perché questo silenzio anche dopo il 180 d.C.?

 

Il paganesimo considerò l’epidemia come un segno di disfavore degli dèi, riversando la colpa sui cristiani. La Cristianità, che viveva ancora nell’imminenza del ritorno di Cristo, interpretò questo evento esattamente allo stesso modo. La “peste antonina” fu la prima devastante catastrofe demografica che colpì la Chiesa. Gli Apologeti dovettero affrontare una sorta di disorientamento teologico: come giustificare questa “punizione divina” davanti al mondo pagano? È possibile che tale disorientamento ebbe come risultato il silenzio delle fonti letterarie sul quale noi ora ci interroghiamo?

 

Conclusione

 

Il silenzio di tali fonti è un problema destinato a rimanere aperto, ma non si può ignorare che esso è interpretabile all’interno della cornice di coerenza presentata con tale ipotetico quadro. In tutto il periodo subapostolico (100/140 d.C.) non esiste alcun riferimento esplicito al battesimo dei bambini. Ogni volta che viene affrontato l’argomento, i bambini vengono considerati puri a prescindere. Questa è “l’ortodossia” fino a Giustino, che fu l’ultimo apologeta che scrisse sul tema del battesimo prima che la peste antonina colpisse l’Impero (150 d.C. circa):

 

Καὶ λόγον δὲ εἰς τοῦτο παρὰ τῶν ἀποστόλων ἐμάθομεν τοῦτον. Ἐπειδὴ τὴν πρώτην γένεσιν ἡμῶν ἀγνοοῦντες κατ’ ἀνάγκην γεγεννήμεθα ἐξ ὑγρᾶς σπορᾶς κατὰ μῖξιν τὴν τῶν γονέων πρὸς ἀλλήλους καὶ ἐν ἔθεσι φαύλοις χαὶ πονηραῖς ἀναστροφαῖς γεγόναμεν, ὅπως μὴ ἀνάγκης τέκνα μηδὲ ἀγνοίας μένωμεν ἀλλὰ προαιρέσεως καὶ ἐπιστήμης, ἀφέσεώς τε ἁμαρτιῶν [ὑπὲρ] ὧν προημάρτομεν τύχωμεν, ἐν τῷ ὕδατι ἐπονομάζεται τῷ ἑλομένῳ ἀναγεννηθῆναι καὶ μετανοήσαντι ἐπὶ τοῖς ἡμαρτημένοις τὸ τοῦ πατρὸς τῶν ὅλων καὶ δεσπότου θεοῦ ὄνομα, αὐτὸ τοῦτο μόνον ἐπιλέγοντος τοῦ τὸν λουσόμενον ἄγοντος ἐπὶ τὸ λουτρόν (Prima Apologia 61.9-10).

[E, a tal proposito, questo è l’insegnamento che abbiamo ricevuto dagli apostoli. Dato che, nella nostra prima generazione, noi siamo nati ignoranti per necessità, attraverso il seme liquido nell’unione vicendevole dei nostri genitori, e siamo nati con abitudini negative e con cattive inclinazioni, per non rimanere figli della necessità e dell’ignoranza, ma per diventare figli della libertà e della sapienza, ed ottenere la remissione dei peccati commessi, si invoca nell’acqua il nome di Dio Padre e Signore dell’universo su colui che ha deciso di rinascere e si è pentito dei propri peccati, e quindi il ministro incaricato di condurre al lavacro chi deve sottoporsi invoca in primo luogo solo questo nome].

 

Trent’anni dopo, con Ireneo, la situazione sembra cambiata e, dopo altri vent’anni, apprendiamo da Tertulliano che la pratica del battesimo dei bambini viene attuata senza riserve. Tra il 150 e il 180 d.C. deve essere accaduto qualcosa che giustifichi un cambiamento così importante su un tema che sta alla base della vita cristiana. La “peste antonina” fornisce un’interessante chiave di lettura: essa si inquadra perfettamente nella storia della teologia battesimale presentandosi sulla scena mondiale come un evento determinante.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Aland, K., Did the early church baptize infants?, Wipf and Stock, Oregon 2004

Arduini, F., Il battesimo dei bambini, Aracne editrice, Roma 2010

Biblical Archaeology Review (BAR), Vol. 43, N. 2:2017

Crawford, FD. H., Deadly Companions: How Microbes Shaped Our History, Oxford Landmark Science 2018

Ferguson, E., Il battesimo nella chiesa antica 2, Paideia Editrice, Brescia 2014

Filoramo, G., Menozzi, D. (a cura di), Storia del Cristianesimo, L’antichità, Editori Laterza, Roma 2001

Lambert, R., L’exemple de la variole, La Presse Médicale, 2015, 44: 837-841

Lo Cascio, E., Fra equilibrio e crisi, in Storia di Roma, Vol 2.2, Einaudi, Torino 1991

Lo Cascio, E. (a cura di), L’Impatto della “Peste Antonina”, Edipuglia, Bari 2012

Quaste, J., Patrologia. I primi due secoli (II-III), Marietti editore, Casale 1980

Sabbatani, S.; Fiorino, S., The Antonine Plague and the decline of the Roman Empire, Le Infezioni in Medicina ; 17(4): 261-75, 2009

Stark, R., Ascesa e affermazione del cristianesimo, Lindau, Torino 2007

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]