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medievale


N. 108 - Dicembre 2016 (CXXXIX)

Ibn al-Jazzar
la pediatria araba medievale

di Vincenzo La Salandra

 

Uno dei manoscritti arabi più interessanti della Biblioteca Marciana di Venezia è senza dubbio il Libro del governo e del regime dei bambini, opera del medico tunisino di Kairouan Ibn al-Jazzar (ca. 898-980).

 

Il trattato venne scoperto nel 1968 dallo studioso tunisino Muhammad al-Habib al-Hailah che trascrisse e pubblicò l'opera a Tunisi, nel 1968, e ancora a Beirut nel 1984, non prima di aver ritrovato una copia del manoscritto nella Biblioteca Reale di Rabat.

 

Nel 2010 Francesca Lucchetta pubblica a Venezia la versione italiana dell'opera e avanza la suggestiva ipotesi che il manoscritto di Ibn al-Jazzar fosse stato portato a Venezia proprio dal medico orientalista bellunese Andrea Alpago: medico presso il Consolato veneziano di Damasco per vent'anni, l'Alpago tradusse il Canone di Avicenna e al suo rientro in patria, nel 1520, portò con sè una cospicua collezione di manoscritti e anche il trattatello pediatrico di Ibn al-Jazzar.

 

Nato a Kairouan nell'898 e morto nella sua città nel 980, Ibn al-Jazzar era figlio di medico e non lasciò mai la sua città natale dove esercitò con successo la sua professione e con generosità divenne famoso e benestante. Scrisse su vari argomenti con vena da poligrafo e le sue opere mediche arrivarono fino alla Scuola Salernitana attraverso le traduzioni di Costantino l'Africano.

 

Il Libro del governo e del regime dei bambini si articola in ventidue capitoli divisi per argomenti; i primi sei capitoli sono dedicati alla puericultura e trattano le cure necessarie da prestare al neonato: sul bagno, sulla culla, sul cordone ombelicale, l'allattamento, la scelta della balia, sulle carettaristiche e sul riconoscimento delle qualità del latte e via discorrendo. Ibn al-Jazzar cita ampiamente le fonti a sua disposizione e particolarmente Ippocrate e Galeno, largamente disponibili in versioni arabe. Tra le altre fonti basterà ricordare Sorano di Efeso, in relazione alla puericultura, e Paolo di Egina un autore largamente tradotto in arabo con una fortuna islamica particolare.

 

La seconda parte dell'opera è divisa in quindici capitoli e tratta delle malattie dei bambini e della loro cura; l'ultimo capitolo chiude il libro con un argomento essenziale diffondendosi sul contesto pedagogico-educativo, una rarità per il secolo X.

 

In generale Ibn al-Jazzar fornisce una descrizione della sintomatologia succinta ma anche chiara ed esauriente. Speciale, nell'opera, l'interesse per la fitoterapia: le piante e le sostanze citate sono numerosissime e molte sono rarissime ed esotiche.

 

Il capitolo sull'educazione dei bambini serve all'autore per sottolineare l'importanza della precocità dell'insegnamento e le differenze individuali nel comportamento dei bambini; ammette anche l'uso delle percosse come mezzo di correzione.

 

Nell'introduzione al suo trattato Ibn al-Jazzar dichiara, tra i motivi che lo hanno spinto a scrivere il libro, l'importanza dell'assistenza e delle cure da dedicare all'infanzia assieme alla volontà 'letteraria' di raccogliere in una monografia le notizie e informazioni numerose, sparse e frammentarie che circolavano sull'argomento, e di averlo fatto per primo. Forse però, seguendo le ricostruzioni di Bausani e Sudhoff, Abù Bakr Muhammad Ibn Zakariyyà Ràzì (n. 850-m. 923-925), il filosofo e medico persiano vissuto a Baghdad nel IX secolo, aveva già scritto un libro di pediatria che Gherardo da Cremona tradusse in latino con il titolo di Liber de aegritudinibus infantium ac remediis.

 

Il libro di Ràzì, il Rhazes delle fonti latine, è molto interessante: diviso in ventiquattro capitoli presenta molti tratti in comune con il lavoro di Ibn al-Jazzar. Tuttavia è forse superiore in qualità il libello del medico tunisino che, considerando la puericultura e l'educazione dei bambini un problema pediatrico, anticipa sicuramente i tempi con una concezione moderna della pediatria.

 

Seguendo la Lucchetta e Maggioni, non è possibile stabilire se i due autori in questione avessero conosciuto l'uno l'opera dell'altro, ma considerando che la morte di Rhazes nel 925 anticipa quella di Ibn al-Jazzar di soli cinquant'anni è facile ipotizzare che le opere circolassero come circolavano le idee e le materie prime, tra cui i libri, nel mondo musulmano mediterraneo del secolo X. In ogni caso sappiamo che l'opera di Rhazes è il modello principale dal quale ha attinto Paolo Bagellardo dal Fiume per compilare il suo Libellus de aegritudinibus infantium, che per la storia della stampa è il primo libro di pediatria edito a Padova nel 1472.

 

Questo libro medievale di pediatria araba di Ibn al-Jazzar, manoscritto probabilmente portato a Venezia dal ricordato medico e orientalista bellunese Andrea Alpago, si pone, assieme al libro di Ràzì, alle radici della letteratura pediatrica europea.



 

 

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