medievale
Pax Mongolica
L'IMPERO MONGOLO E
La rinascita dei contatti fra Occidente
e Oriente
di Domenico Samela
Con la frammentazione in khanati
dell’impero mongolo, i territori a esso
appartenuti beneficiarono di un periodo
di relativa tranquillità e sicurezza,
noto con il nome di Pax Mongolica.
In questo lasso di tempo si inaugurò una
fase di importanti scambi tra Occidente
e Oriente, di cui beneficiarono ambo le
parti.
In Europa si diffusero prodotti di
provenienza cinese, quali la carta e le
armi da fuoco, mentre nel Gran Khanato
trovarono spazio novità tecniche e
scientifiche del mondo arabo e persiano,
come quelle nel campo dell’astronomia,
della medicina e della matematica.
Infine, obiettivi diplomatici,
strategici e religiosi spinsero alcuni
sovrani occidentali a inviare
ambasciatori e missionari in Oriente al
fine di stabilire relazioni militari,
commerciali o religiose con i Mongoli.
Al fine di analizzare i principali
contatti intercorsi in questo periodo
fra i due estremi dell’Eurasia è
necessaria una breve digressione sulla
dottrina del nestorianesimo. Condannata
come eretica dal Concilio di Efeso, i
suoi praticanti furono espulsi dai
territori associati a Costantinopoli,
per poi trovare protezione presso
l’Impero Sasanide. Dopo aver riscosso
ampi consensi in Mesopotamia e in Persia,
la dottrina iniziò a diffondersi anche
in India e in Asia centrale, grazie
all’opera di conversione dei suoi
missionari.
Nel 635 un monaco nestoriano, Alopen (VII
secolo), giunse nella cinese Chang’an e
vi si stabilì permanentemente. Di
probabile origine centroasiatica,
ottenne il riconoscimento ufficiale
della sua religione e fondò un monastero
nella capitale della dinastia Tang. Di
lì a poco ne sarebbero sorti altri, come
quello di Luoyang e quello di Zhouzhi,
indice del fatto che la dottrina godeva
della tolleranza imperiale. Tale
situazione perdurò almeno fino all’845,
anno in cui venne lanciata una campagna
governativa contro i monasteri buddhisti
che coinvolse anche le istituzioni
nestoriane.
La situazione mutò nuovamente con
l’ascesa al potere dei Mongoli,
tolleranti dal punto di vista religioso.
Qubilai Khan (1215-1295) desiderava
profondamente ottenere il supporto e
l’assistenza della piccola popolazione
nestoriana ancora presente nel regno, al
fine di consolidare maggiormente la sua
posizione di sovrano della Cina. In
questa prospettiva, la presenza del
nestorianesimo e la sua conoscenza in
Oriente semplificò l’arrivo dei
cristiani occidentali.
Come espresso in precedenza, la Pax
Mongolica garantì scambi sempre più
assidui tra Occidente e Oriente. Si
trattava di contatti consapevoli,
avvenuti tramite sforzi di singoli
individui o di piccoli gruppi, perlopiù
membri del clero. In questa fase anche
prigionieri di guerra, artigiani e
inviati diplomatici raggiunsero la Cina
e la Mongolia, seppur in minor numero.
La loro presenza contribuì a rendere il
periodo storico culturalmente ricco.
Il primo fra i missionari che si
recarono in Oriente fu Giovanni da Pian
del Carpine (1182-1252 ca). Con lo scopo
di raccogliere informazioni sui Mongoli
e di sondare la possibilità di
un’alleanza con essi in funzione
anti-turca, venne incaricato di recarsi
presso la corte del khan dal papa
avignonese Innocenzo IV (1195- 1254).
Dopo aver accolto Giovanni da Pian del
Carpine e aver ricevuto i messaggi del
suo mandante, il sovrano mongolo Güyük
Khan (1206-1248) ritenne di non esser
stato trattato con l’opportuno riguardo.
Infatti, gli venne richiesto non solo di
evitare l’uccisione di cristiani, ma
persino di battezzarsi. Il sovrano
mongolo non prese neppure in
considerazione tali pretese e dal canto
suo, invece, richiese che Innocenzo IV
si recasse personalmente al suo
cospetto.
Nonostante il fallimento diplomatico, il
missionario raccolse un’enorme quantità
di informazioni di natura geografica e
militare e si convinse della possibilità
di fondare comunità cristiane presso i
Mongoli. Il ricco resoconto di viaggio,
l’Historia Mongalorum, venne
realizzato da Giovanni da Pian del
Carpine al momento del proprio ritorno
dalla spedizione. Suddivisa in nove
capitoli, l’opera tratta temi quali il
territorio, le usanze, la storia e la
politica dei Mongoli.
Nel 1253 il missionario fiammingo
William di Rubruck (1220 ca-1293 ca)
venne inviato dal re di Francia Luigi IX
(1214-1270) a Karakorum, dove trascorse
alcuni mesi, con lo scopo di cercare di
convertire Mongoli e Tatari. Anche in
questo caso la missione evangelizzatrice
fu un fiasco totale, ma quantomeno
William di Rubruck riuscì a consegnare a
Luigi IX un resoconto di viaggio
estremamente preciso e dettagliato,
grazie anche alle informazioni
fornitegli da Boucher Guillaume (XIII
secolo), un abile artigiano francese che
venne rapito dai Mongoli durante una
scorreria.
Deportato a Karakorum, Boucher Guillaume
introdusse alcune tecniche di oreficeria
presso la corte del khan. Quando William
di Rubruck giunse nella capitale
mongola, l’aiuto dell’artigiano
francese, ai fini della raccolta di
informazioni sul luogo, fu
preziosissimo. Dal titolo Itinerarium
fratris Willielmi de Rubruquis de ordine
fratrum Minorum, Galli, Anno gratia 1253
ad partes Orientales, l’opera del
missionario fiammingo presenta una
descrizione scientifica dell’Asia
centrale e mostra le peculiarità delle
tribù mongole. Anche in questa
circostanza si tratta di un resoconto di
viaggio scritto dopo il ritorno del
missionario dalla spedizione.
Anche i mercanti, soprattutto quelli
genovesi e veneziani, si dimostrarono
particolarmente interessati all’Estremo
Oriente. Relazionarsi con il mondo
mongolo risultava infatti essenziale se
si intendeva accedere ai mercati delle
preziose sete e stoffe. Con lo scopo di
recarsi dal khan, Niccolò (1230-1294) e
Matteo Polo (1252-1309) lasciarono
Venezia nel 1252. Attraversando prima
Costantinopoli e in seguito la Crimea,
giunsero nel 1265 alla corte di Qubilai
Khan.
Il sovrano, fortemente intenzionato a
consolidare il suo potere, desiderava
assicurarsi l’assistenza e il supporto
della piccola popolazione nestoriana che
abitava il suo impero. Dopo aver accolto
con grandi onori i mercanti veneziani, a
tal proposito consegnò loro un messaggio
ufficiale da recapitare al papa.
All’interno di esso si richiedeva
l’invio a corte di un corposo numero di
dotti cristiani, il cui scopo sarebbe
stato quello di guidare i suoi sudditi
verso la cristianità.
In realtà tale decisione fu mossa da
intenzioni strategiche, e non da un
sincero interesse verso la religione
occidentale. I due mercanti fecero così
ritorno in patria, convinti del fatto
che si potesse adempiere alla richiesta
del khan, ma vennero a conoscenza della
morte del papa. Il suo successore,
comunque, non si dimostrò affatto
intenzionato a soddisfare il desiderio
di Qubilai.
Nel 1272 la famiglia veneziana
intraprese un nuovo lungo viaggio verso
l’Asia e questa volta ai due mercanti si
aggiunse il giovane Marco (1254-1324),
figlio di Niccolò. Nel 1275, percorrendo
la Via della Seta, i tre veneziani
raggiunsero la Cina e trascorsero oltre
due decenni in loco, dove vennero
probabilmente impiegati come funzionari
di basso livello dall’amministrazione
Yuan.
Al loro arrivo Qubilai rimase sgomento:
nessun dotto cristiano era infatti stato
inviato a corte dal papa. A prescindere
da ciò, il khan nutriva comunque il
desiderio di fare un’ottima impressione
sugli occidentali, rappresentanti della
cristianità. A conferma di ciò, il più
giovane dei Polo rimase molto colpito e,
infatti, descrisse Qubilai come il più
grande signore mai nato sulla terra.
Le cronache della spedizione vennero
racchiuse nel celebre Milione, il
resoconto che narra i viaggi e la
permanenza in Estremo Oriente della
famiglia Polo. Poco dopo il ritorno in
patria, a seguito di una battaglia
navale, Marco venne catturato dai
Genovesi. Durante la prigionia conobbe
Rustichello da Pisa (XIII secolo),
anch’egli incarcerato, il quale si
dedicò a trascrivere il resoconto di
viaggio.
Agli occhi di molti studiosi
contemporanei, tuttavia, l’autenticità
delle informazioni fornite da Marco Polo
è fortemente dubbia. La descrizione poco
realistica di alcune città e l’assenza
di riferimenti ad alcuni fra gli
elementi più caratteristici della Cina,
quali la Grande Muraglia, i caratteri
cinesi e l’arte della calligrafia,
sembrerebbe confermare le ipotesi
secondo cui il resoconto di viaggio sia
più tendente alla fantasia che alla
realtà. Inoltre, la mancata menzione del
veneziano nello Yuan Shi, opera
storiografica in cui sono elencati
numerosissimi ospiti stranieri alla
corte mongola, conduce gli storici a
trattare il testo con diffidenza.
In direzione opposta, risulta di
particolare rilievo il viaggio del
mongolo Rabban Sauma (1220-1294 ca).
Monaco di fede nestoriana originario di
Khanbaliq, intraprese un lungo
pellegrinaggio verso il Santo Sepolcro
con il suo discepolo Rabban Markos
(1245-1317). Giunti nei pressi del lago
di Urmia e impossibilitati a proseguire
verso Gerusalemme a causa di scontri
militari, vennero accolti da Abaqa
(1234-1282), secondo Ilkhan di Persia.
Alla morte di quest’ultimo, suo figlio
Arghun (1258-1291) inviò i due monaci in
Europa occidentale con lo scopo di
formare un’alleanza strategica contro i
Mamelucchi musulmani che occupavano il
Vicino Oriente.
Nonostante gli incontri con papa Onorio
IV (1210-1287), Andronico II Paleologo
di Bisanzio (1259-1332), Filippo IV di
Francia (1268-1314) e Edoardo I
d’Inghilterra (1239-1307), le missioni
non portarono all’accordo tanto sperato,
tuttavia dimostrarono la totale
tolleranza religiosa dei Mongoli. Il
resoconto del viaggio di Rabban Sauma
rappresenta una testimonianza unica:
mostra il mondo europeo da occhi
esterni.
Veri e propri contatti religiosi vennero
avviati con l’arrivo del francescano
Giovanni da Montecorvino (1247-1330) a
Khanbaliq. Come espresso in precedenza,
Qubilai khan più volte richiese l’invio
di missionari cattolici e questo favorì
enormemente l’impulso evangelizzatore.
Recatosi nella Persia meridionale,
Giovanni da Montecorvino continuò il suo
viaggio via mare per poi giungere nella
Cina meridionale. Al suo arrivo a corte
venne immediatamente informato della
morte del sovrano. Fortunatamente, il
suo erede Temür Khan (1265-1307) non
ostacolò l’avanzata del cristianesimo,
né la missione del francescano. Elevato
dal papa alla carica di arcivescovo,
fece costruire la prima chiesa cattolica
a Khanbaliq e visse in Cina sino alla
sua morte.
Nel 1318 ebbe inizio il viaggio di
Odorico da Pordenone (1286-1331 ca).
Giunto a Khanbaliq nel 1325, venne
accolto dall’imperatore Yesün Temür Khan
(1293-1328). Nel 1328, dopo appena tre
anni, il francescano dovette far ritorno
in Italia per riferire al papa lo stato
delle missioni in Estremo Oriente. Di
estrema importanza e preziosità è la sua
relazione sul viaggio in Cina.
Anche il francescano Giovanni de’
Marignolli (1290-1359 ca) si recò presso
la corte Yuan con l’intento di espandere
in Oriente il cattolicesimo. Inviato dal
papa avignonese Benedetto XII
(1285-1342) in risposta a un’ambasciata
mongola, il suo viaggio durò dal 1339 al
1357. Questa missione, così come le
precedenti, portò alla creazione di
piccole comunità cattoliche in alcuni
centri dell’Impero Yuan.
La Pax Mongolica rappresenta nel
complesso un periodo estremamente ricco
dal punto di vista culturale. Sotto
l’egemonia mongola infatti venne
ripristinata la Via della Seta, rimasta
impraticabile per gli occidentali sin
dall’ascesa degli arabi. Tale
avvenimento produsse uno scambio
culturale senza precedenti, il quale
portò allo sviluppo di numerosi settori,
quali medicina, commercio, agricoltura,
geografia, astronomia e arte militare.
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Vogelsang Kai, Cina. Una storia
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