IL PASSATO DELL’OCCIDENTE
RIFLESSIONI PER UNA NUOVA
PROSPETTIVA
di Raffaele Pisani
Se, almeno noi occidentali, per
qualche secolo abbiamo creduto nel
progresso delle condizioni materiali
e della razionalità dell’uomo, se
dopo le due guerre mondiali abbiamo
pensato come possibile una
condizione di ordine mondiale,
accompagnata da una prosperità che
con il tempo avrebbe raggiunto
tutti, ora certamente non la
pensiamo più così.
Ora consumiamo il nostro presente
nel timore di un futuro che incombe
e ci spaventa. Le alterazioni
ambientali a livello globale, i
conflitti tra gli stati, quelli
sociali, e anche un’aggressività
generalizzata a tutti i livelli
generano inquietudine e sconcerto.
Guardare al passato farebbe pensare
a una sorta di rifugio, sicuro,
perché almeno questo non corre
pericoli, ciò che è stato è stato,
nessuno lo può cambiare. Ma non è
questo il messaggio che possiamo
cogliere dal libro di Mauro Bonazzi,
professore di storia della filosofia
all’Università di Utrecht,
intitolato appunto PASSATO,
riferito all’Europa e a tutto
l’Occidente in rapporto con il resto
del mondo.
D’altra parte, leggiamo nel libro XI
delle Confessioni di Agostino d’Ippona:
«Chi dice mai che il futuro già
esiste? Eppure è vero che esiste già
nell’animo l’attesa del futuro. E
chi dice che il passato esiste
ancora? Eppure c’è ancora nell’animo
il ricordo del passato». Bonazzi
non cita Agostino ma dà per certo
che il ricordo del passato agisce su
di noi nel presente e contribuisce a
costruire il futuro.
Non è detto comunque che il ricordo
del passato coincida con il passato,
né a livello personale né a quello
relativo a formazioni sociali più o
meno ampie. A volte noi stessi
ricordiamo con piacere vicende
trascorse, le stesse che avevamo
vissuto con timore e sgomento. Il
meccanismo di rimozione di ciò che
non sopportiamo, comunque lo si
voglia spiegare, produce i suoi
effetti.
In questo libro l’autore non prende
in considerazione i comportamenti
individuali, ma quello
dell’Occidente in generale, con la
sua storia che ora ripensa,
esaltandola ma anche tentando di
cancellarne qualche tratto. Con le
sue grandezze e con le sue
nefandezze è chiamato nel tempo
attuale a fare un esame di
coscienza, perché «Questi nostri
avi, di cui tanto siamo orgogliosi,
sono stati anche schiavisti,
razzisti, xenofobi, misogini» (Bonazzi
2023, p. 30).
Ecco allora la necessità di
cancellare; la cancel culture ha
assunto l’aspetto minaccioso di chi
vuol impedire a qualcuno di
esprimersi, sia una persona vivente
sia un personaggio della politica,
della letteratura o della filosofia
del passato. Coloro che invocano o
pretendono la cancellazione si
dividono fra quelli che parlano in
nome di un progresso capace di
emancipare e quelli che scorgono in
un passato idealizzato una genuinità
di costumi che si propongono di
ripristinare. Per entrambi la
cancellazione del passato renderebbe
più libera l’azione nel presente (Bonazzi
2023, pp. 32-33).
Il passato che ci è giunto dalle
varie narrazioni, come il presente
delle altre civiltà, non è qualcosa
di univoco, anche se le visioni
stereotipate hanno ancora largo
spazio. Parlando della condanna e
della conseguente cancellazione che
un periodo storico fa a volte del
suo antecedente, leggiamo nel testo
di Bonazzi: «Troppo spesso
tendiamo a dimenticare il contributo
dei cristiani: perché sono stati
loro i più attivi nel cancellare il
passato empio dei Greci e dei Romani»
(Bonazzi
2023, p. 51).
Certo è ben nota l’idea negativa che
i cristiani avevano del paganesimo e
il loro zelo nell’estirparne le
tracce. Ma non mancano narrazioni di
altro genere: l’interpretazione di
alcuni passi dell’Esodo, risalente a
Origene, nel secolo III dell’era
cristiana, parla dell’oro degli
Egizi, che gli Ebrei avrebbero
portato con sé; ciò significa che le
filosofie e le scienze pagane non
sono da buttare ma hanno un loro
valore.
Non si può negare che la filosofia
greca abbia avuto un grande rilievo
nel concettualizzare le Scritture;
le due visioni del mondo,
antitetiche, hanno cominciato a
dialogare già in epoca ellenistica.
Continuando nella metafora
oro-filosofia, vediamo che nei primi
secoli del cristianesimo gli idoli
d’oro sono serviti solo come
materiale, prezioso, per rivestire
di splendore la Parola di Dio, solo
dopo molti secoli la società
cristiana ha cominciato a valutarli
per sé stessi. Ha cominciato a dare
alla filosofia naturale un valore a
prescindere dalla rivelazione.
Parlando del discorso di Ratzinger a
Ratisbona del 2006, quello che aveva
indignato il mondo musulmano, e
interpretando, con qualche
forzatura, ciò che il papa asserisce
in riferimento al prologo del
vangelo di Giovanni, Bonazzi ritiene
che da questo discenda una
concezione di Dio che agisce come
logos, come ragione. Questo darebbe
fondamento, non solo all’Europa ma
all’intera storia dell’umanità. Ma
da altri punti di vista, quelli che
fanno riferimento all’Illuminismo e
alle rivoluzioni, nell’Occidente e
nella stessa Europa, non accettano
questa visione del mondo.
Come dice giustamente, in un breve
saggio non si possono affrontare
tutti i problemi; quindi lascia
aperte tante libere considerazioni
di chi lo legge; da parte sua
afferma che: «Quello che il
discorso di Ratzinger mostra in modo
chiaro è insomma la mancanza di
unità della tradizione europea e
occidentale» (Bonazzi
2023, p. 81).
Noi, l’Occidente, siamo un soggetto
collettivo, come lo è l’Oriente; per
questo declina al plurale i due
termini nel titolo che dà al
capitolo V. Potremmo aggiungere alla
pluralità il dinamismo, al quale
Bonazzi accenna a pagina 93, anche
perché il cambiamento, costante in
ogni epoca storica, ha raggiunto ai
nostri giorni un’intensità
vorticosa.
Cambia il mondo ed è cambiata pure
la posizione che l’Occidente
deteneva rispetto al resto del
mondo. La superiorità economica e
tecnologica era accompagnata a un
dominio che rivestiva anche un
aspetto culturale e che noi
occidentali avevamo forse
sopravvalutato. E ora cosa possiamo
fare?
Noi conosciamo, per quanto
imperfettamente, il nostro passato,
le altre civiltà hanno memoria del
periodo nel quale le abbiamo
dominate. A quale titolo potremmo
noi porre quei principi universali
che abbiamo elaborato e di cui siamo
tanto orgogliosi?
Si tratta comunque di un tentativo
di unificare l’umanità che non pare
abbia proposte alternative
provenienti da altre parti. Leggiamo
nel testo:«È possibile, o
addirittura auspicabile, cercare dei
punti di riferimento comuni che
permettano il dialogo tra mondi e
civiltà diverse e non più
subordinate? O non è possibile ed è
meglio prepararsi ad agire in un
multiverso (per parafrasare Carl
Schmitt) rinunciando a ogni
tentativo di riunificazione?» (Bonazzi
2023, p. 87).
È naturale che ogni evento, ogni
dichiarazione di principi sia figlia
del proprio tempo e dell’ambiente
che l’ha generata, ma ciò non toglie
che possa valere in altri contesti e
anche aspirare all’universalità. È
pure comprensibile una certa
diffidenza e un certo risentimento
da parte di chi ha subito un periodo
di sottomissione, ma la storia
insegna che certe idee, certi validi
principi a volte paradossalmente
sono veicolati anche da un esercito
invasore.
Se un tempo era possibile per i
popoli vivere separatamente,
ciascuno con i propri valori, e i
soli rapporti erano caratterizzati
dalle armi e dai commerci, anche
questi armati, ora che la Terra che
ci ospita è sempre più affollata
questo non basta più. Bisogna
trovare qualcosa che permetta alle
varie civiltà di dialogare fra di
loro e all’interno di loro stesse.
Se c’è una linea di demarcazione non
è certo tra Oriente e Occidente ma
tra chi, distribuito da una parte e
dall’altra, ha fiducia nella ragione
umana dialogante e chi non scorge
questa possibilità. Nella situazione
in cui siamo, guardando il nostro
passato certamente non esente da
colpe, Bonazzi esprime la sua
speranza, il suo ottimismo per
quello che si può ancora fare: «Al
netto di tutte le critiche
possibili, andrebbe comunque
riconosciuto che la consapevolezza
del problema, e la fiducia nella
ragione come mezzo per trovare una
possibile soluzione, rimangono un
tentativo appassionante» (Bonazzi
2023, p. 87).
Riferimenti bibliografici:
Mauro Bonazzi, Passato, Il
Mulino, Bologna 2023.