[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

192 / DICEMBRE 2023 (CCXXIII)


filosofia & religione

IL PASSATO DELL’OCCIDENTE

RIFLESSIONI PER UNA NUOVA PROSPETTIVA

di Raffaele Pisani

Se, almeno noi occidentali, per qualche secolo abbiamo creduto nel progresso delle condizioni materiali e della razionalità dell’uomo, se dopo le due guerre mondiali abbiamo pensato come possibile una condizione di ordine mondiale, accompagnata da una prosperità che con il tempo avrebbe raggiunto tutti, ora certamente non la pensiamo più così.

Ora consumiamo il nostro presente nel timore di un futuro che incombe e ci spaventa. Le alterazioni ambientali a livello globale, i conflitti tra gli stati, quelli sociali, e anche un’aggressività generalizzata a tutti i livelli generano inquietudine e sconcerto.

Guardare al passato farebbe pensare a una sorta di rifugio, sicuro, perché almeno questo non corre pericoli, ciò che è stato è stato, nessuno lo può cambiare. Ma non è questo il messaggio che possiamo cogliere dal libro di Mauro Bonazzi, professore di storia della filosofia all’Università di Utrecht, intitolato appunto PASSATO, riferito all’Europa e a tutto l’Occidente in rapporto con il resto del mondo.

D’altra parte, leggiamo nel libro XI delle Confessioni di Agostino d’Ippona: «Chi dice mai che il futuro già esiste? Eppure è vero che esiste già nell’animo l’attesa del futuro. E chi dice che il passato esiste ancora? Eppure c’è ancora nell’animo il ricordo del passato». Bonazzi non cita Agostino ma dà per certo che il ricordo del passato agisce su di noi nel presente e contribuisce a costruire il futuro.

Non è detto comunque che il ricordo del passato coincida con il passato, né a livello personale né a quello relativo a formazioni sociali più o meno ampie. A volte noi stessi ricordiamo con piacere vicende trascorse, le stesse che avevamo vissuto con timore e sgomento. Il meccanismo di rimozione di ciò che non sopportiamo, comunque lo si voglia spiegare, produce i suoi effetti.

In questo libro l’autore non prende in considerazione i comportamenti individuali, ma quello dell’Occidente in generale, con la sua storia che ora ripensa, esaltandola ma anche tentando di cancellarne qualche tratto. Con le sue grandezze e con le sue nefandezze è chiamato nel tempo attuale a fare un esame di coscienza, perché «Questi nostri avi, di cui tanto siamo orgogliosi, sono stati anche schiavisti, razzisti, xenofobi, misogini» (Bonazzi 2023, p. 30).

Ecco allora la necessità di cancellare; la cancel culture ha assunto l’aspetto minaccioso di chi vuol impedire a qualcuno di esprimersi, sia una persona vivente sia un personaggio della politica, della letteratura o della filosofia del passato. Coloro che invocano o pretendono la cancellazione si dividono fra quelli che parlano in nome di un progresso capace di emancipare e quelli che scorgono in un passato idealizzato una genuinità di costumi che si propongono di ripristinare. Per entrambi la cancellazione del passato renderebbe più libera l’azione nel presente (Bonazzi 2023, pp. 32-33).

Il passato che ci è giunto dalle varie narrazioni, come il presente delle altre civiltà, non è qualcosa di univoco, anche se le visioni stereotipate hanno ancora largo spazio. Parlando della condanna e della conseguente cancellazione che un periodo storico fa a volte del suo antecedente, leggiamo nel testo di Bonazzi: «Troppo spesso tendiamo a dimenticare il contributo dei cristiani: perché sono stati loro i più attivi nel cancellare il passato empio dei Greci e dei Romani» (Bonazzi 2023, p. 51).

Certo è ben nota l’idea negativa che i cristiani avevano del paganesimo e il loro zelo nell’estirparne le tracce. Ma non mancano narrazioni di altro genere: l’interpretazione di alcuni passi dell’Esodo, risalente a Origene, nel secolo III dell’era cristiana, parla dell’oro degli Egizi, che gli Ebrei avrebbero portato con sé; ciò significa che le filosofie e le scienze pagane non sono da buttare ma hanno un loro valore.

Non si può negare che la filosofia greca abbia avuto un grande rilievo nel concettualizzare le Scritture; le due visioni del mondo, antitetiche, hanno cominciato a dialogare già in epoca ellenistica. Continuando nella metafora oro-filosofia, vediamo che nei primi secoli del cristianesimo gli idoli d’oro sono serviti solo come materiale, prezioso, per rivestire di splendore la Parola di Dio, solo dopo molti secoli la società cristiana ha cominciato a valutarli per sé stessi. Ha cominciato a dare alla filosofia naturale un valore a prescindere dalla rivelazione.

Parlando del discorso di Ratzinger a Ratisbona del 2006, quello che aveva indignato il mondo musulmano, e interpretando, con qualche forzatura, ciò che il papa asserisce in riferimento al prologo del vangelo di Giovanni, Bonazzi ritiene che da questo discenda una concezione di Dio che agisce come logos, come ragione. Questo darebbe fondamento, non solo all’Europa ma all’intera storia dell’umanità. Ma da altri punti di vista, quelli che fanno riferimento all’Illuminismo e alle rivoluzioni, nell’Occidente e nella stessa Europa, non accettano questa visione del mondo.

Come dice giustamente, in un breve saggio non si possono affrontare tutti i problemi; quindi lascia aperte tante libere considerazioni di chi lo legge; da parte sua afferma che: «Quello che il discorso di Ratzinger mostra in modo chiaro è insomma la mancanza di unità della tradizione europea e occidentale» (Bonazzi 2023, p. 81).

Noi, l’Occidente, siamo un soggetto collettivo, come lo è l’Oriente; per questo declina al plurale i due termini nel titolo che dà al capitolo V. Potremmo aggiungere alla pluralità il dinamismo, al quale Bonazzi accenna a pagina 93, anche perché il cambiamento, costante in ogni epoca storica, ha raggiunto ai nostri giorni un’intensità vorticosa.

Cambia il mondo ed è cambiata pure la posizione che l’Occidente deteneva rispetto al resto del mondo. La superiorità economica e tecnologica era accompagnata a un dominio che rivestiva anche un aspetto culturale e che noi occidentali avevamo forse sopravvalutato. E ora cosa possiamo fare?

Noi conosciamo, per quanto imperfettamente, il nostro passato, le altre civiltà hanno memoria del periodo nel quale le abbiamo dominate. A quale titolo potremmo noi porre quei principi universali che abbiamo elaborato e di cui siamo tanto orgogliosi?

Si tratta comunque di un tentativo di unificare l’umanità che non pare abbia proposte alternative provenienti da altre parti. Leggiamo nel testo:«È possibile, o addirittura auspicabile, cercare dei punti di riferimento comuni che permettano il dialogo tra mondi e civiltà diverse e non più subordinate? O non è possibile ed è meglio prepararsi ad agire in un multiverso (per parafrasare Carl Schmitt) rinunciando a ogni tentativo di riunificazione?» (Bonazzi 2023, p. 87).

È naturale che ogni evento, ogni dichiarazione di principi sia figlia del proprio tempo e dell’ambiente che l’ha generata, ma ciò non toglie che possa valere in altri contesti e anche aspirare all’universalità. È pure comprensibile una certa diffidenza e un certo risentimento da parte di chi ha subito un periodo di sottomissione, ma la storia insegna che certe idee, certi validi principi a volte paradossalmente sono veicolati anche da un esercito invasore.

Se un tempo era possibile per i popoli vivere separatamente, ciascuno con i propri valori, e i soli rapporti erano caratterizzati dalle armi e dai commerci, anche questi armati, ora che la Terra che ci ospita è sempre più affollata questo non basta più. Bisogna trovare qualcosa che permetta alle varie civiltà di dialogare fra di loro e all’interno di loro stesse.

Se c’è una linea di demarcazione non è certo tra Oriente e Occidente ma tra chi, distribuito da una parte e dall’altra, ha fiducia nella ragione umana dialogante e chi non scorge questa possibilità. Nella situazione in cui siamo, guardando il nostro passato certamente non esente da colpe, Bonazzi esprime la sua speranza, il suo ottimismo per quello che si può ancora fare: «Al netto di tutte le critiche possibili, andrebbe comunque riconosciuto che la consapevolezza del problema, e la fiducia nella ragione come mezzo per trovare una possibile soluzione, rimangono un tentativo appassionante» (Bonazzi 2023, p. 87).


Riferimenti bibliografici:

Mauro Bonazzi, Passato, Il Mulino, Bologna 2023.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]