N. 20 - Gennaio 2007
PASQUINO
La voce di
Roma… del
popolo di Roma
di
Luigi Buonanno
Come i romani ben sanno,
Pasquino è la più famosa “statua parlante” di Roma.
Conosciamo prima la
statua.
Frammento di un antica
opera di stile ellenistico, ahimè mutilata degli arti
e danneggiata nel volto. Si trova nel rione Parione,
nella vecchia piazza Parione, attualmente piazza
Pasquino, posizionata all’angolo del palazzo Breschi,
così come volle l’ex proprietario, il cardinale
Oliviero Carafa. Era suo infatti, il palazzo dove
venne ritrovata la statua nel 1501.
Lo scultore Antigonos
(si pensa sia lui l’autore), raffigurò il corpo di
Menelao che sorregge quello di Patroclo morente, anche
se qualcun altro sostiene sia Aiace con il corpo di
Achille, altri ancora invece Ercole che combatte con i
centauri… ma nessuno può dirlo.
Incerto è anche il
perché di questo nome “Pasquino”. Anche su questo le
teorie sono molte, la più plausibile è la seguente:
nel 1556 un certo Nicolò Franco (detto Pasquino), fu
accusato dall’allora papa Pio V, delle cosiddette
“pasquinate” e condannato alla forca.
Cosa sono in realtà le
“pasquinate”?
Tutto iniziò intorno al
1400. Il potere della chiesa portava non poco malumore
al popolo di Roma, vogliosa di più libertà. Fatto sta
che di notte, ai piedi della statua, venivano appesi
dei fogli satirici in versi rimati. L’obiettivo era
quello di pungere i personaggi importanti di allora,
ma soprattutto indirizzate alla chiesa e al papa.
Col tempo, la satira
diventava sempre più feroce, sempre più pungente.
Tanto che il popolo con ansia attendeva ogni giorno
una pasquinata, ma la chiesa era terrorizzata da
questa attesa. Già, la chiesa aveva paura. Pasquino
era la voce del popolo, il malcontento popolare nei
confronti del potere, era il riepilogo di ciò che la
gente avrebbe voluto ma non poteva farlo. Roma era già
piena di “ribelli” e aveva paura che queste satire
potessero animare una rivoluzione.
Addirittura ci furono
papi che fecero sorvegliare la statua notte e giorno,
nella speranza di acciuffare il famoso Pasquino, come
fece Benedetto XIII, creando però l’effetto di
numerose altre pasquinate ai piedi d’altre statue.
Adriano VI invece pensò bene di gettare la statua nel
Tevere, fortunatamente ci ripensò. Ma in molti
emanarono editti che precisavano la condanna a morte
di Pasquino, una volta arrestato. Il caso vuole che
per quasi cinquecento anni, Pasquino non fu mai
trovato.
Una leggenda dice che il
primo Pasquino del 1400, tramandò la satira ad un
ragazzo fidato e di idee simili. Da allora, ogni vero
Pasquino ha lasciato un suo successore, in modo
segreto ovviamente, per ben cinque secoli. Si dice
anche che l’ultimo vero Pasquino fu il poeta
Gioacchino Belli, che non contento di rimanere
nell’anonimato, decise di pubblicare i versi sotto
forma di poesie, bloccando così la “dinastia” dei
Pasquino. Se ciò è vero è un mistero, non fu un caso
però che dalla pubblicazione delle poesie del Belli, i
foglietti ai piedi della statua non si videro più.
Purtroppo non esistono
attualmente ricordi di molte pasquinate, la più famosa
forse è quella che contestava il pontefice Sisto V:
"Fra tutti quelli
c'hanno avuto er posto
De vicarj de Dio, nun z'e
mai visto
Un papa rugantino, un
papa tosto,
Un papa matto, uguale a
Papa Sisto.
E nun zolo è da dì che
dassi er pisto
A chiunqu'omo che j'annava
accosto,
Ma nu la perdonò
neppur'a Cristo
E nemmanco lo roppe d'anniscosto.
Aringrazziam'Iddio
c'adesso er guasto
Nun pò ssuccede ppiù che
vienghi un fusto
D'arimette la Chiesa in
quel'incrasto.
Perché nu ce pò èsse
tanto presto
Un antro papa che je
piji er gusto
De méttese pe nome Sisto
Sesto".
Dalla breccia di Porta
Pia, non ci sono state più pasquinate degne di nota.
Tranne due. Quella che venne affissa durante i
preparativi della visita di Hitler a Roma, in cui la
città fu ricoperta di carton gesso:
"Povera Roma mia de
travertino!
T'hanno vestita tutta de
cartone
pè fatte rimirà da
'n'imbianchino..."
L’ultima fu quella
affissa in occasione della prima visita a Roma dell’ex
presidente russo Gorbaciov:
"La
perestrojka nun se magna
da
du' ggiorni ce manna a pedagna
sarebbe er caso de smammà
ce
cominceno a girà".
Adesso io mi chiedo: nel
tempo d’oggi, in mezzo a gente che niente ricorda e
che a niente da importanza, che fine avrà fatto
Pasquino? |