N. 95 - Novembre 2015
(CXXVI)
Pierpaolo Pasolini e il calcio
Un linguaggio come un altro
di Francesco Agostini
Su Pierpaolo Pasolini si è detto molto, moltissimo, forse anche troppo. Il celebre poeta, romanziere, saggista e regista è spesso stato al centro di fervide polemiche in un'Italia dapprima scossa dagli anni della ribellione giovanile e dal sessantotto e poi dai cosiddetti anni di piombo.
Gli
anni
settanta.
Pasolini
è
stato
un
intellettuale
a
tutto
tondo:
le
sue
argomentazioni
spaziavano
dalla
cronaca,
alla
poetica,
alla
cinematografia
e
anche
allo
sport.
Pochi
sanno,
infatti,
che
Pasolini
aveva
una
smodata
passione
per
il
gioco
del
calcio.
Lo
stesso
poeta
friulano
racconta:
“I
pomeriggi
che
ho
passato
a
giocare
a
pallone
sui
Prati
di
Caprara
(giocavo
anche
sei-sette
ore
di
seguito,
ininterrottamente:
ala
destra,
allora,
e i
miei
amici,
qualche
anno
dopo,
mi
avrebbero
chiamato
lo
"Stukas":
ricordo
dolce
bieco)
sono
stati
indubbiamente
i
più
belli
della
mia
vita.
Mi
viene
quasi
un
nodo
alla
gola,
se
ci
penso.
Allora,
il
Bologna
era
il
Bologna
piùpotente
della
sua
storia:
quello
di
Biavati
e
Sansone,
di
Reguzzoni
e
Andreolo
(il
re
del
campo),
di
Marchesi,
di
Fedullo
e
Pagotto.
Non
ho
mai
visto
niente
di
più
bello
degli
scambi
tra
Biavati
e
Sansone
(Reguzzoni
è
stato
un
po'
ripreso
da
Pascutti).
Che
domeniche
allo
stadio
Comunale!”.
Le
parole
di
Pierpaolo
Pasolini
sono
a
dir
poco
sorprendenti,
se
consideriamo
che
gli
anni
passati
sui
campi
da
calcio
sono
considerati
migliori
e
più
belli
di
tutto
il
periodo
trascorso
a
Roma
nelle
borgate,
in
mezzo
ai
suoi
amati
ragazzi
di
vita.Il
motivo
è
presto
spiegato
dallo
stesso
Pasolini:
“Il
calcio
è
l'ultima
rappresentazione
sacra
del
nostro
tempo.
È
rito
nel
fondo,
anche
se è
evasione.
Mentre
altre
rappresentazioni
sacre,
persino
la
messa,
sono
in
declino,
il
calcio
è
l'unica
rimastaci.
Il
calcio
è lo
spettacolo
che
ha
sostituito
il
teatro”.
Ancora
una
volta
un'affermazione
forte
e
decisia,
in
pieno
stile
pasoliniano.
Ciò
che
stupisce
del
romanziere
friulano
è la
sua
sorprendente
lucidità
nel
descrivere
il
calcio
come
un
fenomeno
più
sociale
che
prettamente
sportivo,
legato
all'intima
essenza
della
popolazione
italiana.
In
questo
senso
il
paragone
con
il
teatro
e
con
la
religione
(le
rappresentazioni
sacre,
la
messa)
è
quanto
mai
calzante
e
visionario.
Chi
potrebbe
dire
che
le
parole
di
Pasolini
non
siano
valide
ancora
oggi?
Come
ogni
fenomeno,
rito
o
rituale,
anche
il
calcio
possiede
un
proprio
linguaggio
così
come
la
matematica
ha i
numeri,
la
musica
i
suoni
e la
lingua
le
parole.
Alla
frase
secondo
cui
Il
gioco
del
football
è un
«sistema
di
segni»;
è,
cioè,
una
lingua,
sia
pure
non
verbale
segue
un
pensiero
avanguardistico
e
spericolato:
Ebbene
anche
per
la
lingua
del
calcio
si
possono
fare
distinzioni
del
genere:
anche
il
calcio
possiede
dei
sottocodici,
dal
momento
in
cui,
da
puramente
strumentale,
diventa
espressivo.
Ci
può
essere
un
calcio
come
linguaggio
fondamentalmente
prosatico
e un
calcio
come
linguaggio
fondamentalmente
poetico.
Per
spiegarmi,
darò
-
anticipando
le
conclusioni
-
alcuni
esempi:
Bulgarelli
gioca
un
calcio
in
prosa:
egli
è un
“prosatore
realista”;
Riva
gioca
un
calcio
in
poesia,
egli
è un
“poeta
realista”,
Corso
gioca
un
calcio
in
poesia,
ma
non
è un
“poeta
realista”:
è un
poeta
un
po'maudit,
extravagante.
Rivera
gioca
un
calcio
in
prosa:
ma
la
sua
è
una
prosa
poetica,
da
“elzeviro”.
Anche
Mazzola
è un
elverista,
che
potrebbe
scrivere
sul
“Corriere
della
Sera”:
ma è
più
poeta
di
Rivera,
ogni
tanto
interrompe
la
prosa,
e
inventa
lì
per
lì
due
versi
folgoranti.
Si
noti
che
tra
la
prosa
e la
poesia
non
faccio
alcuna
distinzione
di
valore;
la
mia
è
una
distinzione
puramente
tecnica”.
Divertente,
istrionico
e
mai
banale,
Pasolini.
L'acme
di
questo
linguaggio,
però
è
uno
e
uno
solo:
il
goal,
la
rete,
un
avvenimento
capace
di
far
abbracciare
l'operaio
e
l'illustre
poeta
assieme,
all'unisono.
“Ci
sono
nel
calcio
dei
momenti
che
sono
esclusivamente
poetici:
si
tratta
dei
momenti
dei
goal.
Ogni
goal
è
sempre
un'invenzione,
è
sempre
una
sovversione
del
codice:
ogni
goal
è
ineluttabilità,
folgorazione,
stupore,
irreversibilità.
Proprio
come
la
parola
poetica.
Il
capocannoniere
del
campionato
è
sempre
il
miglior
poeta
dell'anno.
In
questo
momento
lo è
Savoldi.
Il
calcio
che
esprime
più
goals
è il
calcio
più
poetico”.