N. 45 - Settembre 2011
(LXXVI)
partigiani e opposizione al nazifascismo
resistere e morire per la libertà
di Giuseppe Formisano
La Resistenza italiana, quel coraggioso e glorioso movimento ritenuto come un nuovo Risorgimento, coinvolse buona parte dei cittadini italiani, e insieme con la Resistenza jugoslava e greca fu la più attiva e sentita fra le successive tradizioni delle sinistre.
Violenta
e
stragista
fu
la
reazione
dei
nazisti
e
dei
fascisti
di
Salò
nei
confronti
dei
sommovimenti
libertari
della
popolazione
che
vi
aderì.
I
partigiani
erano
uomini
e
donne
di
diversa
provenienza
sociale
e
politica
organizzati
in
gruppi
spontanei
di
cittadini,
impegnati
in
una
lotta
clandestina
per
liberare
l’Italia
dalla
ventennale
dittatura
fascista
e
dalla
più
recente
occupazione
tedesca
che
oltre
alla
repressione
della
libertà
e
all’indottrinamento,
alla
persecuzione
poliziesca
e
all’eliminazione
fisica
di
avversari
con
fucilazioni,
deportazioni
e
forni
crematori,
portò
anche
alle
vergognose
leggi
razziali
e
alla
guerra,
con
conseguenti
lutti,
fame
e
morte.
I
civili
che
si
rimboccarono
le
maniche
per
lasciare
un
paese
più
giusto
e
libero
alle
future
generazioni,
furono
operai
e
studenti,
contadini
ed
intellettuali
che,
uniti
agli
antifascisti
tornati
dall’esilio,
lottarono
soprattutto
sulle
montagne
del
nord
ma
anche
nelle
città
e
nelle
campagne
del
resto
del
paese.
Sono
memorabili
le
quattro
giornate
di
Napoli
(28
settembre
– 1
ottobre
1943)
in
cui
i
napoletani
lottarono
giorno
e
notte
contro
gli
oppressori.
Un
ruolo
di
spiccata
rilevanza
politica
ed
organizzativa
lo
assunsero
le
organizzazioni
partigiane
comuniste
e
socialiste,
senza
però
dimenticare
il
ruolo
combattivo
e
preziosissimo
dei
cittadini
cattolici
o
liberali
che,
nei
futuri
anni
della
Repubblica,
avrebbero
osteggiato
proprio
i
vecchi
alleati
antifascisti
di
tradizione
comunista.
Un
esempio
è
quello
del
democristiano
genovese
Emilio
Taviani,
in
prima
linea
nella
guerra
partigiana
ma
anche
paladino
dell’anticomunismo
e
depositario
del
segreto
di
Gladio,
l’organizzazione
paramilitare
anticomunista
italiana.
Taviani
nel
1978,
durante
il
sequestro
Moro,
fu
destinatario
di
uno
scritto
del
prigioniero
che
oggi
sappiamo
era
parte
del
memoriale
messo
su
carta
da
Moro
dal
«carcere
del
popolo»:
tale
documento
fu
allegato
al
comunicato
numero
5
delle
BR
nel
quale
Taviani
fu
definito
«teppista
di
Stato».
Molte
furono
le
rappresaglie
dei
nazifasciste
contro
inermi
civili,
come
quella
di
Pietransieri
(nota
anche
come
“Strage
dei
Limmari”)
nel
1943,
o
Sant’Anna
di
Stazzema.
In
quest’ultima
perirono
circa
560
persone
tra
civili
e
partigiani,
mentre
a
Marzabotto,
nel
1944,
circa
1800.
Rappresaglie
simili
le
subirono
anche
formazioni
partigiane,
come
nel
caso
delle
Fosse
Ardeatine
di
Roma
e
Civitella
in
Val
di
Chiana.
Sant’Anna
di
Stazzema,
un
paesino
in
provincia
di
Lucca
abitato
da
contadini,
subì
la
ferocia
di
nazisti
accompagnati
da
fascisti
italiani
in
camicia
nera,
che
non
risparmiò
nessuno.
Una
lapide
posta
nella
piazza
principale
ricorda
Anna
Pardini.
Essa
Non
era
una
eroina
della
resistenza,
né
una
scrittrice
locale.
Anna
Pardini
era
nata
qualche
giorno
prima
del
12
agosto
1944,
il
giorno
della
strage,
quello
più
orrendo
per
il
paesino
toscano.
La
lapide
ricorda:
Anna
Pardini,
la
più
piccola
dei
tanti
bambini
che
la
guerra
ha
qui
strappato
dai
girotondi
Tutti
gli
antifascisti
si
organizzarono
nel
CNL,
Comitato
di
Liberazione
Nazionale,
che
aveva
una
sede
centrale
ma
articolata
anche
in
sottogruppi,
come
il
CLNAI,
Comitato
di
Liberazione
Nazionale
Alta
Italia.
La
Sicilia
fu
il
primo
territorio
ad
essere
liberato.
Il
10
luglio
1943
sbarcarono
le
truppe
anglo-americane
che
in
meno
di
venti
giorni
arrivarono
a
Palermo.
Secondo
lo
storico
Claudio
Pavone,
dopo
l’8
settembre
1943,
giorno
in
cui
a
Cassibile
-
una
frazione
di
Siracusa
- il
Generale
Giuseppe
Castellano
e
gli
alleati
angloamericano
firmarono
l’armistizio,
la
resa
incondizionata
dell’Italia
e la
fine
del
conflitto,
ebbe
inizio
un
altro
conflitto:
una
guerra
civile
combattuta
tra
gli
stessi
italiani
fascisti
e
antifascisti.
La
firma
dell’armistizio
(che
in
realtà
avvenne
il 3
settembre
ma
solo
il
giorno
8 fu
resa
nota)
provocò
anche
una
feroce
ritorsione
dei
soldati
tedeschi
sugli
italiani
di
stanza
nelle
isole
dell’Egeo:
sull’isola
di
Cefalonia
l’intera
Divisione
Acqui
fu
massacrata
dai
nazisti.
La
vittoriosa
marcia
che
dal
Sud
mirava
a
liberare
la
capitale,
(Roma
fu
strappata
ai
nazisti
il 4
giugno),
fu
caratterizzata
da
tanti
episodi
di
giubilo
da
parte
della
popolazione
liberata
dal
giogo
nazifascista,
da
memorabili
episodi
come
lo
sbarco
dell’armata
del
Generale
Clark
a
Salerno
(in
realtà
avvenne
ad
Agropoli,
circa
cinquanta
chilometri
più
a
Sud)
ma
anche,
purtroppo,
da
tanti
atti
di
violenza
perpetrati
sia
dai
nazifascisti
in
fuga
che
dagli
alleati.
Quando
nella
primavera
1945
crollò
la
Linea
Gustav,
(la
linea
che
tagliava
in
due
l’Italia
dalla
Toscana,
precisamente
dalla
zona
di
Massa
Carrara,
fino
alla
costa
adriatica
delle
Marche),
istituita
dai
tedeschi
nel
1944
per
impedire
l’entrata
degli
anglo-americani
nel
Nord
Italia,
la
guerra
per
i
partigiani
era
ormai
vinta.
La
fucilazione
di
Mussolini,
a
quel
punto,
era
ormai
questione
di
giorni.
I
valori
della
Resistenza,
l’uguaglianza,
l’antirazzismo,
la
libertà,
sono
stati
adottati
e
tutelati
dalla
Costituzione
Repubblicana
del
1948
e
dalle
principali
organizzazioni
internazionali
di
pace,
ma
bisogna
constatare
l’indifferenza,
soprattutto
negli
ultima
anni
in
Italia,
da
parte
dei
cittadini
nei
confronti
delle
conquiste
ottenute
grazie
alla
spinta
proprio
di
quei
valori.
Forse
oggi
è da
tale
indifferenza
che
bisogna
liberarsi,
con
un
nuovo
Risorgimento.