N. 107 - Novembre 2016
(CXXXVIII)
Il
Pantheon
di
Lanciano
antica
Sulle
TRACCE
DELLE
antiche
divinità
italiche
di
Anxanum
di
Vincenzo
La
Salandra
La
città
di
Lanciano
è
una
delle
perle
adriatiche
dell’Abruzzo.
Città
antichissima,
forse
osca
o
etrusca,
certamente
frentana
e
poi
romana,
Lanciano
e la
sua
storia
sono
state
ampiamente
studiate
a
livello
locale
e
nazionale.
Per
questo
contributo
è
forse
interessante
sottolineare
la
rilevanza
del
pantheon
delle
divinità
antiche
venerate
a
Lanciano/Anxanum
e
illuminare
un
caso
particolare
e
paradigmatico
di
politeismo
antico
italico.
Come
per
la
maggior
parte
delle
città
di
area
sannitica
e
frentana,
la
divinità
principale
era
il
Marte
italico.
Ma
il
pantheon
di
Anxanum
è
molto
ramificato,
con
la
presenza
particolare
di
alcune
divinità
femminili
importanti
e
poco
diffuse
in
altre
aree.
Prima
di
procedere
alla
descrizione
delle
divinità,
la
cui
presenza
è
attestata
dalle
iscrizioni
e
dai
ritrovamenti
archeologici,
è
utile
collocare
i
Frentani
tra
le
altre
popolazioni
dell’Italia
centrale.
Come
Vestini,
Marsi,
Peligni
e
Marrucini
anche
i
Frentani
furono
generati
da
una
madre
comune,
la
radice
Umbro-Sannita
(o
Osco-Sabellica)
dalla
quale
derivavano
i
loro
usi,
costumi,
la
loro
religione
e le
loro
istituzioni
tradizionali.
Catone
nelle
Origini
aveva
parlato
di
una
provenienza
dei
Frentani,
dalla
Liburnia
e
dalla
Dalmazia:
in
ogni
caso
i
popoli
nei
dintorni
di
Lanciano
furono
di
stirpe
Osca,
come
i
monumenti
e le
iscrizioni
dimostrano,
ma
furono
influenzati
anche
dagli
Etruschi
prima
della
conquista
romana.
Così
scriveva
Domenico
Romanelli
in
una
classica
descrizione
ottocentesca:
«Per
la
stretta
dimestichezza,
che
ebbero
gli
Anxanensi
cogli
Osci,
cogli
Etruschi,
e
coi
Romani
non
solo
ne
appresero
il
diverso
linguaggio,
e le
usanze,
ma
parimente
il
culto
religioso,
onde
una
turba
di
divinità
s’introdusse
nelle
loro
mura,
e vi
ricevette
pubblico
onore».
Il
principale
nume
adorato,
come
per
tutti
gli
altri
frentani,
era
Marte
e
accanto
a
lui
Apollo,
Bacco,
Cibele,
Giunone
assieme
alle
due
divinità
municipali
Pelina
e
Igea.
A
Lanciano
esisteva
un
tempio
maggiore
di
Marte,
dove
sorse
la
chiesa
della
Nunziata,
e un
altro
tempio
minore
verso
la
porta
orientale
della
città,
la
porta
balnearia.
Si
costruì
anche
un
tempio
superbo
ad
Apollo,
dove
venne
successivamente
edificata
la
chiesa
di
S.
Maria
Maggiore,
con
l’impiego
di
pietre
quadre,
colonne
e
basi
dell’antico
tempio
pagano.
Si
edificò
anche
un
tempio
di
Bacco
e un
tempio
dedicato
a
Giunone
Lucina
che
occupava
il
sito
della
chiesa
di
S.
Lucia.
L’opinione
popolare
voleva
anche
l’esistenza
di
un
culto
a
Diana
con
tempio
boschivo,
ma
le
iscrizioni
e i
ritrovamenti
attestano
il
culto
della
dea
Cibele
con
il
ritrovamento
della
bellissima
statua
di
marmo
fornita
di
continuate
mammelle,
capo
turrito
e
alcune
specie
di
animali
ai
piedi.
La
dea
locale
Pelina,
che
collega
Lanciano
ai
Peligni,
era
venerata
anche
ad
Anxanum
e
una
iscrizione
romana
ufficializza
l’usanza
di
una
caccia
rituale
dedicata
alla
dea.
Il
culto
di
Pelina
collegava
idealmente
Lanciano
a
Sulmona,
e
gli
storici
antichi
segnalavano
anche
la
comune
origine
e
fondazione
mitica
delle
due
città
da
parte
di
Solimo,
compagno
di
Enea.
Infine
Igea,
figlia
di
Esculapio,
che
aveva
cura
della
salute
degli
uomini:
il
ricordo
del
ritrovamento
di
una
tavola
votiva
dedicata
a
Igia
salutare
completa
questa
descrizione
sintetica
del
piccolo
pantheon
di
Lanciano.
Anxano
era
fin
dall’antichità
la
più
importante
tra
le
città
frentane
in
relazione
al
commercio,
alle
sue
ricchezze
e
all’importanza
economica
di
“piazza”
frentana,
prima
che
romana.
La
città
era
un
emporio
commerciale
aperto
a
tutte
le
nazioni
e
divenne
famosa
per
le
sue
fiere
annuali,
le
nundine,
che
richiamavano
commercianti
e
visitatori
da
ogni
parte
d’Italia,
dalla
Dalmazia
e
dai
porti
mediterranei.
Le
fiere
di
Lanciano,
già
famose
nell’antichità,
estesero
la
loro
fama
fino
al
Medioevo
e
all’epoca
moderna,
con
l’estensione
di
privilegi,
grazie,
feudi
e
immunità
concessi
da
molti
re
ai
lancianesi.
Nel
Cinquecento
Venezia
commerciava
stabilmente
con
Lanciano
e le
coste
abruzzesi
e
“tra
le
altre
merci,
specialmente
orientali,
che
qui
spacciavano,
non
dobbiamo
omettere
la
gran
quantità
di
libri
da
essi
trasportati”.
Come
ricordava
il
Romanelli,
l’arcivescovo
Marini
dovette
nel
1565
dare
ordini
rigorosi
al
suo
vicario
perché
i
libri
fossero
esaminati
e
letti
prima
di
essere
esposti
in
vendita.
La
spinta
all’indipendenza
di
questa
antica
città
abruzzese
portò
alle
forti
rivalità
con
Chieti,
sul
piano
ecclesiastico,
e
con
Ortona,
per
il
controllo
della
marina:
è
interessante
notare
che
nelle
fiere
di
Lanciano,
fino
ad
almeno
il
XVII
secolo,
la
città
difese
i
privilegi
per
concedere
a
tutte
le
nazioni
di
partecipare
con
garanzie
di
lucro
ed
incolumità.
Greci,
Turchi,
Armeni
ed
Ebrei
potevano
partecipare
alle
fiere
lancianesi
grazie
ai
privilegi
e
alle
concessioni
reali.
La
città
mantenne
sempre
una
sua
vocazione
cosmopolita
con
una
grande
continuità
nei
secoli,
dagli
eventi
collettivi
e
pan-italici
per
la
dea
Pelina,
le
cacce
rituali
dell’epoca
pre-romana
e
romana,
fino
alle
fiere
internazionali
in
epoca
medievale
e
moderna.