N. 80 - Agosto 2014
(CXI)
PANTALICA,
tra
ARCHEOLOGIA
E
TERRITORIO
Dalle
necropoli
ai
villaggi
bizantini
–
Parte
I
di
Federica
Campanelli
Il
sito
di
Pantalica
rientra
geograficamente
nell’estesa
Riserva
naturale
orientata
Pantalica,
Valle
dell’Anapo
e
Torrente
Cavagrande,
compresa
tra
i
comuni
di
Ferla
e
Sortino,
nella
provincia
di
Siracusa.
La
necropoli
si
trova
su
un
altopiano
circoscritto
da
due
canyon
formatisi
dallo
scorrere
a
sud
del
fiume
Anapo
e a
nord
del
Calcinara,
suo
affluente.
.
.
Fig.1.1
-
Pianta
della
Riserva
naturale
orientata
Pantalica,
Valle
dell’Anapo
e Torrente Cavagrande (verde) e dell’area archeologica di Pantalica
(rosso).
.
Il
fiume
Anapo ha
origine
sul
Monte
Lauro
(986
metri
s.l.m.;
il
più
alto
degli
Iblei)
dalle
sorgenti
Guffari
(nel
comune
di
Buscemi,
Siracusa)
e
insieme
al
fiume
Ciane
sfocia
a
Siracusa,
nel
Porto
Grande.
Compie
un
percorso
di
circa
59
km,
attraversando
i
Monti
Iblei
entro
cui
ha
appunto
scavato
l’importante
canyon
noto
come
Valle
dell’Anapo.
Le
sue
acque
sono
state
sfruttate,
e lo
sono
tutt’ora,
grazie
allo
storico
acquedotto
di
Galermi.
Questo
è un
importante
esempio
di
acquedotto
greco,
tutt’ora
in
funzione,
la
cui
realizzazione
è
stata
possibile
grazie
alla
“tecnica
del
fuoco”
o
“calcinamento”
che
consisteva
nell’utilizzo
di
fonti
di
calore
per
ammorbidire
la
roccia
calcare,
in
modo
da
facilitarne
il
taglio.
L’acquedotto
fu
costruito
per
volere
del
tiranno
di
Siracusa
Gelone,
in
seguito
alla
vittoria
sui
Cartaginesi
di
Amilcare
nella
battaglia
di
Imera
del
480
a.C.
La
lunghezza
attuale
è di
circa
25
km,
e la
presa
delle
acque
è
situata
nell’area
di
Pantalica,
presso
la
contrada
Fusco
di
Sortino
per
poi
terminare
a
Siracusa
in
contrada
Teracati.
La
denominazione
originale
dell’opera
è
ignota:
Galermi
è
infatti
una
parola
di
origine
araba
che
significa “buco
d’acqua”.
.
Foto
di
Giuppy
Uccello
(Fotofactory,
Siracusa)
Inquadramento
geologico
L’area
dei
Monti
Iblei
è un
altopiano
collinare
che
interessa
il
settore
sud-orientale
della
Sicilia.
Esso
è
delimitato
a
sud
dal
mare
Mediterraneo,
a
est
dallo
Ionio,
a
nord
dalla
piana
di
Catania
e a
ovest
dalla
piana
di
Gela.
La
cima
più
elevata
degli
Iblei
è il
Monte
Lauro,
alto
986
metri
s.l.m.
Il
suddetto
plateau,
prevalentemente
carbonatico-marnoso,
è di
formazione
miocenica
e
risulta
profondamente
inciso
da
una
rete
di
valli
(o
cave)
prodotte
dell’erosione
meccanica
delle
acque
fluviali
e
della
corrosione
chimica
dei
calcari
da
parte
delle
acque.
La
diffusa
carsificazione,
soprattutto
nel
settore
orientale
dell’area,
si
manifesta
sia
con
morfologie
superficiali
(vaschette
di
dissoluzione
e
solchi
di
vario
tipo),
sia
con
grotte
carsiche.
.
Mv
Formazione
di
Carlentini,
Mvc
Parte
sommitale
dei
Monti
Climiti,
Mc
Membro
dei
Calcari
di
Siracusa,
Mcc
Membro
di
Melilli
Pantalica
insiste
sull’area
nord-orientale
del
plateau
ibleo,
caratterizzata
dalla
Formazione
dei
Monti
Climiti.
Questa
è
suddivisa
nei
termini
definiti
Membro
di
Melilli
(nella
parte
inferiore,
Mcc)
e
Membro
dei
Calcari
di
Siracusa (nella
parte
sovrastante,
Mc,
Mvc).
Il
Membro
di
Melilli
è
costituito
da
una
sequenza
di
calcareniti,
da
fini
a
grossolane,
bianco-giallastre,
molto
friabili
e
notevolmente
bioturbate
(alterazione
e
successiva
omogeneizzazione
di
sedimenti
da
parte
di
organismi).
Il
Membro
dei
Calcari
di
Siracusa
è
costituito
in
prevalenza
da
calcareniti
e
calciruditi
a
Litotamni
e
Briozoi,
passanti
a
biolititi
algali
di
colore
bianco-grigiastro
e
spesso
notevolmente
carsificate.
Questa
Formazione
risulta
molto
permeabile
a
causa
dell’elevata
porosità,
fessurazione
e
carsismo,
particolarmente
nei
termini
Mc
(Membro
dei
Calcari
di
Siracusa)
e
nei
soprastanti
livelli
Mvc.
In
prossimità
dell’area
di
Pantalica,
a
nord-ovest,
la
Formazione
dei
Monti
Climiti
passa
in
alto
a
una
sequenza
di
vulcanoclastiti
con
abbondante
frazione
sedimentaria,
generatesi
per
esplosioni
freatomagmatiche
in
ambiente
marino
di
acque
basse
o
subaereo,
cui
viene
attribuito
il
nome
di
Formazione
di
Carlentini
(vulcaniti
iblei
di
età
tortoniana,
Mv).
Le
necropoli
Il
sito
di Pantalica
occupa
un’area
ampia
circa
200
ettari
e
conta
oltre
5000
sepolture
a
“grotticella”
scavate
nella
roccia,
ripartite
in
cinque
nuclei
distinti
sia
per
posizione,
sia
per
periodo
di
realizzazione:
-
necropoli
Nord-Ovest
(XIII-XI
secolo
a.C.);
-
necropoli
Nord
(XIII-XI
secolo
a.C.);
-
necropoli
Nord-Est
detta
La
Cavetta
(IX-VIII
secolo
a.C.);
-
necropoli
Sud
(IX-VIII
secolo
a.C.);
-
necropoli
Sud-Ovest,
detta
di
Filiporto
o
Porta
di
Pantalica
(IX-VIII
secolo
a.C.).
Le
più
importanti
campagne
di
scavo
realizzate
sul
sito
sono
state
quelle
dirette
nel
1895
dall’archeologo
trentino
Paolo
Orsi
(pioniere
della
ricerca
archeologica
in
tutto
il
territorio
siracusano)
e
quelle
condotte
nella
seconda
metà
del
’900
dal
genovese
Luigi
Bernabò
Brea.
All’epoca
dei
suoi
studi,
Paolo
Orsi
individuò
in
Pantalica
l’antica
città
sicula
di
Herbessus.
Tale
individuazione,
condivisa
da
molti
ricercatori
a
lui
contemporanei,
è
però
in
contrasto
con
le
più
recenti
e
numerose
ipotesi,
sostenute
anche
da
Bernabò
Brea,
che
identificano
questo
luogo
con
Hybla,
la
leggendaria
città
del
re
siculo
Hyblon:
«È
stato
recentemente
supposto
da
François
Villard
che
Pantalica
(il
cui
nome
attuale
è
probabilmente
di
origine
bizantina)
sia
da
identificare
con
quella
leggendaria
Hybla,
il
cui
re
Hyblon
concesse
ai
Megaresi
di
Lamis
di
stanziarsi
in
quel
lembo
del
suo
territorio
nel
quale
essi
fondarono
la
città
di
Megara
Hyblaea.
L’ipotesi
è
molto
verosimile
perché
Pantalica
è
non
solo
il
più
importante
fra
i
centri
della
Sicilia
preellenica
ma
anche
il
più
vicino
a
quel
tratto
di
costa
in
cui
sorgeva
Megara
Hyblaea.
Il
dominio
del
re
Hyblon
doveva
comprendere
certamente
tutto
l’altipiano
del
monte
Lauro
e
tutta
la
costa
fra
Augusta
e
Siracusa»
(L.
Bernabò
Brea,
La
Sicilia
prima
dei
Greci,
1958,
p.163).
L’identificazione
di
Pantalica
con
la
città
sicula
di
Erbesso
ha a
lungo
suscitato
controversie
che
di
fatto
non
hanno
ancora
trovato
soluzione.
L’archeologo
Paolo
Orsi
(Pantalica
e
Cassibile,
necropoli
sicule
del
II
periodo,
1899)
avanza
l’ipotesi
che
in
Pantalica
si
possa
riconoscere
la
sicula
Herbessus
ed
egli
stesso,
nella
sua
opera,
si
vanta
dell’appoggio
datogli
da
alcuni
tra
i
più
illustri
storici
del
periodo,
in
particolare
Edward
Augustus
Freeman
e
Arthur
Evans
con
History
of
Sicily
from
the
earliest
times
(1892)
e
Karl
Julius
Beloch
con
Die
griechische
Geschichte
(1912).
La
stessa
ipotesi
è
abbracciata,
forse
con
eccessivo
entusiasmo,
dallo
storico
locale
sortinese
Giuseppe
Briganti.
Nell’opera
Erbesso
Pantalica
Sortino,
trentaquattro
secoli
di
storia.
Storia
di
Sortino,
dalle
origini
a
oggi
(1969),
questi
rileva
l’importanza
che
hanno
avuto
antichi
autori
come
Polibio,
Tito
Livio,
Claudio
Tolomeo
e
Pausania
nel
far
luce
sulla
collocazione
geografica
di
Erbesso,
che
corrisponderebbe
a
quella
dell’odierna
Pantalica.
C’è
da
dire,
però,
che
lo
storico
greco
Polibio
(206
a.C.-124
a.C.)
nell’opera
Storie,
parla
di
Erbesso
come
di
quell’antico
villaggio
vittima
dei
Romani
durante
la
Prima
guerra
punica,
allorché
nel
262
a.C.
Agrigento
fu
assediata.
L’Erbesso
di
cui
parla
Polibio
corrisponderebbe,
dunque,
non
a
Pantalica
ma
alla
zona
oggi
compresa
tra
i
comuni
di
Realmonte,
Siculiana
e
Grotte.
In
ogni
caso,
l’unica
testimonianza
di
insediamento
abitativo
a
Pantalica
pertinente
alla
civiltà
sicula
è
l’imponente
Anaktoron
o
Palazzo
del
Principe,
edificio
che
gli
storici
rimandano
per
stile
ai
palazzi
micenei.
Datato
XIII-XII
secolo
a.C.,
di
esso
rimangono
le
grandiose
fondamenta
che
si
ergono
sulla
parte
più
alta
dell’altopiano.
La
generale
carenza
di
informazioni
scritte
e di
tangibili
testimonianze
relative
al
periodo
greco
fece
pensare
dapprima
a un
“esodo”
dei
siculi
in
risposta
alla
pressione
greca,
ma
probabilmente
l’area
non
fu
mai
abbandonata
del
tutto,
pur
assumendo
un
ruolo
marginale
con
il
sorgere
delle
nuove
potenti
città
di
Siracusa
(fondata
nel
734
a.C.
dai
coloni
corinzi)
e
Megara
Iblea
(oggi
Augusta,
fondata
dai
megaresi
nel
728
a.C.).
Fu
solo
molti
secoli
più
avanti,
in
età
medievale,
che
Pantalica
ritornò
“a
vivere”
a
pieno
regime
grazie
ai
nuovi
insediamenti
bizantini.
Data
la
sua
straordinaria
posizione,
Pantalica
costituiva
una
roccaforte
naturale
di
preziosa
importanza
ai
fini
difensivi;
ciò
condusse
le
popolazioni
costiere,
nel
corso
dell’invasione
araba
della
Sicilia
iniziata
nel
IX
secolo,
a
stanziarsi
nell’ormai
abbandonata
cittadella
protostorica.
I
nuovi
“protagonisti”
di
questo
territorio
ebbero
modo
di
sfruttare
l’impianto
urbanistico
preesistente
e la
strutturata
necropoli
per
realizzare
nuovi
e
più
sicuri
nuclei
abitativi.
Fu
così
che,
nascosti
tra
i
dedali
montuosi,
sorsero
tre
villaggi
bizantini
rupestri,
organizzati
ognuno
attorno
a un
edificio
di
culto.
Per
quanto
riguarda
l’età
normanna,
invece,
scrive
Paolo
Orsi,
«cessa
ogni
ricordo,
perché
allora
deve
esser
stata
al
tutto
abbandonata»
(P.
Orsi,
Pantalica
e
Cassibile,
necropoli
sicule
del
II
periodo,
1899,
p.31).
A
sud-ovest,
oltre
la
sella
di
Filiporto,
sorse
il
più
vasto
dei
tre
centri
bizantini,
il
cui
riferimento
culturale
e
religioso
era
l’oratorio
rupestre
di
San
Micidiario.
Presso
l’Anaktoron,
a
Sud,
nacque
invece
un
secondo
villaggio
privo
di
denominazione
specifica
e
con
riferimento
nell’oratorio
di
San
Nicolicchio.
A
nord-est
si
sviluppò
infine
il
villaggio
La
Cavetta
(dal
nome
attribuito
alla
necropoli
sita
in
quel
versante),
e
con
esso
fu
costruita
la
chiesa
nota
come
Grotta
del
Crocifisso.
.
.
Fig.1.2
-
Pianta
dell'area
archeologica
di
Pantalica
con
le
necropoli
e i
villaggi
bizantini.